APPROFONDIMENTI
L’esercizio spirituale dello sguardo dall'alto in Marco Aurelio. Per un cosmopolitismo contemporaneo
A più voci durante questo percorso abbiamo visto come la filosofia fosse intesa come una continua pratica per la ricerca di un accordo con se stessi, come fosse un’azione volta a guidare la vita di tutti i giorni e come fosse quindi una scelta personale di voler esercitare ed esplicare il nostro vivere.
In questo senso ci si è accostati ad una visione della filosofia come pratica di vita, come una medicina dell’anima e come una terapia del desiderio o ancora per riprendere un’immagine toccante di Hadot come l’impressione di immersione, di dilatazione dell’io in un Altro al quale l'io non è estraneo, poiché ne costituisce una parte.
“Senza la filosofia, l’animo è malato, anche il corpo se pure è in forze, è sano come può esserlo quello di un pazzo o di un forsennato. Perciò se vorrai star bene, cura soprattutto la salute dell’anima, e poi quella del corpo, la quale non costerà molto." ( Ep. 15,1-2tr It di M. Natali)
Tutti i rappresentanti delle scuole filosofiche ellenistiche che fiorirono in Grecia e a Roma, Epicurei, Scettici e Stoici, concepirono la filosofia come una via per affrontare i problemi più dolorosi della vita umana, e in quante tale era oltre sì intesa come un’arte perfettamente calata nel mondo.
In Virtù di quanto detto diventa sicuramente interessante portare ad esempio, proprio per calarci nel significato di pratica filosofica, nell’immagine quindi di una filosofia calata nel mondo, la figura di Marco Aurelio come rappresentante a tutto tondo di questo modo di vivere e del suo essere legato all’esperienza stoica.
In questa sede si tenterà soprattutto di riflettere in particolar modo su un esercizio tanto caro a Marco Aurelio e fondamentale nell’ottica di vita stoica:l’ “esercizio spirituale dello sguardo dall’alto”
Già la citazione iniziale di questo lavoro dà la possibilità di poter iniziare una riflessione a riguardo.
Iniziamo, infatti, con il dire che per gli stoici il nostro essere nel mondo è caratterizzato da una connessione continua di tutte le cose. La realtà in questo senso è una mescolanza totale, come rappresentazione di tutte le cose in tutte le cose. E in questa prospettiva di “sguardo cosmico” l’esercizio principale per uno stoico, è quello di riposizionare ogni evento nella prospettiva del tutto avendone una coscienza cosmica in cui l’uomo stoico non solo riposiziona il suo “io” rispetto al tutto ma acquisisce una coscienza di quest’ultimo proprio nel suo limite individuale e nel suo essere massimamente accogliente del tutto.
Affermare questo ci porta necessariamente, e con interesse, ad introdurre l’esercizio spirituale dall’alto identificandolo da un lato come l’elemento necessario affinché quando sopra detto,ossia la capacità di riposizionare ogni evento nella prospettiva del tutto avendone una coscienza cosmica, possa verificarsi.
Dall’atro lato lo stesso esercizio ci da modo di vedere come il suo esplicarsi abbia un duplice intento.
Come primo risultato, sicuramente, anche per ricollegarci a quanto detto prima, lo sguardo cosmico ha in se la capacità di rivelare all’uomo, come il suo essere nel mondo sia un punto nel tutto e come quindi quanti degli affanni a cui dedichiamo la nostra vita non sia sopravvalutati rispetto le loro reali dimensioni.
Da qui l’importanza dello sguardo cosmico come esercizio spirituale per prepararsi ad affrontare le miserie della vita umana (es. morte) con serenità. Serenità che si potrà avere solo nel momento in cui l’azione dell’uomo si prospetta conforme all’ordine razione del tutto in mondo e si ripete come tale quando viene ripetuta e consolidata diventando una disposizione uniforme e costante che conduce l’uomo a scegliere sempre, nell’ottica del Tutto, le cose giuste.
Un secondo aspetto dell’esercizio spirituale si può collegare, senza doversi necessariamente distaccarsi da quanto fin qui detto, al concetto di cosmopolitismo presente nella tradizione delle scuole elleniche di quel tempo.
In un momento della lettura del saggio di Hadot sull’ “introduzione ai Pensieri di Marco Aurelio” l’autore nel raccontare l’esercizio dello sguardo cosmico cita a più riprese un possibile collegamento di quest’esercizio con la tradizione cinica.
"Il tema dello sguardo dall’alto, quando prende questa particolare forma: l’osservazione degli uomini sulla terra, sembrerebbe appartenere più precisamente alla tradizione cinica.”
E per avvalorare quanto detto; porta ad esempio lo scrittore satirico Luciano e il suo dialogo L’Icaromenippo ovvero l’uomo che s’innalza sopra le nuvole in cui troviamo il cinico Menippeo che racconta come scoraggiato dalle contraddizioni dei filosofi sui principi primi dell’universo, abbia deciso di recarsi di persona in cielo per appurare la verità.
S’innalza così verso la luna. Lì giunto, vede dall’alto la terra intera e, come lo Zeus di Omero, osserva i paesi ma anche gli uomini finendo con dire che tutta la vita degli uomini gli era apparsa non solo come nazioni e città, ma come “tutti gli individui”.
Questo spunto vuole dare la possibilità di poter integrare la riflessione sullo sguardo cosmico con il concetto, come accennato prima, di cosmopolitismo ma soprattutto con la figura di Marco Aurelio imperatore.
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