APPROFONDIMENTI
L’Unione Europea e l’allargamento: problemi e prospettive
Ad un anno di distanza dalla mancata approvazione della costituzione europea e nella continua mancanza di coraggio, da parte dei grandi stati, di dare una legittimazione piena alle istituzioni europee (e combattere quindi quel “deficit di democraticità europeo” contestato da più parti), uno dei pochi processi che procede speditamente è quello dell’allargamento dell’UE ai quei paesi interessati a farne parte in un futuro più o meno prossimo.
L’attuale Europa a venticinque (formata dai 15 paesi originari più la Slovenia, Cipro, Malta, la Lituania, la Lettonia, l’Estonia, la Polonia, l’Ungheria, la Repubblica Ceca e la Slovacchia) sembra destinata ad allargarsi già dal Gennaio 2007, quando la Bulgaria e la Romania saranno sottoposte all’analisi ultima dei loro trend economici e politici prima di un ingresso definitivo.
Ma ciò attorno a cui, attualmente, si concentra il dibattito politico riguarda l’utilità e allo stesso tempo le problematiche che tale allargamento comporta soprattutto a quei paesi fondatori e parte integrante del sistema europeo (Francia, Olanda etc.). In linea generale (ma forse anche un po’ superficiale), si può dire che un eventuale allargamento delle istituzioni dell’UE a tutta l’Europa (intesa come continente) potrebbe agevolare la conquista, da parte di aziende occidentali già affermate, di una nuova e quanto mai importante porzione di mercato. Allo stesso tempo, però, la caduta delle barriere doganali dovrebbe facilitare non solo la circolazione delle merci ma anche quella delle persone ( e già siamo arrivati ai potenziali problemi). Il pericolo che con l’apertura delle frontiere vi possa essere un afflusso di persone dall’Est Europa verso i paesi più ricchi, rallenta parzialmente il processo di allargamento. L’esperienza di questi due anni, d’altra parte, con l’entrata dei nuovi dieci paesi precedentemente citati, non ha certo alleviato i timori dei governi occidentali visto la grande quantità di est-europei (soprattutto polacchi) che sono giunti verso la Germania, la Francia, l’Italia etc. Il problema principale è quello di far sì che i parametri richiesti da Bruxelles per l’ingresso nell’Unione Europea, permettano alla stragrande maggioranza degli abitanti dei nuovi stati aderenti di rimanere nel loro posto d’origine.
Del resto, la bocciatura popolare, sia da parte dei francesi che da parte degli olandesi, della costituzione europea, nel 2004, rifletteva la paura del fenomeno appena descritto. Quello che le maggiori cancellerie europee richiedono è che, i paesi che stanno per entrare, abbiano una economia forte ed una situazione politica sicura per far sì che non ci sia una fuga degli abitanti verso paesi più ricchi.
Le richieste che Bruxelles avanza verso gli stati che ambiscono ad entrare a breve nell’UE sono diventate più impegnative e pressanti sia sotto l’aspetto politico che sotto quello economico. Passando brevemente in rassegna i paesi interessati si sono già citati la Romania e la Bulgaria. Entrambi aspirano a fare il loro ingresso nel Gennaio del 2007 ma i nodi da sciogliere rimangono due. Innanzitutto la criminalità organizzata rappresenta un grave problema (soprattutto in Bulgaria) che scuote pesantemente le istituzioni democratiche, e sotto questo aspetto Bruxelles ha chiesto espressamente a Bucarest e a Sofia di risolvere la situazione. In secondo luogo, e conseguentemente, si richiede una lotta alla corruzione senza quartiere per rendere l’assetto istituzionale più forte e credibile. Una volta risolti (almeno parzialmente) questi due problemi la strada Bucarest-Bruxelles e Sofia-Bruxelles sarà sicuramente più breve.
Per quanto riguarda altri paesi interessati dal fenomeno, anche la Croazia sembra sulla strada giusta. Dal punto di vista economico Zagabria ha meno problemi sia di Bucarest che di Sofia. Ma i parametri politici ancora segnano delle mancanze. Innanzitutto si chiede espressamente di far rientrare definitivamente i profughi serbi che nella guerra tra il 1991-1995 furono costretti ad abbandonare le proprie case e le proprie terre. Il rientro procede troppo a rilento e per questo Bruxelles esprime riserve. In secondo luogo si chiede Alla Croazia il completo rispetto dei diritti delle minoranze etniche che ogni tanto Zagabria sembra dimenticare. Sia i Serbi che gli italiani hanno di recente protestato, e per questi ultimi si chiede di rimuovere il divieto di ingresso nel mercato degli immobili (ad oggi è ancora impedito ad un italiano di comprare una casa). Infine, vanno rimossi quelle procedure e quelle istituzioni che sotto la precedente e lunga presidenza Tudjman (1991-1999) avevano dato vita alla c.d. Politica Imperiale. La data fatidica per la Croazia potrebbe essere il 2009, ma Zagabria dovrà impegnarsi sotto molti punti di vista.
Analizzate le tre situazioni che presentano date più o meno prossime per un ingresso definitivo nell’UE, vi sono altre realtà che però avranno ancora molta strada da fare. I paesi in questione sono (in ordine a seconda della strada già fatta dal più vicino a quello più lontano) la Macedonia, la Bosnia-Erzegovina, il Montenegro, la Serbia, l’Albania e la Turchia. Per quanto riguarda questi sei stati la situazione è ancora in divenire e non sembra possibile un loro ingresso prima del 2012 (previsione forse un po’ troppo ottimistica)-2015.
Il processo di allargamento dipenderà, in ultima analisi, dall’esperienza dell’ormai imminente ingresso di Bulgaria e Romania. Qualora i nuovi stati entranti non provochino alcun problema né di carattere economico né di carattere politico la strada per gli stati in fase avvicinamento potrebbe essere in discesa. Qualora, invece ci si dovesse accorgere che le problematiche fossero maggiori dei vantaggi, si può ben capire quali possano essere gli agnelli sacrificali.