La comunicazione come leva del successo aziendale
Un’azienda che vive è un’azienda che comunica. L’azienda, infatti, scambia informazioni e negozia significati. Il fine è quello di ridurre le tendenze disgregative che porterebbero alla distruzione. L’azienda, come un organismo vivente, metabolizza i dati provenienti dall’esterno cercando di compensare le strutture interne. La compensazione segue le regole proprie del soggetto in questione. Ogni azienda ha una sua storia ed un suo modo di manipolare i simboli: dipende dalla configurazione dei nodi interconnessi e da come il management agisce. I fenomeni emergenti dal cambiamento e dell’apprendimento sono il frutto di questa capacità di resilienza (varietà e diversità) e della autopoiesi che ne deriva. L’unico modo grazie al quale l’impresa diventa resiliente è quello di disegnare un’organizzazione fondata sulla fiducia, in cui le relazioni tra gli individui, e tra le funzioni siano lasche, ossia non eccessivamente ed inutilmente formali. Tali connessioni devono lasciare un margine di manovra, di discrezione al soggetto o funzione all’interno dell’azienda. Una certa ambiguità nelle mansioni da svolgere è indispensabile affinchè si possa avere quella ridondanza, quell’eccedenza di conoscenza che permette l’autopoiesi. L’azienda che vive è un’azienda che si pone delle domande. La saggezza aziendale è implementata dal dubbio. Le connessioni lasche e lo slack di conoscenza sono il motore del cambiamento. Permettono infatti di ripensare vecchi problemi in modi diversi e di trovare soluzioni migliori. D’altra parte l’evoluzione si muove a partire da ciò che è meno indispensabile, da ciò che è futile. Cambiare punti vitali sarebbe, infatti, altamente rischioso per aziende già avviate. L’evoluzione fluttua tra due estremità: da una parte la stabilità e la conservazione dell’esistente, dall’altra parte il mutamento. Ogni processo di scambio è un processo comunicativo, in quanto produce una modificazione in entrambi i soggetti coinvolti. La comunicazione si attua quando una differenza genera differenze, ossia quando sistemi cognitivi diversi devono raggiungere nuovi livelli di omeostasi in seguito allo scambio informativo. La comunicazione, nel senso di condivisione, è possibile solamente in condizioni di asimmetria informativa tra i soggetti che interagiscono.
Il compito del management è quello di gestire i flussi comunicativi, poiché è grazie ad essi che “emerge” il fenomeno dell’apprendimento e quello dell’evoluzione. Il management deve altresì modificare lo stile di leadership, deve cioè diventare un motivatore, una guida con una visione, deve in un certo senso compiere manovre retoriche, proponendo un’ideologia, poichè è essa che muove, in ultima istanza, l’uomo. Il manager post-moderno sa che è impossibile raggiungere la perfezione. Egli deve scorgere le sub-ottimalità, innanzitutto rendendosi conscio e valorizzando le imperfezioni. Deve “fare di necessità virtù”. Un celebre saggio di Gould (scomparso recentemente), dal titolo Gli alberi non crescono fino in cielo, rende bene l’idea. L’equilibrio, l’impiego razionale delle risorse, la limitazione della dimensione, sono tutti fattori che generano il fit dell’organismo nei confronti di una determinata nicchia ecologica. L’evoluzione cieca e “pluralista” è frutto di una serie di cause, di cui la selezione naturale è certo la principale, ma non è l’unica, e nell’insieme queste cause non hanno alcuna direzione predefinita. Una metafora, cara a Stephen Jay Gould:. “Se potessimo riavvolgere il film della vita e riproiettarlo, difficilmente alla fine della rappresentazione vedremmo comparire di nuovo Homo sapiens sapiens o una specie auto-cosciente che gli somiglia”. Noi uomini intelligenti e presuntuosi siamo il frutto di una successione unica e irripetibile di cause, perfettamente spiegabile a posteriori, ma assolutamente imprevedibile a priori. A ben vedere, la proposta culturale di Stephen Jay Gould è il “principio copernicano” portato fino alle sue estreme conseguenze. Non solo noi uomini non siamo al centro nè dello spazio nè del tempo cosmici. Ma non siamo il frutto di alcuna causa necessitante. Siamo figli del caso. Anzi, di una fortunata e irripetibile contingenza. L’azienda che sopravvive è un’azienda che in primis si dà un’identità forte che possa resistere alle perturbazioni ambientali. In secondo luogo deve fronteggiare il caso, anticipandolo e rivolgendosi a team formati da persone con competenze trasversali che sappiamo indirizzarlo e gestirlo. Gli sforzi di diversificazione e di cooperazione tra aziende servono appunto a fronteggiare la complessità informativa, nello sforzo di ridurla. Poiché l’informazione è la vera risorsa che genera il vantaggio competitivo, essa deve essere condivisa. L’informazione, infatti, non è soggetta alla legge dei rendimenti decrescenti, anzi, la condivisione ne aumenta esponenzialmente il valore.
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Informazioni tesi
Autore: | Mirko Santone |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 2001-02 |
Università: | Università degli Studi di Teramo |
Facoltà: | Scienze della Comunicazione |
Corso: | Scienze della Comunicazione |
Relatore: | Luciano D'amico |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 258 |
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