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La città bizantina

Una città è sempre un’espressione materiale della società che la costruisce, la organizza, la eredita e la trasforma nel tempo. L’impero bizantino non ha creato un modello inedito di città; ma si può parlare di città bizantina grazie al cristianesimo, che ha permesso la trasformazione della polis antica in civitas medievale: la diffusione degli edifici di culto - basiliche, parrocchie, monasteri urbani - e caritativo-assistenziali - ospedali, orfanotrofi, ricoveri per anziani e poveri - modificò le strutture urbane tradizionali, basate sul foro monumentale di eredità romana, in strutture frazionate in quartieri decentrati; molte fondazioni religiose e filantropiche si dovettero all’iniziativa privata dei cittadini, tutelata grazie alla relativa autonomia acquisita dai vescovi nei confronti dell’amministrazione imperiale; le aree cimiteriali, spesso vicine agli edifici religiosi, il nascente culto delle reliquie, e il restringimento abitativo dovuto alla crisi dei «secoli bui», fecero mescolare la popolazione dei vivi a quella dei morti. Gli edifici tipici della città classica, con le loro funzioni sociali e il loro significato simbolico, scomparvero: a Costantinopoli, dall’alto Medioevo in poi, le terme, il teatro e l’ippodromo non furono più frequentati; in un ambiente urbano ormai medievale, l’élite imperiale si circondò all’interno del Grande Palazzo dei simulacri di questi monumenti, come di citazioni da un passato glorioso. Dopo i «secoli bui», fu soprattutto alle architetture religiose – chiese, e soprattutto monasteri, di fondazione privata - che Costantinopoli affidò il ruolo di monumenti rappresentativi dell’identità bizantina. Le loro caratteristiche rispecchiano esigenze demografiche e concezioni simboliche: come le città nel loro insieme, le chiese medio-bizantine si restrinsero e si accentrarono, lasciando la pianta a croce latina, tipica dell’età tardoantica, per quella a croce greca, e adottarono la cupola - emisferica in età tardoantica, soprattutto dal periodo giustinianeo, poi anche poligonale in età medievale - quasi come un riflesso materiale della concezione politica e teologica bizantina. Le città bizantine furono perciò frutto della trasformazione sociale dovuta alla diffusione del cristianesimo, promotore di una maggiore attenzione alla persona umana nonostante il peso del potere politico accentratore; il passaggio dalla struttura urbana gravitante intorno al foro con i monumenti simbolo del potere, ai quartieri decentrati contraddistinti dalle chiese e dagli istituti caritativi, ne è quasi lo specchio materiale. La città bizantina, dunque, come struttura nata grazie a una nuova mentalità; ma dopo il saccheggio da parte dei crociati nel 1204, proprio la sua destrutturazione fece sì che i suoi monumenti favorissero a loro volta lo sviluppo di una nuova dimensione della mentalità: ai «latini», meravigliati dalle molte opere d’arte classica e bizantina poi trasferite nelle città europee e soprattutto a Venezia, l’impero di Bisanzio apparve allo stesso tempo regno cristiano e continuazione dell’antichità classica; in questo senso, il significato riconosciuto dai crociati ai monumenti di Costantinopoli e il loro trasferimento nell’Europa occidentale costituirono – per citare un titolo di Wittkower – un’allegoria e una migrazione dei simboli.

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PierVittorio Formichetti, La città bizantina - 5 - INTRODUZIONE Una città è prima di ogni altra cosa una storia. Gilbert Dagron Questo lavoro si propone di esaminare i principali aspetti relativi alle città dell’impero bizantino, le cui strutture e costruzioni – stando alle tracce archeologiche che ne restano – appaiono caratterizzate da finalità pratiche ma anche ispirate da concezioni ideologiche, sia religiose sia politiche. Una città infatti è sempre una manifestazione materiale della mentalità della società che la costruisce e la organizza, o, come nel caso della maggior parte dei centri bizantini, della società che la eredita e la trasforma, perchØ essa, a sua volta, sia nuovamente ereditata dai posteri – quasi seguendo la massima latina prodenda quia sunt prodita, sono cose da tramandare poichØ ci sono state tramandate 1 – nell’auspicio che questa eredità collettiva sia duratura nel tempo. Dall’epoca tardoantica in poi molte rovine ellenistiche e romane verranno deliberatamente spogliate per trarne elementi da usare per le nuove architetture urbane, indipendentemente dalla funzione che essi avevano avuto nel loro contesto precedente; gli edifici, così, appariranno nuovi dal punto di vista della funzione e del significato, e poi anche della forma, come le fondazioni ecclesiali, che inizialmente hanno la stessa struttura delle basiliche romane, ma in seguito si svilupperanno secondo nuove tipologie edilizie - quali la pianta a croce greca o la pianta quadrifogliare – e, tuttavia costruite spesso con materiali provenienti da un contesto non ancora cristiano. E, contemporaneamente, le città nel loro complesso saranno caratterizzate da impianti stradali e residenziali che non verranno – almeno in un primo tempo - sostanzialmente mutati dal nuovo tipo di società che vi svolgerà la propria vita, conservando così la struttura tipica del mondo romano che le aveva fondate, o a sua volta, tramite la loro conquista, ereditate dal mondo ellenistico e orientale. La nuova società che vi abiterà – quella bizantina – non tenterà mai infatti di slegarsi dall’eredità culturale romana se non sotto l’aspetto religioso. Da questo punto di vista le città bizantine appaiono a loro volta come ambienti eterogenei, sia antichi sia nuovi, sia pagani sia cristiani, quasi letteralmente costruiti con “pezzi” di passato – le strade ellenistico-romane - e di futuro – le chiese e le basiliche cristiane e, successivamente, i monasteri, vere e proprie novità dal punto di vista sia funzionale sia architettonico. Si è infatti già accennato al fatto che dall’adozione della struttura della basilica classica si sentirà l’esigenza di passare a una diversa tipologia edilizia per lo svolgersi del nuovo culto religioso. Potremmo chiederci se a qualche cittadino colto dell’impero romano d’Oriente, magari uno dei vescovi impegnati nella fondazione di una delle basiliche cristiane che conferiranno un aspetto “inedito” alla sua città, sia forse venuta in mente la parabola evangelica del tesoro che raccoglie «insieme cose nuove e cose antiche» 2 . 1 PLINIO IL VECCHIO, Naturalis Historia, II, 85. 2 Matteo, XIII, 52.

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Informazioni tesi

  Autore: Piervittorio Formichetti
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2013-14
  Università: Università degli Studi di Torino
  Facoltà: Scienze Umanistiche
  Corso: Scienze dei beni culturali
  Relatore: Mario Gallina
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 93

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Parole chiave

architettura
chiesa
cristianesimo
città
bisanzio
costantinopoli
giustiniano
costantino
basilio
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