8
La Carta soffre di una povertà di linguaggio nella definizione dei diritti rispetto ai testi
analoghi a portata regionale o planetaria, alla quale la messa in pratica e la giurisprudenza
della futura Commissione avrebbero dovuto sopperire.
Un punto che preme sottolineare se una accelerazione spettacolare delle garanzie offerte ai
diritti dell’uomo nel continente nero si è avuto, il contributo della comunità internazionale
e della società occidentale – che da un punto di vista economico vanta un debito, ma da
una prospettiva di giustizia morale è in forte credito – è deficitario, in un bilancio
strettamente giuridico: in effetti, l’attività svolta dal Comitato per i diritti dell’uomo (cap.
6), non è mai stata incisiva se paragonata a quella svolta in altre aree del mondo; la
Commissione d’inchiesta per i fatti avenuti in Costa d’Avorio (instaurata dal Consiglio di
Sicurezza), ha una portata che si autodefinisce raccomandatoria e non giuridica, pur
essendo stata condotta con criteri investigativi che hanno messo in luce il degrado dei
diritti dell’uomo in quel paese, al quale le Nazioni Unite non hanno ancora deciso di dare
soccorso, se non nel ruolo marginale di mediatore.
Questi due esempi, uno dei quali verrà approfondito, vogliono sottolineare come l’Africa
abbia ormai deciso di togliere lo sguardo dal cielo degli aiuti e incominci a formarsi una
società civile che ha voglia di aiutarsi da sola per quanto ci siano due elementi oggettivi che
non possono essere negati all’analisi: il primo è una considerazione di carattere
economico: per combattere per la giustizia e per i diritti umani è necessario fare colazione
alla mattina…; in secondo luogo, la considerazione di come si svolge la vita sociale
comunitaria e tradizionale africana portano a un approccio e a un movimento interno che
necessita del tempo e dei ritmi propri.
Nell’ultimo quinquennio, si sono materializzate una serie di circostanze che hanno per
messo di modificare il giudizio negativo sulla capacità di dare implementazione ai diritti
dell’uomo su due piani diversi: da un parte la tutela data ai diritti enunciati nella Carta,
sull’altro piano un legame sempre più intimo dei diritti dell’uomo con l’evoluzione del
diritto internazionale penale.
Per quanto riguarda il primo aspetto, si avrà modo di vedere più avanti (cap. 3) come
l’attività della Commissione Africana per i diritti dell’uomo e dei popoli sia notevolmente
accresciuta sia a livello quantitativo che qualitativo con riferimenti alle giurisprudenze
delle analoghe corti europea e americana, assumendo una fisionomia che ha sempre più un
carattere giuridico e che le ha consentito di acquisire maggiore autorevolezza: ciò è
dimostrato dal dato, numericamente verificabile, che la società civile africana preferisce
rivolgersi alla Commissione piuttosto che al Comitato delle Nazioni Unite in materia.
9
A questa recente evoluzione si deve aggiungere come, ripercorrendo le orme del vecchio
continente, sia entrata in vigore all’inizio di quest’anno il Protocollo per la creazione di una
Corte (cap. 4) che vigili sul rispetto dei principi espressi nella Carta Africana dell’’81 e dagli
altri strumenti internazionali di protezione dei diritti dell’uomo, dando a tale attività una
dimensione universale nella protezione regionale: elemento di ulteriore arricchimento
teorico che da un punto di vista pratico va a colmare le lacune descrittive dei diritti
enunciati nella Carta.
Il secondo aspetto, riguardante il legame tra la protezione assicurata ai diritti dell’uomo e
l’evoluzione del diritto internazionale penale, si è arricchito di tre avvenimenti che hanno
inciso profondamente sull’evoluzione universale della persecuzione della condotta
individuale per crimini internazionalmente proibiti (almeno a livello teorico): il notevole
risveglio della società civile africana avvenuto grazie all’azione delle ONG (cap. 5) che
hanno svolto una funzione di stimolo nei confronti dei propri governi e della comunità
internazionale; la persecuzione di Hissen Habré (cap. 7), ex dittatore del Tchad, che, grazie
all’azione di privati e ONG, ha portato, almeno per il momento, al rispetto della
Convenzione contro la tortura, cosa che non era riuscita in Europa con il caso Pinochet,
poi ritornato in patria; infine, la creazione di un tribunale penale internazionale, la Corte
Speciale per la Sierra Leone (cap.8), con caratteristiche differenti rispetto ai due tribunali
ad hoc creati dal Consiglio di Sicurezza, che promette di avere una capacità di ricompattare
la società civile maggiore rispetto ai suoi predecessori e che è stato creato su iniziativa di
un governo africano, quello sierraleonese appunto.
Queste sono gli elementi analizzati in questo lavoro che seguendo l’evoluzione della
protezione dei diritti dell’uomo in Africa Occidentale Subsahariana, si divide nelle garanzie
e nella giustiziabilità offerta in quest’area e mira a valutare la tutela per poi finire in quello
che è il recente sbocco del diritto internazionale dei diritti umani, ovvero l’area penalistica.
Il diritto penale, ricalcando il modello degli ordinamenti interni, risulta essere il maggior
deterrente anche nel sistema internazionale, che tra accelerazioni e decelerazioni ha
insinuato il fatto che l’impunità per comportamenti criminali non è più una caratteristica
certa e immutabile al di la delle frontiere statali, ed è proprio questa la caratteristica che
emerge con forza e originalità dal contesto subsahariano.
10
2 – LA CARTA AFRICANA PER I DIRITTI DELL’UOMO E DEI
POPOLI
2.1 – IL CONTESTO
Per comprendere in maniera completa la portata giuridica della Carta Africana dei Diritti
dell’uomo e dei popoli, bisogna conoscere tutti gli elementi che, negli anni della sua
nascita, compongono lo sfondo del continente africano dal quale è nato tale strumento di
diritto internazionale.
Alle origini della Carta, adottata dall’Assemblea dei Capi di Stato e di Governo
dell’Organizzazione dell’Unità Africana alla 18ª Conferenza ordinaria a Nairobi il
26/6/1981, c’erano reali cambiamenti, dati dalla situazione internazionale ereditata dal
tempo delle indipendenze negli anni ’60 e ’70. Questo spiega la natura della Carta che
definisce diritti e doveri con innovazione dettata dalle circostanze, e allo stesso modo lo fa
proclamando i diritti dei popoli e l’interindipendenza e indivisibilità di tutti i diritti, civili,
politici, economici , culturali e sociali.
Durante la 16ª conferenza ordinaria dell’Assemblea Capi di Stato e di Governo dell’OUA
1
,
a Monrovia
2
, decisero di avviare un preliminare di studi capace di creare organi per la
promozione e protezione dei diritti dell’uomo e dei popoli. In quel periodo le popolazioni
dello Zimbabwe, Namibia e SudAfrica erano pesantemente soggette a colonialismo e
segregazione razziale, e le violazioni dei diritti umani in tutto l’Africa meridionale erano
improntate al sistema dell’apartheid.
L’anno 1978 fu segnato dalla caduta delle dittature, nella Repubblica Centroafricana,
Guinea Equatoriale e Uganda, dell’Imperatore Bokassa 1°, i Presidenti Nguéema Macias e
Idi Amin Dada spodestati dal potere, ebbero modo di caratterizzare i loro governi facendo
dell’arbitrio una delle principali caratteristiche e dando dimostrazioni delle più atroci
violazioni dei diritti umani. Nel nord, sud come nell’est e ovest e il centro del continente
l’indipendenza non era stata accompagnata da politiche che realmente rispettassero i
diritti umani come proclamati dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo delle
Nazioni Unite. La ragione di Stato e l’interesse vitale della nazione erano invocati come
causa di giustificazioni dai regimi autoritari.
1
Organizzazione dell’Unità Africana
2
In Liberia dal 17 al 20 luglio 1979
11
Mentre, il Segretario Generale dell’OUA, pressato da uomini di Stato come il Presidente
Léopold Sédar Senghor, sconcertato dalla piega autoritaria e totalitaria di molti Stati
africani, si convinse che i diritti umani costituivano un patrimonio comune dell’umanità e
che, con il rispetto delle tradizioni politiche africane e sulla scia delle esperienze europea e
americana, uno strumento a livello regionale poteva indicare la strada da seguire agli Stati
africani, i quali capirono che questo era il lavoro da seguire per la libertà e il pieno sviluppo
dell’Africa
3
.
Questo continente, emozionato da idee democratiche e liberali, ha finito per reagire
facendo seguire ad altri strumenti universali e ad altre convenzioni regionali, un trattato
che protegge la personalità umana nella vita individuale e sociale. “Avvenimento rilevante
e quasi miracoloso”
4
, “straordinario e possente strumento di liberazione”
5
, la Carta
costituisce il simbolo di una rottura dei dirigenti africani con la “politica di doppio
standard” nel condannare la violazione dei diritti dell’uomo, che proclamava il loro
attaccamento all’emancipazione delle popolazioni africane sotto dominazione coloniale e
però taceva delle violazioni commesse in tutti gli altri paesi del continente
6
.
Il testo adottato inscriveva pienamente la Carta nell’evoluzione del diritto internazionale
7
, i
fondatori hanno inteso assicurarle una certa specificità realizzata attraverso un doppio
movimento di ritorno al tradizioni africane e di annuncio di un nuovo ordine
internazionale.
L’originalità della Carta deve essere apprezzata alla luce di correnti di rimessa in questione,
da parte di nuovi Stati, delle norme di diritto internazionale all’elaborazione delle quali
non avevano potuto partecipare
8
. Infatti, non solo introduce i diritti detti di “terza
generazione” consacrando il “popolo” come soggetto e titolare di diritti, ma, inoltre,
facendo nascere un certo numero di dialettiche legando concetti fra loro antinomici: diritti
civili e politici da una parte e diritti economici, sociali e culturali dall’altra, e su un altro
3
Edem Kodjo, Segretario Generale dell’OUA, da Human Rights Law Journal, vol.11 no.3-4
4
G. ABI-SAAB, prefazione all’introduzione di F. OUGUERGOUZ, La charte africaine des droits de l’homme
et des peuples; une approche juridique entre tradition et modernité, IUHEI, Genève, PUF, Paris, 1993, p.
XXIII.
5
M. GLELE, “Introduction à la charte africaine des droits de l’homme et des peuples”, in Etudes offerts C.A.
Colliard, Pedone, Paris, 1984, p. 511.
6
F. OUGUREGOUZ, op. cit., p. XXV.
7
Infatti , il nono capoverso del preambolo e l’art. 60: “La Commissione s’inspira al diritto internazionale
relativo ai diritti dell’uomo e dei popoli.. le disposizioni della Carta delle Nazioni Unite.. della Dichiarazione
Universale dei diritti dell’uomo, queste disposizioni e altri strumenti adottati dalle Nazioni Unite.., nonché
alle disposizioni adottati all’interno di istituzioni specializzate delle Nazioni Unite di cui sono membri le parti
della presente Carta”.
8
Infatti, E. KODJO, Segretario Generale dell’OUA all’epoca dell’adozione della Carta della quale fu uno dei
principale ispiratori, disse che “la battaglia per un nuovo ordine economico internazionale bagna la nascita e
la formulazione della Carta”. RUDH, 1989, p. 30; e anche F. OUGUERGOUZ, op. cit. p. XXV.
12
piano, i diritti e doveri dell’uomo. Non si tratta, in effetti, di negare l’universalità dei doveri
dell’uomo e dei suoi diritti, concependo la Carta come una rimessa in causa del diritto
internazionale dei diritti umani, ma piuttosto come uno strumento più adatto al contesto
sociale, economico, politico e culturale africano. In effetti, l’originalità della Carta risiede,
non tanto nella particolare formula dei diritti presi isolatamente, né nella consacrazione di
nuovi concetti (“diritti dei popoli” o “doveri dell’uomo”), ma nel legame stabilito entro le
differenti nozioni. Quindi la Carta non vuole modificare il diritto dei diritti dell’uomo, ma
“accrescerne” o “diminuirne” i privilegi o gli oneri secondo la cultura e la sensibilità
africana
9
. Questo rendendo conto della vita africana che è, secondo l’orgogliosa
espressione del Presidente Senghor, “simbiosi nella solidarietà”. Infatti, si spiega il fatto
che la Carta copre alla volta dei diritti dell’uomo e quelli della collettività sottolineando i
doveri dell’uomo, essendo in ultima “il rimedio dell’uomo”
10
, l’origine e la fine della società
africana.
La soluzione adottata dalla Carta a questa problematica tra universalismo e regionalismo
dei diritti dell’uomo fu esposta dal Presidente Senghor all’apertura, a Dakar, della
conferenza di esperti incaricati un progetto iniziale della Carta: “Signore e signori esperti,
prestate attenzione di elaborare una carta dei diritti dell’uomo africana; l’umanità è una
indivisibile e i bisogni fondamentali dell’uomo sono ovunque identici (…). Questo non
vuole dire che bisogna rinunciare a pensare a noi stessi per noi stessi (…). Non si tratta, per
noi africani, né di copiare, né di cercare l’originalità per l’originalità. Bisogna dare prova,
allo stesso tempo, d’immaginazione e di efficacia. Quelle nostre tradizioni che sono belle e
positive potranno darci l’ispirazione. Dovrete avere costantemente nello spirito i nostri
valori di civilizzazione e i bisogni reali dell’Africa”.
Al contrario di ogni altra carta, convenzione e protocollo in vigore nel continente africano,
la Carta fu redatta essenzialmente da giuristi indipendenti che lavorarono con i
rappresentanti dei governi. Non c’è dubbio, che per qualche delicata questione vertente
sulle libertà individuali, era necessario assicurare gli Stati (quelli che più violavano i diritti
umani sul continente) che non si trattava di strette condizioni incombenti sul legislatore. I
redattori della Carta furono designati dal Segretario generale dell’OUA sull’esclusiva base
delle loro competenze. Presieduta da Kéba Mbaye, presidente della Corte Suprema del
Senegal, il comitato di esperti (che si riunì sempre a Dakar) andò molto spedito nel suo
9
In questo senso M. GLELE, op. cit. p. 517: “Quando le convenzioni simili adottate in tutto il mondo
comprendono un testo di carattere generale, una convenzione principale accompagnata da protocolli e
accordi addizionali, la Carta è un testo unico autosufficiente, che si sforza di assorbire la parte migliore
dell’esperienza degli altri popoli e continenti, caratterizzandosi nella sua specificità”.
10
Secondo un proverbio wolof.
13
lavoro. Servirono solo pochi mesi per elaborare un testo accettabile per i Ministri della
Giustizia e per l’Assemblea dei Capi di Stato e di governo dell’OUA. Chiaramente c’erano
già dei testi preesistenti . La Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo delle Nazioni
Unite e la Dichiarazione Universale dei diritti dei popoli, adottata ad Algeri nel 1976,
servirono effettivamente ai redattori della Carta. L’Assemblea adottò per acclamazione la
Carta Africana dei Diritti dell’Uomo e dei Popoli il 26/6/1981, a Nairobi in Kenya. Qualche
Stato come l’Angola, Etiopia e Mozambico, coinvolti in ribellioni armate, trovarono
necessario fare qualche riserva. Firma e ratificazione della Carta da parte dell’assoluta
maggioranza degli Stati membri dell’OUA era una pre-condizione necessaria per l’entrata
in vigore di questo strumento internazionale di protezione e promozione dei diritti umani.
Cinque anni dopo questa condizione venne soddisfatta, e ciò permise l’istituzione della
Commissione Africana dei diritti dell’uomo e dei popoli, uno dei principali organi previsti
dalla Carta.
Cercherò, nel presente capitolo, di analizzare l’apporto concettuale della Carta al diritto
internazionale positivo dei diritti umani considerando che la stessa pone il principio
fondatore della protezione di diritti umani sul continente sull’equilibrio tradizione-
modernità, il quale non deve essere inteso solamente come l’unione tra la tradizione
africana e la modernità del diritto internazionale
11
, ma anche, tra la modernità africana e la
tradizione del diritto internazionale in un doppio canale di comunicazione e reciproca
fertilizzazione.
11
A questo proposito il preambolo della Carta mette in relazione la tradizione e i valori di civilizzazione
africana con i valori universali di cooperazione internazionali che ispirano la protezione internazionale dei
diritti umani.
14
2.2 – I DIRITTI E I DOVERI DELL’UOMO
La consacrazione simultanea dei diritti e dei doveri dell’uomo risponde essenzialmente
all’esigenza di rispettare la concezione africana di diritto, che insiste sulla nozione di
dovere, e l’adattare la Carta all’evoluzione della teoria universale dei diritti dell’uomo, la
quale pretende innanzitutto il rispetto delle libertà fondamentali.
Se l’Occidente sembra vedere il diritto come uno strumento e la risultanza di
un’opposizione tra l’individuo e l’entità che rappresenta la comunità-Stato, l’Oriente
sembra considerare il diritto come un insieme di misure protettrici dell’individuo
all’interno della collettività
12
. Infatti, non è sorprendente trovare nella Carta, a fianco di un
catalogo dei diritti largamente ispirati dagli strumenti internazionali, un’enunciazione dei
doveri dell’uomo rapportati alla comunità, l’individuo non essendo mai considerato
isolatamente, ma sempre all’interno della collettività
13
. Del resto, la sensazione di
comunità e collettivismo è presente nell’architettura di tutti gli accordi e trattati fondanti
dell’OUA, compresi i regolamenti interni dei vari organi dell’OUA
14
dai quali più che
l’individuo emerge, secondo l’opinione di chi scrive, sempre una collegialità e un
pluralismo nelle decisioni conformi alle tradizioni africane.
12
“In Africa, l’individuo e i suoi diritti sono assorbiti nella protezione assicurata a tutti, alla famiglia e alle
altre comunità. Non c’è opposizione ma simbiosi nella solidarietà”, L.S. Senghor , op.cit.
13
“Noi non vediamo l’individuo come un essere esistente in vita con una libertà illimitata. Secondo noi, vive
in una società e in relazione costante con i suoi fratelli umani. Infatti lui ha, con i suoi diritti, dei doveri da
adempiere: doveri verso la sua famiglia e doveri reciproci verso la sua comunità”, Presidente Diawara,
discorso davanti al Consigli dei Ministri dell’OUA a Banjul, il 6/6/1980.
14
I cui testi sono facilmente rintracciabili in internet al sito www.africa-union.org.
15
2.2.1 – I DIRITTI DELL’UOMO
L’originalità essenziale della Carta in materia risiede nella consacrazione del carattere
indivisibile dei diritti civili e politici e dei diritti economici, sociali e culturali affermandone
al contempo la loro interdipendenza. Al di là di questa particolarità, il catalogo dei diritti
elencati dalla Carta, se sembra in tutti i punti paragonabile a quelli degli altri strumenti
internazionali di protezione e promozione dei diritti dell’uomo e se li richiama
apertamente, presenta un certo numero di specificità
15
. Questa indivisibilità è consacrata
dalla Carta, tanto sul piano sostanziale, che a livello di messa in opera di questi diritti. Nel
momento in cui l’ONU, l’OAS e il Consiglio d’Europa adoperarono due convenzioni
distinte, la Carta, non solamente abbraccia queste due categorie, ma afferma
solennemente nel suo preambolo
16
che “ i diritti civili e politici sono indivisibili dai diritti
economici, sociali e culturali, tanto nella loro concezione che nella loro universalità, e che il
soddisfacimento dei diritti economici, sociali e culturali garantisce quello dei diritti civili e
politici. Queste affermazioni, per la prima volta in una convenzione, ci sembrano, in realtà,
una conferma dell’articolo 28 della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo che
dispone che “Tutte le persone hanno diritto che regni sul piano sociale a sul piano
internazionale, un ordine tale che i diritti e le liberta annunciati nella presente
Dichiarazione possano trovare pieno effetto”
17
. Questa consacrazione dell’interdipendenza
e indivisibilità non è priva di pericoli. In effetti, se i diritti civili e politici sono
generalmente come una garanzia per l’individuo di “uno spazio di libertà” e impongono
allo Stato un obbligo di astensione, i diritti di seconda generazione esigono una prestazione
dello Stato e quindi conducono necessariamente a una estensione dei poteri e diritti
esercitati dallo stesso
18
. I rischi sono quelli di favorire l’autoritarismo e il totalitarismo
dove lo Stato assorbe la società e l’individuo, fenomeno fondamentalmente di negazione
dei diritti dell’uomo.
15
Su un a comparazione sintetica dei differenti strumenti internazionali: R.C. Wigton, “Concordance of Basic
Human Rights Guaranted in the Banjul Charter and Other Major Human Rights Treaties”, in C.E.jr Welch e
R.I. Meltzer (Eds)., Human Rights and Development in Africa, Albany, New York, State University of New
York Press, 1984.
16
Settimo capoverso
17
In questo senso, F. Ouguergouz, La Charte africaine des droits de l’homme et des peuples; une approche
juridique entre tradition et modernité, IUHEI, Ginevra, PUF, Parigi, 1993, p. 67. Queste dichiarazioni
sembrano non accontentare tutto il mondo. Infatti , I.Szabo “Fondements historiques et développement des
droits de l’homme”, p. 26 : “ Se è vero che la dichiarazione parla dei diritti economici, sociali e culturali, non
fa che segnalarli di passaggio, e la loro analisi non è comparabile a quella degli altri diritti: se si pensa
diversamente il contenuto della Dichiarazione ne risulterebbe stravolto”.
18
M. Bossuyt, “La distinction juridique entre le droits civils e politiques et les droits économiques, sociaux et
culturels”, revue des droits de l’homme, vol. 8, 1975, pp. 790 e ss.
16
In effetti, in maniera più generale, queste due categorie di diritti non devono essere
contrapposti tanto perché sono complementari. Se l’individuo sembra ricercare prima di
tutto i diritti civili e politici, non gli si può impedire di domandare simultaneamente delle
prestazioni di ordine sociale e collettivo per poter usufruire dei suoi diritti e delle sue
libertà. Reciprocamente, l’esercizio dei diritti economici, sociali e culturali è chiaramente
destinato ad assicurare il rispetto dei diritti di prima generazione
19
.
Allo stesso modo la Carta non distingue le condizioni di giustiziabilità tra i diritti qualificati
dalla dottrina occidentale come diritti di natura esecutoria – i diritti civili e politici – e
programmatoria – i diritti economici, sociali e culturali. Il primo Patto delle Nazioni Unite,
relativo ai diritti di seconda generazione, prevede solo un’obbligazione di mezzi, l’art. 2
non esige che una messa in opera progressiva dei diritti nella misura delle risorse
disponibili. Il secondo Patto, invece, annuncia degli obblighi di risultato. Se è evidente,
guardando allo sviluppo degli Stati africani, che la distinzione riappare nella pratica
20
,
l’interesse di questa assimilazione non è puramente teorico. Infatti, sono regole di diritto
che gli individui potrebbero sempre invocare davanti alla Commissione africana se questa
dovesse considerare che gli Stati sono capaci di soddisfare le esigenze della Carta.
Passiamo adesso ad esaminare i diritti annunciati dalla Carta in modo da apprezzarne le
differenze e le originalità rispetto agli altri strumenti internazionali.
I diritti economici, sociali e culturali
21
.
- Innanzitutto è consacrato il diritto di lavorare in condizioni eque e soddisfacenti (art. 15),
anche se è presentato in maniera imprecisa e laconica; ciò appare ancor più evidente se
rapportato al Patto del 1966 che lo sviluppa in ben quattro articoli, nei quali ne regola la
messa in opera (condizioni di sicurezza igieniche, uguaglianza donne e uomini, e in una
certa misura diritti sindacali e di sciopero)
22
.
19
“ In realtà, non vedo nessun conflitto tra i diritti civili e politici e i diritti economici, sociali e culturali. I
diritti fondamentali dell’uomo e le sue libertà sono una richiesta costante dell’essere umano che allo stesso
tempo necessita di soddisfare tutti i suoi bisogni per usufruire dei suoi diritti e delle sue libertà. Al contrario
l’esercizio dei diritti economici, sociali e culturali non ha alcun valore in assenza della libertà e degli altri
attacchi alla persona”, J. Nyere, citato da K. Mbaye, op. cit p. 32.
20
Per una presentazione della Commissione, vedi, tra gli altri, I. Badawi El Sheikh, “The African Commission
on Human and Peoples’ Rights”, in K. Ginther & W. Benedek, (Eds) , “New Perspectives and conceptions of
International Law – Afro-European Dialogue” , Osterreichische Zeitschrift für Offentliches Recht und
Völkerrecht, Supp. 6, 1983, pp. 124-146.
21
Si può constatare, come fa il giudice Mbaye, che “conformemente alla tecnica utilizzata da parte dei
redattori della Carta, hanno usato molti pochi titoli, e nessun sottotitolo separa le due categorie di diritti
(quelli di prima e seconda generazione). Questi sono solamente raggruppati per famiglia.”, op. cit. p. 174.
22
In questo senso F. Ouguergouz, op. cit. p, 124.
17
- Il diritto alla salute (art. 16) è il solo diritto espressamente riconosciuto come bisognoso
di una prestazione effettiva dello Stato, ma è formulato con una tale imprecisione che
questo articolo sembra avere solo una portata politica. Appare evidente in effetti che
questo diritto è molto meglio protetto nell’art. 12 del Patto che non nella Carta.
- L’art. 17 relativo al diritto all’educazione
23
è impreciso, non solo paragonandolo agli altri
strumenti internazionali, ma anche intrinsecamente, a tal punto che si ha difficoltà nel
vedere in questo articolo un diritto per l’individuo e un dovere dello Stato. Il fatto che la
Carta resti muta quanto alle condizioni di messa in opera, (in particolare: sull’accesso
gratuito all’insegnamento primario, libertà di scelta dei genitori delle materie di
educazione ai figli, libertà all’insegnamento privato, alla protezione della proprietà
intellettuale ecc..) appare preoccupante.
- Unico in diritto internazionale, l’art. 18 prevede delle garanzie per cinque soggetti
differenti: la famiglia, la donna, i bambini le persone anziane e handicappate.
L’innovazione sta nel fatto che consacra questi diritti in un solo enunciato, e protegge per
la prima volta due categorie di soggetti
24
. Sempre con grande imprecisione, non solo
quanto ai termini impiegati, ma anche alle condizioni di messa in opera di questi diritti
25
.
Queste imprecisioni contrastano enormemente con l’art. 29 relativamente preciso e
incisivo nell’enunciare i doveri dell’individuo, riflesso del diritto delle collettività dell’art.
18, di “rispettare in tutti i momenti i propri genitori e di nutrirli e assisterli in caso di
necessità”
26
.
I diritti civili e politici.
- Le libertà di coscienza e religione non sono sufficientemente protette nell’art. 8, da
criticare per la sua laconicità. Una volta ancora vale il paragone con gli altri strumenti
internazionali, in particolare il secondo Patto, art. 18, più precisi nella formulazione e nelle
condizioni di messa in opera che non la Carta. L’assenza della consacrazione espressa del
diritto di cambiare religione può rilevarsi pericolosa, in quanto può essere negato dall’art.
29.7, che impone all’individuo il dovere di vigilare “alla preservazione e al rafforzamento
dei valori culturali africani positivi”.
- Lo stesso commento può essere fatto a proposito dell’art. 9 relativo al diritto
all’informazione e alla libertà di espressione: la clausola di limitazione è troppo imprecisa
23
Questo diritto può considerasi un prolungamento dell’elaborazione fatta dalla Carta culturale africana il
5/7/1976 di “ristabilire, restaurare, salvaguardare, promuovere il patrimonio culturale africano”, art. 1.
24
In effetti, i due patti del 1966 consacrano la protezione della famiglia, della donna e dei bambini.
25
Facilmente apprezzabile paragonandoli con i due Patti.
26
Art. 29.1 della Carta.
18
per non ridurre virtualmente questo diritto
27
. Il Patto, invece, elenca con precisione i
doveri incombenti sullo Stato in materia di libertà di “ricercare, di ricevere, e di recuperare
delle idee di tutte le specie (…)”
28
.
- L’art. 10 (il diritto alla libertà d’associazione) soffre delle stesse carenze dei precedenti
articoli: assenza di definizione del diritto consacrato e grande imprecisione nella clausola
di limitazione. La distinzione operata dall’articolo tra la libertà di costituire
un’associazione e quella di non farne parte, due facce della stessa libertà, deve essere
apprezzata nel contesto africano costituito da una miriade di regimi a partito unico. Ma
ritroviamo di nuovo un conflitto tra diritto e dovere, in particolare il dovere di solidarietà
nazionale e sociale annunciato dall’art. 29.4. Questo articolo è una riproduzione dell’art. 22
del secondo Patto dell’ONU, ma non aggiunge come quest’ultimo “il diritto di costituire dei
sindacati e di aderirvi per la tutela dei propri interessi”
29
.
- L’art. 11 consacrando la libertà di riunione, malgrado una formulazione relativamente
simile alle disposizioni corrispondenti degli altri strumenti internazionali, brilla per
l’imprecisione della sua clausola di limitazione
30
e l’assenza di un riferimento a una
situazione ideale come la nozione di “società democratica” nel sistema europeo. Si possono
ricordare a tal propostole vigorose contestazioni degli Stati africani contro il sistema di
controllo dell’OIL, in particolare in materia sindacale, invocando lo sottosviluppo come
ostacolo a uno stretto rispetto delle norme in vigore
31
.
- Il contenuto dell’art.12 è completo quanto il suo omologo del Patto ONU e consacra per la
prima volta quello che F. Ouguergouz definisce “l’ultima implicazione di andare e
tornare”
32
, il diritto dell’individuo perseguitato di “ ricercare e ricevere asilo” in terra
straniera. Sembra che il paragrafo 3 riconsegni la libertà allo Stato di accordare o no l’asilo,
dato che la Carta rinvia al legislatore nazionale, rinvio che limita in maniera sostanziale la
portata di questo diritto.
27
A questo proposito un’interessante esposizione sullo stato della liberta d’informazione a mezzo di stampa è
trattata da Marisa Paolucci, “L’Africa in un graffio di chino”, in il manifesto del 25/11/2003, p. 12. Inoltre,
documentazione molto approfondita dedicata alla salute e allo sviluppo della satira sul continente nero con
dichiarazioni, commenti e interviste a disegnatori e scrittori africani in “Alias” , anno 6 n°46, inserto de il
manifesto 29/11/2003.
28
Art. 19 del Patto Internazionale sui diritti civili e politici.
29
Questo silenzio è ancor più evidente che da nessuna parte il diritto sindacale e il diritto di sciopero sono
menzionati nella Carta, quando la maggior parte degli Stati africani sono parte della Convenzione del 1987
dell’ OIL (Organizzazione Internazionale del Lavoro) relativo alla liberta sindacale.
30
In effetti questa libertà è limitata dalle leggi o regolamenti degli Stati in nome “della sicurezza nazionale,
della sicurezza altrui, della salute, della morale o dei diritti e libertà delle persone”, termini non definiti con
precisione e quindi suscettibili di interpretazioni arbitrarie.
31
Vedi: “La seconda Conferenza regionale africana dell’OIL”, Rivista internazionale del lavoro, vol. 91, 1965.
p. 441.
32
Op. cit., p. 103.
19
L’altra originalità di questo articolo rapportato agli altri strumenti internazionali è
l’interdizione espressa di espulsioni collettive di stranieri, pratica troppo corrente in
Africa
33
. Purtroppo anche quest’articolo soffre di una clausola di limitazione troppo vaga,
che non menziona le caratteristiche delle misure che limitano questi diritti e queste
libertà
34
.
- L’art. 13 consacra il diritto di libera partecipazione alla direzione degli affari pubblici e
l’eguale accesso alle funzioni pubbliche in un modo insoddisfacente, ma innova
annunciando il diritto all’eguale accesso ai beni e servizi pubblici
35
. F. Ouguerguoz
considera che questo articolo non consacra realmente il diritto dell’individuo sullo Stato,
ma mette semplicemente a carico dello Stato un obbligo di astensione consistente nel non
operare nessuna discriminazione nell’accesso e uso dei servizi e dei beni del suo
patrimonio
36
. Questa interpretazione sembra la più adatta al contesto africano, tuttavia
così interpretata non è che una semplice conferma dell’art. 3 che afferma il principio di
eguaglianza davanti alla legge, il che riduce sensibilmente il suo carattere innovatore.
- Gli art. 4 e 5 proteggono l’integrità della persona umana distinguendo il diritto alla vita
dall’integrità fisica e morale, e vietano tutte le forme di sfruttamento e svilimento
dell’uomo. Una volta ancora la Carta soffre di gravi lacune: non viene definita la nozione di
vita
37
, ed è troppo imprecisa quanto ai limiti di questo diritto che deve essere
semplicemente provato dalla legge, astenendosi di nominare esplicitamente il termine
arbitrario, che può comprendere non solamente la nozione d’illegalità ma anche quella di
opportunità, in opposizione a quello di necessità
38
.
Per quanto riguarda l’integrità fisica nel contesto africano certe pratiche tradizionali, quale
per esempio la clitoridectomia, sembrerebbero contrarie all’art. 4.
In effetti, l’analisi di F. Ouguergouz,sottolinea come ci sia un conflitto tra il diritto di un
popolo alla sua cultura e il diritto di un individuo a vedere rispettato un suo diritto
33
K. Mbaye, “L’Africa è sempre stata una terra di migrazioni e terra d’asilo. L’ospitalità in Africa è un dovere,
un obbligo morale. La Carta, di conseguenza, non poteva che riconoscere il diritto di circolare liberamente e
di scegliere la sua residenza, allo stesso modo che il diritto di lasciare tutti i paesi, compreso il suo, e di
ritornare nel suo paese”, op. cit. p. 180.
34
Insufficienza giuridica o scelta politica? Per una trattazione delle clausole di di legittimità democratiche,
vedi, O. M. Garibaldi, “On the Ideological Content of Human Rights Instrument: the Clause In e democratic
Society”, in T. Buergenthal (Ed.), Contemporary Issues in International Law – Essays in Nonor of Luis. B.
Sohn, N.P. Engel Pubblishers, Arlington, Kehl, Strabourg, 1984, pp. 23 e ss.
35
Il cittadino non è il solo ad avere il diritto di usufruire dei beni e dei servizi pubblici in piena uguaglianza
davanti alla legge, questo presenta un progresso in rapporto a quello che è accettato nel diritto
internazionale.
36
Op. cit. p. 122.
37
In particolare, rapportata con gli altri strumenti internazionali, passa sotto silenzio con riguardo alla pena
di morte, praticata da quasi tutti gli Stati africani.
38
F. Ouguergouz, op. cit. p. 92.
20
personale, opposizione che dovrebbe in virtù del quinto capoverso del preambolo essere
risolta in favore del diritto personale
39
.
- L’art. 5 che conferma il diritto al rispetto della dignità inerente alla persona umana e
vieta tutte le forme di sfruttamento e svilimento, diritto particolarmente delicato sul
continente africano
40
, è purtroppo impreciso e rischia di essere legalmente aggirato.
L’imprecisione è eclatante se si tiene conto che la Carta, contrariamente al Patto ONU e
alla Convenzione europea, non vieta espressamente il lavoro forzato
41
.
- Il diritto alla libertà e alla sicurezza della persona (art. 6) è meno protetto dalla Carta che
non dagli altri strumenti internazionali
42
. Appare chiaro che il diritto alla vita come quello
relativo alla libertà e alla sicurezza dell’individuo è nettamente più fragile nel quadro
africano che non negli altri strumenti di protezione dei diritti dell’uomo. Infatti, in questa
regione dove ci sono gli Stati meno sviluppati al mondo, si verificano spesso degli arresti o
delle detenzioni senza legale procedura o anche legittime ma che si prolungano senza che
le vittime siano giudicate in un periodo ragionevole di tempo
43
.
- Il diritto a una buona amministrazione della giustizia, protetto dall’art. 7, consiste nel
diritto a un sentenza di tribunale competente accompagnato dal diritto a un giusto
processo, che s’ispira al principio di non-retroattività delle leggi in materia penale. Le
garanzie offerte da questo articolo sono meno numerose e complete di quella enunciate
dalle altre convenzioni.
- La protezione della proprietà ha suscitato delle forti controversie durante le negoziazioni,
a causa della forte dimensione ideologica. Il risultato è che quest’articolo non precisa la
natura del diritto di proprietà, e il dibattito è figlio di quello svolto dagli Stati
all’elaborazione del Patto ONU, che impedì l’elaborazione anche solo di una formula
generale
44
.
39
L’art. 61 sembra prendere la stessa soluzione riferendosi alle “pratiche africane conformi alle norme
internazionali relative ai diritti dell’uoomo e dei popoli”.
40
“Il principio del rispetto della dignità umana è posto dalla stessa Carta dell’OUA. Che stabilisce in maniera
manifesta il rispetto della dignità umana da una parte e la non-discriminazione, l’uguaglianza e l’inviolabilità
della persona umana dall’altra parte, in connessione storica sempre presente nello spirito dell’uomo africano.
Questo principio d’altronde è nel preambolo, che mostra, se ce ne fosse stato bisogno, l’importanza datagli
dagli autori della Carta”, K. Mbaye, op. cit. p. 177.
41
Vedi: R. Gittleman, “Tha African Charter on Human and Peoples’ Rights: a Legal Analysis”, Virginia
journal of international Law, vol.22, estate 1982, n° 4, pp.667 e ss.
42
A tal proposito un’analisi di questo diritto è trattata da G. Cohen-Jonathan, JLC. eur.,fasc. 6520, n° 47-105.
43
Vedi K. Mbaye, op.cit. p. 78,
44
Infatti, il Patto ONU non comprende il diritto di proprietà, una delle più grosse lacune di questo
importante strumento internazionale.
21
Si aggiunga il fatto che i limiti a questo diritto possono essere ristretti in nome della
“necessità pubblica” e “l’interesse generale della collettività”, nozione non definita e quindi
suscettibile di pericolose interpretazioni.
- I principi di non-discriminazione e uguaglianza, formulati anche nel principio
fondamentale in materia dei diritti dell’uomo
45
, sono consacrati agli art. 2 e 3 della Carta.
Ouguergouz osserva che “l’art.2 avrebbe guadagnato in precisione se il termine
discriminazione fosse stato sostituito a quello di distinzione. In effetti, distinzione non è
forzatamente discriminatorio e l’uguaglianza di trattamento non è sinonimo di identità di
trattamento”
46
.
- L’attenzione dei diritti dell’individuo è caratterizzata simultaneamente da una continuità
di ordine teorico in rapporto al diritto internazionale positivo, ma anche da numerose
carenze di ordine tecnico. Il metodo di redazione della Carta, estremamente conciso, a
rischiosi far nascere delle ambiguità, sembrerebbe voluto. A tal proposito il presidente
della commissione di esperti, K. Mbaye, dichiarò: “La forma redazionale relativamente
semplice degli articoli, è concepita per permettere una relativa progressione
nell’applicazione e nell’interpretazione ulteriore nei futuri utilizzatori di strumenti
giuridici, lasciando agli organi di protezione dei diritti dell’uomo di completare la Carta”
47
.
Lo stesso giudice K. Mbaye, criticò nella prefazione del lavoro di Ouguergouz le critiche di
ambiguità e imprecisione mosse alle clausole di limitazione, giudicandole “troppo severe”.
In ogni caso, non è facile giudicare questi silenzi e ambiguità. Sempre secondo il giudice,
l’Africa non era realmente pronta per accettare qualcosa di più di quello che è contenuto
attualmente nella Carta e con il tempo questi diritti si svilupperanno, sotto l’impulso della
Commissione africana, organo di protezione e promozione dei diritti dell’uomo nel quadro
della Carta
48
. In più i riferimenti al diritto internazionale da parte del preambolo e dall’art.
60 permettono di colmare le lacune e d’interpretare alcuni silenzi e certe ambiguità, questo
lavoro d’interpretazione dovrà nondimeno realizzarsi nel rispetto della specificità africana,
rispetto creato dall’obbligo giuridico della Carta. Sembra dunque che bisogna studiare la
45
“Il primo diritto riconosciuto e affermato è il diritto alla non-discriminazione. (…). Questa prevalenza data
alla non discriminazione si comprende perfettamente in un continente che ha tanto sofferto di
discriminazione razziale e che continua a soffrire di appartheid”, K. Mbaye, op. cit. p. 176.
46
Op. cit. p. 87.
47
Doc. OUA. Cab/Leg/67/3 , rapporto dei relatori.
48
Vedi E.R. M’Baya, « La Charte africaine en tant que mécanisme de protection des droits de l’homme », in
R. Bernhard e J.A. Jolpwicz (Eds.), International Enforcements of Human Rights, Springer-Velag,
Berlin/Heidelberg/New York, 1987, pp. 77 e ss.