1 La libertà di manifestazione del pensiero
La libertà di manifestazione del pensiero
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“Comunicare l’un l’altro,scambiarsi informazioni è natura;
tener conto delle informazioni che ci vengono date è cultura” (J.W.GOETHE)
1.1 Definizione
La libertà di manifestazione del pensiero è da ritenersi uno fra i più alti tra i diritti
primari e fondamentali del nostro ordinamento. Essa è da intendersi come “libertà di
esprimere le proprie idee, e cercare in ogni modo di divulgarle, la libertà di tentare di
persuadere gli altri”
1
.
Riconosciuta cautamente per la prima volta nello Statuto Albertino (art. 28 <<la
stampa sarà libera ma una legge ne reprimerà gli abusi>>), la libertà di pensiero
subisce una grave limitazione e strumentalizzazione durante il regime fascista che la
rende un mero strumento di propaganda dell’ideologia del partito. Durante il regime
sono emanate numerose leggi di censura e di preventiva autorizzazione da parte
dell’autorità di pubblica sicurezza atte a bloccare sul nascere qualsiasi stampato
contrario al sentimento nazionale fascista.
La libertà di manifestazione del pensiero viene concretamente realizzata
nell’ordinamento italiano soltanto in seguito al supremo riconoscimento della stessa
nell’art. 21 della Costituzione.
“Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo
scritto e ogni altro mezzo di diffusione.” (Art. 21, I comma, Cost).
Con questa solenne formula la Carta Costituzionale riconosce insieme il diritto di
esprimersi liberamente e il diritto di utilizzare ogni mezzo allo scopo di portare
l’espressione del pensiero a conoscenza del massimo numero di persone; non si
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JEMOLO C.A, I problemi pratici della libertà, Milano, Giuffrè, 1972,47.
Capitolo 1
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tratta però di due diritti, ma di uno solo, perché manifestazione e divulgazione sono tra
loro necessariamente legati da un vincolo di strumentalità.
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Tra i mezzi evocati dall’art. 21 Cost. la stampa è l’unico a trovare espressa disciplina e
tutela costituzionale.
Nell’importante sentenza 1/1956 la Corte Costituzionale dichiara l’illegittimità delle
norme fasciste di pubblica sicurezza limitative della libertà di stampa e vieta in modo
assoluto il conferimento alle autorità pubbliche di un potere discrezionale e arbitrario in
relazione al contenuto dell’attività di manifestazione del pensiero e all’uso dei mezzi.
In primis l’art. 21 è un diritto di libertà individuale riconosciuto al singolo in quanto tale,
a prescindere dai vantaggi e dagli svantaggi che possono arrecarsi allo Stato, garantito
affinché ”l’uomo possa unirsi all’altro uomo nel pensiero e col pensiero eventualmente
operare”
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.
Accanto ad un diritto alla parola, la Carta riconosce al singolo anche un diritto al
silenzio, un diritto a non dire quello che non si pensa.
Innegabile è anche il rilievo politico e sociale che la libertà di manifestazione del
pensiero possiede, tanto che si è parlato a proposito di essa come di “pietra angolare
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della democrazia,” pilastro della società democratica”.
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Il buon funzionamento di un
ordinamento democratico si fonda infatti sulla libertà di pensiero, essendo essa che
alimenta la forza sociale di base che è la pubblica opinione.
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Il riconoscimento di tale libertà è prerogativa di tutti gli stati democratici e la stessa
Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo la consacra all’art. 10 come uno tra i più
importanti diritti dell’individuo.
“Ogni persona ha il diritto alla libertà di espressione. Tale diritto include la libertà di
opinione e la libertà di ricevere o comunicare informazioni o idee senza ingerenza
alcuna da parte delle autorità pubbliche e senza considerazione di frontiera. …” (Art.
10, I comma, CEDU).
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Corte Cost.14 Giugno 1956 n.1, Giurisprudenza Costituzionale,1956.
3
ESPOSITO C.,La libertà di manifestazione del pensiero, Milano, Giuffrè 1958,9.
4
Corte Cost. 168/1971, in www.giurcost.org.
5
Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, Sunday Times c. Regno Unito ,25/04/1979, A-30.
6
MORTATI C.,Istituzioni di diritto pubblico, Padova, Cedam, 1969,973.
La libertà di manifestazione del pensiero
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Questo principio di libertà rappresenta uno strumento prezioso per la nostra crescita
culturale, per poter compiere scelte consapevoli, per esprimere al meglio la nostra
personalità.
La libertà di pensiero non è illimitata; accanto al limite esplicito del buon costume,
trovano la loro ratio nella Costituzione diritti parimenti inviolabili come l’onore, la
reputazione, la riservatezza, la realizzazione di giustizia, la presunzione di non
colpevolezza, diritti che possono trovarsi in situazioni di conflitto con l’art. 21. Il
delicato compito di equo bilanciamento tra la libertà di pensiero e un altro diritto di
rilievo costituzionale, spetta al giudice.
Capitolo 1
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1.2 La libertà di informazione
La libertà di informazione consta di tre profili autonomi e concorrenti individuati dalla
dottrina e dalla giurisprudenza rispettivamente nella libertà d’informare, nella libertà di
essere informati e nella libertà di informarsi.
Nella sentenza n 105 del 1972
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la Corte Costituzionale definisce il lato attivo della
libertà di informazione nella ”libertà di dare e divulgare notizie, opinioni, commenti”.
La libertà di informare prevede sia la comunicazione del proprio pensiero che il diritto
di cronaca inteso come trasmissione di notizie e pensieri prevalentemente altrui.
La libertà di espressione trova esplicito riconoscimento nell’art. 21 della Costituzione
oltre ad essere riconosciuta in convenzioni e trattati internazionali sottoscritti e
successivamente ratificati dallo Stato italiano.
L’art. 19 della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo del 1948, l’art. 10 della Convenzione
Europea del 1950 e l’art. 19 del Patto di New York del 1966 oltre a sancire il diritto di
diffondere informazioni ed idee affermano il diritto di ricevere notizie. Siamo di fronte a
quel lato passivo della libertà di informazione che è la libertà di essere informati.
Mentre le fonti internazionali parlano di un diritto all’informazione passiva la Corte
Costituzionale italiana riconosce a tale libertà soltanto valenza di interesse generale,
riconosciuto indirettamente nell’art. 21 della Costituzione e nelle norme sul pluralismo.
La libertà di informazione passiva prospetta un diritto del lettore a ricevere
un’informazione corretta, pluralista e libera. La piena realizzazione della libertà di
informazione passiva richiede non solo un comportamento non ingerente dello stato
ma anche l’attivarsi dello stesso per garantire un’informazione pluralista, la
divulgazione delle scoperte scientifiche, degli studi accademici e delle produzioni
artistiche, la trasparenza dell’attività dei suoi organi.
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Corte Cost. 105/1972, in http://www.giurcost.org/
La libertà di manifestazione del pensiero
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L’ultimo aspetto della libertà di informazione, fa riferimento alla facoltà di accedere
liberamente alle fonti d’informazione per ricercare notizie, riconosciuta in primis al
giornalista. Nel nostro ordinamento la libertà di informarsi è tutelata implicitamente
dall’art. 21, mentre un diretto riconoscimento della stessa è previsto all’art. 19 del
Patto internazionale sui diritti civili e politici che contempla “La libertà di cercare
notizie”.
2 Il delitto di diffamazione nell’attuale testo
dell’art. 595 c.p.
Il delitto di diffamazione nell’attuale testo dell’art. 595 c.p.
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“…la stampa riveste un potere gigantesco, ma come un torrente lasciato scorrere
liberamente può sommergere e devastare intere campagne e raccolti, così come una
penna adoperata senza freno non può portare altro che distruzione.” (GANDHI)
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2.1 L’art. 595 c.p., in generale
L’art. 595 c.p., nel testo vigente, così recita:
“Chiunque, fuori dei casi indicati nell’articolo precedente
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, comunicando con più
persone, offende l’altrui reputazione, è punito con la reclusione fino a un anno o con la
multa fino a euro 1.032.
Se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato, la pena è della reclusione
fino a due anni, ovvero della multa fino a euro 2.065.
Se l’offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità,
ovvero in atto pubblico, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa
non inferiore a euro 516.
Se l’offesa è recata a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, o ad una Autorità
costituita in collegio, le pene sono aumentate.”
La diffamazione consiste in una manifestazione di pensiero offensiva per l’altrui
reputazione commessa in assenza del soggetto passivo e comunicando con più
persone. Insieme all’ingiuria la fattispecie incriminatrice della diffamazione si colloca nel
capo II (<<Dei delitti contro l’onore>>) del titolo XII, dedicato ai delitti
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GANDHI, La mia vita per la libertà, Newton Compton, 1988.
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Art. 594. Ingiuria. “Chiunque offende l’onore o il decoro di una persona presente è punito con la reclusione fino
a sei mesi o con la multa fino a cinquecentosedici euro. Alla stessa pena soggiace chi commette il fatto mediante
comunicazione telegrafica o telefonica, o con scritti o disegni, diretti alla persona offesa. La pena è della reclusione
fino a un anno o della multa fino a milletrentadue euro, se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato.
Le pene sono aumentate qualora l’offesa sia commessa in presenza di più persone.”
Capitolo 2
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<<contro la persona>>. La diffamazione è considerata dalla giurisprudenza e dalla
dottrina prevalente come un reato di pericolo che si consuma con la sola
comunicazione dell’offesa a più persone, senza che si richieda un effettivo pregiudizio
della reputazione della vittima. Si ritiene necessaria però l’idoneità offensiva della
condotta a ledere il bene della reputazione. Proprio per questo motivo la
giurisprudenza ha escluso la diffamazione nel caso in cui il fatto addebitato sia
impossibile o incredibile o nel caso in cui sia attribuita ad un soggetto, sia pure con toni
fortemente critici, un’attività rientrante nell’esercizio di diritti soggettivi.
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La giurisprudenza ha distinto tra espressioni di per se obbiettivamente offensive, tali da
ledere l’onore e il decoro di qualsiasi persona e le espressioni che pur non avendo tale
valenza offensiva possono acquistarla in relazione a particolari circostanze, come la
personalità delle parti, i rapporti intercorrenti tra esse, l’ambiente in cui si svolge il
fatto, gli antecedenti.
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La diffamazione è un reato a forma libera nel senso che l’offesa può essere arrecata
con qualsiasi mezzo espressivo. La giurisprudenza ha ravvisato diffamazione anche
quando siano adottate espressioni insinuanti
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, quando l’addebito sia espresso in forma
tale da suscitare il semplice dubbio sulla condotta disonorevole
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, quando la caricatura
non limitandosi ad un’alterazione dei tratti fisionomici del soggetto lo esponga alla
morbosa curiosità e al dispregio dei lettori.
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Dall’analisi dell’art. 595 emergono i tre requisiti costitutivi dell’elemento oggettivo della
diffamazione che oltre all’offesa all’altrui reputazione, si identificano nell’assenza
dell’offeso e nella comunicazione a più persone.
Il requisito dell’assenza dell’offeso è molto importante in quanto consente di
distinguere il reato di diffamazione dal reato di ingiuria previsto dall’art. 594 c.p. Il
legislatore ha individuato in questa assenza, che pone il soggetto passivo
nell’impossibilità di giustificarsi, la ratio della maggior gravità della diffamazionerispetto
all’ingiuria.
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Cass. 18 giugno 1999, C.E.D. Cass. rv 215157(m). La S.C ha ritenuto che non costituisce diffamazione,
l’accusa al comandante di una compagnia aerea, di mancata adesione ad uno sciopero, trattandosi di un
diritto tutelato dall’art. 40 Cost.
11
Cass. 12 Marzo 1985, Rivista penale 1986, 474.
12
Cass. 16 Luglio 1981, Giustizia penale 1983, 5.
13
Cass. 30 aprile 1980, Foro italiano 1981,473.
14
Cass. 3 febbraio 1978,Cassazione penale 1979,798.
Indice
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La Cassazione ha inteso l’assenza dell’offeso non come assenza fisica ma come
impossibilità di percepire direttamente l’offesa e di difendersi.
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Quanto alla pluralità delle persone a cui avviene la comunicazione essa viene intesa nel
senso che deve raggiungere almeno due persone. La giurisprudenza afferma che si
realizza diffamazione anche quando la comunicazione non avviene simultaneamente,
potendo la stessa avvenire in diversi momenti, purché sia rivolta a più persone.
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La
comunicazione a più persone, quale elemento costitutivo della diffamazione, si
individua anche quando l’agente comunica l’offesa ad una persona perché questa a sua
volta la comunichi ad altri, mentre è da escludersi quando l’offesa sia trasmessa ad altri
di propria iniziativa dalla persona alla quale è stata comunicata.
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Si configura il delitto
di cui all’art. 595 c.p anche quando l’offesa sia contenuta in un telegramma poiché
questo è per sua natura trasmesso a più persone.
Le circostanze aggravanti del delitto di diffamazione sono indicate nei commi successivi
al primo dell’art. 595 e si identificano nell’attribuzione di un fatto determinato, nella
diffamazione avvenuta col mezzo stampa e nell’offesa recata a un Corpo politico,
amministrativo o giudiziario.
La ratio dell’aggravante del fatto determinato sta nella maggiore attendibilità, nella
maggiore concretezza e ricchezza di dettagli con la quale l’azione disonorevole viene
presentata cui deriva una maggiore lesività dell’altrui reputazione. Esiste in merito alla
definizione di fatto determinato una giurisprudenza contrastante: in alcune pronunce
l’attribuzione di un fatto determinato ricorre ogniqualvolta il fatto sia individuato da
particolari circostanze di luogo, tempo e di persone
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, mentre secondo un diverso
orientamento per fatto determinato deve intendersi un fatto concretamente
individuabile nelle linee essenziali sia pure senza indicazione di particolari e dettagli.
Appare incontroverso in giurisprudenza e in dottrina, che il mezzo stampa integri una
circostanza aggravante del reato di diffamazione. La ratio dell’aggravante sta nella
maggiore insidiosità e diffusività del mezzo stampa e quindi nella maggiore offensività
della condotta diffamatoria.
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Cass. 16 Gennaio 1957, Giustizia penale 1957,390.
16
Cass. 11 novembre 1983, Cassazione penale 1985,338.
17
Cass. 16 dicembre 1980, Cassazione penale 1982,724.
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Cass. 6 dicembre 1971, Cassazione penale 1971, 832. Fattispecie in cui in tema di diffamazione a mezzo
stampa è stata esclusa l’aggravante nell’uso delle espressioni <<massacratore e torturatore degli
italiani>> non accompagnata dall’indicazione di specifici atti o fatti individuati concretamente.