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Sono inoltre espressi due momenti contraddittori di uno stesso movimento: da un lato la ferrovia apre
nuovi spazi prima inaccessibili; dall’altro tutto ciò accade perché ne viene annullato uno: lo spazio
intermedio, il quale scompare appunto con l’avvento delle linee ferrate. La ferrovia non conosce che un
punto di partenza e uno di arrivo: gli spazi intermedi, attraversati con disprezzo e degnati di un inutile
sguardo, non hanno più alcun valore.
Nonostante tutto, la ferrovia ha da sempre suscitato un grande fascino per chi ne ha fatto uso: da molti
critici e studiosi del XIX secolo, il viaggio su strada ferrata è stato paragonato ad uno spettacolo a teatro
o ad una visita in biblioteca; l’acquisto di un biglietto ferroviario equivale così all’acquisto di un biglietto
per il teatro e il paesaggio di cui si entra in possesso si trasforma in spettacolo.
Al viaggio in treno venivano associate le bellezze delle località attraversate
Il tragitto dall’atrio della stazione alla località di destinazione tende a diventare breve quanto quello dal
foyer del teatro al posto nel palco.
Con lo sviluppo incessante della ferrovia, vengono messi in moto tutta una serie di processi a essa
collegati: basti pensare all’esponenziale aumento delle vendite dei libri. In Inghilterra viene creata
addirittura un’organizzazione dedita alla vendita e al prestito dei libri nelle stazioni: con un penny, il
viaggiatore in attesa del treno poteva accedere alla libreria e con una piccola tariffa suppletiva poteva
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prendere a prestito un libro per il viaggio, che restituiva alla stazione di arrivo; ovviamente la lettura di
libri e riviste era un privilegio della classe borghese, le persone che viaggiavano in terza o quarta classe
non potevano permetterselo e non sentivano neanche la necessità, anche perché i vagoni non erano
divisi in scompartimenti.
La moda della lettura in treno non è soltanto il risultato del dissolversi e della panoramatizzazione del
mondo esteriore, conseguenza della velocità; essa è anche il risultato di un difficile rapporto tra i
passeggeri di uno scompartimento, dove è raro che si instauri un rapporto di complicità: per questo
motivo la lettura si sostituisce in un certo senso al linguaggio parlato e quindi alle conversazioni.
Modo di intendere la stazione
Se prima dell’avvento della ferrovia tutte le più importanti funzioni di una città erano in stretto
rapporto tra loro, tale connessione si esaurisce con la nascita della stazione: essa non è parte integrante
della città – come risulta evidente già dalla sua ubicazione all’esterno delle antiche mura – e ne rimane a
lungo strana appendice.
Ben presto, i quartieri urbani che confinano direttamente con essa vengono bollati come “industriali” e
“proletari”.
A partire dalla metà del 1800, la stazione di testa segna la fisionomia delle città europee; situata al di
fuori del centro, è il luogo in cui converge il traffico ferroviario proveniente dai quattro punti cardinali,
che inoltra nella città, o che da questa smista. La stazione agisce dunque come una chiusa; la sua
funzione è quella di conciliare tue tipi molto diversi di traffico e di spazi del traffico, lo spazio del
traffico della città e quello della ferrovia. Da un lato, nel suo classicheggiante atrio in muratura, essa è
parte della città, dall’altro, nella costruzione in ferro della tettoia, è in tutto e per tutto funzione
dell’ambito industriale della ferrovia.
Il viaggiatore proveniente dalla città che si reca alla tettoia passando per l’atrio, nell’attraversare questi
locali qualitativamente diversi, vive un processo di ingrandimento dello spazio; egli lascia lo spazio
urbano della città e viene preparato da quello della stazione allo spazio industriale della ferrovia.
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La stazione ferroviaria entra prepotentemente in città
A sua volta, il viaggiatore in arrivo vive un processo di intimizzazione dello spazio: lo spazio sconfinato
e informe del viaggio in ferrovia, nella tettoia sotto la quale arriva il treno, subisce di nuovo una prima
delimitazione e si rimpicciolisce ulteriormente nella tradizionale costruzione in muratura dell’atrio. Si
crea così un passaggio continuo nello spazio urbano della città.
Rotaie in città
La trasformazione della città europea, lo sfondamento del suo spazio chiuso, la sua grande espansione
come territorio urbano, la nascita di quartieri fortemente caratterizzati (residenziali, commerciali,
industriali, borghesi, ecc.) è il risultato della rivoluzione industriale in generale, e di quella dei trasporti
operata dalla ferrovia in particolare.
La ferrovia ha quindi avuto sulla città del 1800 effetti più vistosi di qualsiasi altro singolo fattore: fu
responsabile dell’infittirsi delle costruzioni, definì il carattere della città come così come dei suoi desolati
quartieri periferici e dei sobborghi, determinò il ritmo e le dimensioni della crescita e fu probabilmente
il fattore più importante del mercato immobiliare urbano del XIX secolo.
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Nelle località di mare la pianificazione delle linee ferroviarie ha incontrato non poche difficoltà
La ferrovia produsse l’effetto più diretto ed evidente sulla città, là dove entrò fisicamente in contatto
con essa, cioè nei quartieri confinanti con binari e stazioni. Qui la ferrovia muta con tratti energici la
fisionomia delle vecchie città: così le planimetrie delle città vengono “invase” dalle vigorose linee
geometriche lungo le quali gli ingegneri vi introducono i binari; e vengono affrancate con stazioni,
binari di manovra e di smistamento tanto informi quanto invadenti. Tali cambiamenti non riguardano il
vero e proprio centro cittadino; a parte alcune eccezioni, le linee ferroviarie non si addentrano oltre la
periferia dei vecchi centri urbani dove sorgono anche le stazioni. Ciò, non tanto per rispetto dell’edilizia
storica – sebbene neppure questo sia da escludere – quanto piuttosto per l’elevato prezzo dei terreni del
centro urbano; le ferrovie, che richiedono superfici considerevoli per la linea ferroviaria vera e propria,
per le stazioni, i magazzini e le attrezzature tecniche, si stabiliscono quasi sempre in un settore della
città che assicuri condizioni ottimali dal punto di vista delle comunicazioni e prezzi del terreno minimi.
Gli effetti della ferrovia non si limitano ai quartieri che vi confinano direttamente, ma si manifestano in
dimensioni più ampie con l’aumento del traffico che essa provoca nelle città e che, alla fine, ne fa
esplodere la tradizionale struttura interna. Il fenomeno si manifesta non appena un città viene collegata
a un linea ferroviaria; in un articolo pubblicato nel 1838 dopo l’inaugurazione della linea Berlino-Lipsia
vi è scritto: «Percorrete la strada che da Leipziger Straße porta alla ferrovia, non la riconoscerete più.
Un gran viavai di
pedoni, vetture pubbliche, carrozze e veicoli d’altra specie; le case solide e massicce sono scosse dalle
vibrazioni continue e i loro abitanti, che prima avevano cercato qui una strada bella e tranquilla, con i
vantaggi della campagna vicina e del verde degli alberi e dei campi, vorrebbero tornare nel centro della
città per ritrovarvi la pace perduta». Dunque anche il nuovo flusso di traffico che le ferrovie
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convogliano nelle città risulta più evidente nelle vicinanze delle stazioni; le stazioni sono le teste di
ponte del nuovo traffico che da qui si espande nell’intera città.
Foto ricordo nella stazione di Colle Isarco
Il passaggio dai veicoli a trazione animale al treno fu motivo di profonda emozione. Passati i primi
momenti di sconcerto, ben presto si percepì l’utilità del nuovo potente mezzo di trasporto. Già a pochi
mesi dall’apertura di una linea, una momentanea sospensione del servizio suscitava inquietudine e
proteste.
Da casa alla stazione si andava a piedi. Ancorati ai ritmi lenti della vita contadina, i primi utenti della
ferrovia arrivavano con grande anticipo e aspettavano pazientemente l’arrivo del treno. Anche perché il
viaggio era un vero e proprio avvenimento, al quale conveniva prepararsi con tutta calma, senza
trascurare nulla, e poi nelle stazioni c’erano sale d’aspetto comode e spesso un locale per ristorarsi.
Inoltre, la stazione pareva un luogo mirabile, spesso assai più confortevole della propria stessa
abitazione. Cosa è rimasto di tutto questo oggi?
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La nuova concezione della ferrovia
Il sistema ferroviario a quasi due secoli dal suo debutto e a un secolo dalla sua espansione mondiale,
non ha più lo stesso significato propulsore dal punto di vista socioeconomico che aveva avuto nell'età
della prima rivoluzione industriale.
Il culmine dell’estensione della rete è stato raggiunto negli anni che precedono la prima guerra
mondiale, poi le diverse crisi: del primo dopoguerra, del '29, del secondo dopoguerra; e quando per
molti paesi inizia una sorta di seconda rivoluzione industriale, il mezzo su gomma diventa protagonista
del trasporto di merci e persone. Il declino del trasporto su ferro è generalizzato: interessa sia i paesi
che per primi ne promossero la formazione al servizio dell’industrializzazione, sia quelli nei quali il
processo fu successivo, sia quelli che si trovavano ancora all'inizio del loro sviluppo in questo
dopoguerra.
Verso la metà degli anni Sessanta, quando comincia a espandersi la motorizzazione privata nei paesi a
economia sviluppata (e inizia la diffusione del trasporto aereo), molti tecnici e dirigenti delle aziende
ferroviarie dichiarano che la funzione delle ferrovie è terminata: le automobili per il trasporto delle
persone (con possibilità di insediamenti in qualunque localizzazione) e gli autocarri per le merci (con
l'eliminazione delle rotture di carico perché il mezzo garantisce percorsi origine/destinazione senza
soluzione di continuità) risolveranno agilmente ogni problema, mentre l’aeroplano interverrà come
efficiente integrazione.
Quanto l’ideologia dell’automobile, e perciò anche delle autostrade, abbia inciso direttamente sulla crisi
della ferrovia non è stato a oggi indagato compiutamente; è indubbio però che dalla fine degli anni
Venti negli Stati Uniti e in questo dopoguerra in Europa nell'età della motorizzazione di massa, una
nuova gerarchia di valori si innesta e si consolida nella generale società dei consumi. In questa gerarchia,
l'automobile diviene indubbiamente protagonista: come realtà concreta per i paesi e per i ceti sociali che
possiedono le automobili in quantità e qualità sempre maggiori e come aspirazione per chi non può
ancora permettersele. Specularmente, con il passare del tempo, il treno propone un'immagine sempre
più offuscata, a cui contribuisce anche la pratica in forte espansione del trasporto aereo; nella gerarchia
dei valori tutto si rovescia e quello che era stato lo strumento centrale per la formazione della ricchezza
dei paesi a economia avanzata ed emblema dell'industrializzazione, appare ormai obsoleto
nell’immaginario collettivo.
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Molti interventi di “riqualificazione” delle ferrovie si sono incentrati sulla realizzazione di lunghi tunnel
Per tali motivi, in questi ultimi decenni, le antiche ferrovie cercano di trovare nuove soluzioni e
cospicue tecniche di ammodernamento: si riducono di estensione, migliorano la loro qualità, viene
estesa maggiormente l’elettrificazione delle reti, si realizzano incroci multilivello e svincoli stradali per
eliminare i passaggi a livello, si migliora il materiale rotabile. In tutto questo è contenuta una nuova
dimensione funzionale urbana nei confronti del treno, relativa alla mobilità: cioè la ricerca di una
maggiore efficienza e velocità del trasporto a discapito dei collegamenti con i centri abitati minori,
tenendo conto anche dei costi di realizzazione; è principalmente per queste ragioni che le linee ferrate
progettate e costruite recentemente si immergono in gallerie lunghe decine di chilometri che escludono
le città meno importanti, con rilevanti conseguenze su tutto il territorio, soprattutto per quanto riguarda
la viabilità.
Se precedentemente infatti, prima dell’invenzione dell’automobile, i collegamenti si effettuavano
esclusivamente attraverso la ferrovia che metteva in comunicazione pressoché ogni città di un
determinato territorio, dagli anni ’50 questa funzione viene assunta quasi del tutto dai trasporti pubblici,
segnatamente da bus e filobus, che percorrono il tragitto in modo ancora più capillare rispetto ai treni e
con costi di gestione decisamente più contenuti. Queste argomentazioni hanno contribuito
sensibilmente alla crisi della ferrovia e ad una successiva ridefinizione del trasporto su ferro: come
abbiamo già detto, è così prevalsa la funzionalità negli spostamenti e l’ottimizzazione dei tempi e dei
costi a danno della popolazione dei centri minori che, per i brevi spostamenti, ha la possibilità di
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usufruire del trasporto su gomma ma che, per i viaggi più lunghi, deve necessariamente recarsi nelle
città più grandi per servirsi del treno.
Stazione di Ponte Gardena: carico di merci sui carri. Questa immagine, ormai inattuale da svariati anni, è un
chiaro segnale di come le caratteristiche del trasporto su ferro siano cambiate
Anche qui, come avviene in altri campi, ci troviamo perciò di fronte al fenomeno della globalizzazione
che sta caratterizzando questo inizio di XXI secolo: nel nostro caso, il sistema tende a privilegiare le
città più importanti sotto tutti gli aspetti, anche per quanto riguarda i trasporti; il rischio è quello di
assistere in futuro a territori che si sviluppano a due velocità: da una parte ambiti sempre più potenziati
e al passo con i tempi, dall’altra realtà senza alcuna possibilità di evoluzione e tendenza allo stagnazione.
Oltretutto, la rinuncia alla ferrovia che viene operata in alcuni contesti territoriali (conseguente alla
rilocalizzazione delle linee in lunghe gallerie, come successo alla linea del Brennero, alla Pontebbana e
altre), porta all’impossibilità di prevedere in futuro un servizio di trasporto su ferro di qualsiasi tipo: il
ridotto bacino di utenza di quelle zone rende infatti inattuabile la realizzazione di una infrastruttura più
leggera – ma necessariamente a maggiore frequenza di servizio – come una metrotranvia.
Sembra che i necessari interventi di ammodernamento e potenziamento del sistema ferroviario
debbano cercare un confronto con le realtà locali, per provare a cogliere le opportunità comuni da una
soluzione “di compromesso” tra le esigenze locali e quelle di impresa.
Un esempio di questa situazione è stato il processo decisionale che ha portato alla definizione del
Progetto Esecutivo del tratto modenese della nuova linea AV/AC. L’iniziale progetto si limitava a
localizzare sul territorio modenese una infrastruttura per velocità fino a 350 km/h, che non aveva
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nessuna connessione con il tessuto locale a fronte di elevatissimi impatti ambientali e rilevantissime
interferenze con le preesistenze. La forte opposizione degli enti locali (oltre che degli abitanti delle zone
interessate dal passaggio dell’infrastruttura) fece sì che l’iter decisionale in Conferenza dei Servizi si
articolasse maggiormente, arrivando a definire una soluzione che, a fronte di una diminuzione delle
caratteristiche “tecnologiche” del tracciato (minore velocità massima consentita, raggi di curvatura
meno ampi), consentisse però un efficiente collegamento con il territorio (interconnessione ovest ed est
con la linea storica) e la definizione di accordi per la realizzazione di svariate opere complementari, a
tutto vantaggio della realtà modenese.
Le due immagini riportate, pubblicate a pochi mesi di distanza l’una dall’altra dallo stesso periodico di
informazione del Comune di Modena, si presentano a prima vista come simili. In realtà, se nella prima
gli 8 cerchi rossi evidenziavano altrettante situazioni problematiche, nella seconda 5 di essi individuano
interventi benefici.
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