Capitolo primo Introduzione e linee evolutive dell’istituto
2
L’inversione di tendenza attuata con la riforma del ’75 sta
proprio nel passaggio da un sistema che ammetteva la
prova della filiazione naturale solo in alcune ipotesi
tassativamente indicate, ad un sistema basato sul principio
di libertà della prova.
Sul piano degli effetti, poi, si realizza oggi una tendenziale
parificazione tra filiazione legittima e filiazione naturale,
scalfita solo da situazioni contingenti, mentre nella vigenza
del passato regime codicistico si riscontrava, nei confronti
dei figli nati fuori del matrimonio, un trattamento giuridico
fortemente discriminatorio
2
.
Il Codice del 1942 ammetteva, infatti, la ricerca della
paternità nei casi previsti nell’art. 269 C.c., oggi abrogato,
e nei casi di ratto e stupro; queste previsioni, in realtà,
erano spesso di difficile attuazione pratica; basti pensare
alla necessità di decreto del Capo dello Stato per il
riconoscimento in caso di presenza di figli legittimi.
Un’analisi dettagliata, inoltre, evidenzia che l’accertamento
di stato era ammesso solo nel caso in cui fossero escluse
qualsivoglia interferenze con i diritti della famiglia
legittima.
Il rafforzamento della famiglia come istituzione pubblica,
oltre che evidentemente privata, passava anche per le quote
successorie di entità inferiore riservate ai figli naturali,
non solo nel caso di concorso con i figli legittimi, ma anche
nel caso in cui il genitore non avesse contratto alcun
matrimonio. Siffatta previsione conferma che la
discriminazione della prole naturale non era meramente
funzionale alla tutela della famiglia legittima, o meglio del
2
La discriminazione in oggetto altro non era che un retaggio del Code Napoleon del 1804, impostato
secondo il dogma imperiale “forte famiglia nel forte Stato”; In ordine alla considerazione dei figli
illegittimi, si veda Moreno Vaselli Arcieri, in Digesto del diritto civile, vol. III, Napoli, 1854, pag. 279
e ss.;
Capitolo primo Introduzione e linee evolutive dell’istituto
3
suo patrimonio, aveva bensì l’ulteriore scopo
immediatamente precettivo della repressione delle unioni
non coniugali
3
.
Seppur discutibile, il sistema codicistico pre-costituzionale
appariva quantomeno privo di evidenti contraddizioni.
Le contraddizioni non tardarono ad emergere, invero, con
l’avvento nel 1948 della Costituzione Repubblicana, la
quale introdusse il principio che avrebbe condizionato il
diritto delle persone ed il diritto di famiglia fino ai giorni
nostri: il principio di eguaglianza.
Tale principio è concretamente espresso nell’art. 29 della
carta Costituzionale laddove il matrimonio viene ordinato
sull’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi – nonostante
la previsione di limiti stabiliti dalla legge – e nell’art. 30
Cost. dal quale emerge la responsabilità morale e giuridica
dei genitori nei confronti dei figli, per il fatto stesso della
procreazione, indipendentemente quindi dalla situazione
nella quale gli stessi siano stati concepiti.
L’approccio Costituzionale al problema consiste nel porre al
centro della tutela giuridica non più la famiglia come
istituzione, portatrice quindi di interessi superiori rispetto
a quelli dei singoli membri, ma la persona in quanto
componente della famiglia.
La scelta in esame pare quasi necessitata da molteplici
fattori, che vanno dall’allineamento dell’esperienza italiana
a quella degli altri paesi europei, alla presa di coscienza da
parte della dottrina prevalente del fatto che la famiglia
andava iscritta nel novero delle formazioni sociali previste
dall’art. 2 della Costituzione
4
, formazioni tutelate nella loro
3
Bessone e Ferrando, Regime della filiazione, parentela naturale e famiglia di fatto, in Dir. Fam. e
persone, 1979, 57;
4
G.Ferrando, La filiazione naturale e la legittimazione, in Trattato Rescigno, VI, Torino, 1997, 101 ed
ivi nota 16;
Capitolo primo Introduzione e linee evolutive dell’istituto
4
funzione, ovvero contribuire al compiuto sviluppo della
personalità umana.
L’avvento della Costituzione repubblicana creava in tal
modo un assetto destinato alla “modernizzazione” del
concetto di filiazione naturale.
Per lungo tempo, tuttavia, sia in dottrina che in
giurisprudenza, dominò una lettura tesa a svuotare di
significato i concetti innovativi contenuti nella
Costituzione. Per scelta ideologica o forse più per abitudine
mentale, la Carta Costituzionale veniva letta attraverso il
filtro del Codice Civile, contaminando così i contenuti
costituzionali con categorie dogmatiche superate.
A questa visione fin troppo conservatrice, venne presto
obiettata
5
la contrarietà, alla lettera ed allo spirito della
norma Costituzionale, della cristallizzazione della legge
dell’epoca; obiettivo dichiarato della Costituzione era, ed è,
infatti, quello di concedere ai figli, allora chiamati
illegittimi, ogni più ampia tutela possibile compatibile con i
diritti della famiglia legittima.
In suffragio del succitato indirizzo arrivò anche l’ennesimo
chiarimento in merito all’art. 30 Cost. da parte della
dottrina: il criterio di “compatibilità” stabilito al terzo
comma non è un criterio di esclusione alternativa, bensì di
coesistenza
6
, e viene ribadito, nel caso fosse necessario, un
principio noto anche in altri settori del diritto per cui “solo
un sistema di limiti rende possibile la libertà individuale”
7
.
Si è avuto modo di osservare come la centralità della
persona, rispetto alla famiglia intesa come formazione
sociale, sia un baluardo della nostra carta Costituzionale.
5
Giorgianni, Problemi attuali di diritto familiare, in Riv. Trim. Dir. Proc. Civ., 1956, 749;
6
Majello, intervento, in Atti del I° Convegno di Venezia, 187;
7
Palazzo, La filiazione fuori dal matrimonio, Milano, 1965, 54;
Capitolo primo Introduzione e linee evolutive dell’istituto
5
Questo dato viene ulteriormente suffragato
dall’individualità del rapporto che intercorre tra il figlio
nato fuori dal matrimonio e ciascun genitore. Tale
individualità è conseguenza necessaria dell’assenza di
matrimonio
8
, in presenza del quale la filiazione viene a
configurarsi come rapporto con i genitori, e non con il
singolo ascendente.
Nel matrimonio, infatti, la presunzione di paternità ex
art.231 C.c. (uno degli effetti principali del matrimonio,
espressione del riconoscimento della famiglia come società
naturale di cui all’art. 29 della Costituzione) rende
possibile l’accertamento contestuale alla filiazione, mentre
l’impegno reciproco di coabitazione, collaborazione,
assistenza (previsti dall’art. 147 C.c.) si traduce, verso i
figli, nella comune responsabilità per la loro educazione e
formazione, già prevista, tra l’altro, dall’art. 147 C.c.
8
G.Ferrando, La filiazione…cit., 137;
Capitolo primo Introduzione e linee evolutive dell’istituto
6
1.2 Il riconoscimento del figlio naturale
Il sistema normativo italiano, opportunamente, non da
una definizione dell’istituto del riconoscimento.
Per una corretta trattazione del tema del riconoscimento
del figlio naturale è indispensabile chiarire che lo status di
figlio naturale non è, nel nostro ordinamento, conseguenza
diretta della nascita, bensì viene acquisito attraverso un
formale atto di riconoscimento effettuato dal padre o dalla
madre, ovvero di entrambi, nel quale una determinata
persona attesta di essere genitore di un determinato
soggetto, generato fuori dal matrimonio.
Quest’atto ha la funzione di rendere certa una situazione
che altrimenti rimarrebbe estranea all’ordinamento.
Nonostante i genitori siano soggetti ad un obbligo morale al
riconoscimento del proprio figlio, nulla impedisce che il
genitore si astenga da detto atto formale.
La nascita al di fuori dal matrimonio attribuisce, quindi, la
qualità di figlio naturale, che si evolve in status, una volta
che sia intervenuto l’atto formale del riconoscimento o al
più la dichiarazione giudiziale di paternità o maternità
naturale prevista nell’art.269 C.c.
La mancanza dello status in capo ad una persona comporta
notevoli conseguenze sfavorevoli a livello giuridico, oltre
che sociale: tra le più importanti ricordiamo l’inibizione
all’uso del cognome dei genitori e la preclusione ai diritti
successori
9
.
9
Anche se è stata da tempo ormai superata la situazione di degrado e discriminazione in cui erano
collocati i privi di status, grazie anche alla l. 31 ottobre 1955 n.1064 che ha abolito il “marchio
d’infamia” costituito dall’N.N. anagrafico. In tema si veda Battaglini, Filiazione (diritto
internazionale privato e processuale), in Enciclopedia giuridica Treccani, , vol. XIV, Roma, 1989, 1
e ss.;
Capitolo primo Introduzione e linee evolutive dell’istituto
7
Proprio l’importanza di queste conseguenze ha portato oggi
all’imprescrittibilità dell’azione di cui all’art. 269 C.c..
Il presupposto necessario per l’acquisto della stato di figlio
naturale è, banalmente, l’esistenza di un rapporto biologico
di filiazione tra chi assume di essere genitore ed il preteso
figlio. Il riconoscimento può essere sempre impugnato, per
difetto di veridicità da chiunque abbia un interesse, senza
limiti di tempo. La prescrizione, contenuta nell’art.263
C.c., è dovuta in primis a ragioni di certezza del diritto ed
in seconda battuta all’adozione di una serie di cautele,
volte ad evitare l’aggiramento delle norme sull’adozione per
mezzo di riconoscimenti non veritieri.
Anche dalla procreazione artificiale eterologa può, del
resto, derivare lo stato di figlio (anche legittimo) nei
confronti di un soggetto che non è il vero genitore
biologico. Vista la carenza di normazione in materia, però,
si ritiene opportuno rimandare la trattazione
dell’argomento a trattati più specifici
10
, limitandoci in
questa sede a constatare come la giurisprudenza
11
ritenga il
consenso alla pratica della fecondazione da parte del
marito assimilabile all’unione sessuale, quale prius della
fecondazione
12
.
In una realtà avulsa dal matrimonio, come lo è quella dei
figli naturali, l’accertamento della filiazione avviene con
atti distinti di ciascun genitore. L’assenza di un vincolo
giuridicamente rilevante tra le parti fa si che nessun
obbligo di collaborazione nella cura dei figli sia tra loro
10
Cassano, Le nuove frontiere del diritto di familgia, Milano, 2000, 103 e ss.;
11
Cass. 18.11.1992, n.12350, in Riv. ital. Medicina legale, 1994, 1080;
12
Numerosi dibattiti si registrano in merito alla effettiva portata in questa sede dell’art. 235 C.c.:
disconoscimento di paternità. L’argomento è stato oggetto di una recente sentenza della Corte di Cass.
16.03.1999 n. 2315, in Giuda al diritto, 1999, 54, che ha escluso l’azionabilità del disconoscimento di
paternità in seguito ad una fecondazione eterologa fatta volontariamente;
Capitolo primo Introduzione e linee evolutive dell’istituto
8
ipotizzabile
13
, mancando oltretutto anche l’obbligo, minimo,
della coabitazione.
Nell’ipotesi in cui, per mera volontà delle parti, s’instauri
una convivenza spontanea, essa da vita ad una formazione
sociale tutelata ai sensi dell’art. 2 Cost.
14
, in quanto luogo
dove si svolgono le personalità individuali.
In questo peculiare caso emergono particolari garanzie per
l’adempimento dei doveri dei genitori, ad esempio al fine di
realizzare un più elevato livello di educazione della prole.
L’autonomia e l’individualità del rapporto di filiazione
naturale, nei confronti di ciascun genitore, vengono riflesse
nell’art. 258 C.c., dove ciascun atto di riconoscimento è
personale e non può contenere, pena la loro inesistenza,
indicazioni relative all’altro genitore.
L’art. 258 primo comma C.c. fa salvi, dal regime sopra
indicato, i casi previsti dalla legge.
Ciò si concretizza in un rapporto di filiazione naturale che
coinvolge entrambe i genitori i quali, congiuntamente, sono
tenuti alla collaborazione, nell’adempimento dei doveri e
nelle decisione dove sia in gioco l’interesse del figlio. I
“casi” in esame, vengono positivizzati nell’art. 317 bis C.c.
dove si dispone che, nel caso di convivenza spontanea dei
genitori, la potestà venga esercitata in comune da questi e
soprattutto in seno alla famiglia, facendo esplicito rinvio
all’art. 316 C.c..
Alla famiglia si applicherebbero, di conseguenza, le norme
che la considerano un centro di interessi giuridicamente
13
Stella Richter e Sgroi, Delle persone e della famiglia, in Commentario del Codice Civile, Torino,
1967, 95 e ss.. In giurisprudenza nello stesso senso: Cass. 16 giugno 1954 n. 2055, Giust. Civ. 1955, I,
81, App. Firenze 13 giugno 1957, Giust. Civ. Rep. 1957, v. Filiazione, 31;
14
Bessone, Rapporti etico-sociali, in Commentario della Costituzione, a cura di Branca, 1976, 101 e
ss.;
Capitolo primo Introduzione e linee evolutive dell’istituto
9
rilevante
15
, così come inteso ai sensi dell’art. 2 Cost.
Quanto appena detto costituisce un ulteriore passo verso
l’attuazione del principio costituzionale di eguaglianza cui
la riforma del 1975 ha cercato di dare attuazione.
La riforma, pur avendo tendenzialmente equiparato la
condizione dei figli naturali a quella dei figli legittimi, ha
tuttavia mantenuto distinti gli status.
Questa conclusione risulta avvalorata dalla perdurante
esistenza di un istituto per mezzo del quale viene
attribuito, a chi sia nato fuori dal matrimonio, lo status di
figlio legittimo: la legittimazione. Sebbene la legittimazione
attuale sia ben differente da quella conosciuta ai tempi
dell’imperatore Costantino, ivi usata per combattere il
disfavore verso i liberi naturales, oggi la sua concessione
viene subordinata all’accertamento da parte del giudice di
un concreto interesse del figlio e ciò nonostante permane la
diversità della prole naturale
16
.
Le differenze tra filiazione legittima e filiazione naturale
vengono oggi ad emergere in tre ordini di livelli
17
:
- in merito all’accertamento della filiazione;
- in merito alla disciplina del rapporto di filiazione;
- in merito alla “estensibilità” del rapporto di filiazione
naturale, ovvero la capacità di dar vita a rapporti di
parentela in linea retta o collaterale.
Per ciò che concerne i modi di accertamento della filiazione
– atto di nascita per quella legittima e riconoscimento per
quella naturale – il perdurare di un regime differenziato è
una scelta imposta dall’oggettiva impossibilità di applicare
al concepimento di figli fuori dal matrimonio il sistema di
15
G. Ferrando, La filiazione… cit., 102 e ss.;
16
Majello, Diritti dei figli nati fuori dal matrimonio e principio di eguaglianza, in Giur. It., 1975, IV,
48;
17
G. Ferrando, La filiazione… cit., 111 e ss.;
Capitolo primo Introduzione e linee evolutive dell’istituto
10
presunzioni sui quali la filiazione legittima (e per lei l’atto
di nascita) è basata.
In merito alla disciplina del rapporto di filiazione le
differenze residue sono quelle disposte dagli artt. 252, 262,
537 C.c..
Nello specifico, le differenze sono rilevabili nel campo
dell’inserimento del figlio naturale, di un genitore, nella
famiglia legittima (art. 252 C.c.) e nel campo del cognome
che viene attribuito al figlio naturale (art. 262 C.c.).
Questi temi tuttavia verranno trattati dovutamente più
avanti
18
per lasciare spazio in questa sede a quella che,
anche agli occhi del più inesperto dei giuristi, pare
un’ingiustificata disparità di trattamento: il così detto
“diritto ci commutazione” concesso ai figli legittimi a
scapito degli interessi patrimoniali dei figli naturali
previsto dall’art. 537 C.c., ancora oggi tacciato, da gran
parte della dottrina, di incostituzionalità
19
.
La norma, al comma terzo, prevede a favore dei figli
legittimi la possibilità di “soddisfare, in denaro o in beni
immobili ereditari, la porzione spettante ai figli naturali
che non vi si oppongano”, salvo poi dare la competenza al
giudice adito nel caso in cui sia presente la opposizione dei
figli naturali, valutando le circostanze personali e
patrimoniali delle parti.
La norma è, secondo i sostenitori della costituzionalità
20
,
volta alla tutela della coesione sostanziale della famiglia
legittima, nella quale si sostanziano i diritti dei suoi
membri. Sarebbe questo il tenore che andrebbe attribuito
alla norma, incostituzionale, quindi, solo nel momento in
18
Cap. 4, § 2; Cap. 4, § 1;
19
Bonilini, Manuale di diritto di famiglia, Torino, 2000, 270;
20
Bianca, La filiazione in generale, in Diritto Civile, II, Milano, 1981, 117;
Capitolo primo Introduzione e linee evolutive dell’istituto
11
cui consenta ai figli legittimi di lucrare ingiustificati
privilegi patrimoniali.
Il diritto di commutazione può perciò ritenersi
legittimamente esercitato solo nel caso si riferisca ai beni
della comunione ereditaria che corrispondono ad un
patrimonio familiare comune di affetto e di lavoro. E’ il
caso della casa di abitazione della famiglia legittima o
ancora dell’azienda familiare, rispetto alle quali il figlio
naturale sia rimasto estraneo.
Rimane da esaminare la capacità così detta estensiva del
rapporto di filiazione naturale, ovvero la capacità di dar
vita a rapporti di parentela in linea retta o collaterale.
Una delle principali differenze tra filiazione legittima e
filiazione naturale consiste nella loro differente forza
espansiva. Mentre il figlio legittimo entra nella famiglia del
genitore per il solo fatto della nascita all’interno del
matrimonio, il rapporto costituito per effetto del
riconoscimento esaurisce la propria efficacia nei rapporti
tra il riconosciuto ed il riconoscente
21
.
A questo principio, noto già in dottrina prima della legge di
riforma, venne data adeguata positivizzazione con la l. 19
maggio del 1975 n. 151. Sebbene l’argomento verrà trattato
più dettagliatamente in seguito
22
, occorre qui ricordare
almeno gli artt. 148, 270, 433 e 467 C.c., così come
modificati dalla riforma del 1975: questo insieme
eterogeneo di norme formano un sistema totalmente
coerente e la unanime dottrina attuale ne deduce la
rilevanza giuridica della parentela naturale in linea retta
23
e collaterale; si segnalano, per quest’ultimo ordine di
21
Stella Richter e Sgroi, Delle persone e… cit., 95;
22
Cap. 4, § 1;
23
Tra gli altri, Bonilini, Manuale…cit., 270 e ss.; Vitucci, Parentela naturale, successione, fisco, in
Giur Cost., 1977, 1 e ss.;
Capitolo primo Introduzione e linee evolutive dell’istituto
12
rapporti, gli artt. 467 e 737 del Codice civile riguardanti
rispettivamente la rappresentazione dei discendenti
naturali nella successione testamentaria e la
partecipazione alla collazione nella divisione, che invertono
la tendenza espressa nel codice del 1942. I rapporti con i
parenti del genitore, oggi, non sono più l’eccezione ma
quasi la regola.
La norma, che secondo la dottrina più illuminata darebbe
consistenza giuridica alla rilevanza della parentela
naturale, è il primo comma dell’art. 258 C.c.. L’articolo
recita la rilevanza del riconoscimento esclusivamente nei
confronti del genitore da cui viene fatto. La Novella del
1975 ha introdotto in detto comma la nota formula
legislativa “salvo i casi previsti dalla legge”.
Nella vigenza del codice del 1942, l’irrilevanza della
parentela naturale era dedotta, prima ancora che dall’art.
258 C.c., dal complesso di norme che limitavano gli effetti
della parentela fuori dal matrimonio a casi eccezionali.
La modifica all’art. 258 C.c., lungi dall’essere una mera
espressione di “perfezionismo legislativo”, di cui i
legislatori venivano accusati da certa parte della dottrina
24
,
rappresentava così la codificazione del principio secondo
cui la parentela naturale non avrebbe avuto rilevanza
giuridica alcuna salvo eccezioni tassativamente previste ex
lege.
Questa interpretazione si scontrava non solo con il senso
della riforma, ma soprattutto con il principio costituzionale
di eguaglianza previsto nell’art 3 Cost.
Il conflitto giunse presto all’esame della Corte
Costituzionale che, con sentenza n. 76 del 1977
25
, ha
24
A. Finocchiaro e M. Finocchiaro, Riforma del diritto di famiglia, Milano, 1975, vol. II, 250;
25
Corte Cost. 12.04.1977 n. 76, in Giur Cost., Massima n. 8827;
Capitolo primo Introduzione e linee evolutive dell’istituto
13
ritenuto legittima, in tema di successione ereditaria,
l’irrilevanza della parentela naturale solo nel momento in
cui questa venga a confliggere con i diritti della famiglia
legittima. L’unico limite quindi alla rilevanza della
parentela naturale sarebbe il rispetto dei diritti dei membri
della famiglia legittima, limite tra l’altro costituzionalmente
previsto dall’art. 30 terzo comma Cost.
L’ultimo ostacolo alla affermazione della rilevanza della
parentela naturale sarebbe quindi posto, ancora una volta,
dell’art. 258 C.c. ove si legge che “il riconoscimento non
produce effetti che riguardo al genitore da cui fu fatto”.
La norma sarebbe tesa a ribadire il principio
dell’autonomia dell’atto di riconoscimento di ciascun
genitore ed in alcun modo si può desumere da questa
lettura l’irrilevanza della parentela naturale, pena
l’illegittimità costituzionale per contrasto con gli artt. 3 e
30 Cost., anche se gran parte della dottrina è di avviso
contrario.
Fatte tutte queste considerazioni, occorre ora rivedere le
differenze rimaste tra la filiazione naturale e quella
legittima, che a questo punto non sono più su tre piani ma,
secondo alcuni
26
, semplicemente su due, essendo venuta
meno la differenza tra la “forza espansiva del rapporto di
filiazione.
Questa conclusione implica una riflessione: è ancora
opportuna la distinzione tra i due status filiationis?
Secondo alcuni autori
27
la teoria degli status non sarebbe
più adeguata alla descrizione dei fenomeni giuridici
concernenti i regimi della filiazione.
26
A. Finocchiaro e M. Finocchiaro,…cit., vol. II, 250;
27
Rescigno, La tutela dei figli nati fuori dal matrimonio, in Riv. Dir. Matr., 1965, 43;
Capitolo primo Introduzione e linee evolutive dell’istituto
14
Detta teoria costituirebbe attualmente un intralcio alla
corretta descrizione e sistemazione dell’argomento.
Le differenze sopravvissute alla riforma non sarebbero
quindi tali da giustificare un differente status filiationis,
inteso questo come strumento tecnico capace di tradurre in
diritto una situazione sociale che distingue un soggetto da
altri.
La scomparsa, del favor legitimitatis come stato
giuridicamente privilegiato, sostituito dal principio della
“certezza formale” o favor veritatis, porrebbe,
indirettamente, l’accento sulla sostanziale unicità del
rapporto di filiazione, chiarendo che filiazione naturale e
legittima rimangono distinte non più sul terreno degli
status, ma su quello, più formale che sostanziale, dei
metodi di accertamento
28
.
28
De Filippis Casaburi, La filiazione nella dottrina e nella giurisprudenza, Padova, 2000, 101 e ss.,
ove afferma che “Nessuna discriminazione, in ordine ai contenuti dei diritti della prole può essere
applicata ai figli in ragione delle circostanze della loro nascita”, e che “Filiazione e rapporto coniugale
sono autonomi..”;
Capitolo primo Introduzione e linee evolutive dell’istituto
15
1.3 La Riforma del 1975
Il riconoscimento del figlio naturale non è certo uscito
indenne alla riforma attuata con la legge 19 maggio 1975 n.
151, “Riforma del diritto di famiglia”, che con i suoi 240
articoli costituisce una delle più impegnative ed importanti
riforma attuate dal Parlamento Repubblicano.
L’istituto è stato parzialmente ridisegnato e tra le
innovazioni di maggior rilievo, come si è già visto spesso
orientate all’armonizzazione della legge ordinaria ai principi
costituzionali, si possono ricordare: la necessità
dell’assenso del figlio ultrasedicenne, il consenso del
genitore che per primo ha riconosciuto il figlio
infrasedicenne, nonché la sentenza che è possibile ottenere
in luogo del consenso negato, la previsione del sedicesimo
anno di età quale età minima per effettuare il
riconoscimento, la possibilità di scegliere tra il cognome
paterno e materno – limitatamente ad alcune ipotesi -
concessa al figlio ed infine quella che rappresenta
l’innovazione più considerevole, vale a dire la piena
riconoscibilità dei figli così detti “adulterini”.
Pare opportuno, in questo paragrafo, non soffermarsi su
tutte le innovazioni citate, alle quali peraltro verrà darà
adeguata trattazione in seguito, ma affrontare in modo
critico gli argomenti salienti che hanno caratterizzato la
riforma in tema di filiazione naturale: l’ampliamento
dell’ipotesi di riconoscibilità dei figli adulterini e la
estensione delle ipotesi di ammissibilità della dichiarazione
giudiziale di paternità, la cui prova può essere data con
ogni mezzo in ogni caso in cui il riconoscimento è
consentito.