Il ruolo delle ONG nel sistema del TPI per l’ex-Jugoslavia
2
Ci si soffermerà in particolare sul ruolo avuto dalle Organizzazioni Non
Governative (e attraverso esse, dalla Società Civile) all’interno del sistema di
giustizia creato nel 1993 con l’istituzione del Tribunale Penale Internazionale per i
crimini commessi sul territorio dell’ex-Jugoslavia
1
.
Nel secondo capitolo verranno fornite alcune informazioni generali utili a
capire lo scenario balcanico degli anni Novanta che ha determinato la necessità di
creare un tale organo giurisdizionale: sarà fatta una breve sintesi delle motivazioni
che hanno portato allo scoppio della guerra e dei tragici eventi seguitisi fino al
termine del decennio, quando la Comunità Internazionale è riuscita a riportare (più
o meno) alla normalità la situazione nell’ex-Jugoslavia. Seguirà un breve excursus
sulle tappe del percorso intrapreso dalle Nazioni Unite, conclusosi proprio con la
creazione del Tribunale Penale Internazionale per l’ex-Jugoslavia (avente sede
all’Aja), incaricato di giudicare i responsabili dei crimini commessi nei Balcani e di
fungere da deterrente, per evitare che tali episodi si possano ripetere.
Nel terzo capitolo ci si soffermerà invece sul lavoro svolto dalla
Commissione di Esperti, nata per volontà del Consiglio di Sicurezza, che ha
ritenuto necessario formare un gruppo di inchiesta che indagasse scrupolosamente
sui quei crimini, per poi riferire i risultati agli Organi delle Nazioni Unite: saranno
proprio questi rapporti a mettere in evidenza la necessità di creare un Tribunale
internazionale. Come vedremo, la Commissione, nonostante l’ambizione del
progetto del Consiglio di Sicurezza (che, nelle sue intenzioni, si immaginava un
gruppo di esperti che riuscisse, esso solo, a ricostruire i fatti accaduti e a fornire in
un secondo momento a quello che sarebbe divenuto il Prosecutor del Tribunale
tutti gli elementi necessari e sufficienti per iniziare una causa davanti ai giudici
dell’Aja), si rivelò fin da subito priva delle risorse necessarie per portare a termine
con successo l’incarico affidatole; e fu solo grazie all’intervento di contributi
volontari (finanziari e in termini di risorse umane) dei Governi e delle
Organizzazioni Non Governative, che essa riuscì a presentare al Consiglio di
Sicurezza un rapporto soddisfacente.
1
Di seguito il Tribunale o il TPI.
Introduzione
3
Nel quarto capitolo, invece, si analizzerà uno dei modi attraverso cui le
Organizzazioni (Intergovernative e Non Governative) e gli individui hanno la
possibilità di influire direttamente sul lavoro dei giudici del Tribunale, e di
conseguenza, anche sul diritto penale internazionale; quest’ultima disciplina,
infatti, è lontana dall’essere interamente codificata, ma subisce una continua
evoluzione grazie alle decisioni giurisprudenziali. Il Regolamento di Procedura e di
Prova (RPP) del Tribunale Penale Internazionale, ha sancito infatti, all’art. 74, la
possibilità per questi soggetti, e quindi anche per le ONG, di poter ottenere
l’autorizzazione dai giudici ad intervenire ai procedimenti in qualità di Amicus
Curiae (letteralmente Amico della Corte), avendo così l’opportunità di esporre loro
la propria opinione su di una certa questione, parere che i giudici saranno
comunque liberi di tenere (o non) in considerazione. Questo tipo di partecipazione
rappresenta in principio per le ONG un’occasione importante, in quanto permette
loro di fornire alla Corte elementi dei quali altrimenti non sarebbe stata a
conoscenza, diminuendo la possibilità che essa incorra in errori giudiziari. Inoltre
le ONG possono porre l’accento su argomenti per esse molto importanti, riuscendo
così ad esporre alla Corte quello che è l’interesse generale che esse vogliono
tutelare. Vedremo tuttavia, che il numero degli Amici della Corte autorizzati ad
intervenire davanti al Tribunale è stato piuttosto esiguo, se rapportato ai casi da
esso affrontati, e ciò può mettere in discussione l’effettiva possibilità concessa alle
ONG di influire sulle determinazioni dei giudici e quindi sul diritto penale
internazionale. Inoltre, è difficile valutare la reale considerazione in cui sono tenute
le relazioni degli Amici Curiae, dato che raramente nelle sentenze i giudici vi fanno
riferimento.
Resta, infine, ancora problematico delineare con certezza le modalità
concrete di partecipazione ai processi dell’Amico della Corte ed i diritti ad esso
riconosciuti, poiché si tratta di una disciplina in costante evoluzione, che viene
progressivamente ampliata proprio dalle decisioni giurisprudenziali.
Un contributo maggiore (anche se meno incisivo da un punto di vista
strettamente giuridico), come vedremo nel quinto capitolo, è forse quello fornito al
Tribunale, o meglio all’Ufficio del Procuratore (Prosecutor), in un modo più
“concreto”: forti della possibilità sancita dall’art. 18 dello Statuto, che prevede che
Il ruolo delle ONG nel sistema del TPI per l’ex-Jugoslavia
4
il Procuratore inizi le indagini anche sulla base di notizie di reato provenienti da
Governi ed Organizzazioni, le ONG non si sono limitate a denunciare all’Organo
inquirente i crimini di cui erano a conoscenza, ma gli hanno presentato dei rapporti
anche molto dettagliati su alcuni episodi meritevoli di attenzione, e gli hanno
fornito, quando possibile, l’elenco delle vittime e dei testimoni che avrebbero
potuto indicare ulteriori preziosi elementi al Prosecutor. Le ONG (molte delle
quali operavano da tempo nei Balcani) si sono impegnate cioè ad organizzare delle
missioni aventi come obbiettivo la ricerca delle prove degli avvenuti crimini.
Poiché molte Organizzazioni Non Governative erano specializzate nella difesa dei
Diritti Umani, più che nel lavoro investigativo proprio di un Pubblico Ministero,
alcune relazioni da esse presentate si sono chiaramente dimostrate non adatte a
sostenere, esse sole, un’accusa in giudizio, e sono state pertanto inevitabili ulteriori
indagini dell’Ufficio Investigativo dell’Aja; altre inoltre, si sono rivelate totalmente
inadatte perché imprecise e prive degli elementi minimi necessari per indicare una
sicura pista su cui proseguire gli accertamenti.
Ciononostante, il lavoro svolto dalle ONG è stato sicuramente autorevole e
assolutamente utile ad assicurare una maggiore celerità nell’attività del Tribunale,
tanto che gli stessi giudici dell’Aja hanno riconosciuto l’essenzialità della
collaborazione delle ONG (che sono intervenute anche, su richiesta di parte o degli
stessi giudici come esperti e a volte come testimoni).
Nel sesto capitolo, infine, verrà analizzato l’ultimo tipo di apporto
(informale, per la verità) fornito dalle ONG al Tribunale Penale Internazionale.
Queste Associazioni di diritto privato si sono sempre preoccupate, infatti, di
mantenere vivo l’interesse presso l’opinione pubblica per gli accadimenti
internazionali. Ciò ha fatto sì che si instaurasse un clima politico favorevole per la
creazione del Tribunale (poiché il comportamento della Comunità era
costantemente osservato dalle ONG e, attraverso di esse, da tutta la Società Civile,
che chiedeva di mettere fine alla guerra nell’ex-Jugoslavia), ed inoltre ha
contribuito a che il Tribunale divenisse effettivamente operativo e non rimanesse
un semplice progetto che aveva lo scopo di accontentare, solo formalmente,
l’opinione pubblica e la stessa Comunità Internazionale.
Introduzione
5
Le ONG hanno infatti intrapreso un’opera di monitoraggio dei risultati
conseguiti dal Tribunale dell’Aja e dell’atteggiamento tenuto dagli Stati, obbligati a
collaborare con esso, e ne hanno poi diffuso i risultati; esse, inoltre, hanno poi, in
base a quanto appreso, fatto richieste ed avanzato proposte di modifiche dello
Statuto agli Stati e all’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) necessarie, a
loro parere, per incrementarne l’efficacia. A volte, tuttavia, l’attività delle ONG è
stata meramente simbolica, poiché le loro osservazioni ed argomentazioni non sono
state prese in considerazione dall’ONU e dall’insieme degli Stati, ma sono rimaste
fini a se stesse.
Il ruolo delle ONG nel sistema del TPI per l’ex-Jugoslavia
6
CAPITOLO I
L’INTERVENTO DELLE ORGANIZZAZIONI
NON GOVERNATIVE NELL’ORDINAMENTO
INTERNAZIONALE
1. ASPETTI GENERALI
L’aumento nelle relazioni internazionali tra Stati ed individui è stato
accompagnato dalla crescente istituzionalizzazione di tali rapporti: ciò ha
naturalmente portato allo sviluppo delle Organizzazioni Intergovernative e
soprattutto di quelle Non Governative. Queste ultime sono, appunto, Associazioni
private che, come tali, non prendono vita da un accordo intergovernativo, ma tra
singoli individui: i membri sono in genere privati cittadini (ma possono anche
essere “gruppi o associazioni di privati o enti variamente qualificati dai diritti
interni”
1
), che danno vita ad enti organizzati operanti, nella maggior parte dei casi,
sul territorio di più Stati, formando così organismi che si possono considerare
forniti del carattere dell’internazionalità. Dal punto di vista formale però, esse
rimangono Organizzazioni nazionali, e godono quindi dei soli diritti che in quel
particolare Stato (del quale esse hanno la nazionalità) vengono riconosciuti ad una
Associazione di diritto privato, ciò non togliendo, comunque, la possibilità che esse
1
Cfr BENVENUTI P., Organizzazioni internazionali non governative, in Enciclopedia del diritto,
vol. XXXI, Giuffrè, Milano, 1981; p. 409.
Capitolo I – Le ONG e l’Ordinamento internazionale
7
possano essere riconosciute anche in più di uno Stato (ma può invece accadere che
esse non ottengano nessun riconoscimento in alcuno Stato). Le ONG differiscono
dalle altre persone giuridiche nazionali proprio per l’oggetto delle loro attività, che
viene appunto generalmente perseguito a livello internazionale.
Come vedremo, oggi esse giocano un ruolo fondamentale nel quadro
internazionale, grazie alle consistenti risorse finanziarie a loro disposizione, ai
mezzi tecnici di cui alcune si servono e alle istituzioni permanenti in loro
dotazione.
È importante sottolineare che attraverso la partecipazione delle ONG ai
meccanismi del diritto internazionale e quindi anche alle Corti Internazionali,
soprattutto penali, si garantisce la presenza della Società Civile in ambiti ad essa
estranei quasi per definizione. Infatti, la Dottrina suole escludere gli individui dalla
categoria dei soggetti del diritto internazionale, composta invece da soli Stati e
Organizzazioni Intergovernative, e, ribadiamo, escludono quelli che vengono
definiti come “non-State actors” (attori non statali). Nel panorama contemporaneo
sembra invece che questi soggetti privati, anche se riuniti in un’Organizzazione
Non Governativa, abbiano gradualmente acquistato il diritto di intervenire almeno
in quegli spazi del diritto internazionale dedicati alle giurisdizioni internazionali ed
anche ai compliance mechanism (meccanismi di ottemperanza). Partendo dallo
studio di questi nuovi aspetti della disciplina, si arriva a poter delineare quella che è
la nuova relazione che lega, per mezzo delle ONG, la Società Civile al diritto
internazionale. Questa materia, tuttavia, presenta ancora molti aspetti non del tutto
definiti, dato che si tratta di un diritto che ha subito un certo sviluppo solo
recentemente e che pertanto non è codificato in ogni singolo aspetto; questa
disciplina deve anzi molto soprattutto ad alcune decisioni giurisprudenziali, quali
quelle dei due Tribunali ad hoc, per il Ruanda e l’ex-Jugoslavia
2
, e delle altre Corti
internazionali, nelle quali vengono stabilite delle regole per le modalità di
partecipazione delle Organizzazioni Non Governative ai sistemi giurisprudenziali.
2
Un profilo generale del Tribunale Penale per l’ex-Jugoslavia sarà fornito nel capitolo 2.
Il ruolo delle ONG nel sistema del TPI per l’ex-Jugoslavia
8
Parallelamente a questo fenomeno è stato possibile assistere ad una
“crescente debolezza degli Stati come soli ed unici protagonisti delle relazioni
internazionali, dello sviluppo dei mezzi di comunicazione, in una sola parola della
globalizzazione”
3
. Questo non significa che non esiste più la sovranità degli Stati,
lo Stato come centro di detenzione del potere economico, politico e militare; ma
palesa il fatto che oggi la Società Internazionale ha sentito l’esigenza di allargarsi
ad altri soggetti, appunto non statali, quali le Organizzazioni Non Governative, che
hanno infatti acquistato la capacità di esercitare al suo interno la loro influenza ed
in certa misura un tipo di potere definito come “soft power”.
Oltre alle ONG impegnate nella difesa dei più diversi interessi, quali quelli
ambientali, umanitari o allo sviluppo, fanno parte del “nuovo” Ordinamento
Internazionale anche alcuni individui, quali quelli che rappresentano la stampa o la
televisione, e dei gruppi estremamente eterogenei, quali le trade unions o le
Associazioni industriali o finanziarie e, in certa misura, gruppi di matrice politica o
religiosa. Tutti questi soggetti sono accomunati dal fatto di non possedere il
carattere della statalità e di essere in grado, ciononostante, di influenzare le
decisioni e il comportamento degli attori statali nel quadro internazionale. Come
accennato, non è possibile tracciare un profilo comune a tutti questi soggetti, che
divergono per caratteristiche ed obbiettivi; ed è per questo che essi vengono
ricompresi nella più vasta categoria di “non-State actors”.
Tra questi, le ONG internazionali, che difendono cause di interesse
generale, sono i soggetti che hanno raggiunto in questi ultimi anni un particolare
riconoscimento a livello internazionale; anche perché il loro operato è stato quasi
unanimemente accettato dagli Stati (almeno quelli democratici), che quindi hanno
deciso di coinvolgerle maggiormente anche da un punto di vista politico-legale.
Tuttavia, la presenza ed il bisogno che delle ONG difendano e promuovano cause
di interesse generale potrebbe essere visto, secondo alcuni
4
, come un fattore di
prova dell’incapacità degli Stati di riconoscere a questi obbiettivi adeguato valore e
di conseguenza, di provvedervi autonomamente.
3
Cfr. TREVES T., Introductory Remarks; Conference on Civil Society, International Tribunals and
Compliance Mechanisms, Milano, 24 ottobre 2003; p. 1.
4
Così TREVES T., ibidem, p. 3.
Capitolo I – Le ONG e l’Ordinamento internazionale
9
Poiché le Organizzazioni Non Governative rappresentano nella maggior
parte dei casi degli interessi rilevanti, a cui cioè è sensibile anche l’opinione
pubblica, esse riescono spesso ad indirizzare quest’ultima anche a livello mondiale
e ad esercitare una certa pressione sulle politiche dei Governi e delle
Organizzazioni Internazionali Governative. Le ONG sono diventate quindi dei
soggetti assolutamente rilevanti nel diritto internazionale, tanto che sovente gli
Stati o gli Organismi internazionali affidano loro dei particolari incarichi (quali,
come vedremo fra poco, la redazione di un progetto di Convenzione in una
determinata materia), preferendole pertanto agli enti interstatali. Chiaramente il
tipo di compito che esse sono chiamate a svolgere, dipende dalle caratteristiche di
ogni singola Associazione.
In generale si può affermare che le attività con più frequenza svolte dalle
ONG in quello che viene definito “l’ambiente internazionale”, riguardano due
aspetti molto importanti del diritto internazionale: la creazione e lo sviluppo delle
regole di questo diritto da un lato e, la loro implementation (attuazione), dall’altro.
Dal primo punto di vista, infatti, esse “influenzano la formazione delle regole
scritte stabilite dalla volontà o comunque con il consenso degli Stati, in altre parole,
trattati e regole di soft law
5
. Le Organizzazioni Non Governative spesso
propongono alla Comunità Internazionale nuovi soggetti su cui stipulare un trattato,
convincono gli Stati a intraprendere le negoziazioni necessarie e cercano un
dialogo con le Organizzazioni Intergovernative per convincerle ad includere nelle
loro agende queste materie”
6
.
Le funzioni loro concretamente assegnate variano di volta in volta: si può
trattare di attività consultiva, resa utile “dall’alto livello di specializzazione di cui
sono dotate nei più diversi settori, si pensi in particolare a quelli tecnici e
scientifici”
7
(ed allora collaboreranno probabilmente con delle Organizzazioni
Internazionali Intergovernative, che si serviranno di questa loro specifica
5
Soft law significa letteralmente “diritto morbido”: questa è l’espressione con cui si designa oggi
almeno parte del diritto internazionale moderno, dando rilievo al suo carattere di non obbligatorietà
o, comunque, al fatto che il suo essere osservato dipende proprio dalla volontà degli attori statali di
rispettarlo oppure no.
6
Cfr. TREVES T.; cit. p. 4.
7
Cfr. BENVENUTI P., op. cit.; p. 419.
Il ruolo delle ONG nel sistema del TPI per l’ex-Jugoslavia
10
esperienza in quel dato ambito); oppure gli Stati potranno chiamarle a partecipare a
procedimenti di formazione delle norme internazionali.
In varie occasioni le ONG sono state così invitate a partecipare ai lavori di
conferenze diplomatiche destinate a concludersi con la redazione di un progetto di
convenzione, in materie soprattutto tecniche. Nel corso delle trattative,
specialmente quelle multilaterali, le Organizzazioni Non Governative cercano di
influenzare le negoziazioni, e soprattutto i negoziatori, attraverso l’esercizio di
pressione su questi ultimi (servendosi anche dei mass media) e, nel caso di
negoziatori provenienti da Paesi più deboli, fornendo loro una consulenza
scientifica o del materiale informativo che possa indirizzarne la decisione finale. In
qualche occasione, le ONG hanno addirittura affiancato ai negoziatori dei Paesi più
deboli parte del loro personale, con lo scopo di aiutare i primi nella conduzione
delle trattative diplomatiche. Basti citare come esempio la conferenza diplomatica
svoltasi a Roma, cui ha fatto seguito la redazione dello Statuto della Corte Penale
Internazionale (CPI): in quest’occasione infatti un numeroso gruppo di ONG aveva
dato vita ad una coalizione, la Coalition for the International Criminal Court (la
Coalizione per la Corte Penale Internazionale), che ha partecipato a pieno titolo alle
trattative e che continua a lavorare a fianco dell’Assemblea degli Stati contraenti
per garantirne in tempi brevi, dopo l’entrata in vigore del trattato di Roma, la sua
effettiva operatività. In altri casi, infine, queste Organizzazioni sono state chiamate
ad elaborare direttamente il contenuto di Convenzioni destinate ad assumere valore
obbligatorio solo fra gli Stati che successivamente le facciano oggetto di un proprio
consenso
8
.
Inoltre, una volta che le negoziazioni sono concluse e che gli Stati hanno
firmato il Trattato, l’intervento delle ONG può essere decisivo per fare in modo che
la Convenzione sia ratificata dal Parlamento o dagli organi nazionali a ciò deputati,
e che quindi essa diventi legge per quel Paese a tutti gli effetti, così come è
avvenuto per la Corte Penale Internazionale. Ma le ONG possono esercitare la loro
pressione anche nella direzione inversa: possono cioè ostacolare l’adozione di un
8
È ciò che è avvenuto quando il Comitato Internazionale della Croce Rossa è stato chiamato a
redigere il testo delle Convenzioni di Ginevra del 1949 sul diritto umanitario di guerra.
Capitolo I – Le ONG e l’Ordinamento internazionale
11
Accordo Internazionale contrario, a loro parere, agli interessi di cui esse sono
portatrici, attraverso il coinvolgimento dei mezzi di comunicazione e quindi
dell’opinione pubblica o rivolgendosi direttamente agli organi politici dello Stato;
ad esempio, le ONG impegnate nella difesa dell’ambiente hanno condotto con
successo una campagna contro l’adozione della Convenzione di Wellington sulle
risorse minerarie dell’Atlantico del 1998, convincendo prima Francia e Australia e
poi gli altri Stati del Sistema Antartico a non ratificarla, poiché la ritenevano lesiva
degli interessi ambientali da esse tutelati.
È invece più difficile capire quale sia il reale apporto delle ONG alla
formazione del diritto internazionale consuetudinario; sembrerebbe, secondo
alcuni
9
, che esse possano influire su quella che viene definita l’opinio iuris: la
convinzione dell’opinione pubblica e quindi delle ONG che un dato
comportamento tenuto da uno Stato nei confronti di un altro sia o non permesso,
influenzerebbe cioè la percezione di quel Paese della legittimità della sua condotta
e quindi contribuirebbe a creare “l’elemento psicologico” della consuetudine.
Per quanto riguarda l’aspetto della implementation of law (l’applicazione
della legge), vi è l’ulteriore possibilità che le Organizzazioni Non Governative, in
base ad accordi internazionali, svolgano una funzione di controllo
sull’adempimento da parte di uno Stato degli obblighi derivanti da un Trattato
10
, ma
esse possono svolgere anche attività diverse, a seconda di quanto concordato dai
soggetti che intendono valersi della loro collaborazione. Questa verifica
dell’osservanza da parte degli Stati delle regole internazionali potrebbe avvenire
anche con l’ausilio di mezzi meno ufficiali, quali le consuete attività di lobbying e
le campagne rivolte all’opinione pubblica. Oltre che a vigilare, esse sono a volte
chiamate ad aiutare Stati ed Organizzazioni Intergovernative ad adempiere agli
obblighi loro derivanti dal diritto internazionale, soprattutto in ambiti quali la tutela
9
Così TREVES T., cit.; p. 6.
10
È ancora il caso del Comitato Internazionale della Croce Rossa che, in base alle Convenzioni di
Ginevra del 1949, ha anche il compito di controllare che gli Stati belligeranti rispettino gli obblighi
previsti dai Trattati. Per adempiere a questa sua funzione essa ha il diritto/dovere di visitare i luoghi
di guerra, gli ospedali militari, i territori occupati, i campi di prigionia per poi poter redigere dei
rapporti che vengono consegnati alle potenze in conflitto. In base a tali relazioni può, se del caso,
essere richiesto l’inizio di una procedura che accerti la responsabilità dello Stato accusato di aver
violato le norme dell’Accordo.
Il ruolo delle ONG nel sistema del TPI per l’ex-Jugoslavia
12
dei diritti umani e il diritto ambientale, fornendo loro tutta la documentazione e il
materiale che li aiutino a rispettare gli impegni assunti.
Di particolare importanza è, al giorno d’oggi, l’intervento delle
Organizzazioni Non Governative nella risoluzione delle dispute internazionali e
nella prevenzione e la gestione di queste liti (siano esse esclusivamente fra Stati o
coinvolgenti anche singoli individui). Alcune ONG, infatti, non solo hanno cercato
di favorire la risoluzione di controversie davanti ad Organismi giurisdizionali già
esistenti (partecipando ad esempio come Amicus Curiae ed esponendo così un
proprio punto di vista su una data questione che i giudici devono analizzare e
risolvere per definire la controversia), ma in alcune occasioni sono intervenute più
a monte, per chiedere che tali istituzioni fossero create e per assicurarsi poi che
esse potessero effettivamente funzionare e che gli Stati collaborassero con esse,
così come è avvenuto, come vedremo in particolare in relazione al Tribunale
Penale per l’ex-Jugoslavia, per i due Tribunali ad hoc
11
, ma soprattutto per la Corte
Penale Internazionale. Come accennato, è infatti specialmente in quelle Corti
penali internazionali che hanno giurisdizione sui singoli individui, che la presenza
delle ONG è maggiormente accettata, tanto che alcuni articoli degli Statuti o dei
Regolamenti di Procedura e di Prova le menzionano espressamente ed affidano loro
delle mansioni ben precise.
Di fronte a questa presenza delle ONG all’interno del sistema dei Tribunali
Penali Internazionali gli Stati hanno manifestato reazioni differenti: alcuni attori
statali ed Organizzazioni Intergovernative hanno riconosciuto l’importanza del
lavoro delle ONG e “le hanno quindi incaricate di svolgere delle speciali funzioni
nei processi internazionali; ad esempio il loro ruolo è formalmente riconosciuto nei
procedimenti davanti al Comitato dei Diritti Umani delle Nazioni Unite o davanti
alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU). Dall’altro lato, sospetti e a volte
aperta ostilità hanno portato gli Stati a intraprendere azioni, anche illegali, contro le
ONG (come nel caso dell’affondamento nella Nuova Zelanda della nave di
11
Con questa espressione ci si riferisce al Tribunale Penale Internazionale per l’ex-Jugoslavia e a
quello per il Ruanda.
Capitolo I – Le ONG e l’Ordinamento internazionale
13
Greenpeace, la Rainbow Warrior, ad opera di alcuni agenti francesi, che ha dato il
via ad una complessa procedura di arbitrato). Più spesso questi sentimenti hanno
portato gli Stati a cercare di influenzare e manipolare le ONG”
12
.
A volte poi, l’atteggiamento degli attori statali cambia a seconda della
struttura interna e del funzionamento della singola Associazione, che è ammessa a
partecipare solo a condizione di possedere una organizzazione democratica e
competente; in questo modo si preclude cioè alle ONG non gradite di prendere
parte ai meccanismi internazionali creati dagli Stati.
Infine, questo intervento delle ONG nei sistemI dei Tribunali penali
internazionali è caratterizzato da una duplice tendenza propria sia delle stesse ONG
che degli Stati: le prime cioè, si trovano a lottare per ottenere il totale
riconoscimento di legittimi partecipanti ai procedimenti internazionali, senza però
voler perdere il loro carattere di intervenenti spontanei, che garantisce loro la più
ampia indipendenza e libertà di movimento. Inoltre, il fatto che la loro presenza
non sia disciplinata in ogni singolo aspetto, permette loro di cercare d’inserirsi in
quegli spazi che in realtà sarebbero loro preclusi. D’altro lato, la medesima
tensione caratterizza gli Stati, combattuti tra l’integrare totalmente le ONG nella
Società Internazionale, per potersi servire della loro esperienza e delle loro
competenze tecniche e il tenerle invece più a distanza, chiedendo o autorizzando il
loro intervento in singole circostanze, senza per questo legittimarle ad una
partecipazione generale.
12
Cfr. TREVES T., cit. p. 7.
Il ruolo delle ONG nel sistema del TPI per l’ex-Jugoslavia
14
2. LA PARTECIPAZIONE DELLE ONG AI SISTEMI
INTERNAZIONALI PER LA RISOLUZIONE DELLE
CONTROVERSIE
2.1. Introduzione
Come abbiamo visto, l’intervento delle ONG nel diritto internazionale è
avvenuto in molti casi attraverso la loro partecipazione ai sistemi giurisdizionali,
soprattutto penali, creati dalla Comunità Internazionale.
In un primo momento quest’intervento è consistito quasi esclusivamente
nella presentazione alle Corti Internazionali, in qualità di Amicus Curiae, di
relazioni riguardanti una certa questione di diritto o di fatto, contribuendo in questo
modo allo sviluppo del diritto internazionale. Oltre che in veste di Amici della
Corte, le ONG, però, possono anche incidere sull’evoluzione di questo settore
attraverso la proposizione di domande giudiziali e l’intervento nel ruolo di parte in
causa; ancora, possono fungere da esperti designati dalla Corte o dalle parti (per le
indagini sui fatti, o per un’analisi legale) o testimoniare in aula. Tuttavia, “il ruolo
dell’Amicus Curiae offre certi vantaggi, se paragonato ad altre forme di
partecipazione. È generalmente meno costoso e richiede meno tempo della
preparazione di una causa completa, permettendo all’Organizzazione di dividere il
peso della controversia con le parti; gli Amici non sono vincolati dalla decisione e
nulla impedisce loro di richiedere l’autorizzazione ai giudici ad intervenire sul
medesimo argomento nel caso di sentenza sfavorevole; diversamente dagli esperti e
dai testimoni, essi possono generalmente sollevare qualsiasi questione che potrebbe
sollevare la Corte circa le sue stesse mozioni e non si devono limitare alle domande
loro rivolte o agli argomenti sostenuti dalle parti. Infine, in genere è più semplice
partecipare come Amici Curiae perché l’interesse richiesto per ottenere questo
status è minore rispetto a quello necessario perché sia ammesso l’intervento del
Capitolo I – Le ONG e l’Ordinamento internazionale
15
terzo”
13
. Se infatti l’intervenente deve dimostrare che il suo interesse nella lite (o
alla cosa oggetto della lite) è diretto, oltre che personale, tale cioè da determinare
una sua perdita o un suo guadagno nel caso di sentenza rispettivamente sfavorevole
o favorevole; per l’Amicus è sufficiente essere portatore di un più generale
interesse, quale il desiderio di proteggere l’interesse pubblico o quello di una
persona non rappresentata, la volontà di prevenire un processo collusivo o quello di
indicare (o impedire) un eventuale errore della Corte. Inoltre, a volte questo tipo di
intromissione può rappresentare l’unico modo consentito per poter prendere parte
ad un procedimento giudiziario
14
. L’intervenire in qualità di Amico della Corte
presenta, tuttavia, anche alcuni svantaggi, quali l’impossibilità di controllare la
direzione o la gestione della causa, di esibire delle prove, di interrogare i testimoni;
ma il limite maggiore risiede forse nel fatto che la loro partecipazione è subordinata
all’espressa autorizzazione della Corte.
Solo più di recente (con l’istituzione di Tribunali internazionali che si
occupano della tutela dei diritti umani) le ONG hanno saputo e potuto prender parte
a questo processo formativo in un modo diverso e talvolta più incisivo: nell’ultimo
decennio, ad esempio, oltre che a partecipare come Amici della Corte, esse hanno
esercitato la loro influenza nel percorso necessario alla stessa creazione di questi
Organismi giurisdizionali internazionali. La recente nascita di una Corte Penale
Internazionale permanente, ad esempio, deve molto alla mobilitazione a carattere
pressoché generale delle ONG impegnate nella tutela dei Diritti Umani. Non
sempre però, come vedremo in relazione ai fatti di Timor Est, le richieste delle
Organizzazioni Non Governative sono state accolte ed i loro sforzi sono andati a
buon fine.
13
Cfr. SHELTON D.; The participation of Nongovernmental Organizations in International
Judicial Proceedings, in The American Journal of International Law, vol. 88, n. 4, 1994; p. 611.
14
Alcune Corti internazionali prevedono, ad esempio, che solo gli Stati possano essere parti di un
procedimento di risoluzione di una lite.