5
 
proclamato l'anno della remissione per il Signore. Tu potrai esigere il tuo 
credito dallo straniero, ma al tuo fratello condonerai quanto deve nei tuoi 
confronti". 
2
 
Anche se è incerto se si trattasse di un condono definitivo o di una 
dilazione nei pagamenti per un anno, il precetto aveva lo scopo di 
esaltare la giustizia sostanziale ,cosi' da impedire l'usura, l'egoismo, il 
calcolo, condannando, quindi, chi non faceva crediti ai fratelli in 
prossimità dell'anno della remissione per evitare il necessario condono. 
Il divieto del prestito ad interesse nasceva, poi, nel quadro del rigetto di 
una serie di valori estranei alla tradizione culturale delle tribù ebraiche, 
in un momento in cui la pressione dell'impero assiro faceva esplodere 
una crisi sociale ed economica, portando con sé un 'ondata di xenofobia 
culturale e di costumi. 
Un'altra fonte dell'ostilità verso il prestito ad interesse, che caratterizza il 
mondo cristiano ma non l'ebraico 
3
, va ricercata nel pensiero greco e, 
precisamente, in Platone e Aristotele. La condanna dell'usura da parte di 
questi filosofi corrispondeva alle posizioni di aristocratici e proprietari 
terrieri, per i quali le sole attività degne dell'uomo erano l'agricoltura e 
l'amministrazione dello Stato. 
                                                          
2
 Deuteronomio 15,1-5 
3
 Agli ebrei era concesso di esercitare pochissime professioni, tra le quali quella dello "strozzino"; Vd. 
MASCIANDARO/PORTA, op. ult. cit.,pg.149 
 6
 
Nel diritto romano, col termine "usura" si intendeva il compenso per 
l'uso di un capitale altrui, e ciò, sia che si trattasse di un interesse lecito, 
sia di un interesse percepito illegalmente, cioè in misura superiore al 
tasso massimo ufficiale.
4
 
L'obbligo di corrispondere interessi poteva derivare dalla volontà delle 
parti, ma poteva essere riconducibile ad altre cause previste 
dall'ordinamento giuridico, anche se nelle fonti romane non si trova mai 
la moderna distinzione fra interessi convenzionali e legali, dandosi, 
invece, rilevanza al mezzo processuale attraverso il quale la pretesa agli 
interessi poteva essere fatta valere in concreto. 
Si distingueva fra "usurae quae sunt in obligatione"e "usurae quae officio 
iudicis praestantur", e tale distinzione non coincide con quella fra 
interessi convenzionali e legali, per il fatto che fra le "usurae" 
determinate "officio iudicis" si debbono annoverare, oltre alle legali, 
anche quelle stabilite dalle parti con semplice patto aggiunto ad un 
contratto di buona fede. 
Sussisteva, invece, una diversità di regime a seconda che gli interessi, 
pur sempre riconducibili alla volontà delle parti, fossero stabiliti 
attraverso un contratto o con semplice patto. 
Essendo, nel diritto romano, il mutuo, per sua natura, gratuito, la pretesa 
di "usurae" doveva costituire oggetto di un apposito contratto, e cioè la 
                                                          
4
 G. CERVENCA voce "USURA" a) diritto romano- in Enciclopedia del  diritto, 1977, Giuffrè editore, 
pag.1125 
 7
 
"stipulatio usurarum", in mancanza del quale il mutuante poteva, con la 
sua azione, pretendere solo il tantundem, ossia la somma data a prestito.
5
 
Mutuo e stipulatio usurarum, comunque, potevano costituire oggetto di 
un unico contratto. 
Per contrastare eventuali tassi troppo elevati, venivano posti limiti alla 
volontà delle parti ,vietandosi alle" usurae" il superamento di un tasso 
massimo fissato autoritativamente. Un primo limite di cui si ha notizia è 
il "fenus unciarium" pari a 1/12 del capitale, e si dubitava, in dottrina, se 
questo fosse dovuto al termine di ogni anno od ogni mese, dando 
possibilità al creditore, prevalendo la tesi della corresponsione mensile, 
di conseguire alla fine dell'anno il doppio di quanto dato a mutuo.
6
 
D'altronde la tesi della corresponsione mensile era compatibile con 
un'economia premonetaria dove il mutuo aveva ad oggetto solo derrate e 
sementi ed era a breve termine. 
Il tasso d'interesse diveniva intollerabile intorno al IV sec. a.C.,  con la 
diffusione del prestito monetario a lunga scadenza, determinandosi, così, 
un abbassamento del tasso massimo, attraverso statuizioni autoritative 
limitatrici degli interessi, emesse nel corso dell'età repubblicana. 
Molto probabilmente, il provvedimento più antico in questa materia è la 
Lex Duilia Menenia del 357a.C., che avrebbe introdotto per la prima 
volta il foenus unciarium (cioè, il limite al tasso degli interessi, fissato a 
                                                          
5
 G. CERVENCA, op. ult. cit., pag.1126 
6
 G. CERVENCA, op. ult. cit., pag.1126 
 8
 
1/12 del capitale: l'uncia è la dodicesima parte dell'asse), anche se 
sull'imposizione di questo foenus le fonti non sono concordi in quanto, 
stando a Tacito, questo sarebbe stato introdotto nelle Dodici Tavole, e 
non attraverso la lex Duilia Menenia, e, a seguito di una legge tribunicia, 
ridotto alla metà (ad semiuncia). 
Secondo Tito Livio, invece, il foenus unciarium era dovuto a un 
plebiscito fatto approvare nel 357 dai tribuni M.Duilio e L.Menenio e, un 
suo abbassamento, ad un plebiscito del 347; a seguito di un altro 
plebiscito del 342, sarebbe stato abolito ogni prestito ad interesse. 
Alla fine della Repubblica, il livello massimo risultava stabilito nel 
dodici per cento annuo(1%al mese, da cui l'espressione "usurae 
centesimae") e così rimaneva in vigore per secoli, fino alla riforma di 
Giustiniano, che, con una costituzione del 528, porta il tasso massimo 
normale al 6%, prevedendo, però, tassi diversi per particolari categorie di 
creditori. 
Giustiniano, inoltre, conferma il divieto delle "usurae supra duplum", 
affermatosi nell'età del Principato, con lo scopo di impedire l'ulteriore 
decorso degli interessi quando questi avessero raggiunto l'ammontare del 
capitale dovuto. 
Oltrechè attraverso una stipulatio, gli interessi potevano essere convenuti 
dalle parti attraverso un semplice patto. 
 9
 
La caratteristica del patto di usurae che accedeva ad un mutuo era, però, 
la sua non azionabilità. Le usurae semplicemente pattuite, peraltro, se 
pagate spontaneamente, non erano ripetibili e, una volta pagate, non 
potevano essere imputate al capitale. Ciò si giustificava in quanto, 
l'adempimento di un patto, corrispondeva ad un dovere morale. 
Una deroga a questo principio veniva introdotta da Giustiniano, in una 
Novella del 535, emessa su richiesta dei banchieri di Costantinopoli, 
statuendo la facoltà per questi di pretendere gli interessi dell'8%, anche 
se non stipulati ma pattuiti verbalmente. 
L'obbligo delle "usurae", infine, poteva ricondursi all'ordinamento, come 
nel caso della mora del debitore e in molte altre ipotesi espressamente 
previste. Nei casi in cui il limite massimo veniva varcato, si 
giustificavano dei provvedimenti repressivi che, come ricorda Cervenca, 
erano di vario tipo e si diversificavano nel tempo.
7
 
In particolare, per l'epoca repubblicana, vi era una competenza criminale 
degli edili contro gli usurai, con la possibilità di infliggere multe, ma vi 
era anche la possibilità di agire con un'azione penale privata, diretta al 
quadruplo degli interessi ingiustamente percepiti; questa possibilità 
veniva meno alla fine della Repubblica, limitandosi la condanna 
dell'usuraio alla restituzione di quanto percepito al di sopra del tasso 
massimo. 
                                                          
7
 G. CERVENCA, op. ult. cit.,pag.1134 
 10
 
Il prestito ad interesse, dunque, non era di per sé vietato, dovendosi, in 
base alle varie statuizioni succedutesi, soltanto rispettare il limite del 
tasso massimo, volta per volta, stabilito. La situazione cominciava a 
modificarsi nei secoli successivi quando il divieto si affermava nella 
normativa secolare, che recepiva una tradizione di pensiero già emersa, 
dal punto di vista morale, fin dai primi padri della Chiesa.
8
 
L'usura veniva definita in una prospettiva più generale che non quella 
tecnico -giuridica, considerandosi sussistente ogni volta che si riceveva 
più di quanto si dava; riguardava sia il prestito di denaro che di altri beni 
consumabili; costituiva un male grave per l'ordine temporale oltre che 
per la salute eterna; la colpa dell'usuraio era grave anche perché egli non 
produceva nulla ma vendeva il tempo che apparteneva solo a Dio. 
9
 
Il divieto del prestito ad interesse si diffondeva nella cristianità attraverso 
i canoni di numerosi concili locali e generali, estendendosi non solo ai 
chierici ma anche ai laici, e collegandosi ad altri passi della Sacra 
Scrittura la cui lettura in senso normativo appariva di indubbia chiarezza. 
In particolare, si faceva riferimento ad un passo di Luca: "Mutuum date 
nihil inde sperantes". 
L'interprete medievale poneva tutti i suoi sforzi per cercare di capire 
come il passo di Luca , su cui facevano leva i numerosi canoni conciliari 
                                                          
8
 M. BOARI voce "USURA" (Diritto intermedio) in Enciclopedia del diritto, Giuffrè editore, 1977, pag.1136 
9
 M. BOARI, op. ult. cit. ,pag.1137 
 11
 
,andasse inteso nel contesto culturale e materiale del proprio tempo.
10
 
Carlo Magno introdusse il divieto nella legislazione secolare senza, però, 
intervenire efficacemente sul piano sanzionatorio, cosicchè, fu la Chiesa, 
con le sue pronunce, a portare avanti la lotta all'usura, restando, però, il 
divieto operante essenzialmente sotto il profilo del "forum conscentiae".  
Il divieto dell'usura diveniva, dunque, di nuovo oggetto di attenzione 
teorica col rifiorire della vita politica e sociale e delle relazioni 
commerciali, a partire dal XII secolo, quando si cominciavano a 
realizzare nuovi tipi di prestiti, non riconducibili più, soltanto, alla figura 
romanistica del mutuo. 
Il nuovo impegno della dottrina relativa all'usura, nel XII secolo, si 
andava svolgendo, dunque, sotto lo stimolo delle situazioni economiche e 
tendeva a smascherare l'eventuale presenza dell'usura nelle nuove figure 
contrattuali che andavano emergendo, come, ad es., il "pegno morto", 
vendita a credito o a termine, o il contratto di cambio. 
Dal punto di vista sociale è interessante notare come lo sviluppo 
economico che cominciava nel medioevo, e che proseguiva nel 
Rinascimento, cambiava il modo di vedere il problema. 
11
 
La condanna verso chi esercitava il credito, secondo Masciandaro, 
cominciava ad attenuarsi verso la fine del Duecento e continuava ad 
essere considerato con minore severità nell'Italia dei Comuni e, poi, delle 
                                                          
10
 G. ALPA  Usura: problema millenario, questioni attuali, in Nuova giur. civ. commentata, 1996,pag181 
11
 MASCIANDARO / PORTA L'usura in Italia, Egea, 1997, pag.149 
 12
 
Signorie, nell'Italia su cui esercitava una forte influenza la presenza del 
Papato, forse, a causa del fatto che l'Italia era, specialmente, a Firenze, 
Lucca, Venezia governata da oligarchie di mercanti - banchieri con un 
potere politico ed economico oltre i confini delle loro città; riuscivano a 
fare eleggere imperatori, concedevano credito ai Re e finanziavano la 
costituzione dei grandi regni nazionali. 
Il mercante - banchiere, da un lato, prestava alla massa dei poveri, dai 
quali era visto come un affamatore, dall'altro, era creditore del sovrano 
dal quale dipendeva protezione e tutela dei diritti, anche se quella che 
riceveva era solo quella minima in quanto al Re poteva essere utile 
indicare ai poveri, lo strozzino, il banchiere, come causa di sofferenza, e 
il prestito come fonte di miseria. 
La Chiesa, d'altro canto, aveva mantenuto il divieto nei confronti del 
credito ad interesse, ma, aveva più volte manifestato tolleranza de facto, 
e la sua posizione era ambigua trovandosi, verso la fine del Medioevo, 
fortemente indebitata: nel Trecento, a quanto pare, il Pontefice 
"perdeva", addirittura, il pastorale.
12
  
Per immaginare quale doveva essere la posizione in cui si trovava la 
Chiesa, sembra utile considerare l'aneddoto ricordato da Galgano. 
Intorno al Trecento, per un certo periodo, i fedeli vedevano il Papa privo 
del pastorale e i sudditi del re d'Inghilterra vedevano il sovrano privo 
                                                          
12
 F.GALGANO Il rovescio del diritto. Parte II. Giuffrè editore, Pag.10 
 13
 
della corona; a Firenze, i banchieri Bardi avevano preteso, a garanzia dei 
loro prestiti, che il Papa desse in pegno il pastorale e, il re, la corona. 
Anche per la Chiesa, dunque, il credito e i banchieri erano un male 
inevitabile, da condannare e controllare. 
L'intervento forse più significativo fu quello dei monti di pietà che 
cominciavano a diffondersi nell'Italia centrale per iniziativa dell'Ordine 
francescano nel XV secolo, cercando di creare un mercato parallelo, 
governato da regole proprie, ed aperto ad una categoria di soggetti. 
L'attività del banchiere e, in generale, di chi concedeva prestito ad 
interesse, secondo il Masciandaro,
13
 cominciava a giustificarsi con la 
Riforma luterana e ad essere legittimata, definitivamente, nel secolo dei 
lumi, fino alla riconquista, con la rivoluzione industriale, di quella 
posizione sociale avuta solo durante il Rinascimento. 
Dal punto di vista del diritto positivo, le diverse reazioni, nel corso della 
storia, all'usura, non devono essere considerate in un semplice e 
progressivo spostamento delle operazioni economiche dal campo 
dell'illecito al campo del lecito, ma, vanno inserite nel più ampio 
contesto socio- politico- economico dei vari periodi. 
                                                          
     
13
 MASCIANDARO op.ult.cit. , pag.151 
 14
 
 §.2. Le differenti scelte di politica criminale per la 
repressione del fenomeno usurario nel cod. Zanardelli e nel   
cod.Rocco  
La valutazione in chiave di liceità- illiceità del comportamento 
dell'agente che, o attraverso operazioni di mutuo o attraverso altri schemi 
contrattuali, tipici o atipici, via via emergenti, approfittava dello stato di 
bisogno di un altro soggetto lucrando su questa condizione di inferiorità, 
cambia se si considera l'evoluzione del sistema normativo penale, in 
connessione col quadro politico- economico, dall'ideologia liberistica 
ottocentesca, espressa nel cod. Zanardelli, a quella corporativistica del 
cod. Rocco. 
L'usura, rileva la Magro,
14
 nata nelle società contadine in relazione alla 
straordinaria necessità di denaro, per fare fronte a bisogni primari 
dell'esistenza, successivamente si evolve adattandosi ai diversi bisogni( 
emergenti dall'espansione dei commerci e degli scambi ) della società 
mercantile. 
Nelle legislazioni statuali ottocentesche, il divieto penale dell'usura 
andava attenuandosi sempre di più, tanto che nel cod.Zanardelli non era 
prevista alcuna fattispecie che prevedesse il reato. 
15
 
                                                          
14
 M.B. MAGRO Il divieto di usura e i doveri di solidarietà umana. Archivio penale n.3-4, 1997, pag.283 
15
 M.B. MAGRO Op.ult.cit., pag.289 
 15
 
Nella concezione liberale, l'individuo era il migliore giudice di se stesso 
e lo Stato non interveniva nel rapporto contrattuale, quale poteva essere il 
mutuo, che riguardava solo le parti, preoccupandosi solo di controllare il 
valido formarsi della volontà; il non intervento era giustificato dalla 
garanzia di libertà di iniziativa economica lasciata alle parti, anche in 
presenza di lesioni a valori pur meritevoli di tutela, ma, non così rilevanti 
da pregiudicare quel tipo di società. 
D'altronde prevaleva la necessità di stimolare la crescita dei commerci e 
lo sviluppo dell'iniziativa privata. 
Diversa la situazione che faceva da sfondo nel sistema penale del codice 
Rocco. 
Come afferma la Magro
16
, nella concezione dello Stato etico, propria 
dell'ordinamento fascista, l'area di libertà all'iniziativa economica privata, 
garantita nel cod. Zanardelli, andava riducendosi, per ristabilire un 
equilibrio tra le parti, di cui una in una posizione di debolezza, e per 
garantire, di conseguenza, l'uguaglianza sostanziale e i doveri di 
solidarietà. 
L'usura metteva in pericolo un modello economico corporativo, in cui gli 
interessi di ciascun cittadino dovevano anche essere funzionali a quelli 
generali, che potevano trovarsi in serio rischio se si fossero affermate 
pratiche di mercato non controllabili. 
                                                          
16
 M.B. MAGRO Op.ult.cit. pag.290 
 16
 
In questo sistema, l'autonomia negoziale non doveva mettere in 
discussione la struttura gerarchica dello Stato. 
L'art.644 c.p., nel punire la cd. "usura pecuniaria", o quella consistente 
nel corrispettivo di una prestazione di "cose mobili", richiedeva, per la 
sussistenza del reato, la presenza di due requisiti, peraltro difficilmente 
provabili: l'approfittamento dello stato di bisogno della vittima, da parte 
dell'usuraio, e la dazione o promessa, da parte dell'usurato, di interessi o 
altri vantaggi usurari, in corrispettivo della prestazione di denaro o altra 
cosa mobile.
17
  
A parte le difficoltà che sorgevano dall'individuazione del tasso usurario, 
oggetto di dibattito diveniva anche la natura del bene tutelato. 
                Alcuni indicavano, come oggetto di protezione, l'economia pubblica o la 
regolarità dell'ordinamento del credito, e il più convinto sostenitore di 
questa tesi era il Florian che, nota la Magro,
18
 come prova della 
correttezza della sua opinione, indicava l'impotenza del consenso 
dell'avente diritto a scriminare il fatto. 
D'altra parte, quest'opinione era contrastata dal fatto che la fattispecie 
incriminatrice dava rilevanza alla situazione di bisogno del soggetto 
passivo, senza alcuna traccia di una tutela in chiave pubblicistica e 
superindividuale. 
                                                          
17
 FIANDACA-MUSCO Manuale di diritto penale. Parte speciale. Delitti contro il patrimonio. Zanichelli, 
1996 
18
 M.B.MAGRO Op.ult.cit.,pag.301 
 17
 
In contrasto a questa teoria, si affermava, così, una ricostruzione della 
norma in chiave individuale, tesa a porre, a fondamento della 
disposizione penale, la tutela del patrimonio di un soggetto, 
economicamente, in una particolare situazione di inferiorità
19
. 
L'ulteriore problema che sorgeva da questa visione era la natura dei beni 
individuali oggetto di protezione: si discuteva, cioè, se fossero beni a 
carattere solo patrimoniale o se assumesse importanza anche la libertà 
morale della vittima; da ricordare, comunque, che il delitto era- e lo è 
tuttora- collocato, nel codice penale, tra i delitti contro il patrimonio. 
Il Candian
20
 teorizzava la concezione della plurioffensività del bene 
oggetto di tutela e, cioè, il patrimonio, da un lato, e, la libertà morale, 
dall'altro, non trovando largo consenso, però, tra quanti riconoscevano un 
ruolo soltanto strumentale alla libertà morale, visto che la lesione di 
questa era solo una modalità della lesione del patrimonio e non aveva, 
nella norma, un ruolo autonomo. 
Abbandonata la tesi della plurioffensività dell'usura, così come 
configurata dal Candian, essa veniva riproposta affermando come 
oggetto di protezione, da una parte, l'interesse all'autonoma 
determinazione del contenuto del contratto e, dall'altra, interessi attinenti 
al patrimonio dell'usurato; si agganciava questa concezione al 
sopravvenuto art.41della Costituzione repubblicana, sostenendo che " 
                                                          
19
 M.B. MAGRO ibidem, pag.301 
20
 M.B.MAGRO, ibidem, pag.302 
 18
 
l'autonomia privata non deve contrastare con l'utilità sociale e con la 
tutela della libertà e dignità umana." 
21
 
A parte le diverse teorie succedutesi sull'oggetto di tutela, l'art.644 c.p. 
non sempre riusciva a raggiungere lo scopo di repressione del fenomeno 
usurario, proprio per le oggettive difficoltà e diversità nascenti dalla sua 
interpretazione da parte della giurisprudenza.(Vd. §1 Cap.II) 
Lo stato di bisogno, in particolare, veniva inteso come una situazione di 
disagio, correlata alla mancanza di beni di prima necessità, e, così inteso 
uno dei due elementi essenziali della norma, restavano scoperti tutti quei 
casi, solo apparentemente, di minore gravità, come, ad es., una necessità 
economica di carattere aziendale o una temporanea difficoltà di un 
imprenditore. 
                                                          
21
 VIOLANTE  Il delitto di usura, Milano, 1970