8
L’unico argomento possibile per una dimostrazione dell’esistenza di
Dio: Kant parla di “spielen läßt”, tradotto con “lasciandolo a
gingillarsi”
3
e “Spiele des Witzes”, tradotto con “giochi di spirito”
4
,
espressioni che sia per il contesto nelle quali vengono usate, sia per il
fatto che compaiano così raramente non sembrano aver un particolare
interesse. D’altra parte non è dato di trovare in tutti gli Scritti
precritici un testo nel quale il gioco assuma una certa importanza, ma
solo passi più o meno interessanti e collegabili alle opere successive.
Tutt’altro discorso vale invece per le due edizioni della Critica della
ragion pura, o meglio per la Critica della ragion pura tout court,
perché le occorrenze della prima, nonostante non coincidano del tutto
con quelle della seconda, non si discostano dal punto di vista del
significato, qui più importante che negli Scritti precritici.
Di nuovo opere come i Prolegomeni ad ogni futura metafisica , la
Fondazione della metafisica dei costumi, i Primi princìpi metafisici
della scienza della natura e La religione nei limiti della semplice
ragione non offrono elementi di interesse per un’analisi. I
Prolegomeni, per esempio, in un paio di passi riprendono il termine
gioco con lo stesso uso visto nella Critica della ragion pura, ma non
aggiungono nulla di nuovo
5
.
Da riportare semmai è un passo della Fondazione, nel quale Kant parla
di ciò che ha prezzo e di ciò che ha dignità per evidenziare le
differenze che caratterizzano la moralità, che possiede una sua
2
BSE, 232 (319).
3
BDG, 115 (159).
4
Ivi , 132 (177).
9
intrinseca dignità, rispetto all’abilità che può essere sempre
monetizzata. Kant afferma dunque:
Ciò che si riferisce ai comuni bisogni e inclinazioni umane ha un prezzo di
mercato; ciò che, anche senza presupporre un bisogno, si conforma ad un
certo gusto, cioè a un compiacimento del mero gioco, senza scopo, delle
facoltà del nostro animo, ha un prezzo d’affezione; ma ciò che costituisce la
condizione a cui soltanto qualcosa può essere un fine in sé ha, non soltanto
un valore relativo, cioè un prezzo, bensì un valore intrinseco, cioè una
dignità
6
.
Questa triplice divisione richiama da vicino quella presente all’inizio
della Critica del Giudizio tra il gradevole, il bello e il buono. Il prezzo
d’affezione sarebbe dunque il bello, cioè ciò che si rende conforme al
gioco delle facoltà del nostro animo. Kant dunque ha già fissato in
quest’opera con il concetto di gioco il modo di darsi delle facoltà
conoscitive nell’esperienza del bello, che verrà poi ripreso
massicciamente nella Critica del Giudizio.
Anche la Critica della ragion pratica non offre un uso importante del
termine gioco. Nonostante ciò è stato individuato un passo con una
certa consistenza di significato, che poi si ritrova anche nella
Metafisica dei costumi.
Infine, degli ultimi tre volumi presi in esame, sono stati presi in
considerazione soprattutto il settimo, che contiene Il conflitto delle
Facoltà e la Antropologia pragmatica, e alcuni testi dell’ottavo come
5
Cfr. Prol, 278 (75) e 382 (281).
10
la Idea per una storia universale dal punto di vista cosmopolitico e Su
una scoperta secondo la quale ogni nuova critica della ragion pura
sarebbe resa superflua da una più antica.
Tra i meno interessanti va ricordata La fine di tutte le cose, nella quale
si afferma riguardo ai concetti che sono emersi lungo la trattazione:
Abbiamo qui a che fare (o piuttosto a giocare) esclusivamente con idee
create dalla stessa ragione, e i cui oggetti (posto che ne abbiano) si trovano
totalmente oltre il nostro orizzonte
7
.
Anche qui dunque gioco come modalità del pensare svincolato dai
limiti della sensibilità, del pensare metafisico che troveremo ben
tematizzato nella Critica della ragion pura. Infine il nono volume
della edizione della Accademia, che raccoglie la Logica, la Physische
Geographie e la Pedagogia non riserva un particolare interesse. Il
gioco nella Logica è praticamente assente, nella Physische
Geographie riguarda il moto ondoso
8
, e nella Pedagogia appare
spesso, ma solo per indicare i giochi dei bambini
9
.
Va ricordato comunque che il termine gioco si trova anche negli altri
scritti kantiani. Per esempio nelle Reflexionen zur Anthropologie il
gioco compare con un significato affine a quello che troveremo più
volte poi nella Critica del Giudizio. Nella Reflexion 618 del 1769 sulla
poesia, Kant afferma:
6
GMS, 434-435 (157-159).
7
EaD, 332 (247).
8
PG, 209.
9
Päd, 467-469 (37-39).
11
La poesia è un gioco di pensieri. Noi giochiamo con i pensieri quando non
lavoriamo con loro [...]. Appartiene a ciò che tutte le facoltà dell’animo
siano poste in un gioco armonico. Di conseguenza non devono essere di
impedimento alla ragione, quantunque nemmeno d’aiuto
10
.
Si affaccia già qui, ventuno anni prima della pubblicazione della
Critica del Giudizio, il concetto di gioco come termine di relazione
trascendentale fra diverse capacità conoscitive.
Il lavoro ha dunque privilegiato quelle opere nelle quali il termine
gioco ha assunto significati ed usi particolarmente importanti, oppure
singoli passi di opere meno interessanti. L’analisi ha seguito quindi il
percorso cronologico delle opere di Kant cercando di evidenziare allo
stesso tempo la pluralità degli ambiti nei quali ricorre il nostro
concetto e le relazioni che intercorrono tra di essi. Per far questo si è
cercato di trarre dagli usi, dagli ambiti studiati, le determinazioni
fondamentali del concetto di gioco via via presenti. Tutto ciò pone le
domande alle quali cerca di rispondere la presente tesi: se sia possibile
o meno parlare di un significato unitario del termine gioco, quale sia
questo significato e che ruolo giochi all’interno della filosofia
kantiana. A queste domande hanno cercato di rispondere anche gli
studiosi che si sono interessati direttamente dell’argomento. Se infatti
la quasi totalità dei lavori sul concetto di gioco in Kant riguardano la
Critica del Giudizio e quindi non hanno analizzato il termine in una
10
Ref, 266. Per una analisi delle altre Reflexionen che contengono il
termine gioco, cfr. MENZER P., Kants Ästhetik in ihrer Entwicklung, Berlin
1952, pp. 76-82.
12
prospettiva più ampia, tale da porre le suddette domande, bisogna però
ricordare le eccezioni dei testi di Trebels, Heidemann e Dode.
Per Trebels, il cui testo si limita ad esaminare il concetto di gioco nella
Critica della ragion pura e nella Critica del Giudizio, il gioco ha
sostanzialmente un significato unitario che coincide con la libertà
delle capacità conoscitive. Fonte di questa libertà è la spontaneità del
pensiero, per cui “il gioco delle capacità conoscitive è uno dei modi
d’azione della spontaneità del pensiero”
11
. Per Trebels, inoltre, proprio
attraverso il gioco, il soggetto si conosce come dotato di questa
originaria spontaneità, come emerge per esempio dal giudizio sul
sublime
12
.
Un’altra direzione prende invece l’analisi di Heidemann, per la quale
il concetto di gioco “non ha alcun luogo nella topica dei concetti”, e
“viene allargato universalmente nell’analogia”
13
. Il nucleo
fondamentale che per Heidemann sta alla base dei molteplici usi che si
trovano nelle opere di Kant è la sua intrinseca indeterminatezza che gli
permette di porre in relazione elementi fortemente eterogenei
14
.
Infine per Dode, che segue quasi sempre le analisi di Trebels, il gioco
estetico assume un significato ed un valore che esorbitano dalla
filosofia di Kant. Il gioco propone infatti un modello di pensiero
antagonista a quello del realismo borghese di stampo conservatore e
11
TREBELS A.H., Einbildungskraft und Spiel. Untersuchungen zur
kantischen Ästhetik, Bonn 1967, p. 215.
12
Cfr. Ivi, p. 220.
13
HEIDEMANN I., Der Begriff des Spiels und das ästhetische Weltbild in
der Philosophie der Gegenwart, Berlin 1968, p. 216.
14
Cfr. Ivi, p. 191.
13
pessimista, i cui caratteri principali sono lo scetticismo e la capacità di
liberazione
15
.
15
Cfr. DODE R.E., Ästhetik als Vernunftkritik. Eine Untersuchung zum
Begriff des Spiels und der ästhetischen Bildung bei Kant - Schiller -
Schopenhauer und Hebbel, Frankfurt am Main - Bern - New York 1985, pp. 92-
94.
14
I
Il gioco dagli Scritti precritici alla Critica della
ragion pratica
I.1
Il gioco negli Scritti precritici
Sotto la denominazione di Scritti precritici vengono raggruppati tutti
gli scritti compiuti di Kant precedenti alla stesura della Critica della
ragion pura, compresi quindi tra il 1747 e il 1777. Questi scritti hanno
svariati argomenti che vanno dalle ricerche di carattere teologico-
metafisico (Nuova illustrazione dei primi princìpi della conoscenza
metafisica, L’unico argomento possibile per una dimostrazione
dell’esistenza di Dio) a quelle estetiche (Osservazioni sul sentimento
del bello e del sublime), passando per quelle di scienza naturale
(Nuova dottrina del moto e della quiete e delle loro conseguenze
rispetto ai primi princìpi della scienza naturale). Data la radicale
eterogeneità all’interno di essi, ovviamente non è dato di trovare un
unico uso del termine gioco e meno ancora un’opera dove esso sia
centrale o per lo meno presente con una certa consistenza. Esso
compare infatti sporadicamente e con significati del tutto generici per
cui potrebbe essere sostituito da termini equivalenti. Tuttavia va
15
notato come in alcuni passi traspaiano già alcuni significati ed usi che
troveremo nelle opere del periodo critico in modo più caratterizzato.
Per esempio nello scritto del 1754 Die Frage, ob die Erde veralte,
physikalisch erwogen Kant usa il verbo Spielen con un significato che
troveremo più tardi in alcuni scritti sulla storia
16
. Kant afferma:
Dobbiamo lanciare perciò uno sguardo alle mutevoli scene che recita
[spielt] la natura dall’inizio fino al suo compimento per dominare la serie
completa delle conseguenze nella quale la rovina è l’ultimo elemento
17
.
Spielen si può tradurre qui in un primo momento, se lo si relaziona a
Scenen, con recitare, far la parte, significato usato più volte da Kant in
molte sue opere e che sostanzialmente non ha nulla a che fare con il
gioco vero e proprio e che può essere ricondotto ad una particolarità
della lingua tedesca
18
. D’altra parte si può anche tradurre con agire,
compiere un’attività, significato questo che sta alla base del gioco, ma
che lo lascia del tutto indeterminato.
Più strettamente legato all’ambito della storia, delle azioni umane nel
loro complesso, è un’espressione tratta dallo scritto Tentativo per
introdurre nella filosofia il concetto delle quantità negative del 1763
che suona Spiel des Weltslauf, tradotta in italiano con “il mutevole
corso del mondo”
19
. Anche qui gioco sta per azioni, movimenti, però
16
Cfr. III.I.I.
17
FrErd, 198.
18
Si trova un uso di Spielen che indica il recitare, l’assumere un ruolo
anche in MS, 296 (119), 307 (134), 318 (148) e Prol, 378 (273).
19
BnG, 196 (281).
16
con una caratteristica presente poi più tardi negli scritti sulla storia: un
carattere di generalità e complessità per cui tutto l’insieme delle azioni
umane e il suo corso, la storia, sono un gioco.
Nello stesso scritto inoltre, quando Kant illustra la proposizione “ogni
trapassare è un nascere negativo”
20
, porta come esempio di
esperienza nella quale è all’opera un trapassare, una forma di
negatività che toglie di mezzo il positivo rendendo così possibile un
cambiamento, “il gioco delle rappresentazioni”
21
. In esso infatti si dà
un succedersi e un rapportarsi di più rappresentazioni che “presuppone
delle azioni opposte, di cui l’una è la negativa dell’altra”
22
. Anche
qui, come prima, emerge il carattere di complessità proprio del gioco.
Esso non è una singola azione, ma l’insieme di più azioni che si
oppongono e si eliminano l’un l’altra. Questa negatività interna del
gioco non porta ad un nulla, ad un risultato nullo, ma è proprio ciò che
permette che esso non rimanga immobile nelle sue componenti e che
esse si attivino antagonisticamente per produrre il gioco stesso. Il
conflitto in altre parole fa parte del gioco.
Si parla pure del gioco delle rappresentazioni in Gedanken bei dem
frühzeitigen Ableben des Herrn Johann Friederich von Funk del 1760.
In questo testo Kant afferma che la nostra esistenza si caratterizza per
un continuo gioco di rappresentazioni che costituiscono le nostre
aspirazioni future. Queste Träumereien vengono costantemente
disattese fino a quando non giunge la morte ad interrompere questo
20
Ivi, 190 (274).
21
Ivi, 191 (275).
22
Ibid.
17
gioco
23
. Va notato che le rappresentazioni in gioco vengono
considerate illusioni, sogni, Träumereien appunto, significato che
troveremo più avanti sia nella Critica della ragion pura che nella
Antropologia pragmatica
24
.
Medesimo ambito di significati si trova anche in Sogni di un
visionario chiariti con sogni della metafisica del 1776. Parlando
dell’opera dello Swedenborg, oggetto polemico dello scritto, Kant
afferma:
Nondimeno domina in essa un accordo così meraviglioso con quanto può
produrre il più sottile lavorio della ragione sull’oggetto analogo, che il
lettore mi perdonerà se io trovo qui, nei giochi dell’immaginazione, quella
rarità che tanti altri compilatori han riscontrata nei giochi della natura, come
quando essi scoprono nelle macchie del marmo la sacra famiglia, o in
immagini di stalattite monaci, fonte battesimale ed organi, o persino, come
il beffardo Liscow sul vetro ghiacciato della finestra il numero dell’animale
e la triplice corona: cose che niun altro vede, fuorché colui la cui testa ne è
piena già prima
25
.
Qui non sono prese in causa le rappresentazioni, i pensieri, bensì una
facoltà, l’immaginazione. Essa ritrova nella ragione ciò che essa stessa
vi ha posto arbitrariamente, credendo così di dimostrarne la realtà
come coloro che vedono l’immagine di un monaco in una stalattite
solo perché essi la vogliono vedere, non perché ci sia veramente. Il
gioco tende quindi nei due passi appena citati a diventare sinonimo di
23
Cfr. GAF, 41.
24
Cfr. I.2.2 e III.2.2.
18
attività arbitraria, fantastica, priva di alcun fondamento conoscitivo.
Significato che è presente in primo luogo nella prima delle opere
critiche, la Critica della ragion pura.
I.2
Il gioco nella Critica della ragion pura
I.2.1. Usi generici del termine gioco
Prima di individuare e analizzare gli ambiti nei quali il gioco emerge
con delle proprie peculiarità, vale la pena di vedere in quali occasioni
esso si mantenga su un piano di genericità, a nostro parere, voluta da
Kant.
Il primo esempio si trova all’inizio della Analitica dei concetti:
Quando si adopera [ins Spiel setzt] una facoltà conoscitiva, ci si forma,
secondo le varie circostanze, diversi concetti, i quali rendono possibile la
conoscenza di questa facoltà
26
.
Questo porre in gioco una facoltà significa usare, adoperare. Sarebbe
dunque l’agire delle facoltà conoscitive un gioco.
Ma non intendo per questi l’uso o abuso trascendentale delle categorie, che
25
TeG, 360 (392).
26
KrV, 84 (88).
19
è né più né meno che un errore del giudizio non convenientemente frenato
dalla Critica, e che non bada abbastanza ai confini del terreno, in cui
soltanto è concesso all’intelletto puro di agire [sein Spiel erlaubt ist]
27
.
L’intelletto puro, all’interno dei suoi limiti, è dunque in gioco. Da ciò
si è portati a pensare che l’intera attività delle nostre capacità
conoscitive possa essere considerata un gioco. Questa ipotesi, peraltro
suggestiva, non può reggere in quanto non viene mai giustificata da
Kant mostrando come solo il concetto di gioco sia adeguato a spiegare
le attività del nostro animo
28
. Anzi, il significato che assume qui il
termine gioco non va al di là del sinonimo di attività, e questo avviene
non perché esso non sia altro che mera attività, ma perché qui esso è
solo attività. I due passi citati infatti non richiedono particolari
determinazioni concettuali, ma rimangono volutamente in una certa
genericità.
Lo stesso avviene nella prima edizione della Critica della ragion pura.
Kant sta parlando della sintesi della nostra immaginazione che rende
possibile l’esperienza in generale ed afferma:
Dev’esserci dunque qualche cosa che, a sua volta, renda possibile questa
riproduzione dei fenomeni, essendo fondamento a priori di un’unità sintetica
necessaria. Ma a questo si vien tosto, se si riflette che i fenomeni non sono
cose in sé, ma il semplice giuoco delle nostre rappresentazioni, che si
27
Ivi, 235-236 (236-237).
28
Heidemann invece segue questa suggestione e, anche in seguito
all’analisi di alcune Reflexionen, afferma: “Così comprende questo concetto
dell’estetico [il gioco] l’intero ambito dell’anima, la vita spirituale”.
HEIDEMANN I., Der Begriff des Spiels cit., p. 166.
20
riducono infine a determinazioni del senso interno
29
.
I fenomeni sono giochi nel senso che sono aggregati di sensazioni
secondo la sintesi della nostra immaginazione. Anche qui dunque il
gioco non spiega nulla di più del fatto che sia all’opera una capacità
conoscitiva.
I.2.2. Causa ed effetto
Troviamo invece un interessante uso del termine gioco nella seconda
analogia dell’esperienza che riguarda il rapporto di causa-effetto fra i
fenomeni. Kant dimostra che tale relazione sottostà ad un concetto
puro dell’intelletto che ordina i fenomeni in modo necessario e
oggettivo. Allorquando questo concetto viene meno, i cambiamenti
nel tempo non sono più intelleggibili secondo la relazione causa-
effetto, allora entra in scena il gioco. Kant afferma:
Si supponga che a un avvenimento non preceda nulla cui esso debba seguire
secondo una regola; in tal caso ogni successione della percezione sarebbe
determinata esclusivamente nell’apprensione, cioè solo soggettivamente, ma
perciò non sarebbe per nulla determinato oggettivamente quale
propriamente dovrebbe essere il precedente e quale il conseguente delle
percezioni. Avremmo in tal guisa solo un giuoco di rappresentazioni, che
non si riferirebbe a nessun oggetto
30
.
29
KrVI, 78 (528).
30
KrV, 170-171 (170).
21
Se la regola, cioè la legge della causalità, viene meno, allora la
successione non è più oggettiva, bensì soggettiva, determinata
dall’apprensione della immaginazione, e si dà quindi un gioco di
rappresentazioni. Questo gioco di rappresentazioni si può determinare
come apprensione della immaginazione. L’immaginazione infatti
connette le percezioni dei fenomeni nel loro cangiamento in un modo
particolare:
Ma questa immaginazione può unire in due modi diversi i due detti stati, in
guisa che o l’uno o l’altro preceda nel tempo; perché il tempo in se stesso
non si può percepire, e in rapporto ad esso non può essere determinato
nell’oggetto, per così dire, empiricamente ciò che precede e ciò che segue.
Io dunque ho coscienza solo di questo, che la mia immaginazione mette uno
stato prima e l’altro dopo, ma non che nell’oggetto uno stato preceda l’altro,
o in altre parole: con la semplice percezione resta indeterminata la relazione
oggettiva dei fenomeni successivi
31
.
Questa indeterminatezza di che cosa sia precedente e di che cosa sia
conseguente nella apprensione della immaginazione è il gioco delle
rappresentazioni. Il gioco è qui dispiegarsi nel tempo di più
rappresentazioni senza alcuna legalità data dall’intelletto
32
. Si dà
gioco dunque dove le leggi dell’intelletto non vengono applicate e
l’immaginazione apprende liberamente. Libertà e gioco vengono qui a
trovarsi assieme nel senso che il gioco è un modo della libertà intesa
31
Ivi, 167 (167).
32
Cfr. HEIDEMANN I., Der Begriff des Spiels cit., p. 130.