LINEE GENERALI SULLA PRODUZIONE E IL CONSUMO
2
che avesse offerto il dono più utile all’umanità: la vittoria fu di Atene
che offrì l’ulivo
3
.
In realtà, fu grazie ai Romani che si diede inizio alla
coltivazione in ogni territorio conquistato di questi frutti polivalenti,
ordinando, in molti casi, alle popolazioni un tributo sotto forma di olio
di oliva. Gli stessi Romani costruirono i primi strumenti per la
spremitura delle olive e perfezionarono sempre più le tecniche di
conservazione ed utilizzo dell’olio: ne è testimonianza il libro di
cucina di Apicio (I secolo a.C.) che contiene diverse ricette
gastronomiche a base di olio di oliva
4
.
Quanto alle tradizioni legate a questa pianta, possiamo
affermare con certezza che, sia l’ulivo che i suoi frutti, sono da sempre
presenti nella storia degli uomini, nei loro riti sacri, nella vita
quotidiana. L’olio, infatti, venne utilizzato non solo per arricchire gli
alimenti, ma anche nei massaggi e nella cosmetica; nei poemi omerici,
l’olio era usato esclusivamente per la pulizia e l’igiene.
Particolarmente interessante è la classificazione romana
dell’olio di oliva in cinque qualità
5
:
- oleum ex albis ulivis, ovvero proveniente dalla spremitura delle
olive verdi;
- oleum viride, proveniente da olive raccolte ad uno stadio più
avanzato di maturazione;
- oleum maturum, proveniente esclusivamente da olive mature;
- oleum caducum, ottenuto dalla spremitura di olive cadute a
terra;
- oleum cibarium, proveniente da olive quasi passite e destinato
all’alimentazione degli schiavi.
3
Si veda http://www.osteriadelviandante.com/racconti/racconti_olio.htm.
4
Si veda http://www.bibliolab.it/I%20Romani%20a%20tavola/apicio_e_le_sue_rice
tte.htm.
5
Alcune notizie sono disponibili sul sito web http://www.
Comune.roma.it/municipio/18/spigolature/gli%20ROMANU%20E%20L%E2&80%
99OLIO%20DI%20OLIVA.htm. Oppure http://www.olio-
oliva.it/Info/Storia/Storia.html. Informazioni interessanti sono presenti sul sito
internet www.vittoriodigiulio.interfree.it/coltiv.htm.
LINEE GENERALI SULLA PRODUZIONE E IL CONSUMO
3
E’ facile riscontrare in questa antica classificazione romana,
quella esistente oggi, la cui disciplina normativa fa riferimento ad un
preciso Regolamento
6
.
Andando avanti negli anni, nel tardo Medioevo
7
, sia per i laici
che per gli ecclesiastici l’olio era alimento di scorta: veniva sempre
menzionato nelle liste delle dispense dei conventi e dei castelli.
Durante la molitura delle olive, i parroci passavano di casa in casa a
ricevere la “decima”, vecchia usanza secondo la quale piccole quantità
di prodotti gli venivano destinate. Quanto ai laici, ad esempio, nel
1400 presso la corte dei Medici di Firenze, durante i banchetti
scorrevano fiumi di olio e vino di ogni qualità e provenienza.
L’olivo simboleggia da sempre valori come la pace, la
fecondità, la forza, la purificazione. Gli esempi si sprecano: basti
pensare ai romani che intrecciavano ramoscelli di olivo per premiare i
cittadini più meritevoli; agli ateniesi vincitori, ai quali venivano offerti
una corona di olivo ed un’ampolla d’olio, o semplicemente ai cristiani
per i quali è un segno di pace e d’augurio
8
. L’olio di oliva è sempre
stato elemento caratterizzante per l’umanità; si pensi alla sua remota
comparsa nel Vecchio Testamento, allorché Noè, fece uscire
dall’Arca, investita dal diluvio universale, una colomba che fece da lì
a poco ritorno, proprio con un ramoscello di ulivo, conferma della fine
del cataclisma.
Ancora oggi, tracce profonde di questa devozione all’ulivo
sono ben visibili nelle aree rurali del territorio italiano, dove il giorno
di S.Croce, 3 maggio, gli agricoltori piantano la “Palma” in cima a
rudimentali croci di canna, a protezione delle colture.
6
Regolamento (CEE) n.136/66 del Consiglio del 22 settembre 1966, relativo
all’attuazione di un’organizzazione comune dei mercati nel settore dei grassi., in
G.U.C.E. del 30 settembre 1966, L. 172., Allegato I.
7
In molte regioni del sud Italia sono tuttora conservati frantoi medioevali. Manduria
(TA), ad esempio, ne conserva uno in ottimo stato, dove è ancora possibile visionare
parte degli strumenti che venivano utilizzati, come i torchi e la macina.
8
La gradevole poesia di Giovanni Pascoli dal titolo “La canzone dell’ulivo” recita:
“...il clivo che ripido sale, biancheggia di sassi e di ghiaie; lo assordano l'ebbre
cicale col grido solivo. Qui radichi e cresca! Non vuole, per crescere, ch'aria, che
sole, che tempo, l'ulivo! ...”
LINEE GENERALI SULLA PRODUZIONE E IL CONSUMO
4
Non sono lontani i tempi in cui la palma veniva messa nella
bara accanto al defunto per propiziarne il perdono da parte
dell’Eterno, e quelli in cui era presagio di sventura abbattere un olivo
in produzione, rievocazione religiosa del Cristo che prega nell’“Orto
degli ulivi”. Possiamo, altresì, indicare l’olio, al pari dell’albero dal
quale si produce, come padre di superstizioni e leggende. Si pensi, ad
esempio, alla sfortuna che porterebbe rovesciare dell’olio sul
pavimento o, meglio, ai mille usi miracolosi che gli si attribuivano. Un
po’ di ovatta bagnata con olio riscaldato nel lumino era utile contro il
mal d’orecchie; quello non riscaldato era usato per ammorbidire le
mani dopo una pesante giornata di lavoro nei campi.
Arrivando ad epoche più recenti, occorre ricordare l’iniziativa
del cingolano Francesco Saverio Castiglioni, poi diventato Papa col
nome di Pio VIII (1829-1830)
9
, che consentì l’impianto di oliveti,
offrendo un aiuto in denaro
10
.
Anche nel terzo millennio l’olio di oliva sembra costituire un
prodotto carico di misticismo e soprattutto componente fondamentale
della ormai famosa dieta mediterranea, una moda di cui molti esperti
attestano gli aspetti benevoli per la salute. L’enorme varietà di aromi
che l’olio di oliva può avere lo rende, inoltre, un alimento utilizzabile
in qualunque tipo di cucina.
9
Pio VIII laureatosi in teologia nel 1785 e consacrato sacerdote nello stesso anno,
vescovo di Montalto delle Marche dal 1800, nel 1808 fu confinato (a Mantova,
Pavia, Milano) per non aver voluto prestare giuramento di fedeltà a Napoleone.
Cardinale e vescovo di Cesena nel 1816, penitenziere maggiore e vescovo di
Frascati nel 1821, venne eletto papa, succedendo a Leone XII, il 31 marzo 1829
dopo un conclave che vide prevalere i cardinali “moderati o politici” su quelli
“zelanti”. Il breve pontificato di Pio VIII fu caratterizzato dal ristabilimento della
gerarchia ecclesiastica nei Paesi Bassi (1829), dal conflitto con la Prussia per la
questione dei matrimoni misti in Renania e dal riconoscimento della monarchia di
Luigi Filippo (andato al potere in Francia dopo la rivoluzione del luglio 1830). Pio
VIII condannò inoltre l'indifferenza in materia religiosa e i movimenti settari di
orientamento liberale. In CORSARO, Storia dei papi., 1982.
10
Si veda http://www.oliotrasimeno.com/13A.htm.
LINEE GENERALI SULLA PRODUZIONE E IL CONSUMO
5
2. Dati sulla produzione di olio di oliva nella Comunità e nel mondo.
E’ noto come l’olivicoltura abbia raggiunto la sua massima
espansione durante il periodo del grande Impero romano quando una
buona parte delle coste dei paesi mediterranei vennero coltivate ad
olivi e sulle quali è tuttora localizzato il 98% del totale degli oliveti
del mondo
11
. Attualmente esistono sul mercato diverse categorie di
olio di oliva
12
:
11
Numerose fonti web citano il periodo dell’Impero romano come quello di
maggiore espansione delle piantagioni di olivo, si veda ad esempio
http://www.oropallo.it/cesare/storia.html.
12
Allegato del Regolamento (CEE) n.136/66, sostituito dal Regolamento (CEE) n.
1915/87 (relativo all’obbligatorietà delle denominazioni contenute nell’allegato per
la commercializzazione di questi prodotti negli stati membri nonché negli scambi
intracomunitari), sostituito dal Regolamento (CEE) n. 356/92 (che contiene
nell’allegato la distinzione fra tipologie riportata in basso), modificato dall’art. 1 del
Regolamento (CE) n. 1638/98 (relativo alla fissazione di un prezzo indicativo alla
produzione per l’olio di oliva “vergine” corrente con un contenuto di acido oleico
pari a 3,3 g per 100 g di prodotto) e, da ultimo, così sostituito dall’allegato del
Regolamento (CE) n. 1513/01, a decorrere dal 1° novembre 2003, ad eccezione del
punto 4 che si applica a decorrere dal 1° novembre 2001. Il testo dell’allegato,
applicabile fino al 31 ottobre 2003, recita: “Allegato. Denominazioni e definizioni
degli oli di oliva e degli oli di sansa di oliva di cui all’articolo 35”: 1) Oli di oliva
vergini: oli ottenuti dal frutto dell’olivo soltanto mediante processi meccanici o altri
processi fisici, in condizioni, in particolare termiche, che non causano alterazioni
dell’olio, e che non hanno subito alcun trattamento diverso dal lavaggio, dalla
decantazione, dalla centrifugazione e dalla filtrazione, esclusi gli oli ottenuti
mediante solvente o con processi di riesterificazione e qualsiasi miscela con oli di
altra natura. Detti oli di oliva sono oggetto della classificazione e delle
denominazioni seguenti: a) olio extra vergine di oliva: olio di oliva vergine la cui
acidità libera espressa in acido oleico è al massimo di 1 g per 100 g e avente le altre
caratteristiche conformi a quelle previste per questa categoria; b) olio di oliva
vergine (il termine “fino” può essere usato nella fase della produzione e del
commercio all'ingrosso): olio di oliva vergine la cui acidità libera espressa in acido
oleico è al massimo di 2 g per 100 g e avente le altre caratteristiche conformi a
quelle previste per questa categoria; c) olio di oliva vergine corrente: olio di oliva
vergine la cui acidità libera espressa in acido oleico è al massimo di 3,3 g per 100 g
e avente le altre caratteristiche conformi a quelle previste per questa categoria; d)
olio di oliva vergine lampante: olio di oliva vergine la cui acidità libera espressa in
acido oleico è superiore a 3,3 g per 100 g e/o avente le altre caratteristiche conformi
a quelle previste per questa categoria. 2) Olio di oliva raffinato: olio di oliva
ottenuto dalla raffinazione di oli di oliva vergini, la cui acidità libera espressa in
acido oleico non può eccedere 0,5 g per 100 g e avente le altre caratteristiche
conformi a quelle previste per questa categoria. 3) Olio di oliva: olio di oliva
ottenuto da un taglio di olio di oliva raffinato e di oli di oliva vergini diversi
dall’olio lampante, la cui acidità libera espressa in acido oleico non può eccedere 1,5
g per 100 g e avente le altre caratteristiche conformi a quelle previste per questa
categoria. 4) Olio di sansa di oliva greggio: olio ottenuto mediante trattamento al
solvente di sansa di oliva, esclusi gli oli ottenuti con processi di riesterificazione e
qualsiasi miscela con oli di altra natura e avente le altre caratteristiche conformi a
quelle previste per questa categoria. 5) Olio di sansa di oliva raffinato: olio ottenuto
dalla raffinazione di olio di sansa di oliva greggio, la cui acidità libera espressa in
LINEE GENERALI SULLA PRODUZIONE E IL CONSUMO
6
a) gli oli “vergini”, frutto di una procedura diretta e meccanica delle
olive in condizioni che non causano alcuna alterazione dell’olio e
distinti in:
- “vergini” la cui acidità in termini di acido oleico è al massimo
di 2 g per 100 g di prodotto e aventi caratteristiche conformi a
quelle previste per questa categoria;
- “extra vergini” con acidità massima di 0,8 g per 100 g di
prodotto ed aventi sempre tutte le caratteristiche previste per
questa categoria;
- gli oli di oliva “lampanti” con un contenuto di acido oleico
superiore a 2 g per 100 g di prodotto e rispondenti alle
caratteristiche previste per la categoria;
b) oli di oliva “raffinati”, ottenuti dalla raffinazione dell’olio di oliva
“vergine” con acido oleico non superiore a 0,3 g per 100 di prodotto;
c) olio di oliva ottenuto dalla miscelazione di oli “raffinati” con olio
di oliva “vergine” diverso dal “lampante” con tenore di acidità non
superiore ad 1 g ogni 100 g di prodotto;
d) olio di “sansa di oliva greggio” ottenuto dalla sansa di oliva
mediante un trattamento con solventi oppure olio corrispondente al
“lampante” ad eccezione delle miscele con oli di altra natura;
e) l’olio di “sansa di oliva raffinato”, ottenuto dalla raffinazione
dell’olio di “sansa di oliva greggio”, con acidità non superiore ai 3 g
per 100 g di prodotto e che risponda sempre alle caratteristiche
espressamente previste per questa categoria;
acido oleico non può eccedere 0,5 g per 100 g e avente le altre caratteristiche
conformi a quelle previste per questa categoria. 6) Olio di sansa di oliva: olio
ottenuto da un taglio di olio di sansa di oliva raffinato e di oli di oliva vergini diversi
dall’olio lampante, la cui acidità libera espressa in acido oleico non può eccedere 1,5
g per 100 g e avente le altre caratteristiche conformi a quelle previste per questa
categoria.
La distinzione delle diverse tipologie di olio ha sempre suscitato grandi polemiche.
Una delle più autorevoli è la critica avanzata al documento Fischler del 1997 che
individuava tanti nuovi parametri per identificare con maggiore esattezza le diverse
categorie. Il professore Montedoro ordinario di agraria presso l’Università di
Perugia era convinto del fatto che nessuno dei 28 parametri del documento Fischler,
consentiva di valutare le qualità nutrizionali e la provenienza geografica dell’olio di
oliva.
LINEE GENERALI SULLA PRODUZIONE E IL CONSUMO
7
f) l’olio di “sansa di oliva” ottenuto dal taglio di olio di “sansa
raffinato” con “olio di oliva vergine” diverso dall’olio di oliva
“lampante”, con un tenore di acidità libera non superiore ad 1 g per
100 g di prodotto.
Attualmente si possono distinguere “tre tipi principali di
coltivazione: gli oliveti tradizionali, spesso costituiti da alberi di
vecchia data; le piantagioni tradizionali, gestite in maniera più
moderna e caratterizzate da un uso più ampio dei fattori di
produzione; le piantagioni intensive, di solito recenti, in cui si fa
maggior ricorso alla meccanizzazione e alle moderne tecnologie, fra
cui l’irrigazione”
13
.
Il mercato della produzione dell’olio, chiamato ai tempi di
Omero “oro liquido”
14
in virtù della grande importanza che gli è stata
sempre attribuita, è decisamente altalenante
15
. Sono, infatti, tanti i
fattori che influiscono sull’annata di raccolta: fattori prettamente
climatici, come la siccità oppure l’alternanza biologica in base alla
quale ad annate di raccolta abbondante, ne seguono generalmente
alcune di produzione più debole.
Misurato sul decennio degli anni ‘90, il coefficiente di
variazione della produzione, legato ai fattori citati, è del 18,5% a
livello mondiale, mentre è sensibilmente più elevato se si misura con
riferimento ai singoli paesi: dal 25% della Grecia, al’65% della
Turchia.
Per evitare che variazioni eccessive della produzione abbiano
effetti negativi sul mercato globale, si mettono in pratica specifici
flussi di esportazione non meccanici, bensì espressamente voluti, con
13
COMMISSIONE EUROPEA, Il settore dell’olio d’oliva nell’Unione europea.,
Fonte web. http://europa.eu.int/comm/agriculture/publi/fact/oliveoil/2003_it.pdf.
14
TOPA, Olivo e Olio, tra storia e tradizioni., Macerata, 2001.
15
Sono davvero tanti i fattori che influiscono sulla decisione degli olivicoltori di
intervenire o meno sul proprio oliveto. Ad esempio una prospettiva di aumento nella
produzione può indurre l’agricoltore ad investire in un sistema di irrigazione, mentre
un’attesa diminuzione del prodotto, potrebbe indurlo a ridurre i fertilizzanti utilizzati
oppure a non raccogliere affatto le olive o addirittura, nei casi più gravi, di
abbandonare la piantagione.
LINEE GENERALI SULLA PRODUZIONE E IL CONSUMO
8
un maggior deflusso di olio dai paesi con produzioni eccedentarie
verso quelli con basse produzioni.
Di contro, le fluttuazioni nella raccolta mondiale, generano
effetti talvolta negativi sui prezzi dell’olio che aumentano
sensibilmente. Per evitarli si ricorre, in genere, alla costituzione di
stock di prodotto che viene immesso sul mercato, nei periodi di debole
raccolta. Questa operazione non è esente da aspetti negativi, primo tra
tutti, la perdita di qualità dell’olio rimasto stipato a lungo nei
magazzini.
Nonostante la produzione dell’olio di oliva si concentri nei
paesi che si affacciano sul mar Mediterraneo, negli ultimi anni la
coltura è andata diffondendosi in alcuni paesi costieri dell’America
centromeridionale, come l’Argentina, con una produzione di oltre il
70% sul totale degli stessi, ma che conta poco meno dello 0,5% sulla
produzione mondiale.
Produzione mondiale di olio di oliva ( x 1.000 tonnellate)
16
Europa*
Turchia
Siria
Tunisia
Marocco
Altri
Totale
EU/tot
1995/96
1.518
46
84
65
40
97
1.849
82,1%
1996/97
1.899
203
125
291
85
107
2.710
70,1%
1997/98
2.294
41
70
95
74
56
2.630
87,2%
1998/99
1.838
171
115
222
69
130
2.545
72,2%
1999/00
1.873
54
81
220
44
120
2.392
78,3%
2000/01
2.090
176
165
135
38
121
2.725
76,7%
2001/02
2.650
66
92
37
64
110
3.019
87,8%
2002/03
2.004
142
165
73
43
125
2.552
78,5%
*I dati sulla produzione europea, si riferiscono a tutti gli Stati membri e non
esclusivamente ai produttori più importanti.
16
Compreso l’olio di sansa di oliva. Fonte: Consiglio Olivicolo Internazionale; i dati
relativi alla campagna 2002/03 sono provvisori.
LINEE GENERALI SULLA PRODUZIONE E IL CONSUMO
9
La Turchia, inserita nel mercato asiatico, copre invece la metà
della produzione di questo continente e conta circa il 14% sulla
produzione mondiale. Segue, infine, l’Africa in cui è concentrato oltre
il 13% della produzione mondiale, localizzata essenzialmente in
Tunisia che, da sola, detiene il 66% della produzione dell’area.
Riguardo alla Comunità Europea si stima che abbia fornito, nel
corso degli ultimi due decenni, i ¾ dell’olio di oliva consumato nel
resto del mondo: una posizione decisamente dominante ed anche
abbastanza recente.
Infatti, alla costituzione, nel 1966, di un’organizzazione
mondiale di commercio nel settore dell’olio di oliva
17
, la sola a
beneficiarne era proprio l’Italia, attiva in un contesto comunitario che
pesava solo per un terzo sulla produzione mondiale e che necessitava
ancora di importazioni.
Un primo cambiamento si ebbe con l’adesione alla Comunità
Europea della Grecia
18
, la cui produzione al momento, era di poco
superiore alle 300.000 tonnellate.
L’Europa ha così iniziato a fornire la metà della produzione
mondiale di olio di oliva, passando da una situazione di netta
importazione ad un quasi equilibrio tra produzione e consumo interno.
Il vero momento di svolta fu, però, l’ingresso nel 1986
nell’Unione Europea di Spagna e Portogallo
19
, che consentì all’Europa
di divenire per la prima volta, esportatrice netta.
Dando uno sguardo agli ultimi decenni, la produzione
mondiale è cresciuta sensibilmente negli anni 80, rispetto alle stime
degli anni 60, arrivando a misurare un surplus di ben 1,8 milioni di
tonnellate.
Dopo un periodo di relativa calma, è negli anni ‘90 che si
registra un nuovo aumento della produzione stimato in ben 2,5 milioni
17
Regolamento (CEE), n.136/66, op. cit.
18
Il 28 aprile 1979 firma, ad Atene, degli atti relativi all’adesione della Grecia alle
Comunità. Il 28 giugno 1979 il Parlamento ellenico ratifica il trattato di adesione
della Grecia alla Comunità europea.
19
L’accordo finale fu raggiunto nel 1985 con la firma il 12 giugno dell’atto finale di
adesione della Spagna e del Portogallo, operativo a partire dal 1° gennaio 1986.
LINEE GENERALI SULLA PRODUZIONE E IL CONSUMO
10
di tonnellate ed un aumento medio nelle ultime tre campagne di
commercializzazione di 2,7 milioni di tonnellate.
Gli ultimi dati in nostro possesso, quelli relativi alla campagna
2002/03, ci mostrano uno scenario piuttosto preoccupante per la
Spagna che ha prodotto il 40% in meno rispetto alla precedente
campagna.
Risultati negativi, sono stati conseguiti anche dall’Italia in
quanto il caldo record del 2000/01 ha inferto un duro colpo ad alcune
nostre regioni come l’Umbria e la Toscana, facendo invece segnare un
surplus per la produzione pugliese che aiuterà a colmare il deficit delle
regioni centrali.
In definitiva l’annata 2002/03, fa segnare a livello comunitario
un 15% in meno nella produzione (l’unica eccezione sembra essere la
Grecia con un +4,7% di olio di oliva prodotto)
20
.
Produzione di olio di oliva nella comunità (x 1.000 tonnellate)
21
Campagna
Spagna
Italia
Grecia
Portogallo
Francia
TOTALE
1996/97
947,3
370,0
390,0
44,8
2,5
1754,6
1997/98
1077,0
620,0
375,0
42,0
2,7
2116,7
1998/99
791,9
403,5
473,0
35,1
3,4
1706,9
1999/00
669,1
735,0
420,0
50,2
4,1
1878,4
Media
871,3
532,1
414,5
43,0
3,2
1864,2
2000/01
973,7
509,0
430,0
24,6
3,2
1940,5
2001/02
1411,4
656,7
358,3
33,7
3,6
2463,7
2002/03*
865,0
590,0
375,0
29,0
4,7
1863,7
Media
1083,4
585,2
387,8
29,1
3,8
2089,3
20
BATTISTI, G., “Olio, i consumi mondiali sono aumentati del 2,3%”, in rivista
Agrisole, anno 8°, n.36, del 12-18 settembre 2003, 21.
21
Compreso l’olio di sansa di oliva. Fonte: Consiglio Olivicolo Internazionale; i dati
relativi alla campagna 2002/03 sono provvisori.
LINEE GENERALI SULLA PRODUZIONE E IL CONSUMO
11
Occorre altresì ricordare che l’olio di oliva non rappresenta che
il 3% del mercato mondiale degli oli commestibili; come esempio si
pensi al fatto che la produzione di olio di soia e di palma è superiore
alle 20 milioni di tonnellate annue.
LINEE GENERALI SULLA PRODUZIONE E IL CONSUMO
12
2.1. La produzione italiana: specificità nella filiera.
Nel suo lavoro, “Politiche e interessi nella crisi
dell’olivicoltura italiana”, Giordano Sivini traccia per il comparto
oleario italiano, la distinzione fra filiera lunga e filiera corta.
La filiera corta si distingue per i seguenti elementi
caratterizzanti:
- assenza di seconda trasformazione ovvero di raffinazione e/o
miscelazione;
- molitura che avviene in frantoi localizzati nei pressi delle
piantagioni;
- confezionamento, spesso fatto direttamente dagli olivicoltori;
- vendita ravvicinata rispetto al produttore.
Il sistema olivicolo toscano è quello che meglio rientra nella
tipologia di filiera corta.
E’ costituito da piccole aziende specializzate concentrate
territorialmente e che si rivolgono ad una domanda finale disposta a
pagare prezzi elevati, per un prodotto fortemente legato ai luoghi
d’origine.
La domanda viene soddisfatta mediante vendita diretta di un
prodotto generalmente ottenuto anticipandone il periodo di raccolta
nonché frutto dell’impianto di nuovi oliveti.
E’ chiaro che un prodotto di così alta qualità può essere
ottenuto attraverso l’uso di macchine che agevolano la raccolta, l’uso
limitato a poche eccezioni degli insetticidi, l’impiego di concimi in
quantità moderata e l’utilizzazione a tal fine dei reflui della frangitura
cosparsi sul terreno (ricchi di azoto, potassio e fosforo).
Dobbiamo comunque rilevare alcuni aspetti negativi della
filiera corta: la forte incidenza del autoconsumo che rendendo scarso il
conferimento dell’olio ai frantoi, provoca la sotto utilizzazione degli
impianti di confezionamento che a sua volta riduce l’offerta e non
consente di mantenere una clientela nella grande distribuzione.
LINEE GENERALI SULLA PRODUZIONE E IL CONSUMO
13
La filiera lunga è sensibilmente diversa rispetto a quella corta
per il fatto di rivolgersi alla grande distribuzione in maniera più diretta
e con più grossi quantitativi di prodotto.
Da ciò deriva che la filiera lunga è decisamente stabile in
termini di introiti proprio perché basata sulla grande distribuzione,
mentre più esposta ad eventuali crisi risulta la filiera corta.
In quest’ultimo sistema, gli stessi olivicoltori partecipano da
protagonisti alla fissazione dei prezzi, in quanto direttamente coinvolti
nella vendita al consumatore finale.
Resta comunque un sistema fortemente legato ai limiti
produttivi di ciascun agricoltore e per questo stesso motivo
difficilmente orientabile alla grande distribuzione.
I sistemi olivicoli che non rientrano nella filiera corta e che più
verosimilmente rispondono alle caratteristiche previste per quella
lunga sono quelli di Puglia e Calabria.
La Puglia si distingue per forme estreme di integrazione
verticale ed orizzontale fra i produttori, le cooperative ed i consorzi.
I frantoi, ad esempio, operano per lo più per conto di terzi e
svolgono funzioni commerciali di acquisto di olive presso i produttori.
La logica è essenzialmente quella del risparmio in modo da
diminuire i costi dei vari passaggi della filiera; risparmi realizzati
anche grazie all’accelerazione dei tempi di molitura nonché riduzione
dei consumi e degli scarichi inquinanti.
Riguardo alla qualità delle olive prodotte in Puglia, occorre
tracciare una linea di demarcazione fra il Nord ed il Sud della regione.
Nella provincia di Foggia e nel barese viene prodotto essenzialmente
“extra vergine”, mentre nel tarantino e nel leccese si produce olio con
più elevati livelli di acidità.
Diversa è la situazione in Calabria, dove, nella Piana di Gioia
Tauro, si produce un olio dagli elevatissimi livelli di acidità
22
che non
rispetta i requisiti di legge per stare sul mercato e che viene
22
Solo il 5% dell’olio calabrese è extravergine, in SIVINI, Politiche e interessi nella
crisi dell’olivicoltura italiana., Catanzaro, Rubbettino Editore, 2001, 113.
LINEE GENERALI SULLA PRODUZIONE E IL CONSUMO
14
commercializzato solo grazie alla presenza in loco di industrie di
raffinazione che lo miscelano con oli di altra provenienza.
L’olivicoltura calabrese si caratterizza in generale (lasciando
fuori la parentesi della Piana di Gioia Tauro), per la scarsa presenza di
strutture locali integrate con l’olivicoltura che costringe i produttori a
inviare l’olio prodotto verso gli impianti del centro Italia, nonché per
presenza di vecchie piante, generalmente localizzate su terreni
scoscesi che non consentono la meccanizzazione.
LINEE GENERALI SULLA PRODUZIONE E IL CONSUMO
15
2.2. La produzione italiana: le aziende olivicole, uno zoom su Marche
e Puglia.
La produzione italiana di olio di oliva si aggira mediamente
intorno ai 5 milioni di quintali; come direbbe sorridente un anziano
contadino pugliese: “davvero tanti bei tomoli”
23
.
Se osserviamo i dati contenuti nella tabella precedente relativa
alla produzione comunitaria di olio di oliva, si evince come la
produzione italiana in media, non ha subito, negli ultimi anni,
variazioni quantitative rilevanti rispetto agli anni ‘90.
Il fatto che la resa calcolata su un ettaro presenti ampie
oscillazioni è la conferma, invece, che gli oliveti italiani non sono stati
interessati nel corso degli ultimi anni, se non in misura del tutto
marginale, da un processo di rinnovamento tecnologico o dall’impiego
di nuove forme di coltivazione, raccolta e potatura.
Tale alternanza produttiva sembra localizzarsi con maggior
certezza nelle aree meridionali del paese, decisamente più arretrate
negli impianti utilizzati
24
.
Aver preso come riferimento due realtà regionali quali Marche
e Puglia, non è affatto casuale, ma facilita la comprensione delle
divergenze produttive italiane.
I dati che provengono dalle varie fonti, ci consentono di
distinguere le regioni produttive italiane in due blocchi diversi, uno
all’opposto dell’altro: le regioni che producono enormi quantitativi di
olio che non raggiunge quei livelli di acidità richiesti dalla legge per
essere considerato “extra vergine” e regioni che producono quantità
minori, ma di notevole pregio in termini di raffinatezza di raffinatezza
del prodotto.
23
Il “tomolo” è una vecchia misura in auge nei primi anni del ‘60 e tuttora rimasta
nel retaggio dialettale di buona parte della Puglia. Un “tomolo” valeva circa 35 kg di
olive raccolte.
24
SIVINI, op. cit., 97ss. L’autore descrive in più parti del suo testo, i problemi legati
alla presenza di colture ancora troppo legate alla tradizione e per cui poco intensive
e di conseguenza poco produttive.