Introduzione
2
normale. Per questo il VaR, se stimato secondo l’approccio tradizionale
3
( che
considera l’ipotesi di Gaussianità della distribuzione dei rendimenti), risulterebbe
sottostimato, con la conseguenza di fornire un quadro della rischiosità non
compatibile con la realtà dei dati.
Tra i diversi modelli basati sulla Teoria dei Valori Estremi, l’attenzione viene
rivolta, nel presente lavoro, al modello POT (Peaks-over-Thresholds)
parametrico. L’ obiettivo di tale metodo è quello di modellare la coda della
distribuzione dei rendimenti utilizzando, in maniera efficace, solo i dati che
eccedono una soglia di valore elevato. Questo modello si basa sull’assunzione
che gli eccessi dei rendimenti oltre una soglia di valore elevato si distribuiscano
secondo una Distribuzione di Pareto Generalizzata (GPD). Così, dopo aver
adeguatamente perequato la GPD alla distribuzione sottostante, si può
agevolmente calcolare il VaR e l’ Expected Shortfall (ES): una grandezza,
quest’ultima, che non fornisce informazioni sulla perdita massima al livello di
probabilità prefissato, bensì sull’entità delle perdite che eccede tale perdita
massima. Un’applicazione dei vari modelli matematico-statistici per il calcolo del
VaR viene proposto sui dati relativi a tre Titoli azionari (AHOLD KON.,
ENRON, WORLDCOM GB.). I risultati, ottenuti attraverso l’utilizzo del software
scientifico Matlab®, risulteranno essere in linea con le considerazioni
precedentemente fatte per i rendimenti che presentano code fat-tailed.
Dall’applicazione emergeranno i pregi dell’approccio alternativo rispetto a quello
tradizionale e si trarranno le dovute considerazione circa la discrezionalità della
scelta della soglia, che caratterizza il metodo basato sulla EVT.
3
Ad eccezione dell’approccio storico.
Introduzione
3
L’analisi si concluderà con il confronto del valore del VaR con quello dell’ES;
tale confronto permetterà di apprezzare le buone proprietà statistiche dell’ES .
La Tesi è così strutturata:
nel primo capitolo, dopo aver definito le tipologie di rischio tipiche dell’attività
finanziaria, si procederà col descrivere le cause che hanno portato la nascita del
Financial Risk Management e la necessità delle Autorità di Vigilanza a
regolamentare le varie tipologie di rischio, attraverso la stipulazione dell’Accordo
di Basilea (Basilea 1) e della sua successiva modifica (Basilea 2);
nel secondo capitolo introdurremo l’Extreme Value Theory e alcuni strumenti
analitici come le distribuzioni di valori estremi (Gumbel, Frèchet, Weibull), il
concetto di massimo dominio di attrazione, la Distribuzione di Pareto
Generalizzata. Si proseguirà con la descrizione dei primi due metodi di stima delle
code utilizzati nell’ambito dell’EVT: il metodo block-maxima e il metodo basato
sui quantili;
nel terzo capitolo si descriverà il terzo metodo di stima delle code utilizzato
nell’ambito dell’EVT: il Peaks-over-Threshold (POT). Ci soffermeremo,
particolarmente, sul POT parametrico attraverso il quale otterremo la stima del
VaR (approccio alternativo). La trattazione continuerà con la descrizione
dell’approccio tradizionale di stima del VaR, concentrandosi sul modello storico,
sul modello parametrico (distribuzione normale dei rendimenti) e su quello della
simulazione MonteCarlo (stima della volatilità attraverso la EWMA);
Introduzione
4
nel capitolo quarto si procederà all’applicazione del modello POT e del modello
storico per il calcolo del VaR (e ES) ad una serie di valori relativi ai prezzi di
chiusura di tre Titoli azionari. Si effettuerà, quindi, un confronto tra i risultati
ottenuti attraverso l’utilizzo dei due metodi;
in appendice verrà presentata la guida delle funzioni Matlab® utilizzate
nell’ambito del capitolo 4 per la stima del VaR attraverso il metodo POT. In più
verranno introdotti gli indici di forma delle distribuzioni (simmetria e curtosi), il
metodo della Massima Verosimiglianza utilizzato per la stima dei parametri della
GPD, nonché tutti i grafici relativi alla stima del VaR per ogni valore delle soglie
considerate.
Capitolo primo - Controllo del rischio e profili di regolamentazione prudenziale
5
Capitolo 1
Controllo del Rischio e
profili di regolamentazione prudenziale
1.1 Il rischio
Semplificando si possono sintetizzare a due le componenti principali del rischio:
o l’incertezza;
o l’esposizione nei confronti di essa.
L’esposizione stessa varia a seconda del coinvolgimento che si ha nei confronti di un
determinato evento, per questo, l’esposizione può essere considerata la componente
soggettiva nella determinazione del rischio (un esempio può essere rappresentato da
un uomo che salta da un aeroplano con un paracadute; il suo rischio sarà
rappresentato dall’incertezza che il paracadute si apra o meno. Considerando la
presenza di due spettatori che guardano da terra, facilmente si possono avere
esposizioni al rischio diverse, connesse al buon esito del lancio. Uno spettatore potrà
scommettere del denaro per vedere il lancio, mentre l’altro è un parente del
paracadutista ed avrà un coinvolgimento diverso a riguardo). Lo stesso Keynes ci
parla infatti , di “conoscenza incerta”:
“non intendo semplicemente distinguere ciò che è conosciuto per certo da ciò che è
soltanto probabile. Il gioco della roulette non è soggetto, in questo senso, ad
incertezza […]. Anche la speranza matematica di vita è solo lievemente incerta
[...].Il senso in cui sto usando il termine è quello secondo cui è incerta la prospettiva
di una guerra europea, o sono incerti il prezzo del rame e il tasso d’interesse tra 20
Capitolo primo - Controllo del rischio e profili di regolamentazione prudenziale
6
anni, o, l’obsolescenza di una nuova invenzione[…]. Su queste questioni non c’è
alcuna base scientifica su cui formare una qualsivoglia probabilità calcolabile.
Semplicemente, non sappiamo (niente). Tuttavia, la necessità per l’azione e per la
decisione ci spinge come uomini pratici a fare del nostro meglio per superare questa
difficile realtà e a comportarci esattamente come se avessimo dietro a noi un buon
calcolo alla Bentham di una successioni di termini misuranti vantaggi e svantaggi
prospettici, ciascuno moltiplicato per le probabilità appropriate, in attesa di essere
tra loro sommate[…].
Una teoria del futuro che abbia connotazioni di praticità e che sia basata su questo
tipo di tecniche ha alcune marcate caratteristiche […]. Le forze della disillusione
possono di punto in bianco imporre una nuova base convenzionale di valutazione
1
.”
Tuttavia Keynes aggiunge che ciascun tipo di comportamento è soggetto ad un tipo
di instabilità che è:
“dovuta a questa caratteristica della natura umana: che una larga parte delle nostre
attività positive dipende da un ottimismo spontaneo piuttosto che da una aspettativa
in termini matematici[…]. La maggior parte, forse delle nostre decisioni[…] si
possono considerare soltanto come risultato di tendenze dell’animo (animal spirits),
di uno spirito spontaneo all’azione invece che all’inazione[…]. Il nostro raziocinio
sceglie tra le alternative nel miglior modo possibile, mediante un calcolo dove
possiamo farlo, ma spesso ricadendo nel capriccio o nel caso per trovare un
movente alla nostra azione
2
”.
Così fare impresa vuol dire assumersi dei rischi, cercando di non mettere in crisi
l’azienda.
1
Cfr. Keynes, J.M. (1937).
2
Cfr. J.M.Keynes,(1937).
Capitolo primo - Controllo del rischio e profili di regolamentazione prudenziale
7
I rischi sono molteplici: da quelli legati al credito a quelli operativi, a quelli di
mercato, e in genere si intendono quelli che possono portare perdite o danni e, di
conseguenza, incidere sui profitti e sulle quote di mercato o danneggiare l’immagine.
Anche le società di maggior successo non sono esenti da tali questioni, anzi, è
proprio l’aver deciso di correre dei rischi che ha fatto la differenza. Tanto più che
questa intraprendenza si è tradotta in un maggior valore per gli investitori.
Gli stessi rischi che fanno da propulsore in un economia in crescita possono, però,
essere una causa di difficoltà nei momenti di recessione. Fino al punto che gli organi
di vigilanza e gli azionisti iniziano a dare sempre più importanza alle attività di Risk
Management.
Capitolo primo - Controllo del rischio e profili di regolamentazione prudenziale
8
1.2 Origini del Financial Risk Mangement
3
Utilizzando le parole di Stehinerr :”Risk management: one of the most
important innovations of the 20th century”
4
, si può intuire lo scenario che ha
caratterizzato i mercati finanziari durante tutto il ventesimo secolo.
Nel 1933, quattro anni dopo il crollo del ’29, proprio come conseguenza della
Depressione, viene approvato negli Stati Uniti “The Glass – Steagall Act” attraverso
il quale si proibisce alle banche commerciali la sottoscrizione di assicurazioni e della
maggior parte dei titoli
5
(di solito questa attività è riservata alle banche
d’investimento).
Agli inizi degli anni cinquanta, Harry Markowitz accosta il rischio, misurato dalla
deviazione standard, al rendimento e alla frontiera efficiente, gettando le basi della
moderna teoria del portafoglio.
Nel corso degli anni settanta viene abolita la parità fissa dei tassi di cambio sancita
con gli accordi di Bretton-Woods con un conseguente aumento della volatilità dei
tassi di cambio delle monete; e proprio in questi anni si osserva come alcune fonti di
energia possano essere, per il mercato, componenti molto imprevedibili e altamente
volatili in seguito alle gravi crisi petrolifere.
In questo contesto caratterizzato dall’incertezza, si sentì l’esigenza di cercare
strumenti che potessero permettere agli investitori di gestire e limitare la cresciuta
rischiosità.
3
Cfr. Embrechts, P. (2002)
4
Cfr. Steinherr, A. (1998).
5
Con il passare degli anni questa legge ha subito delle modificazioni (precisamente nel 1999), in
modo tale da eliminare le precedenti restrizioni, diventate, ormai, inadeguate .
Capitolo primo - Controllo del rischio e profili di regolamentazione prudenziale
9
Di notevole importanza furono i lavori di Fisher Black, Myron Scholes e Robert
Merton: furono fatte grandi conquiste per quel che riguarda lo studio di strumenti
derivati, come la formula di Black & Scholes utilizzata per l’option pricing. Senza
dubbio il Value-at-Risk (VaR) si è fin da subito rilevato uno strumento di primaria
importanza in questo ambito .
La nascita del VaR risale alla fine degli anni ottanta; questa metodologia veniva
impiegata dalle maggiori compagnie finanziarie nelle loro operazioni di risk
management, attraverso l’elaborazione di propri prodotti. Nell’ottobre del 1994
J.P.Morgan pubblicò il suo metodo di stima del VaR, RiskMetrics , poi Chase
Manhattan produsse “Charisma” e successivamente anche società non finanziarie
come Veba e Siemens si cimentarono nell’impiego delle tecniche di calcolo del VaR
per mettere in rilievo la propria esposizione al rischio di mercato stimando e
monitorando la rischiosità dei loro cashflow
6
.
Solo recentemente la crisi che ha investito i mercati asiatici ha peraltro evidenziato
l’inadeguatezza del VaR nel valutare l’impatto di forti fluttuazioni simultanee degli
indici di riferimento, mentre altri approcci, basati su diversi presupposti concettuali
e teoricamente meno efficienti ( disaster scenario) hanno fornito migliori risultati.
Ciò ha posto in evidenza che gli strumenti attualmente disponibili non sempre hanno
raggiunto una adeguata maturità.
Pur con tali limiti, si può comunque ritenere che lo sviluppo dei sistemi di controllo
del rischio di mercato costituisca un elemento che contribuisce alla stabilità degli
6
Cfr. Khindanova et al.(2000).
Capitolo primo - Controllo del rischio e profili di regolamentazione prudenziale
10
intermediari finanziari che operano in un contesto caratterizzato da frequenti e
impreviste situazioni di crisi e da un tumultuoso processo evolutivo.
7
Il risk management non costituisce una novità assoluta per la maggior parte delle
imprese, tuttavia, la sua rilevanza è cresciuta negli ultimi anni. A sottolinearlo sono
alcuni dati provenienti da una recente ricerca condotta da due società statunitensi,
MMC Entreprise Risk ed Economist Intelligence Unit, che indicano che solo il 15%
delle aziende dispone di sistemi per la valutazione mentre il 43% ritiene di dotarsi di
questi sistemi entro i prossimi tre anni
8
. Ad accelerare, probabilmente, questa
tendenza sarà l’urgenza, particolarmente sentita in un momento di recessione come
quello attuale, delle grandi aziende di cautelarsi a fronte di condizioni instabili dello
scenario competitivo. In tale contesto, sono stati compiuti degli sforzi per sviluppare
dei metodi e dei sistemi di misurazione delle performance finanziarie, tenendo conto
anche della rischiosità, cercando di elaborare standard comuni per la misurazione del
rischio e per una stima migliore del profilo rischio/rendimento degli strumenti
finanziari. Nascono, così, metodi alternativi per la gestione del rischio come ad
esempio l’ Extreme Value Theory
9
.
7
Cfr. G.Szegő e F. Varetto (1999).
8
Fonte:”newsletters NOV/DIC2002ITA. SAS. COMVII/6 “da www.sas.com
9
Cfr. Embrechts P. et al.(1997).
Capitolo primo - Controllo del rischio e profili di regolamentazione prudenziale
11
1.3 Alcune tipologie di rischio
Gli intermediari finanziari sono, per loro natura, esposti ad una molteplicità di
rischi, nel nostro caso ci soffermeremo in maniera particolare soltanto su
determinate macro-classi di rischio che si prestano particolarmente al contenuto e
agli strumenti che si andranno ad esaminare nei capitoli seguenti.
Le macro-classi di rischio sono:
o Il rischio di mercato
o Il rischio di credito
o Il rischio operativo
o Il rischio assicurativo
1.3.1 Il rischio di mercato
Il vorticoso sviluppo dei mercati finanziari negli ultimi decenni, e in
particolare lo sviluppo dei mercati dei contratti derivati ha modificato radicalmente
il modo di intendere l’attività di valutazione e gestione del rischio. Del resto, il
coinvolgimento sempre più massiccio degli intermediari finanziari, nell’operatività
dei mercati dei contratti derivati, ha avuto effetti profondi su tutta l’attività di
intermediazione.
Il poter operare sui contratti derivati ha permesso agli intermediari finanziari di
poter:
1. agire tempestivamente sulla trasformazione delle scadenze;
2. offrire servizi di gestione del rischio a risparmiatori e investitori.
Capitolo primo - Controllo del rischio e profili di regolamentazione prudenziale
12
E’ per questo motivo che oggi utilizziamo il concetto più generale di rischio di
mercato, per indicare l’effetto di fluttuazioni dei mercati di vario genere sulle
prospettive di guadagno e perdita nell’attività di intermediazione .Tecnicamente, il
concetto di rischio di mercato è l’espressione del rischio connesso ad eventi legati a
movimenti avversi delle variabili finanziarie del mercato a seguito di una operazione
finanziaria . Nella sua accezione più ampia il rischio di mercato è riconducibile a una
fluttuazione di prezzo
10
.
L’operare nei mercati dei contratti derivati, data l’elevata volatilità che li
caratterizza, ha spinto alla ricerca di nuovi strumenti di misurazione del rischio.
Diventano, dunque, fondamentali la probabilità di osservare movimenti avversi del
mercato e il tempo necessario a smobilizzare la posizione se questi movimenti si
verificano.
Prima degli anni ’90 il panorama delle tecniche di valutazione dei rischi finanziari
era notevolmente diverso da quello incontrato oggi nelle unità di controllo del
rischio, e si teneva in forte considerazione l’attività di trasformazione delle scadenze,
cioè l’attività di raccolta di fondi su scadenze diverse da quelle di impiego.
Da qui i concetti di :
o maturity mismatching (disallineamento delle scadenze): una variazione dei
tassi influenza il differenziale tra flussi di interesse attivi e passivi
dell’intermediario;
o duration mismatching (disallineamento della durata media finanziaria): una
piccola variazione dei tassi modifica il valore di mercato delle attività in
misura diversa rispetto alla variazione di valore delle passività.
10
Ogni attività finanziaria , sia riferita al mercato valutario, o a quello dei tassi di interesse, al mercato
dei titoli di capitale o dei titoli derivati o, a quello delle merci , è esprimibile in termini di prezzo e la
variazione del suo valore è influenzata dall’andamento dei fattori di rischio del mercato di riferimento.
Capitolo primo - Controllo del rischio e profili di regolamentazione prudenziale
13
I concetti di maturity/duration mismatching sono costruiti sulla base di un’ipotesi di
scenario sullo sviluppo futuro della curva dei rendimenti. L’idea è quella di misurare
l’effetto di questa evoluzione dei tassi d’interesse rispetto ad una posizione di
matching perfetto. Questa situazione di matching perfetto è collegata in maniera
diretta al concetto di immunizzazone finanziaria
11
.
A partire dagli anni ’90 è stato introdotto il concetto di Value-at-Risk (VaR).
Il VaR fornisce risposta alla domanda :”di quanto capitale abbiamo bisogno per
avere una buona probabilità di resistere a movimenti avversi del mercato nel tempo
necessario a smobilizzare la posizione?”.
La differenza con gli approcci basati sui concetti di disallineamento di scadenze e
duration dell’attivo e del passivo consiste nell’introduzione di un altro concetto: la
probabilità.
Questo concetto diventa indispensabile per dare una stima in termini quantitativi del
capitale necessario a sostenere una posizione di disallineamento, e quindi ci
permette di determinare i mezzi liquidi da accantonare per far fronte ad eventuali
movimenti avversi del mercato. Sotto questo profilo il Value-at-Risk può essere
ricondotto a quello del “margine”
12
nell’operatività dei mercati dei contratti derivati .
11
Cfr. De Felice M., Moriconi F. (1991).
12
Il broker ci chiede a titolo di cauzione un deposito di titoli con elevato grado di liquidità (moneta o
titoli di stato), noto come margine, in modo da poter garantire che eventuali perdite sulla posizione su
un lasso di tempo necessario a chiudere la posizione stessa vengono assorbite da tale margine .
Capitolo primo - Controllo del rischio e profili di regolamentazione prudenziale
14
1.3.1.1 L’insieme dei rischi di mercato
Nell’ambito del rischio di mercato possiamo individuare alcune sotto-tipolgie
particolarmente significative :
o rischio su azioni
o rischio di tasso
o rischio di cambio
o basis risk
Il rischio su azioni è associato alla gamma di prodotti riferiti a titoli azionari e indici
di mercato. A seconda del tipo di informazione che vogliamo rappresentare sui rischi
del portafoglio azionario possiamo limitare l’analisi alle fluttuazioni complessive del
prezzo di ogni singola azione, oppure possiamo scomporre tali fluttuazioni
utilizzando le tecniche APT e CAPM
13
.
Il rischio di tasso è rappresentato dall’incertezza associata all’andamento dei tassi di
interesse ed è misurato dall’impatto che tale andamento ha sui flussi di cassa e sul
valore di mercato delle attività e passività.
Il rischio di cambio è rappresentato dal rischio associato a una posizione in divisa
estera per effetto di movimenti sfavorevoli nei cambi.
Il basis risk è il rischio connesso all’uso di prodotti derivati utilizzati per coprire
posizioni in prodotti primari.
13
APT-Arbitrage Pricing Theory, Cfr. Ross S.A.(1976); CAPM-Capital Asset Pricing Model , Cfr.
Sharpe W.F (1992).