ξ I beni del trust costituiscono una massa distinta e non fanno parte del
patrimonio del trustee;
ξ I beni del trust sono intestati a nome del trustee o di un’altra persona
per conto del trustee;
ξ Il trustee è investito del potere e onerato dell’obbligo, di cui deve
rendere conto, di amministrare, gestire o disporre di beni secondo i
termini del trust e le norme particolari imposte dalla legge;
ξ L’atto costitutivo deve contenere la nomina del trustee e specificare
la durata del trust. Inoltre è necessario che al trustee venga trasferito
il bene o l’insieme dei beni che devono formare il trust fund. Infatti i
beni che costituiscono il trust fund non fanno più parte del
patrimonio del disponente (settler) ed entrano in quello del trustee
senza però confondersi con questo.
La tipologia di trust che viene qui in considerazione rientra nell’ambito dei
c.d family trusts. Per mezzo di tali strumenti giuridici, il disponente è in
grado di pianificare inter vivos, la trasmissione delle proprie sostanze, con
effetti post mortem, a garanzia del mantenimento dell’unità del patrimonio
familiare o del soddisfacimento del bisogno di un soggetto
economicamente debole, quale potrebbe essere appunto il convivente
superstite.
Il meccanismo del trust, così come descritto nell’art. 2 della Convenzione
dell’Aja, si basa sul trasferimento, da parte del costituente ( settlor),
persona fisica o giuridica, ad un fiduciario ( trustee), anch’egli persona
fisica o giuridica, di determinati beni, affinché quest’ultimo li amministri o
nell’interesse di un beneficiario o per un fine specifico, secondo quanto
disposto nell’atto costitutivo del trust ed eventualmente sotto la vigilanza di
un custode ( protector ). La particolarità del trust fund, stabilita
inderogabilmente dalla medesima convenzione (art. 11), è che i beni
trasferiti formano una massa ben distinta dal patrimonio personale del
trustee, non essendo aggredibili dai suoi creditori, neppure in caso di
fallimento, e non ricadendo né nel suo regime matrimoniale, né nella sua
successione. Il mantenimento di questa condizione di separazione è
assicurato poi, dall’attribuzione al costituente di un’azione reale diretta a
recuperare i beni fraudolentemente alienati dal fiduciario, in violazione
degli obblighi imposti nell’atto di costituzione.
1
Il beneficiario, d’altra parte, vanta unicamente un diritto di credito alla
percezione delle rendite di questo patrimonio separato
2
: si pensi al
convivente more uxorio, in relazione alle somme che il fiduciario sia
incaricato di corrispondergli periodicamente dopo la morte del disponente.
Un’applicazione fruttuosa del trust in favore del partner, peraltro, può
immaginarsi anche con riferimento alle ipotesi, precedentemente
esaminate
3
, del contratto di assicurazione sulla vita o di deposito bancario.
La designazione di un fiduciario quale beneficiario della polizza sulla vita,
infatti garantisce il settlor che l’arricchimento del beneficiario del trust
avvenga attraverso la corresponsione di utili prodotti in forza di un’oculata
1
V., per tutti, G. CAPOZZI, Successioni e donazioni, I, 2ª edizione, Milano, 2002, p.
391ss. Appare evidente la profonda differenza tra il trust e il pactum fiduciae, in forza
del quale il fiduciario acquista la piena proprietà del bene trasferitogli e, se ne dispone
in violazione del patto, sarà soltanto tenuto al risarcimento per i danni verso il
beneficiario. Sul punto, cfr. G. BONILINI, Manuale di diritto ereditario e delle
donazioni, Torino, 2000, p.23.
2
A. PALAZZO, Le donazioni indirette, in La donazione, I, p. 144.
3
V. sopra, cap. 3.3., p. 44ss.
amministrazione delle somme dovute dall’assicuratore. Potrebbe altresì
prevedersi l’intestazione di un deposito bancario ad un bare trustee, a
beneficio prima del disponente, e poi del partner superstite di quest’ultimo.
Laddove il convivente non sia l’unico beneficiario del trust, ma sia
contemplato come membro della famiglia di fatto che il settlor vuole
tutelare, è ipotizzabile il ricorso ad un trust caratterizzato da un’ampia
discrezionalità del fiduciario, in relazione ai mutamenti della circostanze
originariamente previste. Le finalità conseguibili dal settlor, in tale ipotesi,
spaziano dalla corresponsione, finché duri il trust, soltanto di un reddito a
quei soggetti che non diano garanzie di saper gestire il capitale,
all’attribuzione anticipata, in caso di necessità, di uno di essi, di una quota
del patrimonio, alla distribuzione di quanto ricavato dal fiduciario dopo la
conversione del patrimonio in denaro.
4
Per tutte le caratteristiche evidenziate, l’istituto è apparso una valida
alternativa al testamento, in quanto lo strumento in parola palesa la sua
superiorità rispetto ad altre forme di tutela esaminate, rivelandosi assai
efficace ai fini della trasmissione della ricchezza individuale; questa
superiorità deriverebbe, dallo schema estremamente lineare e semplice
della figura.
5
4
V. C. COPPOLA in La successione del convivente more uxorio, op. cit., p. 738.
5
V. A. SPADAFORA, Rapporto di convivenza more uxorio e autonomia privata, op.
cit.,cap.6, p.250.
La dottrina sembra inoltre essere ormai concorde nell’ammettere la
compatibilità del trust con il divieto dei patti successori,
6
anche se a prima
vista l’assetto di interessi predisposto dal settlor sembrerebbe dar luogo ad
un patto successorio di tipo istitutivo; senza poi contare i rischi connessi
all’eventualità di una violazione dell’art. 692 c.c., per la previsione di una
sostituzione fidecommissaria non consentita dalla norma.
Ma, è l’esame delle caratteristiche strutturali del trust a risolvere ogni
dubbio circa la sua idoneità ad assolvere validamente ad una funzione
parasuccessoria all’interno del nostro ordinamento.
7
Per un verso, infatti, si rileva come la struttura ed il meccanismo dei patti
istitutivi siano difficilmente assimilabili alla struttura e al meccanismo del
trust, considerato che:
a) Quest’ultimo non si basa sull’accordo tra il de cuius ed il soggetto
destinatario dell’attribuzione mortis causa (sia essa a titolo di eredità
o di legato), ma dà luogo solitamente ad una vicenda unilaterale;
b) Mentre il patto istitutivo presuppone che l’oggetto della disposizione
faccia parte dell’asse ereditario, nel trust i beni fuoriescono
definitivamente dal patrimonio del settlor;
c) Se non altro nelle ipotesi di living trust ( in cui il disponente non
perde la disponibilità del patrimonio, in quanto è egli stesso il
beneficiario, per l’intera durata della vita, riservandosi il potere di
disporre della parte residua a vantaggio del beneficiario finale, che
egli può comunque revocare o modificare in qualunque momento),
6
V. A. SPADAFORA, op. cit., p.250, e E. MOSCATI, in Rapporti di convivenza e
diritto successorio, op.cit. p. 152.
7
V. A. SPADAFORA, op. cit., p.251.
non si ha alcuna incidenza sulla libertà testamentaria, la cui pienezza
il legislatore intende salvaguardare proprio attraverso la disposizione
dell’art. 458 c.c.
Bisogna inoltre aggiungere che non è nemmeno ravvisabile una
violazione del divieto di disporre mortis causa del proprio patrimonio
con un mezzo diverso dal testamento (cfr. art. 457 c.c.), perché –come
detto– nel trust i beni non rientrano nell’asse ereditario, avendone il
settlor ceduto la titolarità in via definitiva e per atto inter vivos al
trustee, il quale sarà tenuto ad amministrarli, separatamente dal proprio
patrimonio personale, al fine di assicurare le aspettative del destinatario
finale dell’attribuzione. Ciò avvalora la tesi dell’estraneità della figura
alla vicenda mortis causa.
Per altro verso, è da notare come il trust non rappresenti affatto un
fidecommesso. Lo testimonia la circostanza che nella sua struttura non
è ravvisabile una doppia istituzione ed un vincolo di conservare e
restituire, che appaiono elementi indefettibili di qualsivoglia
sostituzione fidecommissaria.
8
8
V. A. SPADAFORA, Rapporto di convivenza more uxorio e autonomia privata, op.
cit., p.252.
CASO PRATICO: come garantire in concreto la tutela successoria del
convivente more uxorio.
Nell’analisi degli altri paesi europei è stato osservato come i conviventi
possano usufruire di una disciplina di legge specifica che si occupi di
regolamentare il rapporto di convivenza. In Francia, due partner, sia
omosessuali che eterosessuali, possono utilizzare il PACS; in Germania,
due persone dello stesso sesso hanno la possibilità di conferire una veste
legale alla loro unione e regolarne i vari aspetti, patrimoniali e non, con le
legge sulle convivenze registrate.
In Italia, come detto, non esiste una legge che regoli appositamente la
convivenza more uxorio e la tutela successoria del convivente può essere
garantita solo da interventi settoriali, giurisprudenziali e legislativi, o
facendo riscorso ai principi di diritto comune.
Nei capitoli precedenti sono stati analizzati in astratto i diversi strumenti
che l’ordinamento italiano predispone per tutelare il partner superstite.
Ritengo opportuno provare ad applicarli ad un ipotetico caso concreto.
Immaginiamo una famiglia di fatto cosi composta
9
:
9
v. pag. seguente.
ξ Vedovo con pensione di
reversibilità
ξ Vedova con pensione di
reversibilità
ξ Lavoratore autonomo ξ Beneficiaria di pensione di
anzianità
ξ Due figli avuti dal precedente
matrimonio; uno indipendente
economicamente, l’altro no, in
quanto studente
ξ Un figlio dal precedente
matrimonio, indipendente
economicamente
Supponiamo che i due conviventi decidano di regolamentare gli aspetti
patrimoniali della loro unione, sia per il periodo in cui ambedue sono in
vita, sia per il momento i cui uno o entrambi avranno cessato di vivere.
Preciso che la casa in cui abitano risulta di proprietà del convivente A,
Tizio, e che il convivente B, Caia, ha partecipato economicamente,
provvedendo all’acquisto di gran parte dei mobili e suppellettili che la
corredano.
Convivente A
(Tizio)
Convivente B
(Caia)
Organizzazione della vita in comune, con entrambi i partner in vita:
I due partner potrebbero stipulare un contratto di convivenza all’interno del
quale inserire le clausole relative alle modalità di contribuzione e alla
gestione delle problematiche della vita in comune. Potrebbero ad esempio
stabilire le reciproche quote di contribuzione ai costi del ménage
quotidiano, in proporzione alle rispettive sostanze economiche; stabilire
che gli eventuali acquisti effettuati i comune durante il rapporto di fatto,
sono da ritenersi di proprietà comune e che in caso di cessazione della
relazione verranno divisi a metà.
Oltre al contratto di convivenza, sarebbe utile l’apertura di un conto
corrente bancario cointestato
10
alla cui creazione e successiva integrazione
dovrebbero provvedere periodicamente in proporzione ai rispettivi redditi
(ad es, ogni mese Tizio deposita sul conto € 500 e Caia € 200). Detto conto
corrente potrebbe poi essere diviso a metà, o in proporzione ai contributi
effettuati, in caso di eventuale rottura della convivenza. All’interno del
contratto di convivenza sarebbe possibile apporre la clausola che, in caso di
eventi di particolare gravità (ad es, una malattia improvvisa, con
conseguente necessità di ricovero ospedaliero), ciascun partner possa
prelevare denaro dal conto corrente in comune per le spese necessarie.
Sempre in caso di eventi di particolare gravità, sarebbe utile prevedere una
procura generale, in modo che ciascun partner possa avere voce in capitolo
qualora dovessero essere prese decisioni importanti in relazione all’altro.
10
V. sopra, p. 51.
Come regolare in concreto gli aspetti successori :
Innanzitutto i due partner potrebbero redigere testamenti reciprocamente
tutelanti, all’interno dei quali regolare le vicende successorie, con rispetto
delle quote di legittima. In particolare, dovrà essere tutelata Caia, in caso
di morte di Tizio, per quanto riguarda il diritto di abitazione nella casa
“parafamiliare”. Sarà pertanto opportuno prevedere un legato di abitazione
11
, con cui stabilire che Caia conserverà il diritto di risiedere nella casa i cui
hanno convissuto anche per il periodo successivo alla morte di Tizio. Ciò
eviterà che gli eredi del de cuius pretendano di avere solo per se il diritto di
abitare nella casa e che costringano il partner superstite ad abbandonarla.
Caia provvederà a sancire nel testamento da lei redatto che alla sua morte, i
mobili che arredano la casa da lei acquistati rimangano nell’abitazione; ciò
eviterà che il figlio di lei pretenda di impossessarsene e trasferirli altrove.
Nei rispettivi testamenti sarebbe saggio destinare una piccola somma per il
pagamento delle spese funerarie di ciascun convivente; ad es, Caia
potrebbe decidere di riservare € 3000 per l’organizzazione del funerale di
Tizio, che farà altrettanto nel redigere le sue ultime volontà. Oppure i
conviventi potrebbero pattuire, con una disposizione testamentaria, che le
spese funerarie siano a carico dei rispettivi figli maggiorenni,
economicamente autonomi.
11
V. sopra, p. 64.
Per quanto riguarda i figli, che sono tre, abbiamo ipotizzato che due sono
indipendenti economicamente, mentre uno (figlio di Tizio) non lo è ancora,
in quanto studente all’ultimo anno delle superiori. In caso di morte di Tizio,
chi provvederà al mantenimento di suo figlio? Suggerirei pertanto a Tizio
di ricorrere allo strumento del trust
12
. Egli potrebbe consegnare al
fiduciario (trustee) una somma di denaro da amministrare e da destinare al
mantenimento del figlio e al pagamento dei suoi futuri studi universitari. Il
fiduciario potrebbe essere una terza persona, o l’altro figlio
economicamente indipendente, o, ancora, la compagna superstite.
Al fine di garantire il mantenimento del partner superstite, ciascun
convivente potrebbe poi stipulare un contratto di assicurazione sulla vita
13
,
designando l’altro quale beneficiario dei vantaggi da esso derivanti.
In caso di morte di entrambi i conviventi, la proprietà della residenza
familiare spetterà ai due figli di Tizio, che dovrà avere però l’accortezza di
predisporre nel suo testamento un legato con cui garantire al figlio di Caia
il diritto di continuare ad abitare nella casa familiare. Per le spese funerarie
e il mantenimento del figlio non indipendente economicamente di Tizio
vale quanto detto precedentemente (testamento, trust).
12
V. sopra, cap. 3.7, p. 72
13
V. sopra, p. 47.
STRUMENTI ALTERNATIVI AL TESTAMENTO; CASISTICA.
Nella elencazione dei vari strumenti elaborati a salvaguardia del convivente
more uxorio vengono in considerazione quegli atti definiti come negozi tra
vivi post mortem, tra i quali viene innanzitutto in considerazione il
contratto di donazione, che sembrerebbe essere uno dei modi migliori per
soddisfare l’interesse del beneficiario.
14
Esso si caratterizza, a differenza
del testamento, per essere un atto essenzialmente irrevocabile, ad eccezione
delle ipotesi, peraltro, peraltro piuttosto infrequenti, dell’ingratitudine e
della sopravvenienza di figli ex art. 800 c.c.
15
Inoltre, l’effetto principale della donazione consiste nello spoglio
immediato del diritto trasferito, in capo al donante e a favore del donatario.
Questo effetto può essere, almeno in parte evitato per mezzo della
donazione con riserva di usufrutto sul bene donato, come concesso dall’art.
796 c.c., la cui validità è fuori discussione. Il donatario, inoltre, è tenuto a
prestare al donante gli alimenti qualora versi in stato di bisogno, con
precedenza su ogni altro obbligato ( art 437 c.c.).
Ferma restando l’impossibilità di subordinare gli effetti del contratto alla
morte del disponente, se non ricadendo in una donatio mortis causa, ossia
in un patto istitutivo gratuito senz’altro vietato, è dubbio se la liberalità
14
V. G. OBERTO, I regimi patrimoniali della famiglia di fatto, Milano, 1991, cap. 4, p.
300, e C. COPPOLA, La successione del convivente more uxorio, op. cit., p.725.
15
G. BONILINI in Il mantenimento post mortem del coniuge e del convivente more
uxorio, op.cit., p. 8., sostiene che vi sia ingratitudine anche nel caso in cui il donatario si
sia reso colpevole di ingiuria grave verso il donante ex art. 801 c.c, e rammenta a
proposito una sentenza in cui si ravvisavano questi estremi nella circostanza che un
coniuge separato, donatario, aveva instaurato un nuovo legame sentimentale con
modalità ingiuriose verso l’altro coniuge.
possa essere sottoposta alla condizione della morte (si moriar) o della
premorienza (si premoriar) del donante. Sul punto, un consolidato
orientamento della giurisprudenza di legittimità si è da tempo espresso in
senso favorevole, per il fatto che l’evento della morte non rientrerebbe, in
questi casi nel congegno causale, rimanendo solo un elemento accidentale
del negozio
16
. Tuttavia sembra preferibile
17
considerare nulle anche siffatte
donazioni, perché sostanzialmente compiute in frode alla legge (art. 1344
c.c.).
Secondo alcuni
18
, sembra possa escludersi invece che ricada nel novero dei
patti successori la donazione con clausola di premorienza del donatario, nel
qual caso, appunto, la donazione si risolverà. In questa ipotesi , pertanto il
donante riotterrà la disponibilità di quanto donato ( o di quanto ne rimanga
), evitandosi che il medesimo passi ai successori del donatario, ed è proprio
questo il risultato genuino che si vuole conseguire con il contratto di
donazione così congegnato. La non configurabilità della suddetta
donazione come patto successorio dipende dal fatto che essa realizza subito
l’effetto traslativo, risolubile solo se il donatario premuore al donante. Va
ricordato però che, rispetto a questo congegno, alcuni avanzano il sospetto
della nullità per fraus legis, ai sensi dell’art. 1344 c.c.
19
16
In tal senso, Cass. 6 marzo 1950, n. 576, in Mass. Foro it., 1950, c. 127; Cass. 21
gennaio 1959, n. 140, in Foro. it., 1959, I, c. 580; Cass. 9 luglio 1976, n. 2619, in Mass.
Foro it., 1976, c. 549
17
Come sostengono C. COPPOLA in La successione del convivente more uxorio, op.
cit., p.725ss., e G. OBERTO in I regimi patrimoniali della famiglia di fatto, op. cit.,
cap. 4, p.301ss.
18
V. G. BONILINI, Il mantenimento post mortem del coniuge e del convivente more
uxorio, op.cit., p. 9.
19
V. G. BONILINI, Il mantenimento post mortem del coniuge e del convivente more
uxorio, op.cit., p. 9.
Le Donazioni indirette
Molto più vasto e complesso è il campo delle donazioni indirette, “
territorio veramente fertile al fine di assicurare il mantenimento al
convivente superstite ”.
20
E’ opportuno rilevare che esse conoscono una
sorte non dissimile da quella prospettata per le donazioni tout court, in
quanto anch’esse sono caratterizzate dalla perdita immediata, o potenziale
di un diritto e alla possibile sottoposizione delle stesse all’azione di
riduzione dei legittimari del donante (art.809 c.c.), nonché alla revocabilità
delle stesse per ingratitudine o per sopravvenienza di figli.
Tra le donazioni indirette occupa un posto di rilievo il contratto a favore di
terzo con prestazione da eseguirsi dopo la morte dello stipulante previsto
come figura generale dall’art 1412 c.c. Il citato articolo prevede infatti che
se la prestazione deve essere compiuta a seguito del decesso dello
stipulante, questi può revocare il beneficio anche con una disposizione
testamentaria anche se il terzo ha dichiarato di volerne profittare (salvo che,
in quest’ultimo caso, lo stipulante abbia rinunciato per iscritto allo ius
poenitendi).
20
Così G. BONILINI, op.cit., p. 9ss., e G. OBERTO in I regimi patrimoniali della
famiglia di fatto,op. cit., cap. 4, p.308ss.
La più nota esemplificazione del contratto a favore di terzo, al fine di
garantire il mantenimento del partner superstite, è certamente il Contratto
di assicurazione sulla vita a favore di un terzo, disciplinato in modo
specifico dall’art. 1920ss c.c.
21
Secondo il meccanismo in questione, uno
dei conviventi potrebbe stipulare un contratto di assicurazione sulla propria
vita, designando l’altro quale beneficiario dei vantaggi da esso derivanti.
In base al disposto dell’art. 1921. comma 2 c.c. Questa soluzione si rivelerà
più efficace e sicura se lo stipulante dichiarerà per iscritto di rinunziare al
potere di revoca del beneficio e se il terzo dichiarerà contestualmente di
profittare. Queste manifestazioni di volontà andranno poi comunicate per
iscritto all’assicuratore ex 1921. comma 2 c.c.
22
Va sottolineato come la
fattispecie da ultimo indicata abbia tradizionalmente dato luogo ad un
ampio e vivace dibattito dottrinario, inteso a risolvere il problema se
attraverso uno schema contrattuale del genere si venga o meno a realizzare
una disposizione mortis causa, ossia un atto a causa di morte che aggiri il
divieto dei patti successori.
21
Un certo orientamento dottrinale ritiene preferibile qualificare il contratto a favore di
terzo con prestazione da eseguirsi dopo la morte dello stipulante come negozio
cosiddetto trans mortem, caratterizzato dalla revocabilità dell’attribuzione patrimoniale,
in ciò distinguendosi quindi dai negozi con effetti post mortem.
22
In ogni caso, la rinuncia non può avere effetto e, conseguentemente, la designazione
del beneficiario è sempre revocabile nonostante patto contrario, se la designazione del
beneficiario è fatta con testamento(v. PALAZZO, I negozi trans-mortem nell’ambito
familiare, p.94).