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pseudo allucinazioni, non vere allucinazioni) ma è “la costante capacità di indurre
stati di percezione, pensiero e sentimento alterati che non possono essere vissuti in altro modo
a parte nei sogni o nella esaltazione religiosa” (Jaffe 1990).
Per ritornare alle piante psichedeliche, è in dubbio che esse siano tra le piante
più interessanti e affascinanti che conosciamo, e il loro studio ha importanti
riscontri in molti campi del sapere, dall’antropologia alla psicologia, dalla
neuro-biologia alla farmacologia e alla storia delle religioni.
L’uso di queste piante è stato associato alla nascita e allo sviluppo delle grandi
religioni antiche, all’espressione della spiritualità e del senso del sacro. La loro
capacità di alterare profondamente le percezioni e i pensieri è stato uno
stimolo per la ricerca sulle basi biologiche della coscienza.
Nessuno sembra ricordarsi che prima che l’LSD e altre sostanze psichedeliche
venissero bandite (sulla scorta non di dati tossicologici ma di valutazioni
politiche di fronte al movimento giovanile di fine anni sessanta), dal 1950 e
per più di 15 anni queste sostanze furono oggetto di studi da parte di istituti di
ricerca e psichiatri individuali, con la produzione di 1000 articoli scientifici,
40000 casi clinici, varie decine di libri e sei conferenze internazionali.
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Purtroppo, non è possibile dare conto dei risultati di queste ricerche ma basti
citare i campi di studio più importanti:
1. Psicotomimesi: studio sulle basi biologiche e neurologiche della
schizofrenia e sul possibile contributo delle sostanze allora definite
psicotomimetiche nella comprensione dei meccanismi della patologia.
2. Psicoterapia: gli allucinogeni furono usati come sostegno alla
psicoterapia, sia negli USA come terapia psichedelica (dosaggio elevato
in un’unica sessione pianificata meticolosamente), sia in Europa come
terapia psicolitica (dosi moderate e in crescendo durante varie sessioni)
3. Misticismo sperimentale: l’ LSD fu utilizzato per esplorare gli effetti
sulla mente e sulla coscienza, per capire l’importanza degli allucinogeni
nella creazione di esperienze mistiche di origine chimica che possono
essere state alla base di molte religioni.
4. Alcolismo: lo stesso Bill Willson, co-fondatore dell’associazione
“Alcolisti Anonimi”, fu all’inizio entusiasta degli effetti degli
allucinogeni che sembravano in grado di ricreare l’esperienza forte,
illuminante, vissuta da molti alcolisti nel momento dell’abbandono
dell’alcol.
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5. Supporto eutanatogenico nei malati terminali: presso il Maryland
Psychiatric Center dello Spring Groove Hospital di Catonsville, il
gruppo di Albert Kurland, William Richard e Walter Pahnke dal 1967
lavorò sul programma di esperienza psichedelica mistica nei malati di
cancro terminali, che permise a molti dei pazienti di sopportare il
dolore con minor uso di narcotici, di superare la paura della morte e di
riappacificarsi con l’esperienza della malattia.
Tutte le piante allucinogene, tra cui i funghi Psilocybe che tratterò in questo
lavoro, contengono tutte principi attivi che appartengono alla stessa classe, gli
alcaloidi, con forte predominanza della classe indolica.
Il meccanismo d’azione degli allucinogeni triptaminici fenetilaminici è basato
sul legame con i recettori serotoninici 5-HT2 e 5-HT1 come vedremo in
seguito.
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CENNI STORICI ED ETNOMICOLOGIA
I funghi allucinogeni hanno un'esistenza lunga esattamente quanto quella
dell'umanità. Sono state trovate rappresentazioni antiche di umanoidi dalla
testa di fungo, nelle caverne del Sahara. Gli Shaban siberiani usano ed
usavano “fly agarics” (Amanita Muscaria) “per illuminare il sentiero verso il
mondo degli spiriti”. Nell'America Centrale e Meridionale l'uso dei funghi
psilocibini, (ed altri allucinogeni),
era molto diffuso e durò fino
all'arrivo degli Spagnoli e la
conseguente diffusione della Fede
Cattolica che proibì l'uso di quelle
sostanze.
Il culto del fungo sacro “hongo
sagrado”, che gli Aztechi
chiamavano “teonanacatl” (carne degli dèi) e i Mazatechi dello stato di Oaxaca
ancora oggi definiscono “T-ha-na-sa” o “To-shka” (fungo intossicante), appare
diffuso su gran parte del territorio messicano centro-meridionale dall'epoca
formativa e classica (100 a.C.-300 d.C.).
Figura 1: Mazatechi preparano i funghi (Psilocybe
Mazatecorum) per l’essicazione.
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Popolazioni come i Chinantechi, i Mije, gli Zapotechi, i Miztechi dell'Oaxaca;
i Nahua e gli Otomi del Puebla; i Tarascana del Michoacan usano e venerano
ancora oggi questa pianta, come facevano i loro antenati. Sull'efficacia
curativa del fungo, che costituisce uno dei fitoterapici forse più usati e diffusi
nella storia dell'umanità, si sa ancora poco o quasi nulla. La combinazione di
aspetti magico-sacrali e curativi nell'uso rituale della Psilocybe presso parecchi
popoli del Messico antico e contemporaneo, costituisce tuttavia un
formidabile esempio di pratica medica olistica, capace di integrare la
dimensione psicologica, mistica e fisiologica della guarigione.
Sull'uso rituale dell'”hongo sagrado” da parte delle popolazioni mesoamericane in
età pre-ispanica, troviamo notizia nei “relatos” di cronisti e storici spagnoli
dell'era immediatamente posteriore alla Conquista. Le testimonianze di
quest'epoca, per lo più ad opera di frati o ecclesiastici, sono fortemente
critiche verso l'uso di queste sostanze, considerate diaboliche, perché collegate
alla perdita della coscienza e alle allucinazioni.
Miguel Hernandez, medico personale e naturalista di Filippo II di Spagna,
nella sua “Historia Plantarum Novae Hispaniae” scriveva: “…i funghi causano
una sorta di pazzia… a volte durevole, di cui il sintomo è una specie di riso incontrollato.
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Di solito chiamati teyhuintli, questi (funghi) sono giallo intenso, aspri e non sgradevoli se
freschi. Ce ne sono ancora altri che, senza indurre il riso, portano alla luce ogni sorta di
visione, come guerre e apparenze di demoni. Ancora altri non meno richiesti dai potenti per
le loro feste e banchetti, sono considerati di gran valore. Vengono ricercati con veglie
notturne, terribili e terrificanti. Questo tipo è bruno e alquanto aspro…”
Per circa quattrocento anni non si seppe quasi nulla in Occidente dei culti
mesoamericani, a causa dell'opera di cancellazione delle usanze locali condotta
dai padri cristiani.
Un botanico americano di nome Safford suppose, nel 1915,
l'identificazione del “teonanacatl” con il “peyote”, un cactus allucinogeno usato
ancora oggi in rituali medico-religiosi presso i popoli Huichol e Tarahumari.
La sua tesi era che i Nativi camuffavano il cactus, presentandolo come un
fungo, per renderlo più accettabile agli occhi degli occidentali.
Un altro etno-botanico americano, Richard Evans Schultes, fu il primo
occidentale a partecipare a una “velada” (rito sacrale) a Huautla de Jimenez,
nello stato di Oaxaca, nel 1937. Da allora in poi, la fama del culto attrasse
sempre più numerosi visitatori occasionali, studiosi e viaggiatori da ogni parte
del mondo.
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Figura 2: Maria Sabina con Roger Wasson
nel 1955 a Huautla, quando la sciamana
rivelò il culto ed il potere dei funghi agli
stranieri, rivelazione di cui si pentì
amaramente, fino a morire di alcolismo,
accusando Wasson di averla imbrogliata.
Nel 1953, un ex-bancario, poi diventato uno dei più grandi studiosi di etno-
micologia a livello mondiale, Greg Wasson, si trovò a prendere parte a una
velada in Huautla con il curandero Aurelio Carreras, nel corso della quale
ebbe una dimostrazione pratica dei poteri di chiaroveggenza conferiti dal
fungo.
In seguito Wasson e sua moglie fecero
anche la conoscenza di Maria Sabina
(fig.2), una “curandera” di Huautla, che
era in grado di guarire diversi tipi di
malattie fisiche e nervose con le
informazioni ricevute dai “niños sagrados
(funghi sacri), di cui arrivava a prendere
fino a trenta paia durante la “velada”.
Per quanto riguarda gli aspetti più specificamente medicali del fungo, i
“curanderos”, che da sempre sostengono di parlare direttamente con Dio per
mezzo di esso, ricevevano informazioni circa la malattia del paziente.
Dal momento in cui i Wasson conobbero il rituale mazateco, si posero come
compito quello di studiare e rendere noto il ruolo svolto dal fungo
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allucinogeno nella storia dell'umanità. La teoria che elaborarono in numerose
opere a partire dagli anni Sessanta, sulla base di collegamenti sviluppati su
scala mondiale, stabiliva che:
1) alla base di tutte le grandi religioni dell'umanità c'è l'esperienza mistico-
sacrale indotta da una pianta allucinogena, che spesso è un fungo;
2) equivalenti della Psilocybe messicana sono individuabili in tutte le regioni
del pianeta: dall'Amanita muscaria degli Iperborei, antenati degli
Europei, al soma dei Veda indiani; dall'Ergot (parassita della segale
cornuta, precursore dell'acido lisergico) usato nei Misteri di Eleusi
1
al
Boletus responsabile della “mushroom madness” dei Kuma (Nuova
Guinea);
3) alla fase successiva di razionalizzazione delle religioni corrisponde un
processo di rimozione del culto del fungo, non più accettabile agli
occhi dei preti cristiani.
1
Nota: Il culto dei Misteri Eleusini si sviluppò in Grecia per un paio di millenni. Il nucleo
più importante dei riti Eleusini era tenuto segreto fra gli iniziati e il divieto di divulgare i
Misteri, sotto pena capitale, è stato così rigorosamente rispettato durante i secoli, che
ancora oggi, nonostante lo spessore degli studi dedicati, l’interno del tempio Eleusino- Il
Telesterion- ci appare riempito da un grande punto interrogativo.Il fine del culto Eleusino
consisteva nell’indurre nel partecipante una visione mistica codificata secondo specifici
simbolismi e mitologie e indotta da sostanze psicotrope, in particolare da quelle presente
nella bevanda sacramentale Eleusina per eccellenza, il Kykeon o Ciceone. E’ nel corso dei riti
dei Grandi Misteri che veniva bevuto il Ciceone da tutti i partecipanti (da alcune centinaia a
2000 persone, secondo gli studiosi!).