6
Così, non è un caso, che nell'ambito del sistema culturale, l'analisi della
proliferazione su scala mondiale di catene di fast-food, parchi di divertimento,
club-vacanze, ha suggerito al sociologo Ritzer di identificare la globalizzazione
con la Mcdonaldizzazione, un processo di omologazione e spersonalizzazione
che con i suoi prodotti occupa un posto di primo piano nella cultura di massa.
La teoria dell'omogeneizzazione di bisogni e mercati e della
standardizzazione dei prodotti è stata oggetto di numerose critiche da parte di
coloro che, al contrario, ritengono che il mondo vada differenziandosi e sia
quindi necessario ritornare alla segmentazione dei mercai in funzione delle
differenze che li percorrono.
Gli autori della cultural theory, quali Robertson e Appadurai, hanno preso le
distanze dalla teoria della "McDonaldizzazione" di Ritzer, usando il termine
glocalizzazione per indicare il processo di fusione tra globale e locale in cui le
dinamiche economiche, politiche e culturali si sviluppano.
Il locale e il globale, argomenta Robertson, non si escludono. Al contrario, il
locale deve essere compreso come un aspetto del globale.
Valutando queste teorie, il lavoro mira, ad una rivisitazione in chiave
dinamica delle risorse e delle competenze distintive dell’impresa, coniugando
la valorizzazione della teoria del vantaggio globale con l’applicazione dei
risultati ai modelli teorici ed alla realtà empirica.
Lo scenario competitivo, nel quale le imprese sono sempre più frequentemente
chiamate ad operare, è pervaso da profondi cambiamenti strutturali che
richiedono grandi capacità di adattamento, impongono sfide imprevedibili ed
esigono l’adozione di nuovi modelli organizzativi e di sviluppointernazionale.
Il contributo è composto di cinque capitoli in cui si analizzano
rispettivamente l’ambiente esterno ed interno dell’impresa, l’importante ruolo
del vettore prodotto nella decisione dell’orientamento internazionale da
perseguire e le modalità di ingresso nei Paesi esteri.
7
Il punto di partenza della trattazione riguarda la differenza esistente tra
due concetti che molti considerano sinonimi: internazionalizzazione e
globalizzazione, le cui determinanti spaziano dallo sviluppo tecnologico
all’omogeneizzazione degli stili di vita, all’abbassamento delle frontiere, alla
libera circolazione di merci, persone e capitali.
Considerando l’ambiente interno, sono state analizzate le caratteristiche
strutturali e i connotati organizzativi dell’azienda moderna, pronta ad affrontare
la sfida internazionale, come pure i modelli teorici di riferimento per
un’analisi strategica dei mercati internazionali.
Il corpus del lavoro esamina l’analisi dell’attrattività dei mercati esteri e
dei relativi potenziali di domanda, uno dei momenti più importanti nella scelta
delle modalità di internazionalizzazione, capace di influenzare, positivamente o
negativamente le future condotte delle imprese.
L’analisi dell’attrattività dei mercati esteri rappresenta le fondamenta del
marketing strategico internazionale. Le imprese devono valutare, quindi, le
caratteristiche dell’ambiente esterno e gli aspetti delle congiunture economiche
e politiche proprie dei Paesi oggetto di studio, in funzione, non solo delle
proprie risorse distintive, della struttura organizzativa e dell’orientamento che
persegue, ma anche in considerazione della possibilità di perseguire vantaggi
globali localizzati e delle caratteristiche del proprio portafoglio prodotti.
Il processo non è assolutamente da sottovalutare, dal momento che
un’errata valutazione delle informazioni potrebbe rendere vani sforzi e
sacrifici attuati fino a quel momento, sia in termini di costi che di opportunità.
Nessuna azienda attratta dalla competizione internazionale può improvvisare
comportamenti e strategie irriflessive e quindi svantaggiose, ma tutte devono
analizzare e studiare i mercati di sbocco con la massima razionalità e
sistematicità.
Sono state successivamente approfondite le strategie di ingresso
all’interno dei paesi-mercato/obiettivo, strategie differenti in base alle
caratteristiche dei prodotti o dei servizi offerti, alla loro capacità di adattarsi
alle specificità locali e al rischio atteso percepito dall’impresa. Sono stati
evidenziati il ruolo sempre più decisivo degli accordi di collaborazione e
8
cooperazione interaziendale e delle logiche del global sourcing, nonché i punti
di forza e debolezza delle modalità di ingresso più conosciute e utilizzate.
Nell’ultima parte dell’elaborato, infine, si è cercato di utilizzare gran parte
degli strumenti, dei modelli e delle teorie precedentemente trattate al fine di
analizzare l’attrattività dei mercati nord africani e medio orientali,
relativamente al business delle carte di sicurezza; vale a dire quelle carte
speciali che, offrendo caratteristiche anti contraffazione e falsificazione, sono
utilizzate nella produzione di banconote, francobolli, monopoli fiscali,
documenti per l’identificazione personale, etichette poste a protezione
dell’autenticità dei marchi e molto altro ancora.
Lo studio del mercato della contraffazione e della falsificazione è stato
utile per poter lavorare su basi concrete e dati empirici; tuttavia non è stato
facile reperire tali informazioni, anche se di grande aiuto si sono rivelate le
denunce e i sequestri effettuati dalle pubbliche autorità di vari Paesi.
Sono state analizzate le caratteristiche specifiche e le opportunità offerte da
ventivari Paesi, i prodotti Landqart Inc. e i relativi trend di mercato, le cui
combinazioni sono state utili a tracciare le strategie di ingresso che
rappresentano il primo passo dell’ analisi di marketing strategico, e da cui,
potenzialmente prenderanno le mosse tutti gli interventi di marketing operativo
volti a raggiungere gli obiettivi prefissati.
9
Capitolo 1
Lo sviluppo internazionale
delle imprese
10
1.1. Internazionalizzazione o globalizzazione
Alla luce delle diverse accezioni dei termini internazionalizzazione,
globalizzazione e mondializzazione, i tre fenomeni presentano molti aspetti
in comune e il loro significato non coinvolge solo l’ambito economico della
realtà mondiale, ma un insieme di fattori che ne danno una visione globale.
L'internazionalizzazione indica il carattere dei rapporti economici,
politici, giuridici e culturali che una comunità o uno Stato stabiliscono con altri
Paesi: si può parlare di internazionalizzazione mercantile (di merci), produttiva
(investimenti all'estero), finanziaria (movimenti di capitali), tecnologica
(trasferimento di tecnologie), culturale (rapporti culturali), oppure legata a
movimenti di persone (migrazioni).
La mondializzazione indica il complesso di problemi, ambientali,
dell'acqua, del clima, dell'energia, delle malattie i cui effetti si manifestano a
livello mondiale e le cui soluzioni sono possibili solo attraverso la creazione di
organismi internazionali e la cooperazione tra Stati nazionali.
Infine, per globalizzazione si intende l'estensione e la diffusione di una
quantità sempre crescente di dispositivi simbolici, materiali, tecniche,
procedure, discorsi, logiche e prodotti potenzialmente fruibili su scala
mondiale.
Se dal punto di vista prettamente economico, la globalizzazione è stata definita
come la produzione e la distribuzione di prodotti e servizi di tipo e qualità
omogenei su scala mondiale
2
, un’accezione ben più ampia di globalizzazione
viene data dal sociologo e politologo Antony Giddens, che la definisce come
l’interconnessione mondiale, ai livelli culturale, politico ed economico, che
risulta dall’eliminazione delle barriere alla comunicazione e al commercio
3
.
2
RUGMAN A.M., “The Myth of Global Strategy”, European Retail Digest, 28, December
2000.
3
GIDDENS A., Runaway World: How Globalization is Reshaping our Lives, Profile Books,
London, 1999.
11
Sebbene il tema della globalizzazione abbia spesso assunto toni molto
accesi per quel che riguarda il contrasto tra chi ne decanta le lodi e chi gli
orrori, studi empirici hanno dimostrato che oggi la gran parte del trade
internazionale si realizza ancora a livello intra-regionale
4
, e cioè entro le macro
regioni del Nord-America, dell’Unione Europea e del Giappone
5
.
I processi di globalizzazione e mondializzazione non sono completamente
distinti così come può sembrare. Spesso, infatti, si tende a considerare la
globalizzazione come un processo nuovo caratterizzato dall’azione di alcuni
stati e di società multinazionali volta a ridurre il mondo intero in un unico
sistema economico; la si considera quindi una specificità dell’economia post-
industriale in cui elementi costitutivi sono la finanziarizzazione dell’economia,
la terza rivoluzione industriale e transnazionale della tecnologia,
l’iperconcorrenza, la cultura del contratto, la società civile globale. Mentre la
mondializzazione è considerata un fenomeno che investe problemi e risoluzioni
mondiali proposte da organismi internazionali, problemi che coinvolgono
quindi la totalità della popolazione del globo.
Ma in realtà i due fenomeni non sono nuovi nella storia: la globalizzazione è,
infatti, un processo a “onde continue” che si verifica da quando l’uomo ha
lasciato la caverna per cercare un habitat migliore; è anche un processo di
omogeneizzazione nel quale una forza (popolo, nazione, ente) si assume la
responsabilità di dare alcuni criteri a cui gli altri si devono adeguare. In questa
accezione del termine rientra quel fenomeno di occidentalizzazione del mondo
di questi ultimi anni.
4
Ad esempio, se si considerano i due maggiori retailer a livello mondiale, e cioè Wal Mart e
Carrefour, notiamo che l’impresa americana possiede il 90,5% dei suoi punti vendita in nord-
America, mentre la quota di punti vendita aperti a livello europeo dal gruppo francese
corrisponde all’89,5% del totale.
5
Per consultare precisi riferimenti fattuali si consiglia:
RUGMAN A.M., “The Myth of Global Strategy”, European Retail Digest, 28, December
2000; RUGMAN A.M., HODGETTS R.M., “The end of Global Strategy”, European
Managment Journal, 19, 4 (August 2001); RUGMAN A.M., VERBEKE A., “Multinational
Enterprises and Clusters”, Managment international Review 2003, forthcoming, 2003.
12
Anche la mondializzazione non è un fenomeno nuovo ed è sempre stato
insito nella storia del capitalismo fin dalle origini; in epoca moderna diventa
sinonimo dell’espansionismo mondiale del capitalismo nelle sue diverse fasi e
per questo motivo anche della globalizzazione, intesa come processo di
accumulazione di capitale.
L’internazionalizzazione è un fenomeno che ha caratterizzato da sempre i
rapporti tra stati, gruppi ed organizzazioni economiche in quanto indica un
processo di scambio di beni, servizi e persone: è un fenomeno di natura
composita, che non si riduce alla sfera degli scambi e delle transazioni
economiche, ma abbraccia anche gli ambiti della politica, della società e della
cultura.
Nonostante la focalizzazione di studiosi e media sul tema sia abbastanza
recente, il fenomeno ha radici molto più antiche, perché con l’avvio di questi
processi prendono forma sistemi economici capitalistici moderni attorno a
flussi di merci e capitali capaci di oltrepassare il più impermeabile confine
nazionale, processi che oggi proseguono inesorabili e con dimensioni crescenti,
trasformandosi in una potente spinta di integrazione e cambiamento della
nostra società, sempre più “globalizzata”.
13
Il tema dell’internazionalizzazione delle imprese è stato perciò affrontato
entro diverse prospettive e angolazioni: dall’economia internazionale al
marketing, dall’international business alla strategia aziendale e all’economia
d’impresa
6
.
Secondo il più recente rapporto annuale sul commercio dell’Unctad
(2002), nel corso degli scorsi due decenni le esportazioni mondiali di merci
sono cresciute ad un tasso medio annuo dell’8%, con tassi addirittura del
12,5% nell’anno 2000; e gli scambi di tipo immateriale, relativi ai servizi
hanno dato un contributo all’internazionalizzazione di circa il 20%. Una
crescita ancora più sostenuta è stata quella degli IDE
7
(Investimenti Diretti
Esteri).
6
Tra gli apparati teorici principali si ricordano la teoria dell’impresa multinazionale e
dell’internazionalizzazione delle imprese, come si sono sviluppate dagli anni ’60 ad oggi, con i
contributi di importanti autori come: HYMER S.H., A study of direct foreign investment, MIT
Press, Cambridge, 1976; VERNON R., “International Investment and International Trade in
the Product Cycle”, in Quarterly Journal of Economics, may, 1966; STOPFORD J., WELLS
L., Managing the Multinational Enterprise, Basic Books, New York, 1972; BUCKLEY P.J.,
CASSON M.C., The future of Multinational Enterprise, Macmillan, london, 1976; DUNNING
J.H., International Production and the MultinationalEnterprise, Allen & Unwin, London,
1981; RUGMAN A.M., New Theories of the multinational enterprise, St. Martin’s Press, New
York, 1982; BARTLETT C.A., GHOSHAL S., Managing across Borders: the Transnational
Solution, Harward Business School Press, 1989; PORTER M.E., The competitive advantage of
nations, Free Press, New York, 1990. Di rilievo è anche la letteratura italiana; tra i più illustri
autori possiamo ricordare: RULLANI E., Lo sviluppo multinazionale delle imprese industriali,
Etas Kompass, Milano, 1973; SCIARELLI S., L’impresa multinazionale. Strategie di sviluppo
e politiche di gestione, Giannini, Napoli, 1973; PELLICELLI G., Imprese multinazionali:la
risposta europea. Modelli, strategie e strutture per una rivincita competitiva, Etas Libri,
Milano,1989. Sul tema delle imprese multinazionali e dei processi di internazionalizzazione
ricordiamo: GRANDINETTI R., RULLANI E., Impresa transnazionale ed economia globale,
La nuova Italia Scientifica, Roma, 1996; CAROLI M., Globalizzazione e localizzazione
dell’impresa internazionalizzata, Franco Angeli, Milano, 2000. Sul rapporto tra processi di
internazionalizzazione e globalizzazione dei mercati si consiglia: VARALDO R.,
“Competizione globale e marketing internazionale”, in L’impresa, n°2,1987; VALDANI E.,
Marketing globale: La gestione strategica dei mercati internazionali, Egea, Milano,1991;
STAMPACCHIA P., “Globalizzazione dei mercati e internazionalizzazione delle imprese”, in
Sinergie, quaderno n°6, 1991; L’impresa nel contesto globale, Giappichelli Editore, Torino,
2001; VELO D., “Un modello di analisi dei caratteri evolutivi del contesto ambientale
dell’impresa: globalizzazione dei mercati e processi di internazionalizzazione”, in
Sinergie,quaderno n°6, 1991.
7
Gli investimenti diretti non sono equamente distribuiti a livello mondiale. I primi 30 Paesi
destinatari di IDE pesano per circa il 99% sui flussi di investimento. I Paesi sviluppati
rimangono i primi destinatari degli investimenti diretti, rappresentando oltre i tre quarti dei
flussi globali. I flussi di investimento verso i Paesi in via di sviluppo pesano per il 19% del
totale, mentre quelli verso i Paesi dell’Europa Centrale ed Orientale ammontano al 2%. I 49
Paesi meno sviluppati della terra attirano soltanto lo 0,3% degli investimenti diretti.
All’interno del mondo sviluppato, sono orientati verso la c.d. Triade (USA, UE, Giappone) il
71% del totale degli investimenti diretti a livello mondiale, mentre provengono dalla Triade
l’82% degli investimenti diretti. I principali destinatari di IDE sono gli Stati Uniti d’America.
14
Un’influenza decisiva nella crescita dei numeri dell’internazionalizzazione è
dovuta alle strategie eseguite dalle imprese multinazionali
8
.
Al di là degli aspetti quantitativi evidenziati, è la qualità dei processi di
internazionalizzazione che sta cambiando profondamente; le tesi un tempo
avveniristiche del “villaggio globale” di Marshall e McLuhan e
dell’omogeneizzazione dei bisogni
9
, oggi, trovano sempre maggiore riscontro.
Per molto tempo si è ritenuto che, con l’avvento dell’economia globale, a
prevalere sarebbero stati i cd. “drivers dell’integrazione globale”, le cui
determinanti sarebbero consistite nelle economie di scala e
nell’omogeneizzazione dei segmenti globali di domanda.
In particolare, le prime avrebbero svolto un ruolo propulsore nel generare
un risparmio reale di risorse, nel campo della ricerca e dello sviluppo di nuovi
prodotti, nelle operations (produzione, acquisti, logistica), nel reclutamento di
forza lavoro e di talenti manageriali, nel marketing (global brands).
Le seconde invece rappresenterebbero le richieste, i desideri, i bisogni reali o
indotti, le aspirazioni di mercato cui tendono i consumatori e i potenziali
acquirenti, rese comuni e ricondotte ad un unico stile di vita.
Tale assunto è stato in seguito confutato dall’analisi di dati empirici, dai
quali si è evinta una netta prevalenza, nel contesto descritto, dei cd. “drivers
dell’adattamento locale”.
Questi ultimi risulterebbero fondati sull’esistenza di differenze tra mercati
geografici e sulla necessità di adattare l’offerta dell’impresa al soddisfacimento
di esigenze specifiche, alle quali fornire risposte più appropriate.
Nelle pagine seguenti si tenterà di individuare le determinanti
dell’internazionalizzazione dei mercati e il modo in cui esse incidano sulle
dinamiche e sulle relazioni tra domanda e offerta nel mercato internazionale,
8
Le prime 100 multinazionali controllano oggi circa il 20% del totale degli investimenti esteri.
51 delle principali economie del pianeta sono imprese private, contro 49 Stati-nazione. Come
scrive Hertz nel suo libro “the silent takeover”, le vendite di imprese come GM e Ford sono più
grandi del PIL dell’intera Africa sub-sahariana. Wal Mart, la catena di retail americana, ha
ricavi superiori a molti Stati dell’Europa Centro-Orientale. La forza economica di queste
multinazionali è concentrata in pochi paesi. Infatti 90 delle prime 100 multinazionali hanno i
loro quartier generali nei paesi della Triade.
9
LEVITT T., “The Globalization of Markets”, in Harvard Business Review, may-june, 1983.
15
nonché le determinanti della globalizzazione e il loro relativo impatto sui
settori industriali.
Si tenterà altresì di porre in evidenza gli elementi qualificanti l’organizzazione
e la struttura esogena ed endogena delle imprese multinazionali, nell’ambito di
un modello teorico di riferimento delineato sulla base di tesi pregresse , avente
ad oggetto il ruolo primario ed essenziale delle risorse e delle competenze
distintive dell’impresa.
Alla luce delle più recenti tendenze evolutive infatti, le risorse e le suddette
competenze non vengono più considerate nella loro dimensione statica, ma in
una prospettiva dinamica, capace di produrre vantaggi competitivi e di
consentire alle imprese di reggere il confronto concorrenziale globale.
16
1.2. Le determinanti dell’internazionalizzazione
dei mercati
Nel presente studio si è cercato di evidenziare e analizzare quali siano le
determinanti dell’internazionalizzazione delle imprese, allo scopo di
individuare i fattori propulsivi del suddetto processo e le dinamiche di
integrazione dell’economia “globale”, individuabili nel progresso scientifico e
tecnologico, nell’evoluzione dei trasporti e delle telecomunicazioni, nella
maggiore accessibilità degli strumenti di informazione, nell’abbattimento delle
barriere istituzionali e nell’affermazione delle economie di mercato. Il tutto
profondamente segnato da un mutamento culturale in continua evoluzione e da
un’integrazione sociale alle prese con le sfide della destatalizzazione ed
espansione di un mercato sempre più mondiale.
A proposito di progresso tecnologico sembra interessante notare cosa pensi uno
studioso come Levitt
relativamente all’evoluzione tecnologica del mercato
globale
10
. Egli sostiene che sia la tecnologia a guidare il mondo verso
l’omogeneizzazione dei bisogni e dei desideri
11
, determinando l’emergere dei
mercati globali per beni standardizzati (Fig.1).
10
“La tecnologia ha reso accessibile a tutti le comunicazioni, i trasporti, i viaggi. Essa ha
fatto si che anche nei luoghi più isolati e fra le popolazioni più povere sia giunto il richiamo
del mondo moderno. (…) La nuova Repubblica della tecnologia omogeneizza gusti, esigenze e
possibilità in un mercato planetario: da ciò derivano prodotti globalmente standardizzati e
l’opportunità di realizzare enormi economie di scala. L’offerta a costi più bassi sui mercati
internazionali produce una crescita esponenziale e, sulla spinta di prezzi decisamente
allettanti, cadono le antiche resistenze locali ad accettare prodotti diversi per caratteristiche,
design e funzionalità. Come emerge, la strategia della standardizzazione non è una semplice
risposta all’omogeneità dei mercati, ma un fattore di espansione degli stessi attraverso una
politica dei prezzi aggressiva” (LEVITT T., “The Globalization of Markets”, Harvard
Business Review, May-June (trad.it.: “La globalizzazione dei mercati” in SCOTT W.G. (a cura
di ), Il marketing internazionale, Isedi Petrino, Torino, 1996, p.40.)
11
Secondo Kotler esiste una distinzione tra bisogni, desideri e domanda: il bisogno altro non è
che un sentimento di mancanza nei confronti di una soddisfazione generale legata alla
condizione umana; il desiderio sarebbe un mezzo privilegiato per soddisfare un bisogno;
mentre i bisogni generici sono stabili e limitati nel numero, i desideri sono molteplici, mutevoli
e continuamente influenzati da tutte le forze sociali; i desideri si tramutano in domanda
potenziale di prodotti specifici quando sono accompagnati da un potere o da una volontà di
acquisto. Scrive il Kotler: “…il marketing influenza i desideri. Per esempio, esso suggerisce ai
consumatori che l’acquisto di una Cadillac è un buon sistema per soddisfare le proprie
esigenze di status sociale. Il marketing non crea il bisogno di status sociale, bensì si limita a
suggerire in che modo un bene o una marca possono contribuire alla sua soddisfazione”;
KOTLER P., Marketing managment, ISEDI, Torino,1997
17
In questi mercati, l’impresa multinazionale che adatta la propria offerta ai
contesti locali, sarebbe destinata a soccombere nei confronti delle imprese, che
concepiscono il mondo come un’entità unica e vi operano con bassi costi
relativi, in quanto vendono ovunque gli stessi prodotti nello stesso modo.
La “globalità” renderebbe pertanto possibile il trionfo della produzione di
massa, con economie di scala raggiungibili attraverso un livello di
standardizzazione nettamente superiore a quello ammissibile dalla tradizionale
logica delle imprese multinazionali.
SVILUPPO DI UNA CONCORRENZA
GLOBALE
STRATEGIE GLOBALI DELLE IMPRESE
OMOGENEIZZAZIONE DELLA DOMANDA
STANDARDIZZAZIONE DI
PROCESSI E PRODOTTI
PASSAGGIO DA MERCATI NAZIONALI
A MERCATI GLOBALI
Figura 1: La “catena della globalizzazione” secondo T. Levitt
FONTE: VARALDO R., “La dicotomia marketing indifferenziato/marketing
differenziato nel contesto internazionale”, in AA.VV., Scritti in onore di Carlo Masini,
tomo II, Egea, Milano, 1993
EVOLUZIONE DELLA TECNOLOGIA
18
Per Levitt, la tecnologia è in grado di ridurre la varianza del mondo, e in
particolare quella dei beni economici. Le tecnologie, infatti, non permettono
solamente di standardizzare beni e servizi industriali e di consumo, ma
applicate alle comunicazioni di massa e al trasporto delle merci e delle persone
abbattono progressivamente le barriere che, storicamente, hanno mantenuto
isolate le popolazioni dei vari Paesi. L’abbattimento delle barriere di costo
porta inevitabilmente all’omogeneizzazione dei bisogni e delle preferenze dei
consumatori di tutto il mondo
12
.
Molti studiosi hanno rivolto critiche sostanziali in merito alla sequenza
ipotizzata da Levitt. L’automazione flessibile, che ha consentito di perseguire
strategie di “micronizzazione” del mercato nei confronti di gruppi molto
circoscritti di consumatori
13
, i bisogni sempre più specifici, differenziati e
mutevoli derivanti da un’ ampia crescita della varietà del sistema domanda e le
differenze geografiche hanno determinato, infatti, un’enorme dilatazione
dell’offerta potenziale di varietà e variabilità di prodotti. E’ vero che i mezzi di
comunicazione permettono la rapida mobilità globale degli stili di vita e dei
modelli comportamentali, ma è altrettanto vero che i contesti locali esprimono
una propria cultura, la quale costituisce il risultato specifico di un processo
storico unico
14
.
In base a quanto sostenuto, globalizzazione non è sinonimo di riduzione
della complessiva varietà espressa nei mercati ma, al contrario, enfatizza il
fatto che la varietà dei consumatori, delle strutture organizzative, dei prodotti e
delle soluzioni tecnologiche non ha più separazioni spaziali.
12
GRANDINETTI R:, “Strategie internazionali” in CODA V., INVERNIZZI G., RISPOLI M.
(a cura di), Strategia aziendale, vol. 7, Enciclopedia dell’impresa, Utet, Torino, 1998.
13
VICARI S., Nuove dimensioni della concorrenza. Strategie nei mercati senza confini, Egea,
Milano, 1989.
14
“Questi patrimoni culturali relativamente country specific hanno un peso determinante nel
processo di formazione delle aspettative dei consumatori dei vari paesi, e rappresentano nel
loro insieme un distinto fattore di varietà nell’ambito della fenomenologia dei consumi a
livello mondiale, anche perché operano un’azione selettiva e attiva di filtro, e quindi di
trasformazione, sui modelli culturali, sugli stili di vita e i comportamenti di consumo che ogni
paese può importare dagli altri”; citazione di GRANDINETTI R., “Strategie internazionali” in
CODA V., INVERNIZZI G., RISPOLI M. (a cura di), Strategia aziendale, vol. 7,
Enciclopedia dell’impresa, Utet, Torino, 1998, p.299.
19
Le imprese, del resto, si aprono all’internazionalizzazione, per le
difficoltà di mantenere il controllo esclusivo del proprio know-how, il che
comporta la loro partecipazione a network globali di interscambio tecnologico,
che consentono la ripartizione dei rischi e l’incertezza della sperimentazione tra
più soggetti.
Infatti con l’emergere di nuove tecnologie, “le opinioni manageriali
tendono spesso a confondersi e i confini di mercato diventano indeterminati,
creando nuove opportunità per i nuovi entranti e minacce per i concorrenti già
esistenti”
15
Un altro fattore propulsivo e determinante nello scenario dell’economia
mondiale, può individuarsi nel progressivo abbattimento delle distanze
materiali e culturali, che caratterizza il nostro tempo.
Ridurre le distanze, le barriere, i confini diventa un’esigenza improrogabile
dell’attività economica, scandita da tempi dilatati e delocalizzata al fine di
assicurare le innumerevoli richieste.
Da ciò deriva, da un lato, uno stile di vita frenetico e asservito ai tempi della
produzione, dall’altro a causa della diffusione di potenti e rapidi mezzi di
comunicazione e di informazione, si assiste ad un processo di cambiamento dei
ritmi, dei modelli, degli standard di vita, la cui origine risiede nella possibilità
offerta a chiunque, in qualunque parte del mondo si trovi e a qualunque ora, di
“entrare nella rete” e interagire col “globo”.
A tale proposito, due studiosi del calibro di Czinkota e Ronkainen
16
, notano, in
relazione al progresso nel campo dei trasporti e delle comunicazioni il modo in
cui si sono ridotte le distanze tra i diversi paesi, che non si misura più in mesi o
in giorni, ma in ore e minuti.
15
BAGOZZI R., Fondamenti di marketing, Il Mulino, Bologna, 2001.
16
CZINNKOTA M.R., RONKAINEN I.A., International Marketing, The Dryden Press, New
York, 1998, p. 27.
“Just a few centuries ago, travel across an ocean took arrowing months. As late as 1873,
readers marveled when Jules Verne wrote of a hetic journey around the world in 80 days.
Today’s travelers can fly around the globe in less than 80 hours, and the speed and
dependability of modern modes of transport have transformed the notion of relationships
among suppliers, manufacturers and markets”.