INTRODUZIONE
V
Nel nostro studio abbiamo innanzitutto fatto un sintetico
accenno sulla concorrenza, tentando di chiarire le motivazioni per
cui lo Stato deve garantire delle situazioni concorrenziali.
Successivamente abbiamo sottolineato le competenze dei soggetti
istituzionali, rispettivamente a livello nazionale l’Autorità Garante
della Concorrenza e del Mercato, e a livello comunitario la
Commissione Europea. Non si deve infatti dimenticare che il nostro
Paese, essendo parte integrante dell’Unione Europea, deve
sottostare ad una normativa comune e recepire le direttive
comunitarie.
In modo particolare abbiamo voluto analizzare i poteri di
segnalazione e consultivi dell’Autorità Garante della Concorrenza e
del Mercato e i suoi rapporti con il Parlamento e con il Governo.
Per concludere abbiamo studiato due casi a nostro avviso
particolarmente esplicativi: il primo è la segnalazione sulla legge
nazionale che regolamenta le quote latte, il secondo è quella sul
Decreto Ministeriale in materia di proroghe delle concessioni
autostradali.
In entrambi i casi abbiamo visto che il recepimento del parere
dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato è stato
parziale. E’ noto infatti che i pareri suggeriti dall’Autority Antitrust,
volti a modificare la normativa esistente (Articolo 21 della legge
287/90) o quella in via di approvazione (Articolo 22 della legge
287/90) non possono essere vincolanti, perché ciò sarebbe lesivo
della sovranità del Parlamento in materia legislativa o del Governo
in materia esecutiva.
INTRODUZIONE
VI
Molto interessante è stato osservare come cambia la traiettoria
del processo di formazione di un provvedimento in presenza di un
parere dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato: è in
effetti vero che questo non è vincolante, come si è appena
ricordato, ma senza dubbio condiziona.
Quando l’Autorità Antitrust esprime un parere ci si può trovare
di fronte a due situazioni: in un primo caso il provvedimento non è
modificato, ma per essere approvato necessita di un maggior
consenso da parte degli Organi competenti, in quanto è stato messo
in discussione; in un secondo caso il provvedimento è modificato
grazie all’azione di coloro che vi si oppongono e che utilizzano il
parere dell’Autority come strumento che perori la loro causa.
Come ha sottolineato nell’ottobre del 2000 l’allora ministro
dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato Enrico Letta, in
una sua analisi dei dieci anni di attività dell’Autority Antitrust, è
necessario rivedere i rapporti dell’Autorità con il Parlamento.
Questo è uno dei problemi più rilevanti oggi giorno, dove si
riscontrano meno certezze.
“L’obiettivo delle modifiche dovrebbe essere quello di creare le
condizioni per avviare una dialettica, costruttiva e positiva, tra
Autorità e Parlamento”, essendo i rapporti esistenti insufficienti,
tesi e poco proficui.
Un maggiore e più efficace coordinamento sarebbe necessario
anche per le relazioni con il Governo e le altre competenze dello
Stato per quanto riguarda le funzioni esecutive.
INTRODUZIONE
VII
Tale coordinamento si ritrova in sostanza, “ma non nei tempi
delle decisioni che pure hanno una influenza rilevante sui settori
rispetto ai quali l’Antitrust interviene”: l’Autorità dovrebbe cioè
restringere i tempi che le occorrono per formulare un parere
motivato, rendendolo immediatamente operativo.
Il ruolo dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato è
ovviamente destinato a crescere nei prossimi anni.
E’ evidente quindi che le problematiche affrontate nel nostro
studio acquisiranno sempre più importanza e necessiteranno di
meccanismi e strumenti volti a potenziare la collaborazione tra le
istituzioni coinvolte.
CAPITOLO 1 LA POLITICA DELLA CONCORRENZA: OBIETTIVI E STRUMENTI
1
CAPITOLO 1
LA POLITICA DELLA CONCORENZA :
OBIETTIVI E STRUMENTI
1.1 La nascita della politica della concorrenza
La legislazione antitrust nacque negli Stati Uniti nel 1890 con
l’approvazione dello Sherman Act e fu concepita quale strumento di
garanzia della libertà di concorrenza e d’impresa. Il sistema
economico e sociale feudale aveva caratterizzato i paesi europei, i
quali ne risentirono inevitabilmente nel loro processo evolutivo.
Infatti la libertà d’impresa si affermò attraverso una lenta e difficile
battaglia contro i controlli, i vincoli, gli ostacoli costituiti sin dal
Medioevo.
Detto questo si può ben comprendere il motivo per cui la
normativa antitrust nacque proprio negli Stati Uniti. Qui il processo
di sviluppo dell’industria e dei mercati si ebbe senza istituzioni e
norme ereditate dal passato feudale. Inoltre l’autorità statale, date la
dimensione del paese, non aveva sufficienti poteri per rappresentare
un serio ostacolo alla libera iniziativa dei privati.
La vera minaccia per la libera concorrenza si trovava nella sfera
privata dell’economia, nel funzionamento dei mercati non
regolamentati. L’intervento antitrust era necessario per assicurare il
rispetto delle regole del confronto competitivo tra operatori
economici e per garantire l’interesse pubblico.
CAPITOLO 1 LA POLITICA DELLA CONCORRENZA: OBIETTIVI E STRUMENTI
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Solo molto più tardi questa esigenza fu sentita anche nelle
nazioni europee dove l’iniziativa privata aveva incontrato numerose
barriere di varia natura: doganali, legislative, corporative,
consuetudinarie (BENTIVOGLI C., TRENTO S., 1998).
1.2 Caratteristiche della politica della concorrenza e
suoi obiettivi
Secondo la suddivisione proposta da von Weizsecher si possono
ripartire le attività economiche in tre livelli:
1. livello dei beni;
2. livello della produzione;
3. livello dell’innovazione.
Il primo livello è quello più semplice e concerne le attività che
non incrementano la quantità complessivamente disponibile di un
dato bene (es. scambio, fornitura, eredità, furto ecc.). a questo
livello per concorrenza si intende dunque il libero accesso ai beni,
ma sarà necessario per il buon funzionamento di una comunità
economica, restringere tale principio introducendo il concetto di
“diritto di proprietà”.
Il secondo livello consiste nelle attività di produzione che
accrescono l’offerta di beni già esistenti sul mercato.
L’applicazione del principio di concorrenza in tale campo richiede
innanzitutto la regolamentazione della libertà di accesso ai beni
(livello 1) e la tutela della libertà di accesso alla produzione. Con
ciò si intende non solo l’esistenza di mercati concorrenziali per
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l’acquisto dei fattori produttivi e delle materie prime e per la
vendita dei prodotti, ma anche il libero accesso alla tecnologia.
Il terzo livello riguarda l’attività di produzione di nuova
conoscenza, di nuovi beni e nuove tecniche. In questo caso si può
evincere un contrasto tra il principio di concorrenza e la necessità di
garantire incentivi sufficienti a chi intraprende un’attività di
innovazione. Senza un livello minimo di profitto infatti l’attività di
ricerca potrebbe non essere intrapresa. Anche in questo caso perciò
sarà indispensabile apportare alcune restrizioni al principio di
concorrenza per tutelare la remuneratività dell’attività produttiva.
Quali sono gli obiettivi di una politica della concorrenza?
La prima finalità sarà quella di mantenere la diffusione del
potere di mercato, che non dovrà concentrarsi in pochi operatori. In
tal senso la concorrenza è intesa come l’uguaglianza nelle
possibilità di azione economica, derivando da ciò una ridotta
influenza dei singoli sulle variabili di mercato. Ma lo scopo non è
solo quello di limitare la concentrazione di risorse economiche nelle
mani di pochi. Infatti la normativa antitrust può anche essere
impiegata come strumento per accrescere il potere di
concentrazione degli organismi eletti democraticamente dalla
collettività.
Un secondo obiettivo è la tutela della libertà economica dei
partecipanti al mercato. La politica della concorrenza stabilisce le
regole del gioco concorrenziale e impedisce che il meccanismo
concorrenziale sia soffocato dalle forze spontanee del mercato. Essa
è rivolta a sanzionare le scorrettezze quali il boicottaggio nelle
CAPITOLO 1 LA POLITICA DELLA CONCORRENZA: OBIETTIVI E STRUMENTI
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forniture, il rifiuto di vendere, l’imposizione dei prezzi
discriminatori. Lo scopo finale è però la difesa della concorrenza e
non dei singoli concorrenti. Sarà inevitabile avere delle “vittime”
che saranno espulse dal mercato: le imprese più inefficienti, quelle
con i costi di produzione più elevati, quelle con prodotti di qualità
inferiore.
Il terzo obiettivo sarà quello di assicurare o almeno favorire
un’allocazione efficiente delle risorse. Una struttura di mercato
concorrenziale conduce all’efficienza tecnica (minimizzazione dei
costi medi di produzione) e all’efficienza allocativa (prezzi che
uguagliano i costi marginali). L’intervento normantivo antitrust non
può avere quale modello di riferimento la concorrenza perfetta che
costituisce la situazione di ottimo paretiano, per l’impossibilità
tecnica o economica di eliminare tutte le imperfezioni. Sarà dunque
necessario ricercare soluzioni di ottimo paretiano di secondo livello
senza dimenticare la complessità di tale operazione (BENTIVOGLI
C., TRENTO S., 1998).
1.3 La struttura delle normative antitrust e i suoi
strumenti
La struttura delle legislazioni antitrust dei vari paesi è molto
simile in quanto si ispira in maniera più o meno fedele alle
normative statunitensi. Alla base vi è la convinzione che alcuni
comportamenti che violano il principio di concorrenza possono
avere come vittime sia concorrenti rivali sia consumatori
provocando così una diminuzione del benessere sociale.
CAPITOLO 1 LA POLITICA DELLA CONCORRENZA: OBIETTIVI E STRUMENTI
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GLI OBIETTIVI…
Diffusione del
potere di
mercato
Libertà economica
dei partecipanti al
mercato
Assicurare o
favorire allocazione
efficiente risorse
…E GLI STRUMENTI…
Divieto delle pratiche che costituiscono un abuso di posizione
dominante
Divieto di intese e di forme di comportamento coordinato che
permettono il raggiungimento o estensione di una posizione
dominante collettiva
Controllo della concentrazione delle risorse economiche presso un
singolo soggetto
Costituzione di un organismo tecnico
…DELLA POLITICA DELLA CONCORRENZA
CAPITOLO 1 LA POLITICA DELLA CONCORRENZA: OBIETTIVI E STRUMENTI
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Raggiungendo sul mercato una posizione dominante si ha la
capacità di influire sulle variabili di mercato, cioè di porre in essere
comportamenti lesivi della concorrenza. Nel breve periodo una
impresa detiene una posizione dominante se è in grado di mantenere
i prezzi a un livello superiore rispetto ai costi marginali. Nel lungo
periodo tale posizione permetterà di godere di extraprofitti fino a
quando ci saranno barriere all’entrata sufficienti a impedire alla
concorrenza potenziale di erodere tali guadagni superiori alla
norma. Il potere di mercato è quindi il frutto di barriere ma anche di
una maggiore dotazione di risorse, cioè di una dimensione tale da
condizionare alcune variabili. Il potere di mercato può essere
esercitato anche da più imprese in accordo, che danno vita a
comportamenti collusivi.
Le normative antitrust dispongono di quattro strumenti per dar
vita alla politica della concorrenza:
1. divieto delle pratiche che costituiscono un abuso di
posizione dominante;
2. divieto di intese e di forme di comportamento coordinato,
attraverso le quali due o più operatori raggiungono o
estendono una posizione dominante collettiva;
3. controllo della concentrazione delle risorse economiche
presso un singolo soggetto;
4. costituzione di un organismo tecnico preposto
all’applicazione della politica della concorrenza.
L’Organismo o l’Autorità può essere uno solo con competenze
in tutti i settori, più di uno con competenze che si sovrappongono,
CAPITOLO 1 LA POLITICA DELLA CONCORRENZA: OBIETTIVI E STRUMENTI
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oppure si possono avere diverse Autorità competente per un certo
settore. Quest’ultimo è il caso dell’Italia dove la Banca d’Italia ha
competenze per il settore bancario, l’ISVAP per il settore
assicurativo, il Garante per l’editoria per il settore delle
comunicazioni, mentre i restanti settori sono sottoposti all’Autorità
Garante della Concorrenza e del Mercato.
1.4 Scuole di pensiero e normative antitrust
Al momento non esiste un consenso generalizzato circa il
legame tra le prescrizioni di politica della concorrenza e i risultati
dell’indagine economica. L’interpretazione delle norme con il
passare degli anni ha subito l’influsso di più schemi di teoria
economica, cioè più paradigmi analitici si sono susseguiti nel
tempo
1
.
Il primo a svilupparsi è stato il paradigma struttura-condotta-
performance, nato negli Stati Uniti negli anni Trenta. Gran parte
della legislazione antitrust statunitense e per imitazione anche
quella di altri paesi occidentali è il prodotto di questo schema
teorico. La sua tesi di fondo è che la performance (profitti, costi,
innovazione ecc.) che si ha in alcuni settori o mercati, dipende dal
tipo di comportamento che operatori (venditori, produttori,
consumatori) seguono in materia di politiche di fissazione dei
prezzi, cooperazione esplicita e/o tacita tra le imprese, strategie
pubblicitarie e politiche del prodotto, grado di differenziazione,
scelte di ricerca e sviluppo, decisioni di investimento e così via.
1 Per una analisi dei diversi paradigmi vedi BENTIVOGLI C., TRENTO S., 1998.
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La struttura dei mercati influenza la condotta (o
comportamento) degli operatori e delle imprese. La struttura è
definita del numero e dalle dimensioni degli operatori presenti sul
mercato, dal numero dei sostituti del prodotto, dall’eventuale
presenza di barriere che siano all’entrata o all’uscita, dalla tipologia
delle funzioni di costo, dal livello di integrazione verticale
raggiunto dalle imprese, dal grado di diversificazione che le
imprese sperimentano. Inoltre può essere condizionata da
“condizione di base” come la localizzazione delle materie prime, il
contesto normativo, il grado di sindacalizzazione dei lavoratori.
Alla base del paradigma vi è dunque la convinzione che le strutture
condizionano le condotte che, a loro volta, influenzano le
performance secondo lo schema logico S⇒C⇒P. In un mercato
dove regna la concorrenza perfetta caratterizzato dalla presenza di
molti operatori che non possono per le loro modeste dimensioni
influenzare il mercato, da prodotti omogenei, da assenze di barriere
e da completa informazione, il venire meno di una di queste
condizioni porta a situazioni sub-ottimali. E’ in questo contesto che
deve intervenire lo Stato, il quale può influenzare la performance di
alcuni settori grazie a legislazioni o interventi diretti, che agiscano
sulla struttura di mercato e/o sul comportamento degli operatori.