eventi storici della metà del Novecento e certe scelte, come l’adesione al
P.C.I., la partecipazione all’esperienza de Il Saggiatore e l’esperienza di
insegnante universitario. Questi rilievi biografici sono stati effettuati per
dare un quadro maggiormente completo della figura intellettuale
considerata e per evidenziare l’importanza di aspetti lasciati in ombra in
precedenza da altri studiosi. Si sono analizzate via via le opere
comunemente ritenute più determinanti e importanti nella carriera critica
debenedettiana.
STRUMENTI, METODI, DIFFICOLTÀ
I problemi reali cominciano proprio quando si devono considerare le opere
debenedettiane: una prima difficoltà è costituita dal gestire l’immensa
mole del lavoro del critico, in cui bisogna distinguere fra opere edite in
vita, opere postume e saggi inediti; fra “monografie” di stampo
accademico (ma non troppo) e saggi d’occasione e recensioni. In questa
scrematura fra opere di maggiore e minore importanza è lo stesso critico
ad aiutarci, perché in vita scelse e selezionò, fra i saggi prevalentemente
pubblicati su riviste, quelli da lui giudicati più importanti e significativi.
Sarebbe stato più completo e interessante uno studio che vagliasse anche
gli scritti minori inediti, ma di questi, nonostante i propositi, non esiste
alcuna antologia o selezione e sono così numerosi (e spesso ancorati
all’occasione per cui sono stati creati) che meriterebbero uno studio a
parte. Ne esiste comunque una lista completa e attendibile pubblicata a
cura di Angela Borghesi all’interno della bibliografia dell’edizione
Mondadori del 1999 dei saggi debenedettiani, bibliografia alla quale ci si è
attenuti per questo lavoro. Ci si è concentrati quindi soprattutto sul
materiale del critico che è stato oggetto di pubblicazione, anche quello di
più difficile reperimento.
Delle opere pubblicate in vita si sono considerate le raccolte di racconti,
narrazioni che testimoniano di un particolare aspetto dell’intellettuale;
si sono via via analizzate le quattro raccolte di saggi critici, collazionate e
riordinate dallo stesso autore: un approccio ad esse risulta
particolarmente arduo, per la loro eterogeneità, varietà e ricchezza di
riflessioni, spunti e suggestioni.
Riflessioni di carattere filologico e metodologico risvegliano invece le
composite lezioni accademiche pubblicate postume dal 1971, opere
importanti, che testimoniano di una svolta nell’ultima critica
debenedettiana;
particolare attenzione è stata data anche ai risvolti editoriali compilati per
il Saggiatore (raccolti e pubblicati nel 1991), data la loro natura di
raccordo fra l’attività di direttore editoriale e quella di insegnante
universitario;
utile è stato ritenuto uno sguardo sulle conferenze giovanili di carattere
religioso tenute dal critico: la loro importanza era stata già sostenuta dalla
vedova Renata Orengo che ne aveva caldeggiato la pubblicazione postuma
(avvenuta nel 1998).
Per quanto riguarda la documentazione critica su Debenedetti ci si è
attenuti ai pochi saggi pubblicati quando lo studioso era ancora in vita, ma
soprattutto all’immensa congerie di scritti, articoli, recensioni, raccolte di
atti pubblicati dopo il 1967, anno della sua morte. Interessanti sono le
prefazioni alle raccolte postume degli ultimi saggi e ai lavori universitari,
brevi saggi compilati da autorevoli studiosi, che contribuiscono a delineare
un ritratto del critico e a connotare con maggiore precisione la sua opera
complessiva.
Data la difficoltà nel dover dare un ordine logico e consequenziale
all’evoluzione critica debenedettiana si è preferito seguire due criteri: nella
parte riguardante la formazione del critico, si sono ricercati sparsamente
nei testi dei riscontri puntuali alle affermazioni e alle informazioni
possedute: (ESEMPI: quando si voleva discutere della religiosità del critico
o dell’influenza di un certo maestro se ne sono ricercati i riscontri nei
racconti, nei saggi); nella parte riguardante la carriera critica
debenedettiana si sono analizzati i lavori man mano, secondo l’ordine in
cui sono stati scritti o pubblicati in vita dall’autore (VOCAZIONE DI
VITTORIO ALFIERI per esempio, pur essendo un’opera pubblicata postuma
nel 1977 non può essere compresa fra le lezioni universitarie ed è stata
analizzata parlando dell’esilio di Debenedetti in Toscana nel 1944; i
discorsi sulle lezioni universitarie sono stati via via affrontati non secondo
l’ordine di apparizione al pubblico dopo la morte dello scrittore, ma
tracciando una cronologia delle lezioni universitarie e affrontandone mano
a mano i contenuti). Questo sistema è stato preferito per testimoniare
della caratterizzazione e della crescita progressiva dello studioso nel
tempo, degli argomenti man mano affrontati, allo scopo di definire nella
migliore maniera possibile ogni tappa della sua carriera critica.
ASPETTI PARTICOLARI
È stata determinante l’attenzione ad aspetti della vita privata (religione,
preferenze e amori letterari, scelte politiche) per chiarire meglio certi
aspetti della sua critica. Questo studio tenta principalmente di ricondurre
sotto un segno unitario tutta la dispersa mole critica debenedettiana
perché essa presenta nel suo interno, nonostante la sua atomizzazione in
molteplici brevi prove critiche, condizioni e caratteri di fortissima tensione
all’unità o perlomeno il tentativo di un sottinteso disegno critico unitario.
(tensione all’unità testimoniata soprattutto dal corpus delle lezioni
universitarie inedite: così come sono rappresentano una sorta di materiale
grezzo per il lettore, non ancora sottoposto a rielaborazione da parte del
suo autore)
RISULTATI
Si è voluta tracciare la storia di un uomo completamente immerso nella
cultura del suo tempo, intensamente impegnato nell’interpretazione
letteraria, fino al punto da giudicarla una missione quasi religiosa; questa
ricostruzione, attuata attraverso l’analisi delle opere più importanti ha
potuto definire un personaggio culturale diverso, dinamico, curioso: un
critico che batte continuamente nuove strade, che guarda con occhi nuovi
e da diverse angolazioni molti protagonisti letterari del passato e a lui
contemporanei, che non adotta metodi e tecniche consueti, che non
appartiene a una scuola determinata in nessun periodo della sua vita (si
possono notare delle influenze: il giovanile influsso del neoidealismo
crociano, le teorie estetiche di Venturi, l’influenza di Gobetti, la critica
Marxista, quella di stampo fenomenologico, persino alcuni aspetti dello
strutturalismo e della stilistica da lui condivisi nella fase finale della sua
vita). Debenedetti fu un diverso:
per posizioni letterarie: considerazione di certi aspetti sotto differenti e
originali punti di vista
per metodi: utilizzo anche di riferimenti scientifici e culturali in senso lato
per chiarire il fatto letterario
per i tipi di opere che ci ha lasciato: preferenza accordata al genere saggio
breve di più immediato respiro, rispetto al genere monografico o alla
canonica storia letteraria
per scelte culturali: preferenza per alcuni autori e generi piuttosto che altri
e l’insistenza su autori contemporanei di cui indaga l’opera dal SUO punto
di vista e secondo i SUOI canoni, restando comunque aperto a nuove
possibilità interpretative e alla discussione delle vecchie
per scelte professionali: un free-lancer a vita, lavora soprattutto per molte
testate, non tenta la carriera accademica se non nell’ultimo periodo della
sua vita.
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INTRODUZIONE:
IL SOTTINTESO DISEGNO UNITARIO NELLA PRODUZIONE CRITICA
DEBENEDETTIANA
Un discorso sulla critica arriva a coinvolgere più discipline e campi
culturali, molteplici situazioni storiche e vicende biografiche. Se la
stessa critica ha come oggetto la letteratura (o un’altra forma d’arte)
e la sua interpretazione, uno studio di essa non può non tenere
conto del contesto in cui opera un autore, dei metodi e delle
impostazioni adottate, dello stile tenuto, degli argomenti e delle
prove addotti, dei fini e degli obiettivi dichiarati e sottintesi da un
critico o da un gruppo appartenente a una certa scuola.
Inevitabilmente per questi motivi parlare di critica è soprattutto
farne la storia, inserirla in un contesto in cui essa si trovi a dialogare
con altri campi del sapere. La difficoltà che può comportare un tale
lavoro è soprattutto nel fatto che si rischia di incorrere in una
pedante ripetizione e riproduzione dei testi analizzati o in congetture
spesso un po’ vaghe, a proposito delle interpretazioni dell’autore. Il
critico è uno scrittore particolare che parla di altri artisti e di altri
prodotti culturali; ha un certo stile e spesso adotta un metodo che
può utilizzare con imprevedibili variazioni lungo tutto l’arco del suo
operato. La quarantennale e feconda carriera critica debenedettiana
abbracciò un periodo di intensi cambiamenti storici, culturali e
politici: il crocianesimo, l’avvento del fascismo, lo sviluppo della
cinematografia, la rivoluzione dell’arte contemporanea, la
sconvolgente esperienza bellica, il sempre più rapido progresso
scientifico e tecnologico. Debenedetti fu un critico eclettico e
curioso: ogni suo scritto, anche il meno apparentemente importante
o quello nato per una determinata occasione, dialoga anche con
qualcheduno di quegli aspetti storico-culturali che parevano urgere
dall’esterno, apparentemente avulsi dalla letteratura, ma al contrario
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quantomai indissolubilmente legati a essa, secondo l’ottica
onnicomprensiva dello studioso. Ecco allora che un discorso sulla
critica non può prescindere dalle contestazioni al crocianesimo e ai
dettami della cultura imperante; un saggio su Saba non può non
confrontarsi con le linee della coeva poesia ermetica; la recensione o
lo studio di un romanzo non possono non riguardare anche il
mutamento generale di impostazione della narrativa, l’attenta analisi
dei personaggi, delle loro fattezze e delle loro reazioni. È attraverso
l’uso di determinati strumenti e il ritorno costante a certi temi a lui
cari che Debenedetti porta avanti un dialogo di impronta tutta
personale con la cultura del tempo. Certamente la sua produzione
saggistica sorprende lo studioso, non solo per la mole, ma anche per
l’estrema varietà di argomenti trattati: dalla letteratura italiana ed
europea, alla critica, alla pittura, alla musica, al cinema, senza
dimenticare la produzione narrativa, assolutamente importante per
capire anche il critico. La produzione debenedettiana può essere
idealmente suddivisa in tre parti: una certa quantità di saggi che
furono raccolti in volume dallo stesso autore, in base a criteri di
qualità e alla priorità data a certi temi e certi aspetti; una parte di
lavoro pubblicato postumo a cura della vedova Renata Orengo, che
raccolse gli appunti inediti delle lezioni universitarie del critico; una
congerie assai ricca di saggi minori, spesso di breve respiro,
sparsamente pubblicati su riviste e quotidiani ai quali collaborò
durante la sua vita. Debenedetti fu un critico inafferrabile, non
definibile con una formula netta: non fu propriamente un giornalista,
dato che i suoi saggi sui giornali non possono essere definiti articoli;
allo stesso tempo non fu un accademico puro e si può affermare,
d’accordo con Giovanni Macchia, che le sue lezioni universitarie non
ebbero solo fini didattici. I saggi di Debenedetti sembrano il più delle
volte rispondere a due richieste: soddisfano esteticamente il lettore,
rapito dalla politezza della prosa, ma allo stesso tempo danno una
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moderna e originale interpretazione dell’opera letteraria, considerata
il più delle volte da una prospettiva inconsueta, spesso sorprendente
per la sua modernità e vitalità. Debenedetti non compose
un’ordinata cronologica storia letteraria: la sua voce critica preferì
cimentarsi in brevi saggi sparsi su diversi argomenti e autori, ma se
si guarda complessivamente alla sua opera si può ravvisare in
secondo grado la tessitura di un’ideale storia della letteratura
contemporanea, certamente un po’ discosta rispetto a quelle
ufficiali. Il suo operato critico ha dato rilievo a opere accantonate
nella cultura italiana del suo tempo (si pensi ai saggi su Proust e
Radiguet, su Saba, sul Pirandello narratore, su Tommaseo, su
Federigo Tozzi), ridimensionando spesso, secondo la sua ottica,
autori acclamati e «di moda» (si pensi al rapporto controverso con
l’opera di Svevo, ai saggi su D’Annunzio, a quelli della «Verticale del
‘37»). Nelle sue lezioni universitarie ha rivisitato in modo
sorprendente, con occhio moderno, ma non dissacratore, alcuni
classici della letteratura europea, da Alfieri a Montaigne, da Pascoli a
Verga, da Tommaseo a D’Annunzio, sondandoli dal suo particolare
punto di vista. Debenedetti sembra utilizzare, sia per le figure
letterarie più affermate che per quelle facenti parte della storia
contemporanea un simile sistema di indagine: non si ferma a
descrivere l’artista idealmente al lavoro nel suo studiolo, ma lo
segue dappertutto, al fine di scoprirne la natura di uomo per
interpretarne in modo più completo l’opera letteraria. Debenedetti
appare un critico prudente, perché affronta spesso opere di artisti
coevi, sui quali non si è formata una diffusa opinione consolidata;
può anche essere considerato un critico scontento, perché i suoi
lavori tendono ad altro, non hanno carattere definitivo, particolare
forse dovuto alla natura breve del saggio, spesso destinato a giornali
e riviste e per sua stessa struttura insufficiente a contenere
completamente la pressione dell’indagine interpretativa
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debenedettiana; i suoi testi non sono facilmente riassumibili:
l’astrattezza preziosa della sua prosa non permette immediatamente
di poter ridurre il suo pensiero interpretativo a poche formule
icastiche e classificatorie, a etichette, a definizioni da manuale: per
questo suo carattere sfuggente (a cui molti studiosi hanno cercato di
rimediare, classificandolo come «psicocritico» o ponendolo
principalmente sotto l’influenza della fenomenologia) Debenedetti
appare sempre disposto a nuove possibilità, aperto a nuove
prospettive da esplorare. Spesso ci si chiede, persi nell’incantevole,
raffinatissima, colta, elegante prosa, che cosa voglia comunicare al
lettore, che cosa significhino i riferimenti, le allusioni, le ironie, le
digressioni in un testo che dovrebbe essere tutto ragione e
scientificità e che invece si trova a contagiare completamente il
lettore, pretendendolo informato, senza pregiudizi, pronto, complice.
Con questo lungo lavoro sulla critica debenedettiana ci si è voluti
porre alcuni obiettivi: innanzitutto comporre la storia dello studioso
attraverso le sue opere sia pubblicate in vita che postume,
tralasciando purtroppo il materiale non pubblicato, che meriterebbe
uno studio a parte, soprattutto perché troppo legato a certi contesti
e atomizzato in molteplici piccole prove dello scrittore; si sono
sondati i contenuti dei testi considerati e si è ricercata quella non
immediatamente avvertibile unità d’intenti e di obiettivi nel
complesso dell’opera debenedettiana, quella certa rispondenza a un
più profondo disegno critico, sottintesa a una prima lettura. Allo
stesso tempo si è ritenuto necessario inserire il più possibile questa
vicenda biografico-intellettuale nel flusso della storia culturale
italiana ed europea, nello svolgersi delle vicende che segnarono il
periodo in cui il critico visse: per questi scopi si è ritenuto utile
anche riunire e verificare le voci più autorevoli che hanno contribuito
a formare un’idea della sua critica e quelle che hanno influenzato e
indirizzato nel tempo gli studi sul suo operato. Il lavoro quindi si
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sviluppa su tre poli d’azione: mira a chiarire il più possibile il
messaggio debenedettiano desunto nei suoi saggi, ricercandone
l’eventuale unitarietà attraverso indizi disseminati lungo tutto l’arco
della sua atomizzata carriera critica, con l’obiettivo di inserirlo nel
fluire variegato della storia culturale. Ricercare l’unitarietà di fondo
della sua opera critica servirebbe a chiarire maggiormente il suo
messaggio culturale, spesso distrattamente recepito, a spiegare
certe sue preferenze e certi suoi rifiuti e soprattutto a definire con
più precisione il ruolo dello studioso all’interno della cultura del suo
tempo.