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It is essential to take a preliminary look at Tornatore’s formative
process in order to understand motivations and themes of his films.
The first chapter of this dissertation will explore the “path” Tornatore
follows from his first attempts as a director to the realization of The
Legend of the Pianist on the Ocean, highlighting the fundamental
features of his life and of his cinematographic development.
The films preceding the Legend are commented on. Then we will
analyze the relationship between him and Baricco, focusing on many
different aspects of the film and its theatrical representation; the
writing, the various theatrical settings and the differences between
Baricco’s dramatic monologue and Tornatore’s script.
The second chapter will deal with the comparison between
Tornatore’s movie and that of another filmaker, Sergio Leone, Once
upon a time in America, paying attention to the crucial scenes in the
films, the cutting, colours and lighting techniques.
The third chapter explores the most important aspect of this
dissertation: the music, in particular, a branch of jazz: ragtime.
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The soundtrack and the relationship between Tornatore and the
composer Ennio Morricone and the choise of the orchestral pieces of
music are discussed.
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«Dopo mesi e mesi vissuti in
una moviola, al buio, con gli
occhi eternamente puntati
a vedere, rivedere, rivedere
e ancora rivedere sempre le
stesse immagini, a un regista
accade fatalmente di smarrirsi
nelle viscere della storia che sta
raccontando, di non percepirne
i contorni, addirittura di non
riuscire più a vederla».
1
Giuseppe Tornatore
Capitolo I
1.1. Giuseppe Tornatore: la vita
Giuseppe Tornatore nasce a Bagheria il 27 maggio 1956. Inizia
giovanissimo ad occuparsi di fotografia ottenendo riconoscimenti su
varie riviste fotografiche a carattere nazionale. A sedici anni cura la
messa in scena di due opere di Pirandello e De Filippo. Nel settore
cinematografico realizza numerosi documentari, tra i quali Il Carretto,
che riscuote consensi nell’ambito di rassegne regionali e nazionali.
1
G. TORNATORE, Tornatore, fotografo in Siberia, Electa, Milano, 1999.
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Nel 1979 inizia un’intensa collaborazione con la Rai, per conto della
quale dirige diversi programmi televisivi e cinematografici: Diario di
Guttuso, Ritratto di un rapinatore, Incontro con Francesco Rosi,
Scrittori siciliani e cinema: Verga, Pirandello, Brancati e Sciascia.
Con Le minoranze etniche in Sicilia ottiene il premio per il migliore
documentario al festival di Salerno (1982).
Dal 1978 al 1985 è presidente della cooperativa CLCT (Centro di
Lingua e Cultura Tedesca), che ha prodotto il film di G. Ferrara Cento
giorni a Palermo interpretato da Lino Ventura. Di questo film
Tornatore è anche co-sceneggiatore e regista della seconda unità di
ripresa.
Nel 1986 esordisce nella regia cinematografica con Il Camorrista,
liberamente ispirato al libro di Giuseppe Marazzo e interpretato da
Ben Gazzara, Laura del Sol e Leo Gullotta: un film che gli fa
assegnare il Nastro d’argento del SNGCI (Sindacato Nazionale
Giornalisti Cinematografici Italiani) e il Globo d’oro della stampa
estera per il migliore regista esordiente.
Del 1988 è Nuovo Cinema Paradiso, interpretato da Philippe Noiret,
Jacques Perrin, Salvatore Cascio e Enzo Cannavale, film che vince il
Gran Premio Speciale della Giuria 1989 a Cannes, il Globo d’oro della
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Stampa Estera a Hollywood, il Premio Speciale Felix 1990, il Premio
BAFTA (British Academy of Film & Television Arts) 1991 per la
sceneggiatura; ma soprattutto gli vale il Premio Oscar per il miglior
film straniero, riconoscimento che innalza Tornatore, nonostante la
giovane età, nel Gotha del cinema mondiale.
Nel 1990 gira Stanno Tutti Bene, con Marcello Mastroianni, Michele
Morgan e Salvatore Cascio. A questo film vengono assegnati il
Premio OCIC (Critica Ecumenica Internazionale) 1990 a Cannes e il
Nastro d’argento del SNGC per il miglior soggetto originale.
Del 1991 è Il Cane blu, con Philippe Noiret - un episodio del film La
Domenica Specialmente, tratto dai racconti di Tonino Guerra.
Dal 1990 collabora con Philip Morris Progetto Cinema in qualità di
socio fondatore: nel contesto di tale iniziativa Tornatore anima e
sostiene il restauro dei seguenti film: La Signora delle Camelie di
Gustavo Serena; La Terra trema di Luchino Visconti; Sciuscià di
Vittorio De Sica; Il Cappotto di Alberto Lattuada; Sguardi d’Autore
(12 cortometraggi a cura di Michelangelo Antonioni, Luigi
Comencini, Francesco Maselli, Gianfranco Mingozzi, Ermanno Olmi,
Elio Petri, Giulio Questi, Dino Risi, Florestano Vancini, Luchino
Visconti, Valerio Zurlini); Il Bell’Antonio di Mauro Bolognini.
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Durante l’anno accademico 1992-93 Tornatore svolge un corso di
lezioni alla facoltà di Magistero dell’Università di Palermo come
professore per l’insegnamento di Estetica.
Nel 1993 gira Palermo: Città Antimafia - Omaggio a Falcone, breve
filmato televisivo per il primo anniversario della strage di Capaci. Del
1994 è Una pura formalità, interpretato da Gerard Depardieu, Roman
Polanski e Sergio Rubini. In concorso al 47º Festival di Cannes, il
regista vince il Ciak d’oro per il montaggio mentre il Globo d’oro
della stampa estera in Italia per la migliore fotografia va a Blasco
Giurato, autore delle immagini.
Nel 1995 Tornatore viene insignito del titolo di Cavaliere delle Arti e
delle Lettere in Francia e nello stesso anno dirige L’uomo delle stelle,
interpretato da Sergio Castellitto, Tiziana Lodato, Leopoldo Trieste,
Nicola Di Pinto, Clelia Rondinella e Franco Scaldati. Questo film
vince il Gran Premio Speciale della Giuria alla 52º Mostra del cinema
di Venezia ed ancora una volta Tornatore si vede riconosciuta la
candidatura al premio Oscar.
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L’opera ottiene diversi Nastri d’argento nel 1996: per la regia, per il
migliore attore protagonista, il migliore attore non protagonista, la
migliore fotografia e la migliore scenografia. Inoltre riceve il David di
Donatello come migliore autore, ma vengono premiati pure il migliore
attore non protagonista e la scenografia.
Sempre del 1995 è Lo schermo a tre punte, un’antologia
cinematografica su “la Sicilia e il Cinema” realizzata per l’Istituto
Luce e per la Sciarlò s.r.l. in programma nella sezione “ Finestra sulle
immagini” alla 52º Mostra di Venezia.
Nel 1996 il regista è insignito del titolo di Commendatore della
Repubblica Italiana dall’ex-presidente Oscar Luigi Scalfaro.
Il 12 settembre 1997 inziano le riprese de La Leggenda del Pianista
sull’Oceano, che si concludono il 14 marzo 1998 e per il quale
Tornatore vince i Premi David di Donatello 1999 per le migliori
musiche, la migliore scenografia, i migliori costumi e la migliore
fotografia. È inoltre vincitore nella sezione del David scuola edizione
1999 del David di Donatello.
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I Nastri 1999 assegnatigli sono, invece, per la migliore regia, il
miglior film italiano, la produzione, la sceneggiatura, la scenografia e
i migliori costumi. Un Nastro d’argento speciale va a Enno Morricone
per la ricerca musicale nella composizione della colonna sonora.
Ultimo impegno cinematografico, fino a questo momento, è Malena
(anno 2000) con Monica Bellucci, opera che riceve due nominations
all’Oscar per la fotografia e la colonna sonora.
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1.2. La genesi di una vasta epopea cinematografica
«Immagini incancellabili, come quelle che ci hanno regalato Fellini,
Leone, Bertolucci, Amelio, viaggiano su quell’oceano di emozioni da
grande cinema».
2
Così Irene Bignardi apre la sua recensione al film di Giuseppe
Tornatore, La Leggenda del Pianista sull’Oceano, tratto dal monologo
teatrale di Alessandro Baricco Novecento: un kolossal da 40 miliardi
nato da un testo di appena 62 pagine. «Volevo che avesse lo stesso
respiro del breve racconto da cui è tratto ed invece […] l’epicità
nascosta della parabola di Novecento mi ha talmente coinvolto da
averne fatto infine un romanzo cinematografico».
3
Per la stesura della sceneggiatura, Tornatore è partito dal monologo e
da un suo rapporto personale con lo scrittore torinese: è andato a
vedere lo spettacolo teatrale dopo aver letto il libro e, grazie alla
dimensione spettacolare dell’immagine che la scrittura di Baricco
possiede, questa si è potuta facilmente adattare al cinema.
2
I. BIGNARDI, Viaggiano su quelle emozioni da grande cinema, «La Repubblica», 28 ottobre
1998.
3
G. TORNATORE,Così il pianista è diventato il mio inferno, «La Repubblica», 28 ottobre 1998.
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I due, inoltre, si erano incontrati alcuni anni prima della realizzazione
del film e il regista stesso aveva avanzato la proposta di scrivere un
film da un suo soggetto. Ma qualcosa di simile alla sua idea esisteva
già, così Tornatore comincia a lavorare ad un altro progetto, Il
viaggiatore indiscreto. Sembrava tutto pronto quando poi,
improvvisamente il progetto è saltato. Proprio allora al regista capita
di leggere Novecento, un monologo che lo entusiasma molto per la
storia e per la semplicità del linguaggio. Così nel 1997 compra i diritti
per la realizzazione di questo vasto progetto.
Dopo un primo momento in cui Baricco era tentato dall’idea di
collaborare alla sceneggiatura, lo scrittore ha lasciato che il suo
monologo nelle mani del regista si trasformasse in una sceneggiatura,
ben interpretando le esigenze di Tornatore di intervenire sulla struttura
e di apportarne dei cambiamenti affinché il tutto risultasse il più fedele
possibile al senso del testo.
Non è la prima volta che Tornatore trae un film da un’opera letteraria:
se si eccettua il suo film d’esordio, Il camorrista (tratto dal romanzo
di Giuseppe Marrazzo) che aveva il piglio di un’inchiesta
giornalistica, già precedentemente aveva lavorato con un altro
scrittore-giornalista, Gianni Riotta. All’epoca si era agli inizi di Mani
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Pulite, momento della storia italiana in cui la nostra politica aveva
toccato il suo punto più basso. Così i due scrivono una storia in cui si
parlava della Sicilia del dopoguerra, delle occupazioni delle terre e
delle lotte contadine: una storia per ricordare i tempi in cui si pensava
che solo l’impegno politico avrebbe risolto i problemi del Paese. Il
produttore Cecchi Gori, comunque, la bocciò perché ritenne che la
storia avesse “troppe bandiere rosse”.
Tornatore, con la Leggenda, regala momenti di grande poesia e
commozione, utilizzando come canovaccio solo il monologo teatrale
di Baricco.
Il regista di Nuovo Cinema Paradiso si ritrova in un nuovo film
capace di coniugare i contrasti: gioia e tristezza, amore e solitudine,
scelte e rimpianti, paese e città, adolescenza ed età adulta.
Non è la prima volta che Tornatore trae una sua opera filmica da uno
spunto letterario preesistente. Ci si è chiesto perché non abbia
inventato da sé la sua storia, perché sia andato a prenderla altrove. La
risposta può essere ipotizzata nel fatto che il regista, così come lo
scrittore da cui trae spunto è estraneo alla nozione “romantica” di
artista che inventa da sé.
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Tornatore non inventa una storia; il criterio che adotta è quello di
avere una buona storia, breve, in modo da poterla adattare. Egli
preferisce lavorare sul testo, concepirlo al tempo stesso come una
costruzione, ma anche come un mistero che deve contenere una
perfettibilità continua. Tutto ciò stimola il regista ad una cura e
perfezione del dettaglio (precisione della recitazione, eleganza delle
riprese, nitidezza dell’inquadratura).
Tornatore, come tutti i registi, riserva un posto centrale all’attore. La
lavorazione del film è il prolungamento naturale della scrittura del
testo ed il regista si serve degli attori come elemento fondamentale per
dare corpo alla sua visione. Il problema di Tornatore, nel caso
specifico della Leggenda, è di realizzare un film quasi perfetto, degno
di appartenere alla schiera dei kolossal americani. Tornatore
immagina e racconta la storia di Novecento, un personaggio e un
secolo allo stesso tempo in crisi; narra, fotografa e rappresenta la sua
storia con i mezzi cinematografici, visivi e uditivi, che ha a sua
disposizione. Egli affronta appieno la crisi del suo “eroe” basandosi
non solo sull’immagine visiva e di suoni, ma anche su quella dei
dialoghi e dei monologhi e della voce fuori campo. Attraverso la crisi
esistenziale di Novecento, Tornatore, risulta un attento osservatore
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delle paure che il destino fa scaturire nell’essere umano, gli fa
indossare i panni del pianista-affabulatore che teme il suo futuro in
mezzo alla gente scegliendo la solitudine e il silenzio del ventre della
nave, in particolare della terza classe a cui egli sente di appartenere di
diritto e che viene scelta a maggior ragione perché è il luogo, sia fisico
che simbolico, dove l’emarginazione e la solitudine prendono corpo in
modo più assiduo e nitido.