Introduzione
2
Si è cercato di raggiungere questo obiettivo mediante uno studio che
partisse dalla situazione attuale, fino a prevedere i possibili futuri
sviluppi in materia. Inizialmente, dunque, è trattata l’evoluzione della
responsabilità civile a partire dalle prime interpretazioni dell’articolo
2043 c.c. Sono in seguito analizzati, nell’ambito dell’articolo 2043, gli
elementi costitutivi della responsabilità extracontrattuale, nonché gli
oneri probatori gravanti sia sul danneggiato, per ottenere una qualche
forma di risarcimento, sia sul presunto danneggiante, per esentarsi dal
pagamento di un indennizzo. Delle diverse tappe, attraverso le quali la
responsabilità civile ha visto modificati i suoi confini, ne sono analizzate
due in particolare: il danno alla persona e la responsabilità del
produttore.
Lo studio sul danno alla persona evidenzia come, nel corso degli
anni, il riconoscimento del diritto al risarcimento dei danni alla salute si
tramuti da un’analisi dell’eventuale diminuzione della capacità
lavorativa, nell’individuazione del danno a prescindere da qualsiasi
conseguenza patrimoniale sfavorevole.
Introduzione
3
L’orientamento interpretativo della responsabilità del produttore si è
modificata in tre momenti principali: da una fase di sostanziale
negazione del diritto del consumatore ad ottenere un risarcimento per le
lesioni subite, si è passati a riconoscere la responsabilità
extracontrattuale del produttore, fino a giungere all’adozione a livello
comunitario di una disciplina specifica (la direttiva 85/374/CEE, recante
norme sulla responsabilità per danni da prodotti difettosi).
Nell’ambito dello studio delle tre fasi è evidenziato come i giudici
italiani, reputando inadatti gli strumenti normativi di natura contrattuale
e fino all’adozione della direttiva 85/374/CEE, abbiano fatto ricorso a
delle forzature normative per poter assicurare un’adeguata tutela al
consumatore.
La suindicata direttiva comunitaria, recepita in Italia dal d.P.R.
224/88, è stata esaminata sia attraverso il processo storico che ha
condotto alla sua emanazione, sia nei suoi aspetti principali, basandosi
sulle linee guida tracciate dalla Corte di Giustizia europea. Per una
completa descrizione della politica comunitaria diretta alla tutela dei
consumatori, si è inoltre illustrata la direttiva 92/59/CEE, relativa alla
sicurezza generale dei prodotti.
Introduzione
4
L’analisi delle difficoltà di applicazione pratica della suddetta
normativa europea, assume un particolare rilievo nell’ambito del settore
produttivo delle sigarette. In quest’ultimo settore, infatti, i consumatori
hanno le maggiori difficoltà di ottenere il risarcimento dei propri diritti
danneggiati.
In particolare, l’attenzione è posta sui danni subiti da coloro i quali
sono diretti consumatori di tabacco, cioè sui danni da fumo attivo. Nei
riguardi, infatti, dei danni da fumo passivo, vale a dire dei danni patiti
dai soggetti non fumatori esposti al fumo di altre persone, l’ordinamento
italiano è dotato di apposite norme (l. n.3 del 2003, art. 51; art. 2087 c.c;
d.lgs. n. 626 del 1994) che consentono ai soggetti lesi di avviare con
successo un’azione giudiziaria.
Il nostro ordinamento, invece, non contiene alcuna normativa
specifica a tutela dei fumatori danneggiati. Nonostante questa carenza
normativa si è cercato di inquadrare una possibile responsabilità del
produttore nell’ambito dapprima della disciplina codicistica sull’illecito
civile e, successivamente, in quella del d.P.R. 224/88, in materia di
prodotti difettosi.
Introduzione
5
Gli articoli del codice civile che vengono presi in riferimento sono
l’art. 2043 c.c., responsabilità extracontrattuale, e l’art. 2050 c.c.,
responsabilità per lo svolgimento di attività pericolose. Lo studio è
affrontato confrontando l’opinione giurisprudenziale e dottrinale in
materia, non trascurando dati statistici, studi scientifici, esperimenti di
laboratorio e le esperienze provenienti dagli Stai Uniti, utili al fine di
appurare l’esistenza dei requisiti necessari per l’applicabilità delle norme
del codice civile su menzionate. Il riferimento, inoltre, alla responsabilità
per i c.d. rischi da sviluppo crea una specie di collegamento con la
successiva valutazione della possibilità di applicare la disciplina del
d.P.R. 224/88 al settore produttivo delle sigarette. In particolar modo,
dopo aver accertato l’ambito di applicazione della legge, si è cercato di
comprendere se il prodotto “sigaretta” possa essere giudicato difettoso,
esaminando la possibilità di imputare la corrispondente responsabilità al
produttore di sigarette.
Tale valutazione è stata effettuata elaborando un’accurata analisi
dell’art. 5 del d.P.R. 224/88, ovverosia dei requisiti necessari affinché un
prodotto possa definirsi difettoso, soffermandosi maggiormente sui
cosiddetti difetti d’informazione.
Introduzione
6
L’analisi, dunque, si è incentrata sulle uniche due informazioni
elargite, attraverso la confezione del prodotto, dai produttori di sigarette
nei confronti dei consumatori: gli avvertimenti circa la pericolosità del
fumo e la quantità di nicotina e condensato presenti in ogni singola
sigaretta. Al fine di poter valutare la completezza e la qualità di tali
informazioni si è verificato: l’intelligibilità delle stesse informazioni
tenendo presente il bacino di utenza del prodotto sigaretta; la
composizione delle sigarette e l’efficacia delle smoking machine, ossia
delle macchine impiegate per la misurazione del tenore di catrame e
nicotina presenti in ogni singola sigaretta.
L’applicazione teorica del d.P.R. 224/88 nei riguardi del prodotto
sigaretta si conclude con una verifica delle possibili difese dei produttori
di sigarette, nonché dei danni ritenuti risarcibili, valutando la possibilità
dell’individuo di disporre della salute del proprio corpo e, dunque, di
arrecare consapevolmente lesioni alla propria persona.
Successivamente lo studio si incentra sulla possibile configurazione
della responsabilità, sia contrattuale sia extracontrattuale, dell’A.A.M.S.
(Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato, oggi E.T.I. - Ente
Tabacchi Italiani s.p.a.) alla luce delle recenti decisioni della
Commissione Europea e dell’Autorità Garante della Concorrenza e del
Mercato.
Introduzione
7
L’attenzione, infine, è rivolta ai futuri cambiamenti, imposti dalla
direttiva comunitaria 37/2001, in merito alla lavorazione,
pubblicizzazione e vendita dei prodotti di tabacco.
CAPITOLO 1: Evoluzione della responsabilità civile
8
CAPITOLO 1
EVOLUZIONE DELLA RESPONSABILITÀ CIVILE
1.1 La responsabilità civile
Ogni atto umano ha come conseguenza la nascita di una
responsabilità, l’uomo libero risponde del suo comportamento.
La responsabilità individuale è strettamente connessa al regime di
libertà: maggiore è la libertà di cui si gode e più si dovrà rendere conto
delle conseguenze del proprio agire, altrimenti non si parlerebbe più di
libertà ma di arbitrio. Questo legame tra libertà e responsabilità
costituisce le fondamenta su cui si edifica l’obbligo di rendere conto dei
propri atti.
Altro fattore che influenza positivamente la domanda di assunzione
di responsabilità è il tasso di sviluppo raggiunto dalla società civile.
L’interesse verso le responsabilità di ciascun individuo sale con
l’aumentare della percezione di diritti e doveri da parte della comunità.
CAPITOLO 1: Evoluzione della responsabilità civile
9
In termini generali l’espressione responsabilità racchiude in sé il
concetto di soggezione alle conseguenze sfavorevoli della propria
condotta. Il responsabile è identificato in colui il quale subisce in primis
le conseguenze di una sua azione o di una sua omissione. Al fine di
configurare una responsabilità, però, quest’azione, od omissione, deve
essere confliggente con la norma. Cosicché si parlerà di responsabilità
morale, politica o giuridica in base alla natura, morale, politica o
giuridica, della norma violata dal trasgressore. La differenza tra queste
tre diverse figure di responsabilità risiede nel fatto che solo la
responsabilità giuridica è una “responsabilità propria”, rispetto alle altre,
dette “responsabilità improprie”, giacché solo in seguito alla violazione
dell’obbligo giuridico scatta una sanzione correlativa a tale obbligo.
Un atto umano è illecito, e dunque idoneo a far sorgere una
responsabilità civile del suo autore, nel momento in cui va a contrastare
con quelli che sono i doveri imposti al singolo dalla convivenza sociale,
sia nell’interesse superiore della collettività, sia al fine di tutelare i
consociati stessi.
CAPITOLO 1: Evoluzione della responsabilità civile
10
Doveri che derivano dai cosiddetti “diritti primari” e che, anche se
non appositamente previsti dalla legge, non possono essere disconosciuti
perché volti a garantire il corretto comportamento degli uomini nei
rapporti intersoggettivi e, di conseguenza, ad assicurare una loro
armonica e ordinata convivenza. L’alta numerosità di tali doveri
impedisce una loro elencazione
1
.
La figura di responsabilità, disciplinata dall’art. 2043 c.c., secondo
cui “Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno
ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”
trova in dottrina definizioni a volta a volta differenti a seconda del punto
di vista adottato dall’interprete.
La responsabilità sarà, così, denominata civile se si vuol mettere in
luce la reazione dell’ordinamento, conseguenza della violazione di
norme poste a diretta tutela di interessi privati; extracontrattuale, per
distinguerla da quella contrattuale dato che riguarda conflitti sorti tra
persone non vincolate tra di loro da una precedente obbligazione o che
comunque, qualora vi sia un contratto, non sono risolvibili all’interno
della disciplina specifica; aquiliana per evidenziare l’origine storica
dell’istituto; per fatto (atto) illecito, diversa cioè dalle ipotesi in cui
1
A.P. LETO, Variazioni sulla responsabilità, in Il diritto di famiglia e delle persone,
1994, pp.273 e ss.
CAPITOLO 1: Evoluzione della responsabilità civile
11
l’imputazione oggettiva della responsabilità deriva dalla creazione di un
rischio lecito nei confronti del quale il potenziale danneggiato non può
adottare una reazione preventiva. L’attuale formulazione della norma è il
frutto di un lungo processo di evoluzione avviato dalla lex Aquilia de
damno proseguita lungo tappe fondamentali quali gli artt. 1382-1383,
Code Napoléon e 1151-1152, c.c. del 1865
2
.
Il vecchio codice, sulla scorta del code civil disponeva unicamente
che “qualunque fatto dell’uomo che arreca danno all’altro, obbliga
quello per colpa del quale è avvenuto a risarcire il danno” (art. 1151),
mentre il nuovo codice del 1942 introduce il requisito dell’ingiustizia del
danno. La dottrina aveva sempre posto l’attenzione sulla condotta, e non
sul danno per configurare l’antigiuridicità del fatto illecito; in altre
parole per qualificare ingiusto il danno si riteneva necessario andare a
verificare l’ingiustizia del comportamento che aveva prodotto il danno.
Una valutazione che era effettuata tenendo presente il principio generale
affermato nel nostro ordinamento, ovverosia l’obbligo generico del
neminem laedere, espressione con la quale si indica l’insieme di doveri
gravanti su ciascuno nel rispetto delle altrui situazioni giuridicamente
tutelate..
2
L. GAUDINO, Gli interessi protetti nell’art. 2043 c.c., in P. CENDON (a cura di),
La responsabilità extracontrattuale. Le nuove figure di risarcimento del danno nella
giurisprudenza, Milano, 1994, pp.209 e ss.
CAPITOLO 1: Evoluzione della responsabilità civile
12
Questa convinzione dottrinale si era diffusa nonostante nei lavori
preparatori si facesse menzione dell’introduzione, nell’art. 2043 c.c., del
requisito dell’ingiustizia riferito al danno. Nella Relazione al Re, n. 267
si afferma che “perché il fatto doloso o colposo sia fonte di
responsabilità occorre che esso produca un danno ingiusto”. Questa
precisazione è utile al fine di conferire chiarezza al contenuto della
norma dell’art. 1151 c.c. del 1865 evidenziando la differenza
intercorrente tra i concetti di colpa ed ingiustizia, poiché è necessario che
il fatto o l’omissione, per costituire fonte di responsabilità, deve essere
doloso o colposo, ossia imputabile, e allo stesso tempo deve comportare
la lesione della sfera giuridica altrui. La sottolineatura della lesione
dell’altrui sfera giuridica quale requisito essenziale del fatto illecito,
però, passò inosservata e fu del tutto ignorata dalla dottrina la cui
attenzione era probabilmente attratta da altre problematiche.
Discutendo invece, del carattere sanzionatorio dell’art. 2043 c.c., e
cioè della natura del rimedio del risarcimento del danno, previsto come
conseguenza dell’illecito, si affermò l’idea che il termine “danno”, in
questo contesto legislativo, era da intendere come pregiudizio
economico, misurabile in danaro.
CAPITOLO 1: Evoluzione della responsabilità civile
13
In definitiva si era costruita una divisione normativa tra danni
patrimoniali e danni non patrimoniali, gli uni rientranti nell’ambito della
disciplina dell’art. 2043 c.c., gli altri in quello dell’art. 2059 c.c. Ciò
spiega il trasferimento del carattere di ingiustizia dal danno al fatto,
trasposizione operata in contrasto con quanto disposto dal codice civile.
La dottrina riteneva, infatti, che il legislatore fosse incorso in un errore
giuridico poiché un pregiudizio economico non può essere né giusto né
ingiusto.
Oltre al mantenimento, per lungo tempo, di questa posizione
dottrinale, cioè del mancato interessamento della modifica legislativa
introdotta e valutata come erronea, la dottrina dominante mantiene salda
la tradizione che si era dimostrata sempre non curante di identificare
quali diritti dell’altrui sfera soggettiva godono di una tutela aquiliana,
dando per scontato che solo i diritti soggettivi assoluti, qualora lesi,
potessero dare luogo alla responsabilità civile.
L’idea si sviluppò già ai tempi del vecchio codice civile, quando si
riteneva che il principio del neminem laedere, la cui violazione faceva
scattare la responsabilità, racchiudesse tutta una serie di doveri previsti
legislativamente a tutela dei diritti dei singoli.
CAPITOLO 1: Evoluzione della responsabilità civile
14
Poiché si sosteneva che i diritti relativi, in quanto tali, possono essere
violati solamente dall’obbligato, la responsabilità civile non poteva che
sorgere solo in seguito alla lesione dei diritti soggettivi assoluti
3
.
Le cose cambiano a partire dagli anni sessanta per il verificarsi di
alcuni avvenimenti. Innanzitutto lo sviluppo economico ed industriale
che ebbe come effetto collaterale l’incremento delle occasioni di danno.
In seguito crebbe anche l’attenzione verso le ragioni del danneggiato e
ciò anche per la maggiore valorizzazione dei principi costituzionali.
Tutto ciò fece traballare le certezze della dottrina dominante sia in merito
all’equazione tra danno ingiusto e diritto soggettivo assoluto, sia al
riguardo della qualifica dell’art. 2043 c.c. come norma meramente
sanzionatoria
4
.
In particolare sono due gli studi tendenti a chiarificare il significato
del requisito d’ingiustizia applicato all’azione lesiva.
Il primo contributo restituì il carattere di norma primaria all’art. 2043
c.c. Non più quindi norma a carattere semplicemente sanzionatorio che
necessita dell’intervento di un'altra norma dell’ordinamento per essere
applicata.
3
G. VISINTINI, I fatti illeciti. I. Ingiustizia del danno. Imputabilità, in I grandi
orientamenti della giurisprudenza civile e commerciale, collana diretta da F.
GALGANO, Padova, 1987, pp. I e ss.
4
L. GAUDINO, Gli interessi protetti nell’art. 2043 c.c., cit., pp.209 e ss.
CAPITOLO 1: Evoluzione della responsabilità civile
15
Questo risultato è ottenuto attraverso l’interpretazione del termine
“ingiusto” non come “antigiuridico” (contra ius), ma nel senso di “non
giustificato” (non iure)
5
. In tal caso il danno risarcibile è quel danno
subito in virtù di un atto lesivo non autorizzato da una norma, vale a dire
il danno arrecato senza una causa di giustificazione. Permane, in ogni
modo, la costruzione tradizionale del dovere generale del neminem
laedere attraverso il quale si garantisce una difesa a tutti gli interessi
meritevoli di tutela, anche nel caso in cui il fatto lesivo non è previsto da
una specifica norma proibitiva
6
.
Il secondo studio ha un duplice obiettivo, da un lato, superare l’idea
che l’illecito racchiude in sé solo la tutela dei diritti soggettivi e,
dall’altro, limitare la discrezionalità dell’interprete mediante valutazioni
dell’ingiustizia desunte da fattispecie normative preventive o repressive
di determinati comportamenti umani
7
. Si avvia, così, un processo di
tipizzazione delle figure dell’illecito, ciascuna caratterizzata da una
specifica ingiustizia.
5
P. SCHLESINGER, L’ingiustizia del danno nell’illecito civile, in Jus, 1960, pp.
336 e ss.
6
G. VISINTINI, I fatti illeciti. I. Ingiustizia del danno. Imputabilità, cit., pp. I e ss.
7
R. SACCO, L’ingiustizia di cui all’art. 2043, in Foro padano, 1960, I, pp. 1420 e
ss.