4
Il sistema della responsabilità patrimoniale e delle garanzie del
credito è il risultato del modo con cui un dato sistema giuridico, in
un dato momento storico, cerca di bilanciare il peso di due
esigenze fondamentali delle economie di mercato: da un lato, il
potenziamento della tutela del credito; dall’altro, l’interesse
generale ad una circolazione della ricchezza sempre più libera e
veloce.
La disciplina adottata in merito da ogni sistema giuridico si pone,
di conseguenza, come cristallizzazione del miglior bilanciamento
possibile di queste esigenze, spesso in conflitto tra loro.
Negli ultimi cinquant’anni, la tenuta dei tipici istituti codicistici di
garanzia del credito, modellati su esigenze socio-economiche ben
più arretrate rispetto a quelle attuali, è stata messa a dura prova
dalla rapida evoluzione economico-finanziaria
2
.
L’osservazione della realtà economica odierna, infatti, induce a
pensare che la necessaria presenza dello spossessamento
nell’ambito del sistema delle garanzie mobiliari sia coerente
solamente con le esigenze di un’economia pre-capitalistica, nella
quale la sicurezza del credito e la circolazione del diritto di garanzia
erano strettamente legate al meccanismo della traditio e del
possesso.
La possibilità che il sistema delle garanzie reali svolga un ruolo
decisivo e rilevante nell’ambito degli strumenti di finanziamento è
limitata dalle caratteristiche specifiche di questa forma di garanzia
(tipicità, accessorietà, indivisibilità, realità), che «rappresentano un
serio ostacolo ad una larga diffusione della garanzia reale nei
settori commerciale ed industriale, perché essa è stata costruita
per garantire la sicurezza del credito piuttosto che la libera
circolazione dei beni e lo sviluppo produttivo, in ossequio ad un
2
Francesca Fiorentini, Garanzie reali atipiche, 2000, saggio pubblicato sul sito
www.jus.unitn.it
5
modello economico legato alla proprietà»
3
.
Oggi, la rapida evoluzione della realtà economica e finanziaria
sollecita la ricerca di tecniche sempre più agili di tutela dei
finanziamenti e spinge verso una progressiva accelerazione della
velocità di circolazione della ricchezza mobiliare.
Il nostro sistema giuridico delle garanzie reali, però, si è dimostrato
incapace di adeguarsi alle nuove esigenze del mercato dei
finanziamenti, e di seguire il passo dei mutamenti dei tempi
proprio a causa della rigidità che caratterizza la disciplina
codicistica della responsabilità patrimoniale e delle garanzie reali.
Noti dogmi, come ad esempio quello dell’inderogabilità da parte
dell’autonomia privata del principio della par condicio creditorum,
o quello della tipicità e del numerus clausus dei diritti reali di
garanzia, sembrano aver creato un divario incolmabile tra la
staticità dei modelli giuridici e la dinamicità della realtà
economica
4
.
Da tempo anche la dottrina ha sottolineato che l’attuale sistema
non è in grado di soddisfare le esigenze che sottendono al
finanziamento esterno delle imprese dato che, da un lato, per la
costituzione del vincolo si richiede lo spossessamento del bene
oggetto della garanzia, e quindi, la privazione del potere di utilizzo
dello stesso, dall’altro lato, l’imprenditore, obbligato a concedere in
garanzia non solo il capitale fisso ma anche quello circolante
(materie prime, crediti, prodotti finiti…), ha l’esigenza di non
sottrarre quei beni al processo produttivo, in modo da contribuire a
generare quel flusso di ricchezza con il quale restituire il
finanziamento ricevuto.
Rilevanti sono, inoltre, le esigenze correlate alla costituzione in
pegno di valori mobiliari, categoria di beni, questa, contraddistinta
3
S. Gatti, Il credito su pegno, Milano, 1997, pag. 147 e seg.
4
Francesca Fiorentini, Garanzie reali atipiche, 2000, saggio pubblicato sul sito
www.jus.unitn.it
6
da una tendenziale brevità di “vita”, normalmente inferiore alla
durata del credito che con essi si vuol garantire
5
.
In questo caso emerge l’esigenza di poter sostituire i beni oggetto
del pegno con altri della medesima specie e valore, senza che ciò
comporti la costituzione di un nuovo pegno e pregiudichi l’esercizio
del diritto di prelazione.
Al fine di rispondere a tali esigenze la prassi bancaria ed, in
seguito, anche l’ordinamento con apposite leggi, hanno ideato
alcuni schemi contrattuali le cui caratteristiche strutturali e
funzionali, seppur non appaiono ammissibili se osservate in una
prospettiva strettamente formalistica, rispondono, invece, se
osservate in una prospettiva evolutiva, alla necessità del diritto dei
mercati finanziari di superare l’immobilità dell’oggetto nell’ambito
delle garanzie reali, quando l’oggetto assuma un ruolo importante
nell’ambito del processo produttivo dell’impresa o nel mercato dei
capitali
6
. Si tratta delle fattispecie, legali e convenzionali, di
garanzie rotative.
Infatti, con la Legge 24 luglio 1985, n. 401 “Norme sulla
costituzione di pegno sui prosciutti, a denominazione di origine
tutelata”, il legislatore ha prescritto che il vincolo apposto sulla
“coscia fresca suina”, segua il bene oggetto del processo di
lavorazione fino a trasferirsi sul prodotto finale automaticamente.
Inoltre con l’art. 7, secondo comma, della Legge 19 giugno 1986, n.
289, “Disposizioni relative all’amministrazione accentrata di valori
mobiliari attraverso la Monte titoli S.p.A.”, si è stabilito che “i
vincoli gravanti sui titoli ammessi nel sistema si trasferiscano,
senza effetti novativi, sui diritti del depositante”, in altre parole, i
vincoli non valgono più in quanto iscritti sul titolo, ma sono inseriti
5
F. Realmonte, L’oggetto del pegno: vecchi e nuovi problemi, in Banca, borsa e
titoli di credito, 1994, I, pag. 10.
6
E. Gabrielli, Rotatività della garanzia, in Digesto.4. Disc. Priv. Sez. Civ., volume
XVIII, Torino, 1998, pag. 103; ID, Sulle garanzie rotative, Napoli, 1998, pag. 23.
7
in uno speciale registro tenuto dal depositario, venendo, quindi, a
mancare del tutto l’elemento reale nella circolazione degli stessi.
Previsione, questa, poi estesa, con l’art. 4 del D.M. Tesoro 27
maggio 1993, “Disposizioni sulla gestione centralizzata dei titoli di
Stato”, modificato dal D.M. Tesoro 5 gennaio 1995, “Ulteriori
disposizioni sulla gestione centralizzata dei titoli di Stato”, ai titoli
di Stato oggetto di gestione centralizzata presso la Banca d’Italia.
Da tempo, inoltre, la prassi bancaria utilizza clausole di rotatività
dell’oggetto della garanzia pignoratizia, clausole che sono state
oggetto di un ampio dibattito da parte della dottrina e della
giurisprudenza.
Secondo un’autorevole dottrina, il concetto di pegno rotativo indica
una «forma di garanzia che consenta la sostituibilità e mutabilità
nel tempo del suo oggetto senza comportare, ad ogni mutamento,
la rinnovazione del compimento delle modalità richieste per la
costituzione della garanzia o per il sorgere del diritto di prelazione,
ovvero, senza che tale mutamento dia luogo alle condizioni di
revocabilità dell’operazione economica in tal modo posta in
essere»
7
.
La fattispecie è caratterizzata per l’accordo, il c.d. “patto di
rotatività”, che le parti predispongono in relazione ad un’operazione
di credito garantita dalla costituzione in pegno di valori mobiliari
(normalmente rappresentati da titoli del debito pubblico). Mediante
quest’accordo il creditore pignoratizio, costituito spesso da una
banca, è autorizzato a sostituire l’oggetto della garanzia, vale a dire
i titoli, una volta che questi siano venuti a scadenza, con altri della
stessa specie e valore, con conseguente trasferimento sui nuovi
titoli dell’originaria garanzia. In tal modo, ai vantaggi derivanti
dall’impiego dello strumento del pegno (vale a dire, realità,
7
E. Gabrielli, Le garanzie rotative, in I contratti del commercio, dell’industria e
del mercato finanziario, Trattato diretto da Galgano, 1995, I, pag. 853; ID,
Rotatività della garanzia, in Digesto.4. Disc. Priv. Sez. Civ., volume XVIII,
Torino, 1998, pag. 103; ID, Sulle garanzie rotative, Napoli, 1998, pag. 22.
8
spossessamento, prelazione e facile escussione), si aggiunge quello
della surrogazione, pattuita convenzionalmente dalle parti, dei titoli
originariamente dati in pegno, assicurando così l’estensione del
pegno ai titoli di nuova emissione
8
.
La fattispecie del pegno rotativo ha fatto, però, sorgere dei problemi
in ordine alla sua ammissibilità nel nostro ordinamento giuridico,
ed, in particolare, ha sollevato il problema dell’ammissibilità di
versioni consensuali di fattispecie reali, qual è per l’appunto il
pegno.
Molto si è discusso, inoltre, sulla possibilità di conciliare il
meccanismo di sostituzione dei titoli con le modalità di costituzione
del pegno, e cioè la necessità che la costituzione del pegno risulti
da atto scritto avente data certa e contenente sufficiente
indicazione del credito e del bene dato in pegno, al fine di renderlo
opponibile ai terzi e garantire così l’esercizio del diritto di
prelazione (art. 2787, terzo comma c.c.).
La maggior parte della dottrina ha qualificato le versioni
consensuali di fattispecie reali come contratti atipici; in tal modo la
questione è stata limitata nel verificare se tali contratti perseguano
“interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico”, ai
sensi dell’art. 1322, secondo comma, c.c.
Il presupposto su cui la dottrina ha fondato tale affermazione è
che, in un sistema dominato dal principio della libertà negoziale, le
parti abbiano il potere di alterare il procedimento di formazione del
contratto previsto dalla legge, e, quindi, di obbligarsi per mezzo del
semplice consenso.
Da un’analisi più approfondita, non sembra, però, ragionevole che
l’ordinamento giuridico richieda per alcune fattispecie negoziali la
realità, e quindi la consegna della cosa che forma oggetto del
8
R. Dabormida – D. Pistone, Conferme dalla Cassazione in tema di pegno
rotativo, commento a Cassazione Civile, sez. I, 27 settembre 1999, n. 10685, in
Il Corriere Giuridico 2000, pag. 1228.
9
contratto, quale condizione per il perfezionamento dello stesso, per
poi riconoscere, sulla base del principio generale dell’autonomia
contrattuale, che le parti possano creare delle varianti consensuali
dei corrispondenti negozi reali.
Il problema dell’ammissibilità di contratti consensuali equivalenti a
quelli reali tipizzati dal legislatore si riduce, quindi, nel verificare se
le parti, volendo realizzare una finalità per la quale la legge preveda
uno schema contrattuale reale, possano modificare il procedimento
di formazione del contratto.
La questione dovrà risolversi, quindi, non in base alla
meritevolezza degli interessi perseguiti con la conclusione del
contratto di pegno rotativo, ai sensi dell’art. 1322, secondo comma,
c.c., ma avendo riguardo della natura, imperativa o dispositiva,
della norma che richiede la consegna come condizione per il
perfezionamento del contratto.
In proposito la Cassazione
9
ha affermato che una versione
consensuale di un contratto reale sarebbe ammissibile “solo se la
consegna della cosa, quale requisito di perfezionamento della
fattispecie negoziale, avesse il rilievo di un naturale (e non di un
essenziale) negotii. Ma una tale opinione (…) non può essere
condivisa, non essendovi alcun elemento nella disciplina di tale
categoria di contratti, dal quale possa trarsi il convincimento che le
disposizioni di legge (nel nostro caso l’art. 2786 c.c.) che elevano la
consegna della cosa (…) al rango di elemento perfezionativo del
contratto, abbia carattere suppletivo, e possa essere quindi
derogata dalle parti”.
Dottrina e giurisprudenza affermano inoltre che, per determinare il
valore precettivo di una data norma di legge, bisogna analizzarne la
ratio. Perciò, partendo dal presupposto che sono considerate
imperative le norme che tutelano interessi generali
9
Sentenza della Cassazione Civile, Sez. I, 28 maggio 1998, n. 5264.
10
dell’ordinamento, e dispositive quelle che salvaguardano interessi
particolari del singolo, si può concludere che solo nei casi in cui la
ratio di una norma di legge sia tesa a tutelare interessi di ordine
particolare, le parti possano concordarne una deroga.
Per quanto riguarda il pegno, la sua sostanziale funzione è di
garantire l’interesse del creditore alla realizzazione del proprio
credito: da qui nasce l’esigenza dello “spossessamento” del
costituente, ossia di un atto che gli sottragga la disponibilità della
cosa data a garanzia del credito.
La fattispecie del pegno si caratterizza, inoltre, rispetto ad altre
forme di garanzia, per il fatto di attribuire al creditore il diritto di
prelazione, cioè di soddisfarsi sul bene avuto in garanzia con
preferenza rispetto a tutti gli altri creditori, ed il diritto di seguito,
cioè la sicurezza di prevalere rispetto ad eventuali aventi causa del
costituente.
Queste caratteristiche sono molto importanti poiché il pegno è
costituito su beni mobili, mentre la legge di circolazione di tali beni
fa salvi i diritti di terzi che conseguano in buona fede il possesso
della cosa (art. 1153 c.c.).
E’ evidente, dunque, come le esigenze, che hanno indotto il
legislatore a prescrivere la consegna del bene al creditore,
appartengano ad una dimensione di natura pubblicistica, da cui
deriva l’inammissibilità di una deroga della norma che prescrive la
realità di tale negozio giuridico. In caso contrario, infatti, il debitore
avrebbe sempre la facoltà di rendere inefficace il diritto di pegno
alienando il bene ad un terzo di buona fede che, per effetto del
possesso della cosa, vedrebbe il suo acquisto salvo da qualsiasi
pretesa del creditore pignoratizio
10
.
10
D. Cenni, Il patto di rotatività nel pegno: una strada ormai in discesa, nota a
sentenza della Cassazione Civile, Sez. I, 28 maggio 1998, n. 5264, in
Notariato, 1999, pag. 236 e seg.
11
Ribadita la realità del pegno come caratteristica inderogabile, non
si può, però, escludere la “possibilità di salvaguardare, con
apposite convenzioni, la continuità della garanzia, nonostante il
variare dei beni che ne costituiscono l’oggetto” e negare “la
rilevanza giuridica di pattuizioni le quali prevedano, rispetto a tali
rapporti, la sostituzione, totale o parziale, dell’oggetto della
garanzia, salvaguardando la continuità del rapporto (…) Il principio
di tipicità dei diritti reali (…) non toglie spazio all’autonomia privata
ai fini della concreta determinazione del contenuto delle situazioni
reali astrattamente previste dalla legge, sia pure nel rispetto dei
suoi caratteri essenziali”
11
.
Si può concludere, quindi, che sebbene non sia possibile
qualificare il pegno rotativo come un contratto atipico consensuale,
si può attribuire all’autonomia privata la possibilità di inserire nel
regolamento contrattuale un patto di rotatività dei beni dati in
garanzia, patto che, naturalmente, deve rispettare i limiti della
determinazione dell’oggetto del contratto (art. 1346 c.c.) e della
“sufficiente indicazione del credito e della cosa” (art. 2787, terzo
comma, c.c.).
Il testo normativo ha creato non pochi problemi alla dottrina e alla
giurisprudenza proprio in relazione alla previsione della “sufficiente
indicazione della cosa” e dell’operare del diritto di prelazione nelle
garanzie rotative.
Inizialmente la dottrina si è dimostrata restia ad accettare la figura
del pegno rotativo; infatti, mentre era considerato unanimemente
impossibile produrre l’effetto della prelazione con tale fattispecie,
molto dibattuta era l’analisi della nullità o meno della clausola di
rotatività.
In tal senso, Gorla affermava esplicitamente l’invalidità della
clausola di rotatività in quanto il dettato legislativo richiedeva
11
Sentenza della Cassazione Civile, Sez. I, 28 maggio 1998, n. 5264.
12
“l’individuazione nell’atto stesso di concessione del pegno”
12
dei
beni posti a garanzia, inoltre considerava tale patto
strumentalmente volto a danneggiare gli altri creditori.
Egli considerava il pegno rotativo come un pegno di beni
indeterminati, la sua ammissibilità avrebbe comportato la validità
dell’ “atto (…) con il quale vengono concessi in pegno tutti i beni
che verranno costituiti in pegno”
13
. Da tali considerazioni derivava
la sua convinzione della nullità del patto che prevedeva l’estensione
del pegno ad altri oggetti non identificati.
La posizione dominante in dottrina fino a poco tempo fa non
differiva di molto da quella espressa da Gorla. In particolare, anche
se veniva riconosciuta l’efficacia della clausola di rotatività tra le
parti, non si riteneva operante il diritto di prelazione, considerato
in tal caso pregiudizievole per gli altri creditori.
Una svolta in tal punto si ha con Gabrielli, il quale supera la
“rigidità del sistema” affermando la sostituibilità dell’oggetto del
pegno senza pregiudizio per la prelazione.
In una sua recente opera, egli sostiene che la moderna
elaborazione delle fattispecie di garanzie reali «deve rivolgersi a
considerare più il concreto assetto degli interessi che le singole
forme scelte per realizzarli, poiché, in ragione della crescente
varietà e molteplicità delle situazioni da regolare, esige una
maggiore elasticità nella definizione e configurazione della
fattispecie»
14
.
L’autore inquadra la fattispecie del pegno rotativo all’interno
dell’istituto della surrogazione convenzionale, mediante la quale è
possibile, quindi, sostituire l’oggetto del pegno senza che per
questo si verifichi l’estinzione del pegno originario ed il
perfezionamento di un pegno con diverso oggetto.
12
Gorla, Del pegno e delle ipoteche, in Commentario Scialoja-Branca, Zanichelli-
Foro it., 1968, pag. 289.
13
Gorla, opera citata nella nota precedente.
14
E. Gabrielli, Sulle garanzie rotative, Napoli, 1998, pag. 11.
13
La garanzia pignoratizia, considerata nel suo profilo funzionale, è
diretta a creare una riserva ad rem sul bene pignorato a favore del
creditore garantito, in modo che quest’ultimo possa contare, al fine
del corretto soddisfacimento dei propri interessi, su di un’utilità
reale. A quest’ultimo non interessa, infatti, l’oggetto specifico del
pegno nella sua individualità, bensì il valore economico in cui sarà
possibile trasformare tale oggetto in caso di inadempimento del
credito. L’oggetto della garanzia pignoratizia acquisisce, dunque,
«un valore di sintesi, indipendentemente dalla specifica identità
delle singole componenti, con una svalutazione del sostrato
materiale»
15
.
Detto valore dovrà essere sufficiente a coprire l’ammontare del
credito, affinché non sussista il pericolo di sostituzioni della res
idonee a corrodere la garanzia; inoltre le sostituzioni devono
avvenire entro i limiti di valore dei beni originariamente dati in
pegno, poiché solo in tal caso non si determinerà alcun pregiudizio
per gli altri creditori, giacché le sostituzioni lasciano immutato il
valore dei beni destinati al soddisfacimento preferenziale del
creditore pignoratizio
16
.
La distinzione concettuale tra oggetto del pegno, cioè il valore
rappresentato dal bene che ne è oggetto, e specifica res, apre così
alla possibilità di ammettere la fattispecie del pegno rotativo nel
nostro ordinamento.
Il problema relativo a tale fattispecie si è ridotto, dunque,
all’individuazione delle modalità di attuazione e dei limiti alla sua
utilizzazione da parte dell’autonomia negoziale.
Gli sviluppi della dottrina e della giurisprudenza, concernenti la
validità ed i limiti del patto di “rotatività” dell’oggetto del pegno,
sebbene non siano ancora sufficienti per adeguare l’ordinamento
15
D. Messinetti, Le strutture formali della garanzia mobiliare, in Riv. Crit. Dir.
Priv., pag. 814.
16
E. Gabrielli, Il pegno «anomalo», pag. 191; ID, Negozi costitutivi di garanzie
reali, in Banca, borsa e titoli di credito, 1996, I, pag. 169.
14
giuridico alle attuali esigenze del settore commerciale, meritano
attenzione perché hanno esaltato la possibilità dell’esplicazione del
potere dell’autonomia privata in un campo dal quale la tradizione
interpretativa l’aveva sostanzialmente emarginata.
Si ritiene pertanto che i privati, seppur non legittimati a creare
nuove forme di garanzia reale rispetto a quelle tipiche, possano ad
ogni modo «adattare la funzione di garanzia del pegno alle
particolarità dell’operazione economica», possano, in altre parole,
«produrre gli effetti della garanzia tipica attraverso l’impiego di
tecniche contrattuali parzialmente diverse» da quelle previste dalla
legge.
La funzione di garanzia del pegno, proprio perché regola
«un’operazione economica unitaria», può, infatti, divenire lo
strumento che permette alla garanzia di perdurare nel tempo, «al di
là della fissità dell’oggetto sul quale il vincolo si concretizza».
La sfida aperta dalla nuova stagione del diritto delle garanzie pare
destinata a giocarsi sul campo dell’autonomia privata e della
ridefinizione dei suoi limiti nel settore dei rapporti patrimoniali,
avendo di mira l’obiettivo di conciliare il bisogno di certezza del
diritto con l’esigenza di elasticità di manovra dei privati nel
regolamento dei propri interessi patrimoniali
17
.
17
Francesca Fiorentini, Garanzie reali atipiche, saggio pubblicato sul sito
www.jus.unitn.it; E. Gabrielli, Sulle garanzie rotative, Napoli, pag. 14-15; ID,
Spossessamento e funzione di garanzia nella teoria delle garanzie reali, in Il
Fallimento 2002, pag. 937-938.