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La consapevolezza dell’imminente crisi dell’acqua è aumentata in seguito ai Forum
internazionali sull’Acqua Mondiale, i convegni pubblici triennali del World Water
Council. Numerosi accordi e principi provenienti da questi Forum sono diventati le
basi su cui si sta effettuando il complessivo controllo dell’acqua.
Più di 4.000 luminari da tutto il mondo hanno partecipato al Forum Mondiale
dell’Acqua a l’Aia nel marzo del 2000. Sono intervenuti scienziati, esperti idrologi,
leader di governo, uomini d’affari e organizzazioni greenwash
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. Il meeting di sei
giorni si è concluso con la pubblicazione da parte dei rappresentanti di 130 governi
della “Dichiarazione Ministeriali dell’Aia” un documento di quattro pagine che
richiede a tutte le organizzazioni in questione di sentirsi coinvolte nella “gestione
delle risorse d’acqua integrate” per assicurare che “ogni persona abbia accesso a
sufficiente acqua sicura ad un costo accessibile”
2
. Nascosto tra il caloroso, generico,
doppio senso della Dichiarazione, sta il reale ordine del giorno.
Valutare l’acqua: gestire l’acqua in modo che esprima tutto il suo valore economico,
sociale, ambientale e culturale in tutti i suoi usi, e avviarsi verso un sistema di prezzi
per i servizi dell’acqua che riflettano il costo della loro fornitura.
Il Forum del marzo 2000 è stato presentato al mondo come parte di un processo di
partecipazione democratica alla gestione dell’acqua, mentre nei fatti il processo è
stato stabilito da potenti multinazionali e da delle élite, senza tener conto dei
bisogni basilari delle persone. Vi era ben rappresentato il top mondiale delle
corporation transnazionali ed esse hanno rilasciato una speciale dichiarazione
aggiuntiva di tre pagine durante il Forum. La Nestlé e la Unilever (rispettivamente la
prima e la terza delle maggiori corporation dell’alimentazione) hanno unito le loro
forze a quelle dell’Heineken, della ITT e delle compagnie globali dell’acqua DVH,
Azurix, CH2M Hill e Suez Lyonnaise des Eaux per dichiarare:
”L’acqua è un bene economico e il suo valore economico dovrebbe essere
riconosciuto nell’assegnazione delle scarse riserve d’acqua per gli usi concorrenti.
Mentre questo non dovrebbe impedire alle persone di ottenere a prezzi accessibili i
servizi d’acqua per i loro bisogni di base, il prezzo dell’acqua deve essere fissato ad
1
Si definiscono "greenwash" le situazioni in cui corporations transnazionali mantengono ed espandono i
loro mercati ponendosi come amiche dell’ambiente e nemiche della povertà.
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Dichiarazione ministeriale de L’Aia, accolta mercoledì 22 marzo 2000 al World Water Forum.
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un livello che ne incoraggi la conservazione e l’uso prudente.
”
L’acqua è già un business globale da 400 miliardi di dollari USA, e tuttavia l’acqua
privatizzata ammonta a solo il 10% di quella gestita da servizi pubblici a livello
mondiale. La World Water Commission (commissione di esperti nominati dal World
Water Council” sostiene che solo le aziende private possono disporre dell’enorme
capitale, stimato in 180 miliardi di dollari USA, necessario a rimediare ai problemi
dell’acqua mondiale. Questo comporta l’eliminazione di sussidi generalizzati per
l’acqua e la loro sostituzione con prezzi che offrano un allettante ritorno
sull’investimento.
Il World Water Council ha partorito un’entità sorella, la Global Water Partnership,
per sviluppare e guidare una “Struttura per l’Azione". Il documento sulla Struttura,
come tutti i documenti presentati dal World Water Council e dalle sue diramazioni,
usa un linguaggio retorico e colorito nel tentativo di dare alle raccomandazioni un
suono più gradevole. Il documento contiene le azioni che i governi dovrebbero
intraprendere per implementare la visione. Specificamente, esso richiede: piena
liberalizzazione e deregulation del settore dell’acqua (trattamento nazionale), per cui
alle corporations transnazionali viene dato lo stesso trattamento delle imprese locali
e/o delle pubbliche autorità; trasparenza nelle commesse governativi sui contratti
dell’acqua; facilitazioni nel commercio, mentre i governi dovrebbero essere più
orientati verso il settore privato; e privatizzazione quanto più possibile, con trattati
di partecipazione mista pubblico-privato come prossimo obiettivo più auspicabile.
Ulteriori raccomandazioni includono: l’eliminazione di tutti i sussidi che alterano il
prezzo e il commercio; la risoluzione della controversia sui problemi di acqua; la
promozione di biotecnologie agricole; la protezione dei diritti di proprietà delle
risorse d’acqua; e la domanda di uno stabile e prevedibile clima di investimenti, che
rafforzi i diritti di chi investe
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3
Corporate Europe Observer, "E non una goccia da bere! Il World Water Forum promuove la
privatizzazione e la deregulation dell’acqua mondiale ", numero 7, www.xs4all.nl/~ceo/.
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Per rispondere alla crescente crisi, la Banca Mondiale ha adottato una politica di
privatizzazione dell’acqua e di valutazione dell’acqua a pieno costo. Le basi delle
politiche della Banca Mondiale sono abbozzate nel documento del 1992
“Miglioramento nella Gestione delle Risorse d’Acqua”, che descrive l’importanza
della valutazione economica e di altri incentivi che incoraggino i consumatori ad
adottare pratiche efficienti nell’uso dell’acqua basate sulla relativa valutazione
dell’acqua.
I prezzi per le forniture d’acqua domestica e industriale sono generalmente semplici
da praticare. Nella maggior parte dei casi, l’uso può essere quantificato e i costi
possono essere attribuiti a seconda del volume e della qualità dell’acqua usata.
L’efficienza economica sarebbe ottenuta regolando i prezzi per l’acqua pari al costo
dell’opportunità di averla. Comunque, l’adozione immediata di tali prezzi risulta
essere spesso politicamente difficile. Così, dato il basso livello presente della
copertura del costo e l’estensione della sottovalutazione, l’adozione di compensi che
stabilissero l’autonomia finanziaria dell’entità acqua sarebbero un buon punto di
partenza per garantire l’indipendenza dell’entità e la sostenibilità delle operazioni.
Le entità sia pubbliche che private dovrebbero pagare per i costi dell’acqua e dei
servizi fognari che ricevono. La Banca Mondiale ritiene che rendere l’acqua
disponibile a costo zero, o a basso costo, non dà ai consumatori il giusto incentivo.
La sua ricerca e la sua esperienza indicano che”…quando le forniture d’acqua sono
sicure, i poveri vogliono pagarle, e quando il servizio è precario i poveri pagano di
più rifornendosi dai tipici acquaioli ambulanti”. Come indicato nel “World
Development Report 1992”, i poveri hanno bisogno di essere riforniti secondo
un’ampia gamma di opzioni, in modo da poter scegliere il livello di servizi d’acqua
per il quale vogliono pagare, dando con ciò alle forniture un interesse finanziario
nell’andare incontro alle necessità dei non abbienti. I listini prezzi possono essere
strutturati in modo che i consumatori ricevano una limitata quantità d’acqua a basso
costo e pagano di più per l’acqua aggiuntiva. I compensi strutturati in questo modo
possono corrispondere a prezzi di rendimento per il consumo aggiuntivo, anche
mentre forniscono basse tariffe di base a beneficio dei poveri.
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Comunque, il listino nel complesso dovrebbe fornire coperture a pieno costo;
altrimenti verrebbe compromessa la praticabilità finanziaria dell’entità acqua.
Un’altra forma di aiuto ai non abbienti, che potrebbe essere gestito attraverso
movimenti di bilancio una tantum, è un sussidio per l’allacciamento delle famiglie
alla rete idrica e fognaria.
A parte il suo stanziamento per sostenere la privatizzazione dell’acqua, la Banca è
la maggiore singola fonte mondiale di fondi per la costruzione di grandi dighe,
avendo investito più di 50 miliardi di $ USA (del 1992) per la costruzione di oltre
500 grandi dighe in 92 paesi.Sin dal 1948, la Banca Mondiale ha finanziato progetti
di grandi dighe che hanno forzatamente spostato circa 10 milioni di persone dalle
loro case e dalle loro terre. La stessa rivista della Banca del 1994 “Ristrutturazione e
sviluppo” ammette che la grande maggioranza di donne, uomini e bambini sfrattati
dai progetti finanziati dalla Banca Mondiale non hanno più riguadagnato i loro
precedenti redditi né ricevuto al diretto beneficio dalle dighe per le quali essi sono
stati obbligati a sacrificare le loro case e le loro terre.
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Capitolo I
I fondamenti economici della gestione idrica
I.1. Il ciclo dell’ acqua.
L’acqua è inserita in un ciclo naturale che non modifica la quantità
complessivamente presente nell’ecosistema terrestre, ma ne trasforma costantemente
posizione, stato fisico (solido, liquido, gassoso), e , quindi, la disponibilità locale.
Quest’ultima è una funzione del clima, e si può ritenere, nel medio e lungo periodo,
costante all’interno di ciascun territorio di riferimento. Le variazioni sono stagionali
oppure riferibili al lunghissimo periodo, ossia si tratta di alterazioni legate al mutare,
nel corso dei secoli, delle caratteristiche climatiche nelle diverse regioni della terra.
L’acqua rappresenta una delle risorse fondamentali indispensabile alla vita
dell’uomo e costituisce il supporto fondamentale per tutte le attività svolte
dall’uomo dalle funzioni vitali fino all’ottenimento di energia.
Nell’ espressione consumo di acqua dobbiamo tenere presente che qualsiasi utilizzo
di acqua da parte di qualsiasi organismo implica la sua restituzione all’ambiente. E’
tuttavia rilevante ricordare che non necessariamente l’acqua che viene prelevata in
un punto viene restituita nello stesso punto (ad esempio consideriamo il
trasferimento di acqua da un bacino a un altro).
Inoltre è possibile che l’acqua subisca “trasformazioni” fondamentali in riferimento
agli usi cui è destinata: ad esempio, l’inquinamento può modificare in modo
irreversibile la qualità di una risorsa d’acqua rendendola inutilizzabile per
determinati utilizzi.
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Possiamo classificare gli usi dell’acqua in funzione del livello di consumo che
implicano:
- usi che comportano un trasferimento quantitativo tra diversi bacini (ad
esempio, l’acqua usata per il raffreddamento degli impianti produttivi
evapora e si disperde nell’atmosfera). Il prelievo per il trasferimento a lunga
distanza sottrae acqua ad un bacino per riversarlo in un altro;
- usi che comportano un prelievo temporaneo dell’acqua e la sua restituzione
allo stesso bacino ma con caratteristiche potenzialmente inquinanti;
- usi che comportano un prelievo temporaneo dell’acqua e la sua restituzione
senza pericolo di inquinamento (ad esempio l’acqua prelevata per uso
idroelettrico);
- usi per i quali è necessario che l’acqua esista e che sia di una certa qualità,
ma che non comportano prelievi e scarichi (navigazione, pesca, attività
ricreative, conservazione degli ecosistemi).
Questa classificazione è effettuata in base all’effettiva trasformazione della qualità e
della quantità delle risorse idriche disponibili su un dato territorio. Occorre poi
considerare che molti di questi usi, pur non comportando alterazioni rilevanti della
qualità o della quantità delle risorse, richiedono, tuttavia, una trasformazione del
territorio. Essa, a sua volta, interferisce con i cicli naturali e con gli equilibri
idrogeologici in diversi modi, pensiamo ad esempio alla costruzione di una diga per
la produzione di energia idroelettrica.
L’ uomo da sempre ha cercato un controllo ravvicinato sul possesso di sufficienti
risorse idriche . Questa esigenza si è tradotta fin da subito con l’intervento delle
istituzioni sociali.
Il settore dell’acqua rappresenta, forse, la più vistosa eccezione al principio secondo
cui il mercato e la libera concorrenza costituiscono il più efficace sistema di
allocazione di una risorsa tra i diversi usi concorrenti: possiamo osservare che in
tutte le società (almeno, in tutte le società che hanno dovuto affrontare problemi di
scarsità delle risorse idriche) l’allocazione dell’acqua è stata realizzata tramite un
controllo diretto esercitato a vario titolo dalla collettività, per mezzo delle sue
istituzioni.
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Queste hanno avuto, quindi, il compito di mediare tra le esigenze di tutti gli
utilizzatori dell’ acqua. A questo punto ricordiamo che utilizzatori dell’acqua sono
coloro che si servono dell’acqua per i propri bisogni, ma anche coloro che utilizzano
un fiume per lo scarico dei propri rifiuti liquidi, coloro che lo sfruttano per il
trasporto via acqua o a fini ricreativi o per la pesca.
Storicamente il settore dell’acqua è stato caratterizzato dal massiccio intervento
delle istituzioni collettive, ora a regolamentarne l’uso ora a svilupparne le opere
necessarie per adattarlo al controllo umano. Fin dall’antichità grandi opere pubbliche
sono state realizzate per il controllo delle piene, la bonifica delle zone paludose, il
trasporto a lunga distanza tramite derivazioni e condotti. Le opere di controllo del
ciclo delle acque hanno rappresentato il primo caso in cui le società umane hanno
avvertito il problema del bene pubblico, così come inteso dagli economisti: come
opere, cioè, che l’attività economica “spontanea” non è in grado di garantire i livelli
che sarebbero necessari alla collettività, e che richiedono , pertanto, che l’iniziativa
per la loro realizzazione venga presa dalla collettività stessa tramite istituzioni
destinate allo scopo. Praticamente da sempre, dunque, l’attività di governo delle
risorse idriche è stato assunto da parte delle istituzioni collettive sia per rendere
l’acqua disponibile per l’uomo sia per proteggere l’uomo dalle acque. Attualmente,
il fenomeno dell’inquinamento idrico,all’interno di questo schema generale,
concorre a definire i termini dell’esigenza di controllo pubblico sulle risorse idriche
e sulle modalità economiche del loro utilizzo da parte dei settori produttivi.
Questo tipo di attività di controllo esaurisce la sua funzione nel momento in cui è
garantita la disponibilità sufficiente di acqua di potenziali utilizzatori. Già Adam
Smith aveva teorizzato la necessità dell’istituzione pubblica in questa attività, in
quanto parte della più generale attività di “creazione delle infrastrutture produttive”
che l’attività degli operatori privati non è in grado di sviluppare.
Le risorse idriche possono essere identificate come risorse rinnovabili. Il ciclo
evaporazione-precipitazione-deflusso (superficiale e sotterraneo) rende disponibile
sul territorio la quantità utilizzabile.
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Essa deve essere mantenuta al di sotto della capacità di ricarica delle diverse fonti,
per garantire un adeguato volume di deflusso superficiale ed un opportuno
bilanciamento delle acqua sotterranee per prevenire fenomeni quali la subsidenza del
terreno e l’intrusione di acqua saline nelle falde costiere.
I corsi d’acqua svolgono poi un’intensa attività di trasporto di materiali solidi verso
la foce, la quale è regolata da complessi equilibri su cui l’attività umana può
esercitare effetti dannosi. Ad esempio, la costruzione di dighe blocca il trasporto di
solidi verso valle; l’edificazione e l’impermeabilizzazione del territorio fanno sì che
una quantità di acqua defluisca in superficie anziché nel sottosuolo, amplificando la
portata delle piene e riducendo la capacità degli alvei di assorbire fitte precipitazioni.
L’aumento delle molteplici esigenze d’uso, un’ insufficiente capacità di
regolamentare e controllare l’accesso alla risorsa hanno determinato un progressivo
degrado della qualità delle risorse. All’elevato livello dell’inquinamento organico
dei corsi d’acqua superficiali, imputabili a scarichi civili e industriali, si
accompagnano fenomeni di eutrofizzazione di laghi e mari, contaminazione delle
falde ad opera di microinquinanti e talvolta anche situazioni di dissesto causate dallo
scarico (industriale) di sostanze tossiche e pericolose. In seguito al peggioramento
della qualità delle risorse, l’acqua è oggi per l’economia un bene scarso.
La scarsità di acqua deve essere valutata anche relativamente alla capacità umana di
raccoglierla, immagazzinarla e distribuirla. Per questo, insufficienti o fatiscenti
infrastrutture possono causare penuria d’acqua anche laddove non manchino
precipitazioni.
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I.2. Le caratteristiche dei servizi idrici.
Con il termine servizi idrici facciamo riferimento ad una serie di attività:
raccolta, stoccaggio, trattamento, distribuzione dell’acqua all’utenza, raccolta dei
reflui in fognatura, la loro depurazione.
Nella storia si ritrovano esempi di opere catalogabili come servizi idrici, si pensi agli
acquedotti romani o alla cloaca maxima. Tuttavia, solo verso la fine del
diciannovesimo secolo, gran parte dei centri urbani inizia a essere dotata con una
certa sistematicità di servizi di distribuzione e fognatura.
In moltissimi casi ciò avviene per iniziativa di operatori privati,che stipulano
contratti direttamente con i cittadini. Solo più tardi comincia ad affiorare la
consapevolezza della necessità dell’intervento dell’operatore pubblico. Essa nasce
proprio dalle caratteristiche tecnologiche dei servizi, soprattutto dalla loro natura di
monopolio naturale, che non consente a più di un produttore di operare
convenientemente su uno stesso territorio. Ciò è dovuto ai costi della infrastruttura
di rete, la quale non può essere duplicata senza aumentare i costi di distribuzione, e
viene rinforzato ulteriormente dalle rilevanti economie di scala che interessano gli
impianti di potabilizzazione e depurazione. La durata della vita economica degli
investimenti, molto elevata in questo settore, contribuisce poi a incrementare
notevolmente la possibilità che si sviluppi competizione tra le imprese per
assicurarsi il diritto a servire il mercato.
Siamo quindi in presenza di un classico caso di possibilità di fallimento del mercato,
ossia la mancanza di concorrenza tra gli operatori: l’unico produttore sceglie una
combinazione di quantità, qualità e prezzo dei servizi socialmente inefficiente,
richiedendo un intervento correttivo da parte delle autorità. Ad esempio, un impresa
operante a fini di lucro può non avere interesse ad estendere la rete di distribuzione
alle aree meno densamente popolate.
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I servizi idrici, in molte loro parti, costituiscono un esempio di servizio pubblico,
ossia un servizio non consumato singolarmente da ciascun utente, ma
collettivamente, da parte di un gruppo di consumatori: ciò si verifica perché il
servizio costituisce un unità indivisibile. Inoltre è indifferente dal punto di vista dei
costi che un nuovo consumatore si aggiunga agli altri.
In questi casi, la teoria economica dimostra l’inefficienza del mercato, poichè nessun
singolo consumatore ha interesse a rilevare la propria domanda e la conseguente
disponibilità a pagare, contando che altri provvedano al suo posto. Ne consegue un
livello complessivo di domanda inferiore a quello socialmente ottimale. E’ quindi
necessario un soggetto pubblico che si faccia carico della specificazione della
domanda per questi servizi e di esprimere, in nome della collettività dei
consumatori, la disponibilità della società a pagare per i servizi.
L’operatore, essendo falliti i meccanismi del libero mercato, deve definire:
- beni e servizi da offrire;
- qualità dei servizi;
- quantità in cui devono essere forniti (tecnologie, costi e fonti);
- per chi devono essere prodotti;
- quale margine di capacità in eccesso (maggiore o uguale a zero) deve essere
costruito nel sistema di offerta per fronteggiare le punte di domanda.
I servizi idrici, contrariamente a quanto accaduto in altri settori, hanno visto
generalmente un intervento diretto da parte delle amministrazioni pubbliche, che si
sono appropriate della funzione di organizzazione dei servizi e spesso hanno
provveduto direttamente alla loro gestione operativa.
Col tempo, la situazione è mutata. La complessità imprenditoriale dei servizi è
cresciuta, questo ha reso più difficile l’offerta di servizi da parte di organizzazioni
produttive poco sofisticate, quali quelle delle amministrazioni pubbliche locali.
Anche il concetto di servizio pubblico si è allargato:fino al 1800 esso si limitava alla
messa in opera di pozzi e fontane pubbliche, ai primi del secolo esso poteva
provvedere alla distribuzione alle case; successivamente si aggiunge la necessità di
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depurare gli scarichi; infine, l’inquinamento crescente delle fonti ha reso necessario
lo sviluppo di trattamenti di potabilizzazione. L’inderogabilità, quindi, di tecnologie
più complesse aumenta l’intensità di capitale e il fabbisogno di investimenti,
dilatando considerevolmente la dimensione efficiente degli impianti e il bacino
ottimale di utenza per i servizi.Ma parallelamente anche altri utilizzatori dell’acqua,
quelli produttivi, reclamano un’offerta di servizi che richiedono sempre più , per la
loro diffusione, un intervento dell’amministrazione pubblica. L’ultimo fattore che ha
messo in crisi il modello di offerta tradizionale è costituito dalla sempre più
indispensabile integrazione tra i diversi utilizzi, che implica una programmazione a
livello dell’intera risorsa.
I paesi in cui questa pressione è stata avvertita con maggiore anticipo sono
l’Inghilterra e la Francia, dove il settore dei servizi idrici è stato oggetto di
importanti riforme, che ne hanno trasformato gli ambiti di erogazione e le modalità
di organizzazione e di regolamentazione. In Francia la riforma del sistema idrico è
stata effettuata negli anni’60 grazie soprattutto all’istituzione delle Agenzie
finanziarie di bacino. L’Inghilterra ha effettuato una prima riforma nel 1973,
affidando il settore a dieci Water Authorities, enti pubblici con il compito di
governare l’intero ciclo delle risorse idriche. Nel 1989 le Water Authorities sono
state trasformate in società private e sono stati istituiti due organismi di
regolamentazione: uno con compiti di protezione ambientale e programmazione
delle risorse, l’altro con compiti di regolamentazione economica dei servizi.
Oggi questi due paesi sono dotati di un’ industria dell’acqua dinamica, fortemente
integrata, costituita da grandi imprese, competitive anche in un contesto di ampio
respiro internazionale, e di un sistema di amministrazione del ciclo delle acque
molto sofisticato.
In altri paesi l’intervento istituzionale è stato più lento, ma grazie a buona capacità
imprenditoriale a livello locale e a una solida disponibilità finanziaria questo settore
è potuto evolvere egualmente verso un offerta di servizi di elevata qualità.