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Per allontanamento delle proteine plasmatiche si
ottiene una frazione di azoto residuo, oscillante tra
20 e 40 mg/ 100 ml di plasma, rapportabile a
composti quali urea, acido citrico, aminoacidi, ecc.
che viene misurata come azotemia. Gli elementi
figurati del sangue sono tre di cui i principali sono
gli eritrociti o emazie ovvero i globuli rossi.
Questi sono presenti in un numero di
4500000/5500000 per microlitro, ovvero
millimetro cubo (mmc). Gli eritrociti sono
fondamentali per il trasporto di ossigeno e di
anidride carbonica a livello sistemico. Gli
eritrociti, come tutti gli elementi figurati, hanno
un ciclo vitale relativamente breve. La loro
produzione avviene da parte di organi che
prendono il nome di emopoietici, quali il fegato
ed il midollo osseo, mentre la loro eliminazione
avviene da parte di organi detti emocateretici , il
cui principale è la milza.
Il secondo tipo di elementi figurati del sangue
sono i leucociti noti anche come globuli bianchi.
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Questi in base alla presenza nel loro citoplasma di
inclusioni granulari sono distinti in due grandi
gruppi i leucociti granulari, o granulociti, e i
leucociti agranulari, o agranulociti (fig. 1-A). I
leucociti sono presenti nel numero di 4000/9000
unità per mmc e sono coinvolti nella difesa del
corpo da parte di patogeni, tossine, ecc.
Il rapporto fra la frazione degli elementi figurati e
la frazione plasmatica viene detta valore
ematocrito (HT) ed indica la percentuale di sangue
occupato dagli elementi cellulari. Considerando
che abbiamo circa 1000 globuli rossi per ogni
globulo bianco, l’HT indica quindi il volume
eritrocitario. Quindi il terzo elemento figurato,
come si diceva in apertura, sono le piastrine (fig.
1-B). Le piastrine prendono parte al processo di
coagulazione del sangue. Sono presenti nella
misura di 180000/400000 unità per mmc; una loro
diminuzione al di sotto dei suddetti valori prende
il nome di trombocitopenia o piastrinopenia. Di
solito con il termine trombocitopenia si indica una
distruzione eccessiva o una produzione inadeguata
di piastrine.
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I sintomi includono emorragia lungo il tratto
digestivo, a livello della cute e, tanto
occasionalmente quanto letalmente, nel SNC. Con
il termine trombocitosi , invece, si indica la
situazione opposta ovvero lo smoderato aumento
del numero delle piastrine che può superare anche
il 1000000 di unità per mmc.
Fig. 1-A Fig. 1-B
Nella figura 1-A è rappresentato uno striscio di sangue colorato in
cui la maggioranza degli elementi figurati sono i globuli rossi tra i
quali vediamo intercalati tre leucociti di cui il primo è evidentemente
un granulocita. La figura 1-B è un altro striscio di sangue colorato
che mostra ancora come i principali elementi figurati sono gli
eritrociti, tra questi è possibile distinguere un raggruppamento di
piastrine.
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Di solito la trombocitosi risulta da una rapida
formazione di piastrine in risposta ad una
infezione, ad una infiammazione ma anche ad un
tumore. Una condizione di trombocitosi si può
anche creare con la splenectomia ovvero con
l’asportazione della milza. Questo fenomeno si
spiega con il fatto che la milza tende a sequestrare
fisiologicamente un certo numero di piastrine che
non rientrano nel normale conteggio delle piastrine
circolanti. L’asportazione di questo organo
emocateretico, come vedremo, viene di fatto usata
per la risoluzione di gravi trombocitopenie da
morbo di Werlhof.
Le piastrine, la cui emivita è di circa 10-20 giorni,
vengono prodotte a partire dai megacariociti (fig
2-A, 2-B). Trattasi di grandi cellule presenti nel
midollo osseo con un diametro che può arrivare
fino a 160 Πm. Oltre che per le dimensioni questi
sono caratterizzati dal grande nucleo denso a
forma di krapfen. Il citoplasma circostante
contiene l’apparato di Golgi, ribosomi e
mitocondri.
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Fig. 2-A
Fig. 2-B
Nella figura 2-A abbiamo una sezione del midollo osseo.
Centralmente si distingue chiaramente una cellula di dimensioni
decisamente maggiori rispetto le altre. Tale cellula presenta inoltre
un nucleo di grandi dimensioni e di forma irregolare, a krapfen.
Trattasi di un megacariocita circondato da diverse cellule del midollo
osseo in via di maturazione. Nella figura 2-B è mostrato uno schema
esemplificativo che mostra ancora una volta una sezione di midollo
osseo ed il particolare di un megacariocita che frammentandosi
produce elementi di dimensioni inferiori degli eritrociti, ovvero le
piastrine.
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La parte più esterna dei megacariociti tende di
solito a frammentarsi dando origine a diversi
elementi con forma di dischi appiattiti con
diametro di 4 Πm. Questi elementi sono appunto le
piastrine che essendo privi di nucleo non sono
considerate come delle cellule; inizialmente gli
istologi pensavano che fossero cellule che avevano
perso il loro nucleo e perciò furono chiamate
anche come trombociti. I trombociti oltre che
dall’assenza del nucleo e dalle particolari ridotte
dimensioni, cosa che gli permettono di fluire nei
vasi vicini attraverso le loro pareti, sono
caratterizzati dal essere dotati di numerosi
organuli citoplasmatici che determinano una
notevole attività metabolica. Nei vasi sanguigni le
piastrine hanno una forma tondeggiante od ovale
(fig 3-C), quelle attivate hanno una forma meno
regolare con evidenti estroflessioni (fig 3-A),
anche nei preparati fissati e colorati assumono una
forma grossolanamente stellata (fig. 3-B). Al
microscopio ottico, esse presentano una zona
centrale granulare (cromomero) ed una zona
periferica quasi ialina (ialomero) (fig. 3-C).
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Al microscopio elettronico le piastrine mostrano due tipi
di granuli. I granuli densi , così detti per la loro opacità,
non sono molto numerosi e contengono serotonina, calcio,
ADP, ATP e, solo nelle piastrine di coniglio, istamina. I
granuli alfa , dotati di moderata opacità elettronica, sono
decisamente più numerosi e contengono varie proteine
sintetizzate precedentemente nei megacariociti. Tra questi
il fattore IV piastrinico noto anche come fattore
antieparinico vista la sua capacità di neutralizzare
l’eparina, la fibronectina che è una proteina che funge da
fattore di crescita favorendo la proliferazione delle cellule
endoteliali, ed ancora il fattore V piastrinico il
fibrinogeno e vari enzimi idrolitici. I fattori piastrinici I,
II e III sono lipoproteine piastriniche che intervengono
nel processo della coagulazione e si trovano sia nei
granuli che adesi sulla membrana plasmatica.
Al microscopio elettronico, infatti, si può notare come le
piastrine siano dotate di una membrana la quale
invaginandosi nel citoplasma forma un sistema di
canalicoli e vescicole detto sistema canalicolare aperto
(SCA).
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Allo stesso tempo si è identificato un sistema di stretti
canalicoli, derivato dal reticolo endoplasmatico liscio del
megacariocita madre, detto sistema tubulare denso (STD).
Quest’ultimo è indipendente dal primo ma allo stesso
tempo collegato a questo. Nel STD si è osservata la sintesi
di prostaglandina (cosa che non sorprende visto la recente
individuazione di un ruolo non secondario dei trombociti
nel fenomeno dell’infiammazione). Al di sotto della
membrana plasmatica vi è inoltre un sistema di
microtubuli molto ben sviluppato, formante una
impalcatura scheletrica a cui si deve la forma regolare
della piastrina non attivata.
Una piastrina attivata oltre che a perdere la forma più
tondeggiante presenta la formazione di lunghi pseudopodi
grazie ai quali aderiscono ai vasi lesi e si aggregano fra di
loro.
La proteina piastrinica più rilevante è l’actina. Nel
citoplasma della piastrina, l’actina è presente sia in forma
polimerica (microfilamenti) sia in forma monomerica
(globulare) complessata con un’altra proteina (profilina)
che ne blocca la polimerizzazione.
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L’attivazione piastrinica è preceduta dalla dissociazione
del complesso profilina/actina e dalla successiva
polimerizzazione dell’actina globulare resasi in questo
modo disponibile. L’actina è una proteina contrattile che è
coinvolta nel fenomeno della retrazione del coagulo da
parte delle piastrine. In questo fenomeno vi è un non
indifferente consumo di energia. Le piastrine, infatti, oltre
che un’elevata capacità metabolica possiedono anche una
notevole capacità di sviluppare energia che viene
immagazzinata sotto forma di ATP.
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Fig. 3-A Fig. 3-B
Fig. 3-C
Nella fig. 3-A si notano piastrine attivate vicino ad alcuni globuli rossi,
queste piastrine hanno una forma meno regolare dei trombociti non attivati
cioè non coinvolti nell’emostasi. Una tale situazione è anche vicina alla fig.
3-B dove si vede una piastrina fissata e colorata: evidentemente
l’alterazione della morfologia piastrinica non si ha solo con l’adesione alle
pareti vasali lese, ma con tutte le superfici che non siano idrorepellenti.
Nella fig. 3-C abbiamo una immagine al microscopio ottico dove si notano
un aggregato di piastrine, evidentemente non attivate visto la loro forma più
regolare e la loro superficie priva di prolungamenti, ognuna delle quali ci
permette di distinguere una parte interna granulare (granuli densi e granuli
∆) detta cromomero, ed una esterna con una trasparenza maggiore detta
ialomero.