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PARTE PRIMA
I FONDI STRUTTURALI EUROPEI
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CAPITOLO 1
I FONDI STRUTTURALI EUROPEI
1.1 - I Fondi Strutturali Europei e la coesione economica e sociale
I Fondi strutturali costituiscono lo strumento con cui l'Unione Europea
persegue la propria “politica regionale”, per raggiungere l’obiettivo
fondamentale della coesione economica e sociale tra le regioni degli Stati
membri.
Si tratta, in sostanza, di meccanismi finanziari che supportano le azioni dei
singoli Paesi finalizzate a ridurre il divario tra i livelli di sviluppo delle varie
regioni europee.
L’obiettivo della coesione economica e sociale tra le regioni degli Stati
membri, viene già sostanzialmente espresso nel preambolo del Trattato di
Roma del 1957, con cui venne istituita la Comunità Economica Europea
(CEE), nel quale, si sosteneva che gli Stati creatori della CEE erano
“determinati a porre una unione sempre più stretta tra i popoli europei […]
solleciti di rafforzare l’unità delle loro economie e di assicurarne lo sviluppo
armonioso riducendo le disparità tra le diverse regioni ed il ritardo di quelle
meno favorite”.
Gli articoli 2 e 3 dello stesso trattato precisavano come, tra i compiti della
Comunità Europea vi fosse quello di “promuovere uno sviluppo armonioso,
equilibrato e sostenibile delle attività economiche, un elevato livello di
occupazione e di protezione sociale, il miglioramento del tenore e della
qualità della vita, la coesione economica e sociale e la solidarietà tra Stati
membri”.
Con il termine “coesione economica e sociale” si intende, quindi, una
politica di tipo solidaristico, volta a perseguire il superamento degli
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svantaggi strutturali di alcune regioni europee attraverso la promozione di
interventi che consentano a tali regioni di superare il proprio svantaggio.
L’Unione Europea dunque fin dalle sue origini si è impegnata in una politica
regionale di coesione economica e sociale, ritenendo che fosse necessario,
nel processo di integrazione economica e politica fra gli Stati europei,
lavorare per appianare le disparità tra i livelli di sviluppo dei diversi Stati
membri e fra le regioni interne a questi Stati.
Come detto, i Fondi Strutturali rappresentano uno degli strumenti
fondamentali con cui l’Unione Europea persegue ed ha perseguito l’obiettivo
della coesione economica e sociale, e proprio in ragione del loro ruolo di
strumenti di politica comunitaria i fondi strutturali hanno trovato nel corso del
tempo definizioni e regolamentazioni diverse frutto delle esigenze che di
volta in volta l’Unione Europea ha ritenuto importante affrontare e delle
riflessioni circa le esperienze passate per migliorarne l’efficace utilizzo.
1.2 - Cenni storici sui Fondi Strutturali Europei
Prima di esaminare la normativa che regola attualmente i fondi strutturali
sarà opportuno, per completezza, procedere ad un rapido excursus storico
sui fondi strutturali europei e sulla loro normativa.
Inizialmente il trattato di Roma prevedeva solo la creazione di un fondo, il
Fondo Sociale Europeo (FSE) il quale era destinato a promuovere
l’occupazione e a favorire la circolazione dei lavoratori sul territorio
comunitario. Il ruolo di questo fondo era all’epoca, limitato vista la forte
crescita e il modesto livello di disoccupazione di quegli anni.
Nel 1962, in occasione dell'accordo sulla Politica agricola comune, la
Comunità ha istituito il FEAOG che continua ancora oggi a finanziare e
incentivare la produzione agricola nella Comunità. Nel 1964 il FEAOG è
stato suddiviso in due sezioni: «garanzia» e «orientamento». La sezione
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«orientamento» contribuisce alle spese per la riforma strutturale
dell'agricoltura e per l'adozione di un altro tipo di sviluppo rurale.
In seguito all'adesione nel 1973 del Regno Unito, dell'Irlanda e della
Danimarca, nel 1975 è nato il FESR. Quest'ultimo, ha contribuito, in un
primo tempo, alla riconversione delle regioni in declino industriale del Regno
Unito ed a compensare gli scarsi vantaggi che questo Stato membro traeva
dalla PAC. Dopo l'adesione della Grecia, poi della Spagna e del Portogallo,
le prerogative di questo fondo, si sono progressivamente estese a tutte le
regioni in ritardo di sviluppo.
L'Atto Unico, ha introdotto, per la prima volta nel 1986, un titolo specifico nel
concetto di coesione economica e sociale ed ha gettato le basi di una vera
e propria Politica regionale solidale. Le prospettive finanziarie del "pacchetto
Delors" poi hanno proposto di raddoppiare le spese strutturali nel periodo
1988-1993 facendole passare al 31% delle spese comunitarie.
Nel 1992, il trattato di Maastricht, sull'Unione europea, ha fatto della
coesione economica e sociale, un obiettivo prioritario della Comunità,
parallelamente all'Unione economica e monetaria e al Mercato unico. Nel
fissare i criteri di convergenza economica e finanziaria per gli Stati membri,
questo trattato ha imposto soprattutto il controllo del disavanzo pubblico.
Per i paesi meno prosperi, ciò comportava l'attuazione di una rigorosa
politica finanziaria e l'aumento degli investimenti nel settore delle
infrastrutture per accelerare lo sviluppo. Per la Spagna, la Grecia, l'Irlanda e
il Portogallo un simile sforzo, era concepibile solo con l'appoggio
dell'Unione. A questo titolo, la Comunità ha istituito un Fondo speciale di
solidarietà, il Fondo di coesione destinato ai quattro Stati membri più poveri:
la Spagna, il Portogallo, l'Irlanda e la Grecia. Lo scopo era aiutare tali paesi
ad entrare nell'UEM alle migliori condizioni.
Il Consiglio europeo di Edimburgo del dicembre 1992 ha deciso un nuovo
aumento del 40% degli stanziamenti destinati alle azioni strutturali per il
periodo 1994-1999. Inoltre, lo Strumento finanziario di orientamento della
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pesca (SFOP) è stato creato l'anno successivo a seguito della crisi del
settore della pesca all'inizio degli anni novanta, con lo scopo di
accompagnare la ristrutturazione del settore.
Nel 1997, il trattato di Amsterdam ha confermato l'importanza strategica
della coesione. Parallelamente, questo trattato include un titolo specifico
sull'occupazione al fine di mettere in primo piano la necessità di agire a
livello europeo per diminuire il tasso di disoccupazione.
In occasione del Consiglio europeo di Berlino, del marzo 1999, i capi di
stato e di governo hanno concluso un accordo politico sull'Agenda 2000, un
programma d'azione i cui obiettivi principali consistevano nel rafforzare le
politiche comunitarie e nel fornire all'Unione europea un nuovo quadro
finanziario per il periodo 2000-2006 che tenesse conto della prospettiva
dell'ampliamento.
In questo contesto, l'Agenda 2000 ha presentato anche la riforma dei fondi
a finalità strutturale. Un nuovo quadro giuridico per i Fondi strutturali e il
Fondo di coesione ha così visto la luce e resterà valido, in linea di massima,
fino al 2006. Tale quadro poggia sui principi di concentrazione degli
interventi, di chiarimento e di decentralizzazione delle responsabilità fra gli
Stati membri e la Commissione.
In previsione, del prossimo ampliamento dell'Unione verso l'Est, l'Agenda
2000 ha inoltre previsto la creazione degli strumenti finanziari ISPA e
SAPARD che permettono ai paesi candidati di entrare nel mercato unico in
buone condizioni e di prepararsi alla gestione degli aiuti strutturali
comunitari.
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1.3 - La riforma della politica strutturale
Il 24 e 25 marzo 1999 il Consiglio europeo, riunitosi a Berlino, ha
approvato l'accordo politico sul pacchetto "Agenda 2000", che illustra le
prospettive finanziarie per il periodo 2000-2006 e il progetto di
regolamentazione concernente gli aiuti strutturali, la politica agricola
comune e gli strumenti di preadesione dei paesi candidati.
L'Agenda 2000 raggruppa un insieme coerente di riforme da attuare per
rispondere alle sfide che l'Unione europea dovrà affrontare nei prossimi
anni, ovvero:
• Il futuro allargamento dell'Unione a paesi che contano globalmente 105
milioni di abitanti, ma il cui reddito medio per abitante è appena un terzo
della media degli attuali quindici Stati membri;
• La disciplina finanziaria, necessaria per realizzare, con successo, l'unione
economica e monetaria;
•L'accresciuta concorrenza che risulta dalla "mondializzazione"
dell’economia e che rende necessario aiutare le regioni svantaggiate e i
gruppi sociali più deboli sul mercato del lavoro a trarre vantaggio dalle
nuove opportunità di sviluppo.
In tale contesto era importante ridefinire gli obiettivi e gli strumenti degli aiuti
strutturali alle regioni e ai gruppi sociali svantaggiati, ossia, in altre parole, le
modalità di attuazione della politica di coesione economica e sociale
dell'Unione europea.
L’architettura normativa dei Fondi strutturali per il periodo 2000-2006 è stata
semplificata:
• Un nuovo regolamento generale comprende tutti i principi comuni dei
Fondi strutturali: obiettivi prioritari, metodi di programmazione, gestione
finanziaria, valutazione e controllo;
• Nuovi regolamenti specifici relativi ai singoli Fondi riguardano
principalmente i rispettivi campi di intervento.
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In seguito ai pareri formulati dal Parlamento il 6 maggio 1999, il Consiglio ha
approvato definitivamente questi regolamenti il 21 giugno 1999.
La transizione verso il nuovo periodo di programmazione potrà così
compiersi agevolmente.
1.4 - La riforma dei Fondi Strutturali
Nel 1999 è stata varata l’ultima riforma, attualmente vigente, dei fondi
strutturali. La necessità di questa riforma dipendeva, fra l’altro, dalla
notevole evoluzione che l’assetto dell’Unione Europea ha subito negli ultimi
anni.
Il Trattato di Maastricht e quello di Amsterdam hanno portato a due revisioni
dei Trattati di Roma; l’impianto istituzionale è cambiato, la costruzione del
mercato unico è stata completata ed alcuni Stati membri hanno introdotto la
moneta unica. Nel frattempo l’Unione ha continuato ad espandersi ed altri
Stati europei hanno chiesto l’adesione. Nuove sfide si presentano oggi
all’Unione: proseguire il cammino di una maggiore integrazione e conciliare
questa politica con le prospettive di un ulteriore allargamento. In questo
contesto anche la politica di coesione economica e sociale è stata
ridisegnata secondo le mutate esigenze, in modo da adattarsi alle nuove
politiche dell’Unione: crescita dell’occupazione e maggiore autonomia
regionale nel contesto di una Europa in allargamento.
La politica di coesione ha quindi acquisito progressivamente importanza tra
le politiche comunitarie; la promozione di uno sviluppo bilanciato tra le
diverse regioni della Unione è fondamentale non solo ai fini della coesione
economica e sociale, ma anche quale garanzia di stabilità macroeconomia
e quale mezzo per incrementare il tasso di crescita della Unione e la sua
competitività sullo scenario mondiale.
Nei mesi di maggio e giugno del 1999 il Consiglio e la Commissione hanno
adottato nuovi regolamenti in materia di fondi strutturali: un nuovo
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regolamento quadro per la gestione dei fondi e un regolamento apposito per
ciascun fondo strutturale.
I principi fondamentali elaborati nel 1988 continuano tuttavia ad indirizzare
le attività dei fondi, ma l’esperienza ha mostrato la necessità di apportare
alcune modifiche alla loro gestione, in modo da potenziare il loro ruolo di
strumento per la crescita e lo sviluppo. A questo scopo è stato
indispensabile curare la coerenza tra le azioni dei fondi e le grandi politiche
europee, in particolare la Strategia europea per l’occupazione, le politiche
economiche e sociali degli stati membri e le rispettive politiche regionali.
Il riesame della materia è stato effettuato alla luce delle nuove priorità della
Comunità: uno sviluppo economico sostenibile all’insegna di competitività e
innovazione, la promozione di un alto tasso di occupazione e delle pari
opportunità tra i sessi, nonché un elevato livello di tutela e di miglioramento
dell’ambiente.
1.5 - I Principi Fondamentali che regolano i Fondi Strutturali Europei
I principi fondamentali, sono le regole generali su cui si basa la politica
comunitaria di coesione economica e sociale. I principi fondamentali sono
andati progressivamente definendosi e precisandosi nel corso di diversi cicli
di programmazione e, sono oggi, in gran parte, codificati nell’ambito del
regolamento (ce) 1260/1999. Tali principi regolano l’attuazione dei fondi
strutturali. La politica di coesione economica e sociale si fonda
prioritariamente sul principio di sussidiarietà dell’azione comunitaria,
principio, che ispira ogni intervento dell’unione, nelle sfere di competenza
degli stati membri. Il principio di sussidiarietà è volto a garantire che le
decisioni prese siano, quanto più possibile, vicine al cittadino, verificando
costantemente che l’azione da intraprendere a livello comunitario sia
giustificata rispetto alle possibilità offerte a livello nazionale, regionale o
locale.
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Secondo il principio di sussidiarietà ogni questione andrebbe ricondotta al
livello di governo più basso compatibile con la sua natura; andrebbe quindi
avvicinata, per quanto possibile, ai cittadini e alle comunità locali.
Il principio di sussidiarietà stabilisce infatti una gradazione tra i poteri
pubblici: i livelli superiori di governo dovrebbero intervenire solo nel caso in
cui i livelli inferiori non siano in grado di agire in modo soddisfacente.
Il principio di sussidiarietà ispira dunque, ogni intervento della Comunità,
nelle sfere di competenza degli Stati membri. Su di esso, si basa,
naturalmente anche la politica di coesione economica e sociale.
In attuazione del principio di sussidiarietà la responsabilità della attuazione
degli interventi cofinanziati dai fondi strutturali e del relativo controllo spetta
in primo luogo agli Stati membri. Ne consegue che spetta alle autorità
nazionali competenti precisare i contenuti degli interventi secondo le priorità
nazionali, selezionare i progetti da finanziare con i fondi strutturali e
garantirne l’attuazione. Ciò comporta, peraltro una precisa definizione di
responsabilità tra Stati membri e Comunità, rispetto a ciascuna fase di
programmazione, della sorveglianza, della valutazione e del controllo degli
interventi.
Il principio di sussidiarietà incoraggia una attuazione decentrata degli
interventi, vicina ai cittadini e quindi attenta alle loro esigenze.
La responsabilità dell’attuazione degli interventi ricade, infatti,
principalmente in ambito nazionale al livello territoriale appropriato, vicino
alle istanze dei cittadini.
Secondo il principio di sussidiarietà, l’Unione non interviene nel finanziare
una attività che può essere realizzata autonomamente a livello nazionale o
locale.
In applicazione del principio di sussidiarietà i nuovi regolamenti dei fondi
strutturali, introducono un maggior decentramento nella programmazione e
nell’attuazione degli interventi, soprattutto in riferimento alla divisione delle
responsabilità tra gli attori coinvolti, in particolare a livello nazionale e
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comunitario.
Alla base di questa innovazione vi è la volontà di evitare la sovrapposizione
di più autorità amministrative e di rendere più efficace e più veloce la
realizzazione degli interventi cofinanziati, nonché, di individuare modalità,
agevoli e concrete, per adeguare gli interventi stessi alle caratteristiche dei
singoli contesti regionali e locali.
In tale ambito il nuovo regolamento generale prevede un rafforzamento del
ruolo del partenariato.
Il partenariato ha l’obiettivo di assicurare il coinvolgimento di tutti i soggetti
istituzionali competenti e di tutte le parti economiche e sociali nella
definizione della politica di coesione e di garantire la massima efficacia
dell’azione comunitaria. Le azioni comunitarie si fondano infatti –
coerentemente peraltro al principio di sussidiarietà – su una stretta
concertazione tra Partenariato, Commissione e Stato membro. A tale
concertazione partecipano anche le autorità e gli organismi designati dallo
Stato membro, nel quadro, delle proprie normative nazionali, e della prassi
corrente e segnatamente:
• Le autorità regionali e locali, e le altre autorità pubbliche competenti
• Le parti economiche e sociali
• Altri organismi competenti.
La previsione del partenariato istituzionale e socio-economico risponde ad
una doppia esigenza: da un lato l’esigenza di coinvolgere nel processo
decisionale le regioni e gli enti locali, ovvero, gli organismi istituzionali più
vicini ai destinatari dell’azione comunitaria; dall’altro l’esigenza di assicurare
la partecipazione delle parti economiche e sociali, ovvero l’espressione dei
destinatari dell’azione comunitaria – i cittadini e le imprese – nella
programmazione e pianificazione degli interventi.
La concertazione, è dunque, lo strumento che si pone l’obiettivo di ricercare
il consenso degli attori locali e delle parti sociali sui contenuti e le modalità
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degli interventi cofinanziati.
Il principio implica, peraltro,la discussione e la concertazione tra i vari attori
per stabilire chi sia il soggetto che può agire meglio e quale tipo di azione
sia più adeguata alle caratteristiche del contesto interessato.
Per garantire un apporto continuativo degli attori del partenariato, la
concertazione è prevista in tutte le principali fasi della programmazione e
dell’attuazione degli interventi: il partenariato si concretizza nella
elaborazione dei piani, nella negoziazione del Quadro Comunitario di
sostegno, nell’attuazione delle forme di intervento, nella sorveglianza, nel
monitoraggio e nella valutazione delle azioni intraprese.
Tale partecipazione è inoltre rafforzata e garantita dalla presenza delle
autonomie locali e delle parti sociali, ai Comitati di sorveglianza che
seguono l’attuazione degli interventi.
Il partenariato è ulteriormente garantito a livello comunitario: ogni anno,
infatti, la Commissione consulta le organizzazioni che rappresentano parti
sociali a livello europeo in merito alla politica strutturale della Comunità.
Il nuovo regolamento quadro sui fondi strutturali riserva quindi, in
applicazione del principio di sussidiarietà, una maggiore attenzione al tema
del partenariato istituzionale ed economico-sociale. In particolare è
maggiormente precisato il ruolo del partenariato ed il suo intervento, è
esteso a tutte le fasi della realizzazione degli interventi: pianificazione,
finanziamento, sorveglianza e valutazione dei programmi.
Gli interventi strutturali, sono principalmente di competenza nazionale, le
azioni strutturali promosse a livello comunitario, devono essere quindi
concepite, secondo il principio di complementarietà, come aggiuntive,
rispetto all’iniziativa nazionale; costituiscono un contributo ad essa e non
devono sostituirla, ma affiancarla.
Tale finalità è perseguita anche dal principio di addizionalità.
Secondo l’articolo 11, comma 1, del regolamento (ce) 1260/1999 “per
assicurare un reale impatto economico, gli stanziamenti dei fondi non
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possono sostituirsi alle spese a finalità strutturale pubbliche o assimilabili
dello Stato membro”.
Il principio di addizionalità, ha l’obiettivo di evitare che il contributo dei fondi
strutturali finisca col sostituirsi alle spese pubbliche nazionali a finalità
strutturale, incoraggiando gli Stati membri a ridurre gli stanziamenti
nazionali.
Il finanziamento comunitario, infatti, si somma ai finanziamenti nazionali, sia
pubblici, che privati. Le risorse comunitarie assicurano il rispetto degli
obiettivi ritenuti prioritari dall’Unione, permettendo eventualmente il
dislocamento delle risorse nazionali verso altri obiettivi.
Strettamente connessa alla finalità perseguita dai principi di
complementarietà e addizionalità, è, la modalità, del cofinanziamento.
Gli Stati membri assicurano, infatti, una partecipazione al finanziamento
degli interventi comunitari con risorse nazionali pubbliche e private.
La partecipazione finanziaria dei fondi strutturali rispetta dei limiti, a
seconda delle aree di intervento e precisamente:
• Per le misure attuate nelle regioni interessate all’obiettivo 1, i fondi
strutturali possono intervenire fino al 75% al massimo del costo totale
ammissibile e, di norma, almeno fino al 50% delle spese pubbliche
ammissibili.
• Per le misure attuate nelle regioni interessate dagli obiettivi 2 e 3, i fondi
strutturali possono intervenire fino al 50% al massimo del costo totale
ammissibile e, di norma, almeno fino al 25% delle spese pubbliche
ammissibili.
La percentuale restante è assicurata dal cofinanziamento nazionale,
principalmente tramite le risorse destinate con delibera del Comitato
Interministeriale per la Programmazione Economica al Fondo di Rotazione
per l’attuazione delle politiche comunitarie, istituite con legge 183/1987.
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Il cofinanziamento dei Programmi Nazionali è assicurato interamente con
risorse statali; al cofinanziamento dei Programmi regionali contribuiscono
anche risorse regionali, locali e private.
Il principio di concentrazione è volto ad ottimizzare l’utilizzo delle risorse
comunitarie convogliando i finanziamenti su interventi efficaci ed in grado di
garantire un impatto significativo.
I fondi costituiscono, infatti, il principale mezzo per contrastare i divari
regionali, ma sono pur sempre limitati; il principio di concentrazione
permette, al contrario, di evitare la dispersione dei finanziamenti in un
sistema di risorse scarse.
Gli Stati membri e la Commissione garantiscono, nel quadro della
conpartecipazione, nelle varie fasi della programmazione, che gli interventi
comunitari relativi a ciascun obiettivo siano concentrati su i bisogni più
importanti e sulle azioni più efficaci.
La concentrazione viene perseguita mediante una appropriata ripartizione
delle risorse finanziarie tra gli obiettivi e, all’interno di ciascun obiettivo, tra
azioni, beneficiari e aree geografiche; nonché mediante un approccio
integrato ovvero attraverso l’integrazione tra i Fondi strutturali e tra questi e
gli altri strumenti finanziari a livello di obiettivi, di azioni, di beneficiari e di
aree geografiche.
Il Regolamento (ce) 1260/1999 rispecchia questo principio. Molte delle
innovazioni introdotte sono, infatti, volte a rafforzare il principio di
concentrazione;
gli obiettivi prioritari sono stati ridotti da 7 a 3, il numero delle iniziative
comunitarie è passato da 13 a 4 e la ripartizione delle risorse tra gli obiettivi
privilegia di gran lunga l’obiettivo 1, cui sono destinati oltre i 2/3 delle
risorse.
Le azioni finanziate dai Fondi Strutturali devono mantenersi in armonia con
le esigenze dell’Unione: in pratica, l’azione strutturale deve operare nel
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rispetto delle norme comunitarie e concorrere, insieme alle altre azioni
comunitarie, alla realizzazione degli obiettivi dell’Unione.
L’articolo 12 del regolamento (ce) 1260/1999, indica alcune delle materie
rispetto alle quali è particolarmente rilevante l’esigenza di compatibilità: la
concorrenza, gli appalti pubblici, la tutela ed il miglioramento dell’ambiente,
l’eliminazione delle ineguaglianze e la promozione della parità tra uomini e
donne.
Il principio di programmazione, pur non trovando una codificazione precisa
nell’ambito del regolamento (ce) 1260/1999, è un principio basilare
nell’ambito della gestione dei Fondi, che assicura, peraltro, una
applicazione ottimale degli altri principi.
Per programmazione si intende il processo di organizzazione, decisione e
finanziamento effettuato per fasi successive e diretto ad attuare, su base
pluriennale, l’azione congiunta della Comunità e degli Stati membri al fine di
conseguire gli obiettivi” prioritari definiti dal regolamento (ce) 1260/1999.
La programmazione pluriennale degli interventi è finalizzata ad ottenere una
gestione efficace delle risorse scarse; ciò in base ad alcuni presupposti,
quali la ciclicità degli interventi – nella convinzione che gli attori di un
processo possano trarre insegnamenti dai risultati e dalle criticità riscontrate
nel ciclo precedente – e il coordinamento degli interventi stessi.
La programmazione deve, dunque, assicurare il coordinamento dei fondi
strutturali tra loro e con gli altri strumenti finanziari esistenti. Tale
coordinamento è assicurato tramite diversi strumenti:
• I documenti programmatici, ovvero i piani, i quadri comunitari di sostegno
(QCS), i programmi operativi (PO), i documenti unici di programmazione
(DOCUP) e il Quadro di riferimento dell’obiettivo 3
• La sorveglianza e la valutazione degli interventi