2
l’outsourcing per la produzione delle uve diventa una chiave strategica da
sfruttare per ottenere migliori profitti. Un’altra chiave di successo è connessa agli
impianti di produzione. Negli ultimi anni, il settore è stato rivoluzionato
dall’ingresso di nuovi prodotti immessi sul mercato da operatori esteri, in
particolar modo australiani. I nuovi competitors utilizzano impianti di produzione
moderni e ad alta densità, cioè impianti che a parità di resa per pianta, e quindi di
qualità del vino, garantiscono rese più alte per ettaro. Questo fa sì che i costi di
produzione e di commercializzazione diminuiscono drasticamente, aumentando
d’altra parte il livello di concorrenza del settore su scala mondiale
1
. Infine gli
altri costi d’entità rilevante sono rappresentati dalle scorte, dalle botti e dal
packaging ed inoltre l’invecchiamento del vino, in particolare quello dei vini di
pregio, rappresenta un processo oneroso che implica un forte investimento in
capitale immobilizzato i cui ritorni sono di difficile ed incerta qualificazione. Da
uno studio
2
effettuato da Deloitte & Touche Corporate Finance su un campione
di 52 società, selezionate sulla base della dimensione e della notorietà delle
aziende operanti a livello nazionale e rappresentative di circa il 30% del valore
totale del mercato italiano 2001 emerge un approccio sempre più manageriale da
parte degli operatori e la necessità di dotarsi di un programma strategico di
sviluppo nel lungo periodo e la maggior apertura degli stessi a sviluppare progetti
di aggregazione e crescita delle proprie attività. Uno degli elementi del mercato
italiano è la polverizzazione delle imprese che agisce come una zavorra del
sistema. La via intrapresa dagli operatori italiani è quella di un’embrionale, ma
progressiva tendenza alla concentrazione. Tale trend è invece in fase molto più
avanzata a livello internazionale. L’analisi svolta da DTCF
3
evidenzia sul fronte
dei ricavi come la crescita del fatturato negli anni sia imputabile prevalentemente
all’incremento del segmento dei vini di pregio ed all’aumento generale dei
prezzi. Il trend dell’export vinicolo, anche se i primi segnali mostrano un
1
Il nostro sistema è caratterizzato da un costo di produzione quattro volte superiore a quello di alcuni
Paesi Terzi competitori quali il Sudafrica, il Cile, l’Argentina.
2
“II settore vinicolo e i bilanci del made in Italy”, Executive summary, Novembre 2002.
3
Deloitte & Touche Corporate Finance.
3
accenno di flessione nel primo semestre del 2003, fino al 2002 è risultato essere
in controtendenza rispetto alla dinamica del made in Italy in generale che registra
non poche difficoltà nella presente fase congiunturale dell’economia
internazionale
4
. Focalizzando l’attenzione sulle caratteristiche dell’investimento
nel settore vinicolo è indispensabile un supporto specifico da parte del mondo
della finanza, in funzione sia delle esigenze di investimento delle imprese sia
delle opportunità che possono essere rese disponibili agli investitori. Infatti le
imprese da un lato sono caratterizzate da lunghi periodi di ritorno
dell’investimento, specie per le produzioni di pregio e forti investimenti in
capitale immobilizzato. Gli investitori dall’altro lato hanno l’incertezza sulla
qualità del risultato finale, ma possibilità di ritorni elevati nel medio-lungo
periodo.
4
Raimondi, S. (2003), Responsabile Linea Vini, Istituto Nazionale per il Commercio Estero, “L’export
vinicolo italiano”, Atti del convegno, Seminario Ratti, Verona.
4
CAPITOLO 1
1. Introduzione
In questo capitolo si vuole dare un quadro della situazione a livello mondiale di
ciò che è stata la dinamica del settore vitivinicolo relativamente alle superfici
vitate ed alla produzione mondiale di vino e di come si muovono i flussi di
import e di export di questo settore. Si focalizza poi l’attenzione sulle dimensioni
e le caratteristiche del mercato europeo quale leader nel mercato mondiale del
vino ed alla luce della riforma dell’OCM del settore vitivinicolo dell’Unione
Europea. L’ultima parte del capitolo analizza il comparto vitivinicolo in Italia.
1.1 Superfici vitate e produzione mondiale di vino
Le superfici vitate mondiali negli ultimi trenta anni, dal 1970 al 2000, hanno
seguito tendenze alterne: dopo una progressiva crescita, registrata tra il 1970 e il
1981, sono diminuite fino al 1997. Nei tre anni successivi si è registrato, infatti,
un incremento, anche se a tassi non particolarmente elevati, che ha portato i
vigneti mondiali per l'anno 2000 intorno a 7,4 milioni di ettari, a fronte di un
picco di 9,3 milioni di ettari rilevato nel 1978.
5
Fig. 1.1 – Evoluzione delle superfici vitate nel mondo e nella Ue (ettari).
0
1.000.000
2.000.000
3.000.000
4.000.000
5.000.000
6.000.000
7.000.000
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9.000.000
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1970 1973 1976 1979 1982 1985 1988 1991 1994 1997 2000
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Mondo U.E.
Fonte: elaborazione Ismea su dati Fao.
Scendendo nel dettaglio dei singoli continenti si osserva come le tendenze non
siano risultate univoche. L'Unione Europea, pur rimanendo l'area di maggior
interesse per la coltivazione viticola, mostra una costante perdita di posizioni,
favorita dal blocco dei nuovi impianti e dalle estirpazioni finanziate con premio.
La quota comunitaria sul totale mondiale è passata dal 51% degli anni '70 al 47%
degli anni '90, cioè da 4,6 a 3,5 milioni di ettari. Questo ha sicuramente
influenzato l'andamento delle superfici complessive mondiali, in quanto
l'aumento che si è avuto in altre zone non ha compensato la perdita di impianti
nell’Unione Europea. Parallelamente si è avuto un aumento delle superfici vitate
nei continenti asiatico ed americano. Tra gli anni '70 e '90, nel continente asiatico
la percentuale della superficie vitata è passata dal 14% al 18% rispetto a quella
mondiale, mentre nel continente americano, si è passati dall'8% all’11% anche se
la superficie viticola dei paesi latino-americani, i più rappresentativi nel settore
vitivinicolo per questo continente, rimasta sopra i 500 mila ettari fino al 1985, è
scesa fino a toccare il minimo di 400.000 ettari nel 1993 e poi è risalita e ha
raggiunto i 460 mila ettari nel 2000. La spinta verso l'alto, in questi sette anni, è
stata sicuramente data dall'Argentina, paese che dopo anni di stabilità sembra
essere in piena fase espansiva anche grazie agli investimenti fatti da aziende
cilene e nord americane, in cerca di nuovi terreni da impiantare, situazione però
6
precedente al tracollo economico finanziario che ha colpito il paese. Un altro
Stato sudamericano che si sta prepotentemente affermando nel panorama
mondiale vitivinicolo è il Cile, da qualche anno infatti, questo Paese, sta
conducendo un'importante opera di riconversione degli impianti. Viene
abbandonata la coltivazione dei vitigni autoctoni, perché di scarso interesse
commerciale, ed introdotta quella dei quattro vitigni più diffusi ed
economicamente significativi a livello mondiale:
1) il Merlot,
2) il Cabernet,
3) lo Chardonnay,
4) il Sauvignon.
L'aumento delle superfici vitate si registra anche nei Paesi dell'Oceania,
continente a vocazione vinicola di recente formazione, grazie soprattutto al traino
dovuto all'espansione dei vigneti nelle terre australiane. Per questo Paese si
prevede, infatti, che per il 2004-2005 le superfici vitate raddoppieranno rispetto
ai 72 mila ettari censiti nel 1997 e di cui circa il 55% coltivato con viti a bacca
rossa. Va sottolineato che all'inizio degli anni '70 in Australia gli ettari investiti a
vigneto erano poco più di 50 mila e che il dato previsionale riportato sopra, pur
essendo in assoluto non particolarmente elevato, è indicativo del crescente
interesse nutrito dal settore per il vino australiano. Il processo espansivo delle
superfici agrarie investite a vigneti si rileva pure nel continente africano e
specialmente nel Sudafrica, il principale Paese produttore viticolo africano. In
questo stato i vigneti hanno raggiunto l'estensione dei 122 mila ettari nell'anno
2000 ed il merito è da reputarsi principalmente all'avvenuta soppressione
dell'embargo internazionale che ha consentito all'agricoltura sudafricana di
riprendersi e iniziare a svilupparsi. Nel trentennio che va dal 1970 al 2000,
analogamente a quanto accaduto per le superfici vitate, si registra un trend
complessivo discendente, di lieve entità, anche per le produzioni vinicole. Dal
1970 al 1987 i volumi mondiali sono scesi poche volte sotto i 30 milioni di
tonnellate, raggiungendo un massimo di 37,5 milioni nel 1979 ed un minimo di
7
27 nel 1972. In particolare, dalla fine degli anni '80 in poi la produzione si è
attestata tra i 25 e i 29 milioni di tonnellate. Al di là del dato complessivo è
interessante analizzare come la struttura della produzione vinicola mondiale non
sia variata molto negli ultimi trenta anni.
Fig. 1.2 – Evoluzione della produzione di vino (migliaia di tonnellate).
0
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U.E. Mondo America
Fonte: elaborazione Ismea su dati Fao.
In figura 1.3 è rappresentata la ripartizione mondiale di vino nel decennio 1991-
2000, l'Unione Europea risulta essere la prima produttrice mondiale di vino, la
quota comunitaria rispetto alla produzione complessiva è scesa, infatti, solo due
volte sotto la soglia del 60% sul totale mondiale. Anche se negli ultimi trenta
anni le produzioni di Francia ed Italia sono diminuite, i due Paesi detengono da
soli circa il 44% della produzione mondiale e si alternano in testa alla graduatoria
dei produttori, non solo all'interno dei confini comunitari ma anche a livello
mondiale. Per la Francia la tendenza negativa è consolidata: il Paese è passato
progressivamente da una media di 7 milioni di tonnellate di vino prodotto negli
anni '70, alle 6,7 degli anni '80, per raggiungere i 5,7 milioni di tonnellate negli
ultimi dieci anni. Nello stesso arco di tempo l'Italia invece ha evidenziato
dapprima una fase di crescita, passando da 7 a 7,2 milioni di tonnellate e poi una
fase di drastica riduzione che l'ha portata ad attestarsi mediamente attorno a 5,9
milioni di tonnellate. Al terzo posto tra i maggiori Paesi produttori si trova la
Spagna, con un volume di vino prodotto che si attesta mediamente sopra i 3
8
milioni di tonnellate, negli anni '80 è stato raggiunto il picco dei 3,4 milioni di
tonnellate.
Fig. 1.3 – Ripartizione della produzione mondiale di vino nel decennio 1991-2000.
Europa
76%
America
17%
Africa
3%
Oceania
2%
Asia
2%
Fonte: elaborazione Ismea su dati Fao.
Al secondo posto della classifica, con il 17% della produzione mondiale,
troviamo il continente americano la cui produzione, dopo aver superato i 5
milioni di tonnellate negli anni '80, è scesa fino ad assestarsi attorno ai 4,7
milioni di tonnellate in questo ultimo decennio. Chiudono questa classifica
l'Africa con il 3%, l'Asia e l'Oceania con il 2%: di questi continenti vale la pena
riportare solo i dati relativi alle produzioni dei due stati più significativi nel
panorama viticolo mondiale, il Sud Africa e l'Australia. Il Sud Africa è passato
da una media produttiva di 546 mila tonnellate di vino negli anni '70 ad una di
775 mila negli anni '90, mentre i volumi prodotti in Australia sono aumentati
passando da 318 mila a 562 mila tonnellate. Nella tabella 1.1 sono riportate le
medie produttive relative ai tre decenni considerati, mentre in figura 1.4 è
descritta la produzione mondiale di vino considerando i dati forniti dalla tabella
1.1.
9
Tab. 1.1 – Produzione mondiale dal 1970 al 1999 (medie decennali espresse in
tonnellate).
1970 - 1979 1980 - 1989 1990 - 1999
Media
decennale Quota
Media
decennale Quota
Media
decennale Quota
Africa 1.250.341 4% 994.915 3% 898.616 3%
America 4.730.284 15% 5.032.282 16% 4.323.399 16%
Asia 131.196 0% 448.079 1% 547.418 2%
Oceania 348.077 1% 453.875 1% 612.357 2%
Europa 24.894.244 79% 25.273.548 79% 20.340.621 76%
Unione
Europea 19.651.869 63% 19.957.426 62% 16.981.804 64%
Totale
mondiale 31.354.142 100% 32.103.361 100% 26.722.410 100%
Fonte: elaborazione Ismea su dati Fao.
10
1.2 Gli scambi internazionali negli ultimi trenta anni
Nonostante ci sia stato un trend negativo per quanto riguarda la produzione
mondiale, nell'ultimo trentennio si è evidenziata una positiva evoluzione degli
scambi commerciali.
Fig. 1.4 – Produzione mondiale dal 1970 al 1999 (medie decennali).
0
5000
10000
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25000
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35000
40000
1970-1979 1980-1989 1990-1999
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Fonte: elaborazione Ismea su dati Fao.
Il mercato, identificato nel complesso delle esportazioni mondiali, ha manifestato
chiari segnali di crescita passando dalla media di 4 milioni di tonnellate di vino
esportate nel decennio '70-'79 ad una media di 5,3 milioni di tonnellate dal 1990
al 2000 con una crescita del 33%. Nonostante lo scenario mondiale si stia
arricchendo di nuovi protagonisti come il Cile, l'Australia e il Sud Africa, il
mercato delle esportazioni si concentra sui tre grandi produttori europei: l'Italia,
la Francia e la Spagna. Dal 1970 al 2000 questi Paesi fornitori si sono spartiti
circa il 60% dei volumi totali commercializzati e l'Italia è stata quasi sempre in
cima alla graduatoria. Negli anni '70 l'Italia ha esportato all'incirca 1,2 milioni di
tonnellate di vino, ha superato 1,46 milioni negli anni '80 ed è scesa poi a 1,35
milioni nell'ultimo decennio.
11
Fig. 1.5 – Esportazioni di vino: Mondo e Ue (tonnellate).
Da tavola
63%
Frizzanti
5%
VQPRD
24%
Spumanti
6%
Mosti
2%
Fonte: elaborazione Ismea su dati Fao.
Per le esportazioni francesi il trend invece è sempre stato crescente, in trenta anni
sono passate da 630 mila tonnellate, come media degli anni '70, ad oltre 1,26
milioni negli anni '90. Nel 1998, in particolare, la Francia ha realizzato il record
in fatto di vendite superando 1,63 milioni di tonnellate (+9% rispetto al 1997)
confermandosi per il secondo anno consecutivo il primo Paese fornitore di vino a
livello mondiale, invertendo così la tendenza che la vedeva seconda dietro l'Italia.
Al terzo posto, distanziata di parecchio da Francia e Italia, troviamo la Spagna
che progressivamente sta portando i propri prodotti oltre i confini nazionali, le
esportazioni infatti sono passate dalle 440 mila tonnellate degli anni '70 alle 740
mila
5
degli ultimi dieci anni della serie e solo nel 1998 il Paese iberico ha
superato la soglia del milione di tonnellate
6
.
5
Dato calcolato come media.
6
Pari a circa il 15,3% del totale mondiale.
12
Fig. 1.6 – Esportazioni dei tre principali Paesi fornitori (tonnellate).
0
200
400
600
800
1000
1200
1400
1600
1800
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Italia Francia Spagna
Fonte: elaborazione Ismea su dati Fao.
Come si evidenzia nella tabella 1.2, Italia, Francia e Spagna si confermano
nell'ordine in vetta alla graduatoria delle esportazioni di vino.
Tab. 1.2 – Esportazioni dei principali Paesi fornitori (tonnellate).
70/79 80/89 90/98
Ue
Italia 1.118.343 1.460.445 1.350.000
Francia 632.528 1.119.574 1.261.675
Spagna 437.965 527.410 742.815
Portogallo 183.912 148.592 199.434
Nuovo Mondo
Argentina 19.944 18.410 94.603
Cile 8.227 15.373 154.517
Sud Africa 10.968 10.001 65.368
Stati Uniti 6.556 38.838 144.697
Australia 6.261 15.968 155.635
Media Mondo 3.973.561 4.658.178 5.260.253
Fonte: elaborazione Ismea su dati Fao.
13
La classifica si ribalta a favore della Francia quando cambiamo il parametro di
valutazione delle esportazioni, difatti, come si può notare dalla figura 1.7 se
consideriamo le esportazioni in valore e non in quantità, la Francia risulta
occupare il primo posto della classifica e distanzia di molto tutti gli altri Paesi sia
europei che mondiali.
Fig. 1.7 – Ripartizione delle esportazioni mondiali in valore nel 2000.
Al tr i
24%
Francia
42%
Spagna
8%
Italia
18%
Aus tra l i a
4%
Portogallo
4%
Fonte: elaborazione Ismea su dati Fao.
Segno questo che i vini francesi godono di un notevole valore aggiunto. In questo
Paese, la percentuale delle esportazioni in valore sul totale mondiale in trenta
anni è cresciuta dal 30 al 42% superando anche il 50% tra il 1986 ed il 1991.
L'Italia invece avendo un'esportazione orientata verso la fornitura di vini sfusi,
ovvero di grandi masse amorfe a basso valore aggiunto, occupa la seconda piazza
distanziata di ben 24 punti percentuali.
1.3 Il ruolo del “Nuovo Mondo”
Il ruolo dei Paesi emergenti in ambito produttivo, è in continua crescita. La
progressione più importante riguarda due Stati, il Cile e l'Australia. Il Paese
14
sudamericano in soli trenta anni ha aumentato le esportazioni vinicole passando
dalle 8 mila tonnellate, calcolate come media nel decennio 1970-1979, alle 156
mila tonnellate
7
nel decennio 1990-2000. L'export, visto il calo che stanno
subendo i consumi interni, assume un'importanza strategica sempre più rilevante
per il settore vitivinicolo cileno, la quota di prodotto uscita oltre i confini
nazionali è passata dall'1,7% degli anni '70 al 40% degli anni '90. Tale tendenza
si è accentuata ulteriormente nell'anno 2000, il Cile è diventato il quarto Paese
fornitore nel mondo con un totale di 353 mila tonnellate, quota che corrisponde
al 64% della produzione nazionale. Le esportazioni cilene hanno potuto
svilupparsi rapidamente sfruttando la situazione economica nazionale che
permette di avere costi di produzione inferiori rispetto agli altri Paesi, di
conseguenza i prezzi di vendita del vino, che presenta una discreta qualità,
risultano essere molto concorrenziali. Va specificato però che la maggior parte
delle vendite all'estero viene realizzata da un numero limitato di aziende. L'altro
Paese latino-americano che ha visto aumentare in modo costante le proprie
esportazioni di vino è l'Argentina, si è passati dalle 20 mila tonnellate degli anni
'70 alle 95 mila degli anni '90, con un picco massimo di esportazione di 215 mila
tonnellate nel 1995. L'Australia è il secondo Paese che ha fatto registrare i
maggiori aumenti di volume di vino esportato, i dati evidenziano come da una
media di 6 mila tonnellate negli anni '70, si sia giunti alle 157 mila tonnellate tra
il 1990 ed il 2000. La crescita registrata negli ultimi anni è netta: nel 2000
l'export australiano ha toccato le 317 mila tonnellate di vino, con un incremento
del 14% rispetto all'anno precedente, ponendo così gli australiani al quinto posto
nel rank mondiale dei maggiori Paesi esportatori. Per quanto riguarda gli Stati
Uniti d'America, possiamo dire che stanno seguendo la tendenza australiana,
infatti sono passati da una media di poco più di 6 mila tonnellate negli anni '70 a
circa 145 mila tonnellate negli anni '90.
7
Pari a quasi il 3,1% sul totale mondiale.
15
1.4 Le dinamiche dei paesi importatori
Dal 1970 al 2000 la struttura delle importazioni non è variata di molto, nelle
prime posizioni della graduatoria mondiale infatti troviamo ancora la Germania,
il Regno Unito, la Francia e gli Stati Uniti
8
. Complessivamente la loro quota,
rispetto a quella totale mondiale, ha subito oscillazioni comprese tra il 43%,
valore minimo fatto registrare nel 1998, ed il 59%, valore massimo raggiunto nel
1991. La Germania è sempre stata il principale cliente per i Paesi produttori,
superata dalla Francia solo agli inizi degli anni '70, il trend positivo delle
importazioni tedesche ha raggiunto il livello massimo nel 1983 con 1.140.000
tonnellate, poi c'è stata un'inversione di tendenza che ha portato gli acquisti di
vino fuori dai confini nazionali a scendere sotto il milione di tonnellate
9
. Pur
essendo il primo importatore del mondo come quantità, nel corso degli anni la
classifica relativa al valore della spesa vedeva la Germania oscillare tra il primo
ed il terzo posto, infatti fino ai primi anni '80 occupava il primo posto,
successivamente è stata scavalcata per alcuni anni da Stati Uniti e Regno Unito,
ed ha riguadagnato il primato soltanto all'inizio degli anni '90 ed è infine
ridiscesa al terzo posto nel 2000.
Fig. 1.8 – Importazioni di vino dei principali Paesi acquirenti (tonnellate).
0
200
400
600
800
1.000
1.200
1.400
1970 1974 1978 1982 1986 1990 1994 1998 2002
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)
Usa Regno Unito Francia Germania
Fonte: elaborazione Ismea su dati Fao.
8
Vedi figura 1.8.
9
Il 20% circa sul totale mondiale.