2
In tale specie di lavori flessibili rientrano tutte quelle attività maggiormente innovative,
associate dai diversi modelli relazionali che tengono conto dei processi di trasformazione
della società e dell’economia contemporanea, allontanandosi e/o distaccandosi dalla
normativa vincolistica e protettiva del diritto del lavoro
5
; intervenendo in alcuni aspetti del
contratto di lavoro subordinato, quali: l’unicità del datore di lavoro e la durata della
prestazione lavorativa.
La nuova generazione del diritto del lavoro, ha inizio con il processo di
flessibilizzazione del mercato del lavoro, si innesta su di un tessuto produttivo
strutturalmente flessibile caratterizzato da un elevato decentramento fondato su una
dimensione di impresa molto limitata, - in quanto priva, quasi, di elementi immateriali -
che si contrappone alla impresa accentrata di tipo fordista
6
- unico schema contrattuale di
contratto di lavoro subordinato e prevalenza di fattori produttivi immateriali - e, nello
stesso tempo, si inserisce in una società che trova inammissibile un ritorno al periodo pre-
fordista di parità di forza contrattuale delle parti nel contratto di lavoro, incidendo in
maniera negativa sulla dignità di determinate categorie lavorative, a tutt’oggi ancora
deboli. L’ultimo ventennio è stato scandito da una trasformazione del mercato del lavoro
che ha come conseguenza la contrazione del diritto del lavoro sulla sua espansione, con
ricadute sulla fattispecie e/o tipo di rapporto di lavoro.
Gli effetti si incentrano sul concetto di flessibilità; studiato sotto due punti di vista: la
flessibilità positiva che influenza il diritto del lavoro, definendo come via da seguire
l’attenuazione del codice protettivo previsto dagli artt. 2094 e seguenti del codice civile
7
e
la flessibilità negativa
8
che segna profondamente la disciplina giuslavoristica
determinando una erosione continua della cittadella del lavoro che porta, inevitabilmente
alla precarizzazione dei diritti del lavoratore.
5
G. Ferraro “La flessibilità in entrata alla luce del Libro Bianco sul mercato del lavoro”, RIDL, 2000, I, pp.
435-436.
6
Per fordismo si intende un sistema produttivo in base al quale i lavoratori, in cambio di un salario
relativamente elevato ed indicizzato alla produttività del lavoro, sono tenuti ad adattarsi ai metodi di
produzione di massa che generano efficienza e aumenti di produttività. Il termine è stato coniato sul nome di
Henry Ford, iniziatore delle assunzioni a cinque dollari al giorno nel 1917, nel momento in cui gli altri datori
di lavoro proponevano tre dollari per un lavoro temporalmente simile ed equivalente per qualificazione. Ma
in cambio Ford esigeva una obbedienza totale, il che gli permetteva di mettere all’opera un insieme di
tecniche derivate dal taylorismo – lavoro alla catena, parcellizzazione dei compiti, specializzazione spinta –
grazie alle quali i guadagni di produttività permettevano di pagare salari migliori e di ottenere i benefici più
elevati di tutta l’industria americana. Sul punto si v. “L’evoluzione dei servizi” di V. R. Santamato, spec. p.
26.
7
G. Arrigo “Aspetti giuridici della flessibilità del lavoro “, p. 2, www.cisl.it.
8
Si vedano A. Andreoni “Precarizzazione del lavoro e tutele nel mercato (dal D. lgs. n. 368/2001 al
disegno di legge delega n. 848/2001); P.G. Alleva “DDL 848 delega al governo sul mercato del lavoro”;
www.cgil\giuridico\attualità.
3
La flessibilità negativa del decreto legislativo n. 276/2003 ha fatto emergere le due facce
della precarizzazione di somministrazione della manodopera, distinguendola in
mercificazione debole – tipica nella fattispecie del contratto a termine – e forte – tipica
della fattispecie interpositoria –
9
.
L’ascesa della cd. tendenza espansiva del diritto del lavoro è incentrata nella
fattispecie costruita sul concetto formale di subordinazione del lavoratore, che supera la
connotazione originaria di operaio industriale standard e tende a ricomprendere tutte le
figure di lavoro alle dipendenze altrui
10
e non, emerse sia dai servizi di nuova generazione
ma anche dal cambiamento organizzativo delle risorse umane che il nuovo processo
produttivo richiede, anche se tipicamente industriale, quali: l’utilizzo temporale richiesta
dalla prestazione lavorativa e la dissociazione del datore di lavoro – formale e sostanziale.
La storia del diritto del lavoro in Italia: nascita, sviluppo, espansione e contrazione
sino ad oggi, in cui regna l’incertezza sul suo futuro: fine o modernizzazione
11
;
l’andamento di tale fenomeno è figurato dalla parabola
12
, in cui l’inizio del diritto del
lavoro si identifica con una linea ascendente che trova la sua punta massima d’importanza
o di sviluppo nella rigidità della normativa giuslavoristica mentre la fine la si ravvisa nella
linea discendente del diritto del lavoro acquisita con le normative ri-regolative alla regola
principe, sino a toccare il fondo con la flessibilità sic et simpliciter del D. lgs. n. 276/2003,
incentrata sulla de-regolazione della normativa vincolistica, abrogando normative cardini
del diritto del lavoro.
La modernizzazione del diritto del lavoro è frutto di una inversione di tendenza della
questione sociale, essa si realizza attraverso la trasparenza e l’efficienza del mercato del
lavoro, attuando non una de-regolamentazione, ma bensì una regolamentazione di una
nuova istanza sociale fraudolenta
13
. Da ciò si deduce che la legislazione antifraudolenta
degli anni ’60 mirata agli interventi degli operatori privati nella fase di incontro tra
domanda e offerta di lavoro, diventa oggi, una delle principali cause del dilagare delle
forme parassitarie e fraudolente di intermediazione nei rapporti di lavoro
14
.
9
Si v. P.G. Alleva, G. Naccari “I volti del precariato e la mercificazione del lavoro. Prima nota sul decreto
applicativo della legge 30/2003”, www.cgil\giuridico\attualità.
10
L. Mengoni in “Il contratto individuale di lavoro”, DLRI, N. 86, 2000, 2, p. 184.
11
Sul punto M. Biagi “Competitività e risorse umane: modernizzare la regolazione dei rapporti di lavoro”,
R.I.D.L, 2001, I.
12
Si v. G. Cannella ”La parabola del diritto del lavoro”, www.unicz\lavoro\Novita.it.
13
Nuova concezione del termine fraudolento, in: Relazione di accompagnamento al decreto di attuazione
della riforma Biagi, www.minwelfare.it.
14
Ibidem, spec. p. 9.
4
È certamente cambiato il contesto sociale di riferimento, visto che con la legislazione
fraudolenta determinatosi con la disciplina restrittiva sul divieto di intermediazione e di
interposizione nell’impiego dei lavoratori e di appalto, del 1960 e quella del contratto di
lavoro a tempo determinato, del 1962, il legislatore persegue l’obiettivo di tutelare
l’interesse del lavoratore-operaio alla continuità e alla stabilità dell’occupazione dettando
una normativa che regola la domanda c.d. flessibile della forza lavoro a carattere
temporaneo riducendo l’autonomia negoziale delle parti nella formazione e nella
esecuzione del contratto di lavoro.
Oggi, la disciplina restrittiva è divenuta causa di sfruttamento della figura del nuovo
lavoratore poli-classe: indipendente, mobile e specializzato, da tale concezione sembra
soccombere il lavoratore mono-classe: dipendente, statico e con bassa qualifica. È questa la
nuova realtà del nostro mercato del lavoro?
Indubbio è l’excursus della tendenza espansiva del diritto del lavoro in stretta
correlazione con l’evoluzione della questione sociale del lavoratore; ebbe origine nel
senso di appartenenza ad una determinata classe portatrice di interessi comuni, sino ad
arrivare all’odierno contesto sociale caratterizzato da una diversificazione degli interessi
dei lavoratori appartenenti non più ad un'unica classe sociale – operaia – di riferimento.
Il focus è dato dal ruolo del conflitto d’interesse tra i gruppi sociali definito nel trend
di formazione del diritto del lavoro, trovando la sua fonte originaria nel conflitto duale
capitale-lavoro, sino al conflitto post-moderno
15
che aggiungendo nuovi interessi nella
collettività forza lavoro, quali: i flessibili, gli outsider e la subfornitura, riducono in
secondo piano il conflitto basilare della disparità contrattuale tra datore e lavoratore,
giustificando, così, l’utilizzo massimale della somministrazione di manodopera sia essa a
carattere temporaneo che non, introducendo l’istituto dello staff-leasing.
15
Oltre al conflitto duale tra capitale e lavoro, sul mercato del lavoro sono presenti i conflitti: tra
insider/outsider e tra gli stessi imprenditori in relazione al potere contrattuale (subfornitura).
5
Nel nostro ordinamento esiste un imponente complesso normativo per la
regolamentazione dei rapporti di lavoro: la Costituzione; la regolamentazione generale del
contratto di lavoro contenuta nel codice civile
16
; la normativa fondamentale risultante dallo
Statuto dei diritti dei lavoratori. Vi sono poi moltissime leggi speciali di diversa rilevanza:
quali la legge sul collocamento; sul divieto di interposizione di manodopera e la legge sul
contratto a tempo determinato che hanno definito la disciplina vincolistica dell’accesso al
lavoro incidendo sulla normativa codicistica.
Le determinanti della disciplina vincolistica vanno ricercate nel contesto storico-
culturale in cui ha avuto origine il diritto del lavoro con conseguente espansione,
contrazione e “troncamento” della disciplina protettiva del lavoratore.
Il diritto del lavoro stricto sensu attiene alla regolamentazione della relazione giuridica
tra le parti del rapporto di lavoro - datore e lavoratore - , nell’epoca ottocentesca lo schema
giuridico di questa relazione era il libero contratto di lavoro, secondo le regole del mercato
nel rapporto tra domanda ed offerta; a seguito della questione operaia o sociale nacque il
diritto del lavoro come diritto speciale in cui le condizioni di lavoro non potevano più
basarsi solo sulle leggi di mercato in cui il lavoratore è portatore di una particolare merce
da scambiare: la sua forza lavoro separata dal lavoratore in cui l’imprenditore esercita un
potere non sulla sua persona ma sulla merce-forza lavoro
17
, ma si doveva tener conto della
particolare specialità della merce-lavoro ossia il lavoratore-persona; si ebbe la lotta di
classe che rivendicò, organizzandosi in sindacati e attraverso scioperi, condizioni migliori
di lavoro.
La lotta di classe impose come fondamento della propria ideologia la disparità
contrattuale nel rapporto di lavoro, pertanto il diritto del lavoro nacque e si sviluppo con la
funzione di riequilibrare la posizione di svantaggio economico del lavoratore.
16
Infatti, a tal proposito il rapporto interprivato di maggiore rilievo sul piano costituzionale è il rapporto di
lavoro disciplinato in funzione protettiva del lavoratore al livello dell’autonomia dei privati, sia nelle
organizzazioni collettive che come singoli. La rilevanza riconosciuta dal legislatore costituzionale alla
posizione soggettiva di sottoprotezione sociale del lavoratore come cittadino e, prima ancora, come persona
implicata nel rapporto di lavoro dipendente si affianca l’obiettivo della tutela della libertà e dignità sociale
del lavoratore. Inoltre con l’integrazione della disciplina codicistica rivolta al perfezionamento del sistema di
tutela c.d. minimale del lavoratore come soggetto contrattualmente debole e bisognoso di protezione, segue
una tutela più ampia del lavoratore, ossia la sua dignità sociale, specificandosi nella tutela contro le
discriminazione.
17
Così M. G. Garofalo “Un profilo ideologico del diritto del lavoro”, p. 10.
6
L’autonomia contrattuale dei privati significa libertà delle parti di darsi un regolamento
di interessi sul quale si verifica una convergenza delle loro volontà; non garantisce un
potere equilibrato di influire sulla determinazione del contenuto del contratto, ma la libera
decisione di ciascuna parte di stipulare il contratto a certe condizioni sulle quali l’altra
conviene
18
.
Donde perciò si ebbe che il rapporto di lavoro non poteva essere regolato come un
normale rapporto rientrane nel diritto civile, proprio in virtù del fatto che il datore di lavoro
era in una posizione economica di potere di preminenza imponendo le proprie condizioni
contrattuali.
La norma inderogabile ebbe lo scopo di riequilibrare le posizioni contrattuali con un
risultato effettivo, ossia le norme a difesa del lavoratore dovevano essere inderogabili e
quindi non modificabili neppure con il consenso dello stesso lavoratore. Evidente, è che la
posizione di vantaggio del datore di lavoro avrebbe indotto il lavoratore, pur di lavorare, ad
accettare deroga alle norme poste a sua tutela. Su tali presupposti prese forma la
disciplina vincolistica del diritto del lavoro, furono introdotte norme di tutela del lavoro,
che limitavano sistematicamente la libertà di impresa attraverso una serie di vincoli e di
divieti.
Alla fine degli anni ’50 l’Italia viveva il boom economico, è il periodo della migrazione
di masse di manodopera sud-nord, tale contesto socio-economico evidenziò le condizioni
inaccettabili di sfruttamento nelle quali i lavoratori prestavano la risorsa lavoro e contribuì
alla emanazione della legislazione speciale, avutasi con la legge n. 264/49 sul
collocamento che ebbe una funzione pubblica e gratuita di mediazione, in vista della
conclusione del contratto di lavoro e con lo scopo di tutelare il lavoratore non solo dalla
speculazione degli intermediari privati, ma più in generale dagli effetti negativi dello
squilibrio tra offerta e domanda che caratterizza strutturalmente il mercato del lavoro,
evitando abusi nella scelta dei lavoratori da assumere, sottraendola a favoritismi e
condizionamenti.
18
Così L. Mengoni op. cit., p. 182.
7
La cornice storica, determinata, individuò la normativa vincolistica sul rapporto di lavoro
con l’integrazione della disciplina codicistica
19
attraverso leggi speciali, e quindi al
perfezionamento del sistema di tutela c.d. minimale del lavoratore come soggetto
contrattualmente debole e bisognoso di protezione; si consolidò nell’arco degli anni ’60
con la fondamentale riforma della intermediazione di manodopera, che consentì di superare
la pratica del caporalato, che offriva i lavoratori in mano ad organizzazioni criminali e li
esponeva allo sfruttamento per l’applicazione di condizioni deteriori ma tuttavia legali.
La legge, vietò la mera intermediazione, garantendo condizioni paritarie in caso di
appalto di manodopera tra i lavoratori dell’appaltatore e dell’appaltante e costituì una
spinta decisiva verso una delle caratteristiche fondamentali del diritto del lavoratore: la
prevalenza della sostanza sulla forma del contratto. Nel diritto del lavoro, infatti, chi è il
vero datore di lavoro, quale è la vera natura del rapporto di lavoro, quali sono le vere
condizioni e modalità del rapporto, a prescindere dagli aspetti formali del contratto,
prevalgono.
Seguì la riforma del contratto a termine, in cui l’esigenza dell’utilizzazione flessibile
del lavoro è soddisfatta per mezzo della apposizione di un termine finale alla durata del
contratto, vincolando l’utilizzazione di questo strumento a ben precise condizioni e forme
prevedendo un robusto sistema sanzionatorio per la repressione dei comportamenti illeciti
del datore di lavoro.
L’integrazione del codice civile ebbe come esito la rigidità di accesso del mercato del
lavoro, ma ad esso seguì la flessibilità controllata, ossia la tendenza del legislatore ad
emanare leggi speciali nell’utilizzo di manodopera, ma reversibili, infatti in caso di
violazione di norme poste a tutela del lavoratore comportava la conversione del rapporto a
tempo indeterminato
20
.
19
La legge n. 1369 del 1960 sostituisce ed integra la fattispecie prevista dall’ art. 2127 c.c. riguardante il
fenomeno dell’interposizione nel lavoro a cottimo o cottimo collettivo, mentre la legge n. 230 del 1962
abroga espressamente l’art. 2097 c.c. in materia di contratto di lavoro a tempo determinato.
20
Si v. M. D’Antona in “Contrattazione collettiva e autonomia individuale nei rapporti di lavoro atipici”,
DLRI, 1990.
8
Uno degli interventi legislativi più importanti che si è verificato in materia di lavoro fu
lo statuto dei lavoratori approvato nel ’70, sotto la spinta del ’68 che produsse uno
sconvolgimento sulla società italiana ed internazionale e dell’autunno caldo
21
del ’69; tale
contesto sociale fornì le condizioni per la legislazione c.d. promozionale che consenti a
riequilibrare a favore dei lavoratori i rapporti di potere non solo nell’azienda ma nella sfera
più ampia della società civile.
I due principali obiettivi che persegue lo statuto sono garantire il rispetto della libertà e
della dignità del lavoratore nell’ambito del rapporto di lavoro e assicurare nei luoghi di
lavoro la presenza sindacale per il rispetto della normativa protettiva e per limitare il potere
imprenditoriale. Fu il culmine della democratizzazione ed identificazione della collettività
– lavorativa operaia con l’abbattimento di prassi e pratiche autoritarie, l’autorità del datore
viene meno, fu messa in discussione. La situazione che si determinò fu, che le leggi (L. n.
300/70) da un lato restringono la libertà di iniziativa economica dell’imprenditore
obbligandolo in linea di massima alla combinazione di tutti i fattori della produzione
dentro l’impresa (L. n. 1369/60), dall’altro irrigidiscono le strutture normative del rapporto
di lavoro incidendo sull’autonomia privata anche sotto il profilo della libertà del tipo
contrattuale.
Certamente l’estensione progressiva della disciplina ha costituito, almeno inizialmente
un incentivo per il lavoratore a rivendicare la natura subordinata del rapporto, e questo ha
favorito indubbiamente una notevole dilatazione della fattispecie del contratto di lavoro
subordinato
22
. Una seconda causa di estensione della stessa è dipesa dalla circostanza che
la subordinazione, come presupposto per l’applicazione della disciplina del tipo, prescinde
dall’accertamento della situazione di dipendenza economica e di debolezza contrattuale del
prestatore di lavoro, e include perciò nell’area della relativa tutela, o meglio delle diverse
tutele, ogni lavoratore alla sola condizione che sia qualificato come lavoratore subordinato
in senso tecnico, mentre esclude quei lavoratori che, pur essendo contrattualmente deboli,
non possono essere qualificati come subordinati in senso atecnico.
21
Si fa riferimento, nel linguaggio politico a un periodo di forti tensioni sindacali iniziato sul finire del 1968
e conclusosi nella metà del 1970. In tale periodo le organizzazioni sindacali riuscirono a catalizzare
l’impegno di lotta di milioni di lavoratori con imponenti manifestazioni che portarono a notevoli
miglioramenti di carattere economico e normativo. Infatti, durante tale periodo furono rinnovati numerosi
contratti di lavoro, in particolare quello dei metalmeccanici, mediante scioperi che comportò la perdita di
oltre 400 milioni di ore di lavoro.
22
Il lavoratore subordinato gode di una serie di trattamenti economici e contributivi, quali: il diritto,
costituzionalmente garantito, alla corresponsione di una retribuzione e quello di ricevere al compimento di
una determinata età la pensione; gli vengono riconosciuti indennità in caso di malattia o infortunio sul lavoro
– assicurazioni sociali obbligatorie -; alla risoluzione del rapporto ha diritto al trattamento di fine rapporto;
ecc.
9
Gli anni ’70 furono quindi l’ apice della normativa giuslavoristica, ma furono anche gli
anni di cambiamento del modo di produrre, il mutamento è stato possibile dalle nuove
tecnologie informatiche e telematiche e dalle nuove tecniche di organizzazione della
produzione che più direttamente influenzano l’evoluzione del diritto del lavoro.
Dopo il boom degli anni 60, cominciò la crisi economica, aumentano i disoccupati e con
essi la necessità di una tutela non solo dei lavoratori occupati ma anche dei senza lavoro;
l’alto tasso di inflazione provocato dalla crisi petrolifera determinano la lievitazione del
costo del lavoro – accentuate dalle normative vincolistiche – non più compatibili con
esigenze di competitività delle imprese, imposte dalla internazionalizzazione dei mercati.
Il diritto del lavoro dell’emergenza
23
espressione usata per indicare l’insieme di
provvedimenti di urgenza emanati negli ultimi anni 70 a fronte di situazione di crisi
economica, ha affrontato i nuovi problemi del diritto del lavoro con le deformazioni del
processo espansivo dell’ordinamento giuslavoristica in atto, hanno posto non solo una
esigenza di riequilibrio delle garanzie, ma messo in discussione lo stesso principio del
favore e delle tutele a senso unico del lavoratore finora praticate.
Si individua una nuova fase del diritto del lavoro legata alla evoluzione del mercato del
lavoro e alla trasformazione del sistema produttivo, anche in tal contesto si parlò, come
oggi, di diritto del lavoro della crisi e alla fine degli anni 70 cominciò la stagione della
flessibilità, sul presupposto della stretta correlazione tra la disoccupazione e l’eccessiva
rigidità del mercato del lavoro, giustificando l’attenuazione della protezione inderogabile
dei diritti del lavoratore dalla ricerca di forme di organizzazione e di occupazione più
articolate e flessibili..
23
Tratto caratteristico di questa legislazione, oltre alla crescente tendenza verso la deregolamentazione del
mercato del lavoro e, quindi, alla estensione della stessa autonomia negoziale privata, è l’evoluzione, sia pure
circoscritta a determinati istituti o aree normative, della disciplina protettiva da rigida a flessibile. In questa
prospettiva la tutela dell’occupazione prevale sulla tutela della posizione contrattuale debole del lavoratore
ponendo in misura prevalente l’obiettivo di favorire la difesa e la crescita occupazionale. All’interesse della
tutela del lavoratore, contraente debole del rapporto di lavoro, subentrano l’interesse pubblico al
contenimento dell’inflazione e l’interesse dell’impresa allo svolgimento dei processi di ristrutturazione
produttiva e di innovazione tecnologica.
10
Queste sono state le ragioni che, nella metà degli anni 80 innescano, un dibattito tra le
parti sociali sull’opportunità di conciliare le ragioni di efficienza e di produttività
dell’impresa con la tutela degli interessi dei soggetti deboli; è il c.d. garantismo flessibile
24
incentrato sulla ricerca di punti di equilibrio tra flessibilità organizzata dell’impresa e tutela
individuale e collettiva della posizione del lavoratore.
Bisognava quindi, o ridurre i vincoli o utilizzare sempre più rapporti di lavoro non
subordinati o non a tempo indeterminato e cioè rapporti che per loro natura si
sottraevano a vincoli; cominciarono ad allargarsi le maglie del contratto a termine in
particolare con la legge n. 56 del 1987
25
, che ha consentito il ricorso a tale istituto in ogni
ipotesi prevista dai contratti collettivi; si avviò un percorso di riduzione della stabilità del
posto di lavoro e quindi di contrazione del diritto del lavoro e gli anni 90 registrano
l’accentuazione delle tendenza ri-regolativa del diritto del lavoro.
Le ipotesi più importanti di ri-regolazione vengono introdotte con modifiche normative,
le quali perseguono una maggiore flessibilità della disciplina, attribuendo un ruolo
congiunto alle parti sociali e alle pubbliche autorità
26
, consolidando la formula della
flessibilità controllata.
L ’emergenza-occupazione conduce all’emanazione di due leggi che scalfiscono i
principi fondamentali tradizionali dell’ordinamento giuslavoristico: il principio della
funzione pubblica del collocamento dettato dalla legge n. 269/49, sostanziandosi nella
necessità della mediazione statale nel momento dell’incontro tra domanda ed offerta di
lavoro e il divieto di interposizione di manodopera di cui alla legge n. 1369/60.
24
Si sottolinea come la legislazione in questione sia rivolta non solo alla specifica disciplina del rapporto di
lavoro, ma anche ad una funzione di governo dell’economia, perseguendo obiettivi di politica industriale e,
insieme, di politica dei redditi, in una logica di concertazione tra pubblici poteri e parti sociali – si è parlato di
scambio politico e di modello neocorporativo nelle relazioni industriali -; in tale contesto, la produzione
legislativa ha assunto la caratteristica di essere stata originata dalla partecipazione delle parti sociali – si è
parlato di legislazione contrattata – è non il frutto di una mera recezione dei contenuti della contrattazione
collettiva.
25
Si noti che con la legge n. 56/1987 ai contratti collettivi è consentito solo un ampliamento delle ipotesi, ma
non di derogare alla disciplina legislativa del contratto a termine prevista dalla L. n. 230/1960.
26
Gli accordi triangolari, così chiamati perché in essi il Governo non svolge più solo un ruolo di mediazione
tra i rappresentanti dei lavoratori e degli imprenditori, ma diventa parte dell’accordo assumendo in proprio
impegni ed obblighi relativi alla politica economica da perseguire.
11
La prima legge generalizza il metodo dell’assunzione diretta ed inizia lo svecchiare del
sistema obsoleto del collocamento pubblico, mentre la riforma Treu introduce il lavoro
temporaneo cioè del lavoro commisurato, nella durata, alle esigenze contingenti e
mutevoli dell’imprenditore utilizzatore e con il rischio a carico dell’impresa fornitrice ed
inoltre ammorbidisce il regime sanzionatorio delle violazioni delle norme sul contratto a
tempo determinato
27
. Viene meno il disfavore del legislatore verso il contratto a termine o
comunque la durata temporanea del rapporto e di conseguenza nei confronti della
contrazione del diritto del lavoro.
Le determinanti di tale orientamento legislativo sono le caratteristiche del mondo del
lavoro standard che mutano: sempre meno lavoro nella grande industria e sempre più
lavoro nel commercio e nei servizi, con modalità di prestazioni sempre più diversificate.
La globalizzazione dei mercati
28
ha accentuato l’esigenza delle imprese di ridurre i costi
della produzione per restare competitive; l’espansione dell’area dei servizi
29
, da un lato, e
la rivoluzione tecnologica dall’altro, diversamente dalla rivoluzione industriale, che aveva
creato un oggetto sociale fondamentalmente omogeneo, il lavoratore comune
dell’industria, hanno favorito una diversificazione delle identità sociali dei produttori; con
il risultato che la classe operaia non occupa più il centro delle società postindustriali, nelle
quali, perciò si riduce il peso quantitativo e politico del lavoro dipendente. L’esigenza delle
imprese di essere competitive e la rivoluzione tecnologica hanno favorito anche
l’automazione e il decentramento del processo produttivo. Tali caratteristiche hanno
accentuato l’esigenza di un corrispondente rapido adattamento della dimensione
occupazionale delle imprese all’entità della domanda di lavoro, la quale fa oscillare,
notevolmente e a tempi sempre più ristretti, il fabbisogno di manodopera e quindi accentua
la propensione delle imprese all’instaurazione di rapporti temporanei.
27
Il pacchetto Treu disciplina: agli articoli 1-11 il lavoro temporaneo ed all’art. 12 la proroga del contratto a
tempo determinato.
28
Con il termine globalizzazione dei mercati si intende un processo di unificazione dei mercati mondiali
rispetto ad un modello unico, grazie all’annullamento della distanza geografica per opera della telematica
diviene possibile la libera circolazione di capitali finanziari, commerciali e produttivi che si rendono in un
certo modo indipendenti dai singoli governi politici. Il fenomeno della globalizzazione agisce soprattutto a
livello d’impresa, il cui campo d’azione è il mercato internazionale rendendole indipendenti dal contesto
nazionale, attuandosi in un’economia di mercato mondiale in cui la competizione si deve svolgere
esclusivamente sul mercato. Deregulation ovvero lasciare agire il mercato globale liberamente sembra essere
la politica degli Stati occidentali.
29
Sull’argomento si v. “L’evoluzione dei servizi” di V. R. Santamato, op. cit.
12
Tale contesto economico sociale ha comportato la riforma del mercato del lavoro
contenuta nel libro bianco di Biagi: in cui emerge lo studio del termine flessibilità della
forza lavoro in entrata, ma soprattutto si cerca di individuare una linea di demarcazione
della flessibilità così detta buona che aiuta l’occupazione
30
dalla cattiva e/o negativa che
permette anch’essa l’accesso al lavoro, ma penalizza il lavoratore nella sua dignità sociale.
Si perviene al concetto di flessibilità positiva nel diritto del lavoro intesa come
articolazione delle tutele nell’ambito dello stesso tipo in ragione della presenza o assenza
di requisiti o modalità della prestazione o del rapporto, e perciò come sottrazione di una
norma o di un blocco di norme del lavoro subordinato
31
.
Il contesto generale che porta alla legge delega n. 30 del 2003 è diversificato, la
esigenza di migliorare le opportunità di lavoro si allargano ora a gruppi diversificati di
soggetti deboli sul mercato del lavoro: gli outsider soggetti residenti in aree depresse, come
il mezzogiorno; i flessibili soggetti alla durata dei cicli produttivi, i sub-fornitori in cui
emerge un nuovo squilibrio contrattuale tra imprenditori ed i cognitivi, ossia il lavoratore
maggiorenne
32
dotato di forza contrattuale per ragioni di mercato o di elevata
professionalità.
La rapida crescita di questi nuovi soggetti bisognosi e non di tutela pone problemi
imprevisti al diritto del lavoro aggiungendosi all’urgenza, non solo in Italia, ma in un
contesto più ampio, come quello Europeo
33
di ridurre il tasso di disoccupazione elevato;
non si tratta più di tutelare relativi gruppi circoscritti di lavoratori, ma di ridistribuire le
occasioni scarse di lavoro e di promuovere nuovo impiego tout court nella forma flessibile
che apre la via al lavoro subordinato a tempo indeterminato.
Inizia con il recepimento della direttiva europea 99/70/CE in materia di contratto a
termine, attuata con il D. lgs. n. 368/2001 l’allontanamento dall’obiettivo finale, per mezzo
dei contratti flessibili, del contratto a tempo indeterminato, come forma comune dei
rapporti di lavoro così come afferma la direttiva, incorrendo nella violazione della clausola
di non regresso
34
posta dall’Ue a tutela dei lavoratori riversata, oggi, nel D. lgs. n.
276/2003 nella tipologia di somministrazione a termine.
30
M. Biagi “La buona flessibilità aiuta l’occupazione”, Il Sole 24 Ore, 11/10/2001.
31
G. Arrigo op. cit., p. 2.
32
Si v. Pietro Ichino “ Il diritto del lavoro e i confini dell’impresa”, DLRI, n. 82-83, 1999, 2-3, individua la
figura del lavoratore maggiorenne.
33
La produzione normativa comunitaria, in materia di politiche sociali, nella prospettiva di una
armonizzazione della disciplina del mercato del lavoro e dei rapporti di lavoro all’interno dei singoli stati
membri dell’Ue, stia fortemente condizionando l’evoluzione e/o involuzione della legislazione interna del
nostro paese. Vedi infra p. 27 e ss.
34
Si v. M. Roccella “Prime osservazione sullo schema di decreto legislativo sul lavoro a termine”, 2001.
13
Il decreto legislativo n. 276/2003 profila una flessibilità negativa senza futuro che può
segnare l’allargamento non solo al rapporto individuale del lavoro regolato dalle leggi del
mercato, ma altresì verso il diritto dell’impresa e del mercato. Si prospetta un ritorno al
periodo ottocentesco, con la fine del diritto del lavoro in cui la parabola tocca il fondo
senza previsioni di ripresa. Ovvero profila una flessibilità positiva per il futuro in cui
il diritto del lavoro allarga i suoi campi d’azione oltre a quello tradizionale; in tal caso la
parabola del diritto del lavoro inizia una nuova linea ascendente non più mono ma poli-
direzionale in grado di tutelare e garantire gli interessi diversificati dei lavoratori.
In tale excursus sommario del diritto del lavoro ho posto in evidenza il concetto di
flessibilità negativa, controllata e positiva avutasi; nel periodo liberale regnava una
flessibilità negativa per i lavoratori; la flessibilità controllata che accompagna l’espansione
del diritto del lavoro tende a colpire l’utilizzo fraudolento della manodopera; la flessibilità
positiva così come concede spazi al datore di lavoro toglie norme codicistiche e speciali
alla materia giuslavoristica.
Con il D. lgs. n. 276/03 si è intervenuti sulla piena flessibilità in entrata della forza
lavoro permettendo la liberalizzazione totale del fattore lavoro con la prospettiva di
aumentare i tassi di occupazione; ed è proprio alla mancanza di flessibilità che il Governo
Maroni
35
addebita la scarsa propensione all’assunzione delle imprese. La crescita
dell’occupazione è legata alla liberalizzazione del mercato del lavoro in entrata con
conseguenti modifiche delle norme che regolano il rapporto di lavoro; la rimozione della
regola diviene l’unica via per l’aumento della occupazione prevedendo la libertà di
assunzione in qualsiasi momento a seconda delle necessità, senza sottostare a vincoli e
rigidità.
La de-regolazione del diritto del lavoro che permette la flessibilità in entrata sic et
simpliciter è vista come panacea di tutti i mali del mercato del lavoro, ma è anche vista
come declino della normativa giuslavoristica. Queste, dunque, le due tesi estreme della
odierna “vicenda” del diritto del lavoro
L’attualità odierna fa pensare all’andamento della flessibilità del futuro: dipenderà
dall’invenzione e dalla progettualità sociale che saprà sprigionarsi nei vari contesti socio-
istituzionali
36
.
35
Ministro del Welfare del Governo Berlusconi.
36
A. Perulli “Interessi e tecniche di tutela nella disciplina del lavoro flessibile”, DLRI, n. 95, 2002, 3, p. 404.
14
L’assorbimento e/o rifiuto sociale della nuova generazione del diritto del lavoro
scaturirà dalla capacità del diritto del lavoro di abbracciare o meno anche le nuove forme
di tutela dei soggetti più deboli emerse dal nuovo contesto sociale, diventando l’impresa
fordista e di conseguenza l’operaio-industriale non la conditio sine qua non della esistenza
del diritto del lavoro. Al modello standard di lavoro subordinato si affiancano nuovi
modelli di lavoro non più accomunati da interessi comuni, in quanto appartenenti ad
un'unica classe sociale, ma eterogenei, accomunati nel bisogno della tutela diversificata.
L’obiettivo della piena occupazione previsto dal vertice straordinario sull’occupazione
di Lisbona
37
viene attuato dalla politica italiana derogando i cardini del diritto del lavoro
raggiungendo un obiettivo prettamente italiano e non comunitario ossia un mercato del
lavoro tra i più flessibili in Europa
38
. Le conseguenze di ciò ricadranno sulla collettività
lavorativa mettendo in luce la compatibilità del grado di flessibilità raggiunto dal nostro
paese con l’aspetto socio-culturale del lavoratore.
La tesi si articola in due capitoli. Il primo capitolo, previa introduzione sull’osservazioni
della evoluzione del tipo sociale-lavoratore accompagnato dall’intervento del legislatore
italiano e comunitario, analizza la fattispecie interpositoria disciplinata dalla legge n.
1369/1960 nel rapporto di lavoro, oggi abrogata dal D. lgs. n. 276/2003.
Nel secondo capitolo, previa indagine sui motivi della introduzione nel nostro sistema
giuslavorista del lavoro temporaneo e della sua abrogazione, si perviene sia ad un’analisi
del decreto legislativo n. 276/2003 e sia ad un confronto del suddetto decreto con la
previgente legge n. 196/1997 e con il D. lgs. n. 368/2001.
Infine le considerazioni conclusive: le ricadute del decreto legislativo n. 276/2003 –
attuativo della legge delega n. 30/2001 di riforma del mercato del lavoro – in materia di
qualità del lavoro nell’ordinamento giuslavorista e sulla collettività lavorativa.
37
Il Consiglio Straordinario di Lisbona sull’occupazione (2000), attraverso le Raccomandazioni sugli
indirizzi di massima per le politiche economiche degli Stati membri e della Comunità, pone degli obiettivi di
politica attiva per il lavoro, ossia interventi e sostegni che aiutino le persone a trovare un’occupazione, quali:
1) servizi di collocamento efficaci impostati su database moderni – Sil - ; 2) un maggior tasso di occupazione
nei servizi; 3) il potenziamento dell’apprendimento lungo tutto l’arco della vita; 4) le pari opportunità.
38
Si v. Il Sole24ore del 7 giugno 2003, p. 2.