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Anche da un punto di vista storico, si può notare come spesso la presenza
di una fitta rete di scambi negoziali all’interno di una data area geografica si sia
rivelata in grado di produrre conseguenze non solo sul grado di sviluppo e
benessere economico delle popolazioni residenti in tale area, ma anche sul loro
livello di prosperità sociale e culturale. In questa direzione sembra di poter
cogliere un suggerimento particolarmente stimolante nell’analisi di Hauser, in
base alla quale il sempre maggiore sviluppo degli scambi commerciali
verificatosi a cavallo del 1300 nei paesi dell’Europa occidentale può essere
considerato come uno dei fattori chiave in grado di spiegare la transizione dalla
società del Medioevo alla società rinascimentale
2
.
L’importanza dell’attività di scambio negoziale ed il fatto che tale attività
sia in grado di produrre ripercussioni che vanno spesso oltre il puro e semplice
livello economico di sviluppo di una società, non possono essere comprese
appieno se non si presta la dovuta attenzione ad un carattere peculiare delle
negoziazioni, vale a dire la loro estrema varietà. In effetti, l’attività di
negoziazione può assumere una molteplicità di forme, oltre a quella per certi
versi consueta del semplice scambio commerciale: si possono considerare forme
di negoziazione anche alcuni aspetti presenti nei normali rapporti interpersonali
tra amici o familiari, così come nella stipulazione dei trattati di pace o degli
accordi sul disarmo nucleare. Per delimitare in qualche modo il campo di analisi,
si dovrà cercare di produrre una caratterizzazione del fenomeno negoziale che sia
abbastanza elastica, per consentire di abbracciarne con uno sguardo complessivo
Professor”, Glasgow, Jackson, Son and Company, pagg. 322-356. (trad. it. “La ricchezza delle nazioni.
Abbozzo”, Piccola Enciclopedia SE, Milano, 1990, pagg. 30-31 e 33-34).
2
Hauser, A. (1955-56). “Sozialgeschichte der Kunst und Literatur”, Monaco, C. H. Beck (trad. it.
“Storia sociale dell’arte”, 1955-56, Torino, Einaudi).
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le varie forme più importanti, e che eviti al tempo stesso di risultare troppo
dispersiva.
Ai fini del discorso che si intende sviluppare in questa sede, si può dire
che gli elementi fondamentali che contraddistinguono una situazione negoziale
siano essenzialmente:
la presenza di due o più parti negoziali che hanno alcuni interessi in
comune e altri interessi contrapposti in merito alle modalità di
suddivisione o condivisione di una serie di risorse (che possono essere
tanto materiali quanto immateriali);
la decisione delle parti di affidarsi, per la soluzione del problema di
suddivisione, ad un processo di interazione sociale che ha come scopo
la conclusione di un accordo comune.
La presenza di un interesse comune è il prerequisito affinché si abbia un
contatto tra le parti, mentre il fatto che vi siano anche interessi in qualche modo
divergenti è alla base della dialettica negoziale.
Lo studio del fenomeno negoziale riveste un particolare interesse in
quanto, come messo bene in evidenza da Neale e Bazerman
3
, nel sistema
economico moderno si possono rintracciare tutta una serie di fattori chiave che
hanno contribuito negli ultimi anni, e continueranno plausibilmente a contribuire
in futuro, ad aumentare in misura sempre maggiore l’importanza delle
negoziazioni:
1) la globalizzazione dei mercati, che spinge un numero crescente di
persone ed imprese a dover effettuare trattative commerciali con
3
Neale, M. A. e Bazerman, M. H. (1992). “Negotiator cognition and rationality: a behavioral decision
theory perspective”, Organizational Behavior and Human Decision Processes N.51: pagg. 157-175.
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controparti straniere che hanno (o possono avere) logiche negoziali
completamente diverse dalle proprie;
2) il fenomeno della ristrutturazione aziendale ed organizzativa delle
grandi corporazioni, che si è avviato negli anni ’80 ed ha portato alla
sempre maggiore diffusione di fenomeni di acquisizioni, fusioni, joint-
ventures tra imprese. Questo tipo di operazioni richiedono molto spesso
competenze negoziali altamente sofisticate, che consentano di tener
conto della vasta gamma di interessi contrapposti che entrano in gioco
in queste situazioni;
3) la crescente flessibilità e mobilità della forza lavoro. Datori di lavoro e
impiegati sono sempre meno legati tra di loro da contratti a tempo
indeterminato. Accade sempre più di frequente che una persona si trovi
a dover negoziare e rinegoziare le condizioni del proprio contratto di
lavoro più volte nel corso della sua carriera, e spesso con controparti
diverse;
4) il passaggio da un’economia basata sulla produzione manifatturiera ad
un’economia basata sulla fornitura di servizi, che è un’attività
contraddistinta da un maggior tasso di complessità in quanto più
ambigua. “L’ambiguità tipica delle transazioni interne al settore dei
servizi rende necessaria l’adozione di strumenti negoziali più
complessi, e facilita la diffusione di pratiche quali la sistematica
rinegoziazione dei contratti”
4
.
4
Neale, M. A., e Bazerman, M. H. op.cit., pag. 158.
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Nella teoria economica tradizionale, le negoziazioni sono state studiate da
un punto di vista essenzialmente normativo, facendo un largo utilizzo dei modelli
della teoria dei giochi. La preoccupazione fondamentale di questo tipo di analisi
è stata quella di fornire ai negoziatori i mezzi di analisi formale in base ai quali,
date determinate caratteristiche strutturali e contestuali del problema negoziale, si
potesse determinare volta per volta la soluzione ottimale, definita come
“equilibrio di Nash”. Tale equilibrio di Nash è “ottimo” in quanto consente la
massimizzazione del benessere individuale delle parti negoziali.
Purtroppo, analizzando i risultati ottenuti dalle negoziazioni nel mondo
reale, sembra che molto spesso i negoziatori non siano in grado di pervenire alla
soluzione ottimale, determinando in questo modo la stipulazione di accordi
largamente inefficienti. Inoltre, accade non di rado che le negoziazioni si
interrompano, o che giungano ad un punto di stallo, con conseguenze negative
per il benessere economico non solo delle parti in causa, ma spesso anche di
collettività più vaste. Bazerman e Carroll forniscono esempi estremamente vividi
delle possibili conseguenze negative associate al fallimento di negoziazioni di
particolare importanza: “... nel campo delle negoziazioni tra i sindacati dei
lavoratori e le organizzazioni dei datori di lavoro, i fallimenti delle negoziazioni
comportano scioperi costosi ed una diminuzione dell’armonia nei luoghi di
lavoro e minacciano la sopravvivenza delle organizzazioni sindacali stesse e dei
posti di lavoro dei loro membri. I pericoli legati al fallimento delle negoziazioni
nella sfera internazionale vanno dalle inefficacie nello svolgimento del
commercio internazionale alla guerra e possono arrivare a minacciare la nostra
stessa sopravvivenza”
5
. Diviene allora particolarmente importante comprendere
5
Bazerman, M. H. e Carroll, J. S. (1987). “Negotiator cognition”, in B. Staw e L. L. Cummings,
Research in organizational behavior N.9: pag. 248.
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quali siano i motivi che possono causare un fallimento delle trattative, anche al
fine di individuare eventuali procedure correttive, che impediscano il verificarsi
futuro di questi eventi potenzialmente dannosi.
Lo studio dei meccanismi cognitivi operanti in una situazione negoziale
assume un rilievo particolare, in quanto parte dall’assunzione che le dinamiche
negoziali non possano essere comprese appieno limitandosi allo studio delle
caratteristiche strutturali, che definiscono il contesto nel quale la negoziazione
stessa prende luogo. Per capire come mai alcune negoziazioni falliscano, e altre
si traducano invece positivamente nella stipulazione di accordi vantaggiosi per
tutte le parti negoziali, bisogna analizzare a fondo i processi cognitivi che
prendono luogo nelle menti dei negoziatori. E’ infatti in base a tali processi che
avviene la percezione effettiva del contesto negoziale, e sono tali processi che
guidano il processo di interazione sociale in tutte le sue fasi, dal contatto
preliminare all’accordo finale. Ed è sempre sulla base dello studio di tali processi
che si può pensare di comprendere come mai situazioni negoziali apparentemente
simili dal punto di vista strutturale possano a volte avere esiti opposti.
Le pagine che seguono intendono delineare un quadro di riferimento
globale delle principali variabili di cui si deve tener conto nell’analisi dei
processi cognitivi operanti in un contesto negoziale di tipo bilaterale:
1) nel primo capitolo si cercherà di riassumere i risultati più importanti che
l’approccio economico classico, basato sulla teoria dei giochi, è riuscito
ad apportare nel campo di studio delle negoziazioni, mettendo in luce
anche le differenze che contraddistinguono questo tipo di approccio
dall’approccio cognitivo proposto;
2) il secondo ed il terzo capitolo verranno dedicati all’analisi di una serie
di ricerche empiriche di laboratorio, che hanno dimostrato come in
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molti casi i processi cognitivi che si verificano nelle menti dei
negoziatori siano in grado di determinare e giustificare l’adozione di
comportamenti che conducono alla conclusione di accordi subottimali,
spiegando così i discostamenti tra il comportamento effettivo delle parti
negoziali e l’ideale normativo specificato dalla teoria dei giochi;
3) il quarto capitolo sarà dedicato in maniera specifica all’analisi delle
negoziazioni internazionali, in considerazione della particolare
importanza che questo tipo di negoziazioni rivestono nel contesto
economico odierno, contraddistinto da una sempre maggiore
internazionalizzazione e globalizzazione dei mercati;
4) nel quinto capitolo si cercherà di considerare come l’acquisizione di
esperienza e competenza possa in qualche modo consentire ai soggetti
di limitare i danni derivanti dalle imperfezioni cognitive analizzate nei
capitoli precedenti;
5) nel sesto capitolo verranno presentati e commentati i risultati di una
ricerca empirica volta a verificare da un punto di vista applicato alcune
delle conclusioni teoriche raggiunte nel corso dell’argomentazione
svolta nei capitoli precedenti.