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possibilità di esercitare una piena razionalità : troppi ed imprevedibili sono i
fattori da considerare e mai perfettamente conosciuti sono i mercati e le
condizioni ambientali all’estero.
Nel passato l’internazionalizzazione era una via seguita quasi
esclusivamente dalle imprese maggiori dei paesi industrializzati, le uniche in
grado di realizzare una presenza diretta sui grandi mercati, superando barriere
ed ostacoli mentre oggi, uno dei significati profondi della globalizzazione, è
l’affermarsi di una nuova era di internazionalizzazione diffusa.
Nessuna impresa, di qualunque dimensione e settore di attività, può così
ritenersi esente da un coinvolgimento nei processi di internazionalizzazione e,
d’altro canto, l’evidenza empirica è buona testimone di questa nuova condizione.
Qualche dato è al proposito illuminante : attualmente le imprese industriali
italiane esportatrici di beni sono circa centomila, in larga parte di piccole e
medie dimensioni. Si può stimare che oltre ventimila di esse siano state coinvolte
in qualche operazione internazionale di natura non puramente mercantile,
sebbene siano solo poche migliaia quelle che hanno avviato iniziative più
impegnative quali, ad esempio, la presenza diretta all’estero in attività produttive
e/o distributive.
In questo diffuso processo di internazionalizzazione, le imprese di piccola e
media dimensione ( PMI ) che rappresentano numericamente il 93% del totale
delle imprese nazionali soffrono, nel prendere le decisioni, di limiti finanziari,
manageriali, di informazione e di esperienza, in misura assai maggiore delle
imprese più grandi e spesso non sono presenti nei flussi esportativi con
sistematicità e continuità. Le loro risposte e soluzioni sono talvolta inadeguate e
approssimative o, al limite, frutto di scorciatoie che inevitabilmente accrescono il
rischio di insuccesso delle iniziative intraprese.
Sono peraltro molti i soggetti che si propongono a sostegno e consiglio
delle loro iniziative estere. In Italia operano diverse istituzioni a sostegno
dell’attività internazionale delle imprese. Alcune erogano, a livello nazionale o
regionale, servizi in diversi settori che vanno dalla promozione delle
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esportazioni, alle più moderne misure di agevolazione finanziaria a sostegno
degli investimenti all’estero, alla consulenza ed all’assistenza sui mercati esteri.
Altre, a competenza più generale, operano nel campo dei rapporti internazionali,
seguono l’attività degli organismi finanziari multilaterali, curano il quadro
giuridico internazionale di riferimento per lo sviluppo delle attività produttive
delle imprese. Tutti svolgono un ruolo prezioso per migliorare lo stato di
razionalità in cui le imprese prendono le decisioni e per supportarle, sul piano
delle risorse, nelle scelte di investimento.
Del resto le nuove esigenze del sistema produttivo unitamente al processo
di progressiva apertura dei mercati internazionali, hanno determinato l’esigenza
di ridefinire le strategie e di adeguare gli schemi operativi del sostegno pubblico
in modo da aumentarne l’efficienza ed offrire agli operatori una più ampia
gamma di strumenti agevolati per fronteggiare la competitività dei concorrenti
esteri, sempre più agguerrita.
Seguendo questo approccio, nel nostro lavoro abbiamo approfondito la
valenza strategica e operativa degli strumenti agevolati e di mercato a
disposizione delle nostre imprese per sviluppare il loro grado di
internazionalizzazione, esaminando sia il classico fenomeno esportativo
(internazionalizzazione commerciale) che le iniziative aventi come oggetto lo
stabile insediamento nei mercati esteri (internazionalizzazione produttiva).
Con il presente lavoro, inoltre, ci siamo proposti di elaborare uno schema
esaustivo delle varie opzioni che un impresa ha nel campo del finanziamento e
dell’assicurazione, principalmente legate all’intervento statale, scegliendo di
analizzare il fenomeno dal punto di vista dell'esportatore, quale attore principale
del processo di internazionalizzazione.
Il capitolo 1 descrive tutte le possibili opzioni di supporto all’export,
evidenziando con maggiore attenzione gli strumenti relativi al credito (fornitore e
finanziario) ed esponendo analiticamente l’assicurazione ed il finanziamento
pubblico.
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I capitoli 2 e 3 riguardano rispettivamente, la SACE e la SIMEST, quali enti
preposti all’intervento pubblico nei settori assicurativo e finanziario,
delineandone le competenze, le procedure, gli strumenti con i relativi costi e le
modalità d’intervento.
Il capitolo 4 è relativo all’utilizzo, da parte degli operatori economici, delle
possibilità offerte dalla cooperazione italiana mentre il 5° attiene alle altre forme
di finanziamento reperibili sul mercato.
Infine, nell' Appendice finale, attraverso un lavoro di ricerca, abbiamo
evidenziato le performance dell'attività commerciale internazionale delle PMI
italiane analizzando, nel corso della trattazione, il grado di utilizzo da parte delle
stesse degli strumenti a sostegno dell'internazionalizzazione precedentemente
esaminati.
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Capitolo 1 : Il supporto all’export
Il supporto all’export riguarda, in prima analisi, il finanziamento del
credito, in quanto, l’operazione di esportazione trova sovente un limite nelle
esigue disponibilità finanziarie del cliente estero e/o in quelle dell’esportatore
italiano.
Tale fattore è particolarmente rilevante nei settori dei beni industriali e
strumentali, nei quali, con sempre maggior frequenza, l’acquirente richiede
dilazioni di pagamento consistenti ed a tassi favorevoli, dato l’ingente sforzo
finanziario che l’acquisto di tali prodotti di solito comporta. A tal fine, una prima
possibilità che l’acquirente può utilizzare è quella di rivolgersi alle banche con cui
lavora per reperire un finanziamento sul mercato locale e, con i fondi così
ottenuti, provvede a pagare il fornitore italiano secondo le modalità concordate
nel contratto di fornitura. In questo caso, l’onere della ricerca dei fondi e del
relativo pagamento grava sull’acquirente, ma questi riesce di solito ad ottenere un
prezzo di fornitura più vantaggioso, potendo offrire all’esportatore italiano un
pagamento interamente in contanti. Un’altra possibilità è quella del cosiddetto
“trading finanziario”, mediante l’intervento di una Trading Company che acquista
il bene con pagamento in contanti e lo rivende per conto del fornitore italiano al
suo cliente estero con dilazione a 3 o 5 anni, esonerando l’esportatore da tutte le
incombenze ed i rischi relativi al finanziamento.
Nelle attuali dinamiche competitive, tuttavia, è l’esportatore che, sempre
più spesso, è chiamato a finanziare la fornitura in quei settori in cui il vantaggio
tecnologico e di prezzo va allineandosi e la capacità del fornitore di garantire
congrue facilitazioni di pagamento assume valenza strategica. Per poter
competere efficacemente, le imprese esportatrici devono proporre all’acquirente
un’offerta commerciale caratterizzata da un adeguato rapporto prezzo-qualità, da
una dilazione di pagamento di norma compresa fra 2 e 5 anni e da un tasso
10
d’interesse agevolato rispetto al tasso di mercato. E’ evidente che l’impresa
esportatrice, può concedere forme e dilazioni di pagamento competitive solo se
riesce a smobilizzare il proprio credito a condizioni altrettanto vantaggiose,
trasformando il l’incasso differito in incasso a pronti.
Il finanziamento del credito dell’attività esportativa può essere effettuato
con scadenza a breve, o medio e lungo termine.
Le diverse forme di finanziamento a breve termine non differiscono,
sostanzialmente, da quelle utilizzabile sul mercato interno. Tra questi strumenti
tradizionali, particolarmente frequente risulta il ricorso all’indebitamento bancario
attraverso l’erogazione di finanziamenti in euro o in valuta, l’anticipazione sui
crediti esteri, lo sconto degli effetti cambiari internazionali, ecc.; oltre al ricorso al
factoring ( vedasi paragrafo 5.1 ) divenuto sempre più consueto.
La dinamica competitiva internazionale, comunque, rende sempre più
indispensabile, in molti settori e/o mercati, il differimento del pagamento della
fornitura a medio o lungo temine. Il relativo finanziamento, con riferimento ai
crediti derivanti dall’esportazione, riguarda le ben note forme del credito fornitore
( vedasi paragrafo 1.1.1 ), del credito acquirente ( vedasi paragrafo 2.4 ), del
credito finanziario ( vedasi paragrafo 1.1.2 ) il leasing all’esportazione ( vedasi
paragrafo 3.2 ), e le fonti finanziarie non tradizionali ( vedasi capitolo 5 ).
Il costo, ai tassi di mercato, delle forme di finanziamento del credito a
medio e lungo termine è, tuttavia, assai oneroso e difficilmente l’esportatore può
farsene interamente carico. Inoltre, non è auspicabile di trasferirne integralmente
l’onere sul prezzo di vendita, a pena della perdita di competitività. Per tali motivi,
numerosi Paesi si sono dotati di un sistema di supporto alle esportazioni che
sostiene le imprese sia a livello finanziario che assicurativo, soprattutto nelle
operazioni di più lunga durata.
Pertanto, oltre al finanziamento del credito, l’operatore nazionale può
avvalersi, quali supporti per l’export, delle forme di intervento statale nei
confronti delle imprese, che passiamo ad analizzare nei tre sistemi operanti in
11
Italia, per il contributo che danno alle esportazioni di beni e servizi di produzione
italiana :
1 - L’assicurazione pubblica del credito e di altre componenti ( ad esempio
fideiussioni ) dai rischi derivanti dai rapporti economici con l’estero;
2 - Il finanziamento agevolato dei crediti derivanti dall’esportazione e
degli altri fabbisogni finanziari connessi all’attività esportative;
3 - La cooperazione e l’aiuto allo sviluppo mediante forme di
collaborazione a medio-lungo termine oppure con interventi specifici nei
PVS che, sebbene abbia come obiettivo primario il miglioramento socio-
economico dei PSV, indirettamente costituisce un leva per l’export.
12
1.1 Il contratto di fornitura
L’operatore economico che si trova nella fase preliminare della definizione
del contratto commerciale, deve essere conscio di poter scegliere tra diverse
tipologie di strumenti finanziari, ognuno dei quali può essere in maggior misura
appropriato alle caratteristiche dell’operazione commerciale sottostante. In modo
specifico, qualora si tratti di un’operazione che comporti la concessione di
pagamento dilazionato a medio-lungo termine ( e non preveda contropartite in
merci del tipo countertrade ) si potrà valutare l’opportunità di definire un
contratto che includa la concessione di un credito fornitore oppure che contempli
il pagamento del prezzo attraverso un credito acquirente o finanziario.
1.1.1 Il credito fornitore
In questo caso è lo stesso fornitore che concede il credito e che dovrà
preoccuparsi di predisporre le necessarie garanzie bancarie a tutela del credito
stesso nei confronti del cosiddetto “rischio commerciale” ( insolvenza del
debitore ) oltre ad ottenere, ove necessaria, adeguata garanzia assicurativa ( della
SACE
2
od altre compagnie ) per i rischi ( paese, controparte, ecc. ) connessi alla
fornitura. Inoltre, per poter smobilizzare adeguatamente il credito, sarà egli stesso
a dover rivolgersi alla SIMEST
3
per poter fruire, ove ne ricorrano i presupposti,
dell’intervento agevolativo della SIMEST stessa a norma della Legge n. 277/77 (
legge OSSOLA ). Quindi, nel caso di credito fornitore, il contratto commerciale
dovrà prevedere una serie di clausole ed elementi molto importanti ai fini sia della
tutela del credito e della possibilità di cederlo ad una banca ( bancabilità ) che
quale presupposto per poter essere oggetto di copertura assicurativa della SACE e
2
Istituto per i servizi assicurativi del commercio estero
3
Società italiana per le imprese miste all’estero
13
contributo finanziario della SIMEST. Questi elementi, a carattere eminentemente
finanziario, riguardano :
Scelta della moneta con cui denominare il contratto : Dovrà coincidere
con l’euro quale moneta del fornitore oppure con valuta usualmente
utilizzata nel commercio internazionale (dollaro, yen, sterlina, ecc. ) tenendo
conto che in questa fattispecie l’esportatore dovrà gestire il conseguente
rischio di cambio. Inoltre, eccezion fatta per le eventuali quote di spese
locali che l’esportatore dovesse sostenere, non va mai contrattualizzata la
valuta locale se non è di conto valutario
4
.
Chiara definizione delle modalità e condizioni di pagamento : I contratti di
fornitura internazionali con dilazione di pagamento a medio-lungo termine
prevedono l’applicazione, in quanto fondamentale ai fini della fruizione
delle agevolazioni statali, delle regole previste dall’Accordo OCSE
5
note
come “Consensus” per cui :
1. Una quota minima del 15% in via anticipata o contestuale alla
spedizione ( anche mediante l’utilizzo di Lettera di Credito ove
necessario );
2. Una quota massima dell’85% in via dilazionata con rate semestrali
consecutive e di pari importo per una durata massima in funzione sia
del Paese in cui si esporta che dell’oggetto dell’esportazione;
3. Un tasso di interesse, da applicarsi al credito dilazionato di cui al
punto 2., in base a quanto stabilito dall’OCSE con i cosiddetti tassi
CIRR ( Commercial Interest Reference Rates );
4. Il rimborso deve avere decorrenza : per i beni dalla consegna e per
gli impianti dal collaudo.
4
Il conto valutario dell’accordo “Consensus” include le seguenti valute : l’euro, il dollaro USA, la
sterlina inglese, il franco svizzero e lo yen giapponese.
5
Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico
14
Infine, relativamente al credito dilazionato quale risultante dalla quota
capitale ( sub 2. ) più quota interessi ( sub 3. ), il contratto dovrà precisare due
ulteriori elementi. Il primo riguarda la presenza di un eventuale garante,
usualmente una banca, accanto all’importatore quale debitore principale. Questa
garanzia, oltre a tutelare maggiormente l’esportatore, facilita l’eventuale cessione
del credito al sistema bancario nell’ottica di un suo smobilizzo e semplifica
l’ottenimento di una copertura assicurativa. Il secondo elemento, molto
importante anche ai fini delle smobilizzo del credito, è costituito dalla
“rappresentazione” del credito stesso. E’ prassi consolidata nel commercio
internazionale optare per titoli di credito come la cambiale-tratta o il “pagherò” (
promissory note ) che dovranno essere accettati, o sottoscritti per emissione, dal
debitore oltre ad essere firmati dall’eventuale garante. A questo proposito è utile
includere nel contratto un accurato meccanismo che preveda la messa a
disposizione dell’esportatore, da parte di una banca trustee, dei titoli di credito
man mano che avvengono le consegne e si determina il diritto di credito. Sempre
in questa fattispecie di credito fornitore, l’esportatore che lo ritenga necessario,
potrà stipulare una polizza assicurativa a copertura dei rischi politici che
riguardano nello specifico il Paese importatore che, per una serie di motivi, ritardi
o non proceda al trasferimento dei fondi versati in valuta locale dal debitore per il
pagamento delle rate. Lo stesso dicasi per la copertura del cosiddetto rischio
commerciale ( o rischio di controparte ) qualora ricorra la possibilità che il
debitore ed il suo garante non rispettino gli impegni contrattuali con il mancato
pagamento delle rate giunte a scadenza.La SACE, come di seguito meglio
specificato, rappresenta per gli esportatori italiani il naturale punto di riferimento
per la copertura dei rischi politici e commerciali a medio-lungo termine; sebbene
in caso di “rifiuti” per coperture assicurative della stessa SACE, è possibile
rivolgersi a compagnie assicuratrici presenti sul mercato ma che assumono i rischi
con costi di premio decisamente superiori.
15
Analogamente alla stipula della polizza assicurativa e dopo aver sottoscritto
il contratto di fornitura, l’esportatore potrà rivolgersi al sistema bancario per
individuare la formula più adeguata per il finanziamento ( smobilizzo ) del suo
credito commerciale cedendolo ad una banca. Tale cessione può essere del tipo
pro solvendo oppure pro soluto, essendo nel primo caso la banca che si potrà
sempre rivalere nei confronti dell’esportatore nell’eventualità di mancato
pagamento del credito ceduto, mentre nel secondo caso la banca stessa non avrà
più alcuna possibilità di rivalsa nei confronti dell’esportatore. Chiaramente la
scelta dell’una o dell’altra fattispecie dipende da diversi fattori e soprattutto, nel
caso di cessione pro soluto, dalla disponibilità della banca ad accollarsi i rischi :
politico e commerciale. In questo caso, indubbiamente, la banca maggiorerà il
tasso di interesse ( cosiddetto spread ) in funzione del rischio insito
nell’operazione e l’esportatore dovrà valutare l’opportunità di procedere a queste
condizioni, tenendo conto di due elementi :
a) Con una operazione pro soluto diviene superflua la copertura
assicurativa SACE ( o di compagnie private ), venendo meno la
necessità di sostenere il relativo costo del premio assicurativo. Oltre a
ciò, va considerato che la copertura assicurativa può al massimo
garantire il 90% del credito dilazionato, rimanendo il restante ( minimo
il 10% ) a carico dell’assicurato; mentre lo smobilizzo pro soluto
riguarda la totalità del credito dilazionato.
b) Se l’operazione rispetta i criteri e le condizioni previste dal “Consensus”
OCSE e dalla normativa di cui alla Legge n. 227/77, la SIMEST, su
richiesta dell’esportatore, può intervenire con un contribuito a copertura
parziale del costo dello smobilizzo.
Diversamente, nell’eventualità che la banca, a prescindere dello spread che
potrebbe ragionevolmente praticare, non ritenesse di dover eseguire
un’operazione pro soluto poiché il rischio è ritenuto eccessivo, all’esportatore non
16
rimarrebbe che procedere con un’operazione di smobilizzo pro solvendo,
sottoscrivendo un’adeguata polizza assicurativa a copertura dei rischi.
1.1.2 Il credito finanziario
Nel caso che l’esportatore, d’intesa con l’acquirente, abbia preventivamente
appurato la possibilità con il sistema bancario di provvedere al regolamento del
prezzo mediante un credito concesso da una banca ( italiana o estera )
all’acquirente oppure ad una banca locale che lo “gira” all’acquirente, nella
stipula del contratto commerciale non si dovranno prevedere quelle clausole
finanziarie descritte per il credito fornitore. Questo contratto dovrà semplicemente
contenere una specifica condizione per cui : “ il regolamento del contratto avverrà
in base alle modalità ed alle condizioni previste dal credito concesso dalla banca
“X” all’acquirente ”. E’ evidente che, in questa fattispecie sarà la banca
finanziatrice ad attivarsi per ottenere la copertura assicurativa dalla SACE ed il
contributo dalla SIMEST. Da parte sua, l’esportatore, dovrà unicamente
documentare l’avvenuta esecuzione della fornitura per poter incassare l’importo
contrattuale in via definitiva.
Qualora il credito è stato concesso da istituti o banche estere ad un
beneficiario di un paese terzo, questa operazione viene definita triangolare in
quanto coinvolge tre distinti soggetti aventi sede in tre paesi diversi : l’esportatore
italiano, l’istituto finanziatore estero e l’importatore residente in un paese terzo.
Eccezion fatta per questa differenza, il funzionamento è del tutto identico a quello
dei crediti finanziari concessi da istituti italiani.
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1.2 L’assicurazione pubblica
L’assicurazione pubblica in Italia a sostegno delle esportazioni e di supporto
al processo di l’internazionalizzazione delle imprese italiane è definita dal
quadro normativo costituito da : Legge n. 227/77 ( Legge Ossola ), Legge n.
394/81, Dlgs 143/98 ( Decreto Fantozzi ), Dlgs 170/99 e dalla delibera CIPE
6
n.
93 del 02/06/99.
Il decreto legislativo n. 143/98 ha costituito, presso il CIPE, una specifica
Commissione Permanente per il Coordinamento e l’Indirizzo Strategico della
Politica Commerciale con l’Estero che rappresenta l’organo di riferimento
istituzionale per il sostegno dell’internazionalizzazione delle imprese. Tale
Commissione è presieduta dal Presidente del Consiglio dei Ministri o per sua
delega dal Ministro del Commercio Estero ed è composta, oltre che dal suddetto
Ministro, dai Ministri : del Tesoro e dell’Economia, degli Affari Esteri, delle
Attività Produttive e delle Politiche Agricole. Funzione della Commissione è la
realizzazione di specifiche delibere in materia che assumono efficacia qualora il
CIPE, cui sono sottoposte, non le abbia esaminate entro 30 giorni dalla
presentazione. Le delibere sono elaborate da una struttura interna del Ministero
delle Attività Produttive, il Servizio per il Coordinamento degli Strumenti e degli
Studi per l’Internazionalizzazione delle Attività Produttive, istituito con il Dpr n.
397/98 del 20/10/98. Obiettivo della Commissione è indicare priorità e definire
parametri operativi comuni alle varie amministrazioni ed enti preposti al
comparto, fatta salva la specifica competenza dei vari dicasteri interessati.
La SACE, Istituto per i Servizi Assicurativi del Commercio Estero,
anch’essa istituita dal Dlgs 143/98, rappresenta l’ organo operativo. Ha
personalità di diritto pubblico con autonomia patrimoniale e di gestione ed è
6
Comitato Interministeriale per la Politica Economica
18
sottoposta alla sorveglianza del Ministero del Tesoro ed al controllo della Corte
dei Conti. Adempie alle proprie funzioni secondo criteri di efficienza ed
economicità in base alle delibere CIPE di cui sopra. Funzione della SACE è
l’attività di sostegno pubblico alle esportazioni italiane, armonizzata in sede
comunitaria e regolamentata dalle norme internazionali OCSE “Consensus” sui
crediti all’esportazione. Ad essa è affidata la copertura dei rischi ( politico,
catastrofico, economico, commerciale e di cambio ) cui sono soggette le
esportazioni e gli investimenti all’estero mediante emissione di polizze
assicurative ed il rilascio di garanzie. Sia le polizze emesse che le garanzie
rilasciate sono, a loro volta, garantite dallo Stato Italiano così come previsto dal
Dlgs 143/98. Il rilascio delle coperture assicurative e delle garanzie è demandato
al Comitato Esecutivo della SACE che rappresenta l’organo deliberante ed è
composto dal Presidente del Consiglio d’Amministrazione della SACE e da tre
membri scelti dal consiglio stesso. Il Comitato delibera sulle proposte del
direttore generale della SACE e può delegare le proprie competenze al direttore
generale stesso nonché ad alti dirigenti dell’Istituto. I limiti assuntivi dei rischi
sono precisati nel Piano Previsionale degli Impegni Assicurativi che viene
elaborato annualmente dal Ministero del Tesoro di concerto con il Ministero delle
Attività Produttive tenendo conto delle esigenze di internazionalizzazione delle
imprese, dei flussi esportativi e della rischiosità dei mercati, compatibilmente
all’incidenza del Piano sul Bilancio dello Stato. Il Piano deve essere deliberato dal
CIPE entro il 30 giugno di ogni anno, mentre in sede di approvazione del Bilancio
dello Stato vengono definiti i limiti complessivi degli impegni sostenibili in
funzione della durata dei rischi sottostanti : inferiore o superiore ai 24 mesi, con
carattere rotativo ( revolving ) il primo e ad esaurimento il secondo. Il Dlgs
143/98 prevede inoltre che, a decorrere dall’esercizio finanziario dell’anno 2000,
la SACE costituisca un fondo di riserva a garanzia degli impegni assunti,
operando un accantonamento prudenziale utilizzando gli introiti derivanti dai
premi assicurativi, dai recuperi sugli indennizzi già corrisposti, dai conferimenti
previsti dalla Legge Finanziaria e gli eventuali introiti derivanti dalla cessione di
19
crediti. Questo accantonamento deve essere coerentemente commisurato
all’ammontare ed alla vita media dell’impegno ed al coefficiente di rischiosità
attribuito a ciascun paese dal Consiglio di Amministrazione. Da siffatto fondo di
riserva saranno prioritariamente attinti i fondi per il pagamento degli indennizzi
assicurativi. Il sopraddetto regime attuato a partire dall’esercizio 2000, prevedeva
per il 1999 una procedura transitoria di utilizzazione di parte delle risorse
finanziarie recuperate a valere sugli accordi comunitari intergovernativi di
ristrutturazione del debito pubblico, al netto delle quote di scoperto assicurativo a
carico degli esportatori assicurati.
1.2.1 I rischi assicurabili
La definizione delle operazioni e delle categorie di rischio assicurabili è
stata demandata dal Dlgs 143/98 ad un’apposita delibera CIPE, su proposta del
Ministero del Tesoro di concerto con il Ministero delle Attività Produttive. La
delibera, assunta il 2 giugno 1999 ed in linea con i principi fissati dal Decreto, ha
realizzato una concreta delegificazione in materia riservando alla legge solo la
fissazione degli indirizzi e della disciplina generale sugli argomenti oggetto di
normazione. Ciò ha consentito di adottare con celerità i miglioramenti suggeriti
dall’esperienza, attraverso nuove delibere del CIPE, permettendo quindi di
accogliere rapidamente le esigenze di internazionalizzazione nel mutevole
contesto economico mondiale anche in funzione delle variazioni che potrebbero
intervenire nelle intese internazionali in materia.
I rischi e le operazioni assicurabili con la delibera in esame comportano
significati miglioramenti per le imprese rispetto alla situazione precedente
regolata dalla Legge n.227/77.