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dimostrare le responsabilità poste nel passato alle difficoltà presenti di convivenza
e tolleranza.
Superati i problemi iniziali dovuti principalmente alla mancanza di una
lingua veicolare utilizzabile - in Lettonia il tedesco è solitamente preferito
all’inglese, del russo al tempo non conoscevo ancora una parola, non parliamo del
lettone - non trovai difficile raccogliere testi e documenti per iniziare il lavoro che
poi, con la successiva esperienza di Mosca, avrebbe esteso il proprio interesse al
più generale tema delle deportazioni etniche in senso lato avvenute sotto il regime
stalinista.
Nel settembre del ‘98 ho avuto la fortuna di accedere all’МГУ,
(Московский Государственный Университет им. М.В.Ломоносова –
Moskovskij Gosudarstviennnij Universitiet imienna M.V. Lomonosova)
l’Università statale di Mosca, dove per diversi mesi ho potuto studiare la lingua.
Finito il corso di lingua, l’amministrazione ha continuato ad ospitarmi al
collegio dell’Università accreditandomi come ricercatore straniero,
un’accoglienza insperata e preziosa che, considerato anche il tema
particolarmente delicato delle ricerche, è segno essa stessa di tempi che, almeno
in certi ambienti, davvero stanno cambiando.
La buona, disinteressata, disposizione nei miei confronti mi è stata
ulteriormente dimostrata nel momento in cui una lettera di invito richiesta e
concessami prontamente dal decano dell’università mi ha permesso di accedere
all’Istituto delle Scienze Sociali di Mosca ( ИНИОН, Институт Научной
Информации по Общественным Наукам – INION, Institut Naucnoj Informazij
Obsciestvennim Naukam) – un archivio biblioteca e centro studi esclusivo e di
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moderne concezioni in cui il ricercatore è posto nelle condizioni ideali di lavoro.
In questo abbondano le raccolte compilative di documenti provenienti
direttamente dal ГАРФ, gli Archivi Statali della Federazione Russa. Il mio unico
rimpianto è l'aver scoperto tardi questo ricco istituto e l'aver raccolto solo una
parte dell'immenso quantitativo di materiale che sarebbe stato pur disponibile.
La Biblioteca statale delle lingue straniere (Всероссийская
Государственная Библиотека иностранной литературы им. М.И. Рудомино -
Vsierossiskaija gosudarstviennaija biblioteka inostrannoj literaturj imieni M.I.
Rudomino), ed in parte marginale la Biblioteca statale centrale (ex biblioteca
Lienina) sono state utilizzate per la parte compilativa svolta a Mosca.
Al fine di inserire il lavoro in un contesto più ampio è stata considerata
anche la letteratura storica sull’argomento maggiormente diffusa in occidente; a
nomi quali Caroe, Conquest, Giannini, Herbert, Moriani, Nekric’, Rocca,
Romano, Salamov, Solzenicyn, Werth, verrà più volte attinto per completare o
confrontare.
Il lavoro è stato diviso in tre capitoli, tante sono le categorie di
deportazioni che vengono individuate: deportazioni parziali su base etnica,
deportazioni etniche totali e deportazioni di popolazioni non autoctone.
La distinzione ha finalità specifiche: se alle deportazioni su base etnica
dalle finalità denazionalizzanti, russificatrici (si veda il caso dei paesi baltici),
oggi corrisponde una tendenza in senso opposto derussificatrice,
rinazionalizzante, alle deportazioni etniche totali dei popoli ‘puniti’ di Crimea,
Ciascaucasia e Calmucchia oggi corrispondono richieste di autonomia e spesso di
rivalsa più marcate che, nella particolarità caucasica, assumono i toni della
drammatica cronaca nota anche a noi occidentali.
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In un capitolo distinto, per quanto breve, vengono considerati anche i casi
di tutte quelle popolazioni non autoctone o ‘minori’ che subirono deportazioni.
Tedeschi del Volga, coreani dell’estremo oriente dell’URSS, greci del Mar Nero e
della Crimea, bulgari e armeni di Crimea, turchi mescheti, curdi e chemensini del
Caucaso, armeni, turchi e curdi georgiani, mingreli e iraniani della Georgia,
basmac’ dal Tagikistan, vennero deportati con le argomentazioni più varie e
speciose, senza considerare che se la morte non avesse interrotto Stalin nel ’53,
una probabile enorme deportazione di massa avrebbe costretto tutti gli ebrei
dell’Unione all’esilio nella ‘Repubblica degli Ebrei’ del Birobizhan e la paranoia
che oramai stringeva la mente dello stesso Stalin non avrebbe dato scampo a
chissà quanti altri. Tutte queste popolazioni non autoctone vennero deportate nel
silenzio e nell’indifferenza generale, e se a tutt’oggi forti rivendicazioni non sono
avanzate da parte dei discendenti, questo è probabilmente dovuto proprio al fatto
che si trattava di popolazioni già di per sé emigranti o nomadi o seminomadi e
comunque non così radicate nel territorio da poter successivamente riproporre la
loro presenza. Con questo certamente non si intende affermare che l’epopea di
queste popolazioni ‘minori’ sia stata meno grave delle altre, si intende
semplicemente indicare una distinzione di cause che comporta distinzione di
effetti: mentre i popoli autoctoni ‘puniti’ presto o tardi tornarono nelle terre di
origine (si pensi ad esempio al caso dei tatari crimeani che iniziarono a tornare
solo dopo la riabilitazione definitiva del 1989), mentre i popoli che subirono la
russificazione videro compressa la loro identità senza per altro mai negarla, le
popolazioni non autoctone non tornarono mai negli insediamenti coercitivamente
lasciati né a tutt’oggi ne hanno fatto rivendicazione.
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Altro argomento di particolare attenzione nel lavoro sarà la considerazione
delle motivazioni che spinsero il regime a risoluzioni tanto drastiche quali le
deportazioni di massa.
L’immenso arcipelago dell’Amministrazione Statale dei Campi, il GULag
( Gosudarstvennoje Upravlenie Lagherej ), alla morte di Stalin, tra colonie
speciali, campi a regime speciale, campi di lavoro, colonie di lavoro, contava più
di cinque milioni di deportati, almeno la metà dei quali per ragioni puramente
etniche.
Per quanto umanamente ingiustificabili i processi mentali di Stalin vanno
pur analizzati. Che l’assolutista georgiano soffrisse di gravi disturbi della
personalità lo sappiamo dalle tante biografie: sindromi persecutorie e di inferiorità
si alternavano a parafrenie medianiche, il culto della personalità non fu che uno
dei fatti a dimostrazione del personaggio. Per altro, dietro le decisioni, per quanto
allucinanti, una logica tuttavia vi era, cinica allucinante essa stessa, pure molto
precisa. Come i pezzi su di una scacchiera interi popoli vennero spostati a seconda
delle finalità del gioco: se tatari crimeani, ceceni, karaciaj, balcari, ingusci, erano
di religione islamica e perciò simpatizzanti con la pericolosa Turchia, allora non
potevano che andare ‘mossi’ in settori lontani dove non potevano essere di
appoggio ai piani panturanici turchi; se Calmucchi buddisti, anche solo in teoria,
avrebbero potuto assecondare gli interessi della vicina Cina, allora perché non
spostarli in Siberia a colonizzare territori tanto depressi da non invogliare alcun
pioniere di propria iniziativa neppure all’esplorazione? Oggi sappiamo che le
accuse di tradimento cadute sul capo di questi popoli per aver favorito la
penetrazione dell’esercito nazista non furono altro che speculazioni macchinate
nel tipico stile staliniano.
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La seconda parte del lavoro consiste in una collezione di documenti
(provenienti dagli archivi ГАРФ) presentati prima nella versione originale
integrale in lingua e poi tradotti.
In ultimo, viene presentata una ricostruzione dell’atlante del GULag.
Nelle cinque carte geografiche che compongono quest’ultima appendice sono
segnalati più di 500 tra campi semplici, gruppi, amministrazioni e concentrazioni
di campi. I dati utilizzati per la composizione delle carte sono stati raccolti in
parte al Biedriba di Riga, in parte all’Istituto delle Scienze Sociali di Mosca
(ИНИОН).
La realizzazione di queste ultime due appendici e l’esperienza di vita,
prima ancora che di studio, dei dieci mesi passati a Mosca e del più breve periodo
trascorso a Riga, sono le soddisfazioni più grandi ottenute da questo lavoro.
Gli ultimi pensieri sono ringraziamenti: per quanto riguarda l’esperienza
lettone devo sentitamente ringraziare i miei amici di Riga – Nikolaj, Niks, Iveta
Belakovs, Mara – senza di loro non sarei riuscito a risolvere le pur minime
pratiche burocratiche necessarie per l’accesso alle biblioteche ne rinnovare il mio
visto; ancora meno sarei stato capace di scoprire da solo il prezioso museo
Biedriba. Sono loro che mi hanno consigliato ed indirizzato negli studi in questa
prima fase. Il loro aiuto è stato impagabile ancora più dal punto di vista umano, a
parte l’amicizia preziosa che mi hanno regalato, questi, figli di famiglie miste,
rappresentano già di per sé la testimonianza di come i retaggi della storia sono
superabili e la tesi della convivenza pacifica tra i popoli affatto un miraggio.
Ringraziamenti anche a tutti coloro che a Mosca o Riga, russi o lettoni,
mai mi hanno fatto sentire straniero e ringraziamenti specifici e doverosi
all’amministrazione dell’МГУ per le opportunità concessemi.
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Ancora un ringraziamento, il più sentito, alla carissima amica Svetlana
Serghevna Semionova, brillante studentessa della facoltà di lingue dell’Università
di Mosca che mi ha offerto un aiuto continuo e preziosissimo. Se la traduzione dei
documenti raccolti a Mosca è precisa e priva di sbavature come crede di essere,
questo è dovuto al suo impagabile contributo, senza di lei questo lavoro sarebbe
stato certo meno ricco.
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Capitolo 1
Deportazioni
su base etnica
da territori occupati
o
riannessi
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I popoli del GULag – Strategia etnica del regime stalinista
1. Deportazioni dalle Repubbliche baltiche di
Lettonia, Lituania, Estonia
Le deportazioni degli elementi cosiddetti ‘indesiderabili’ iniziano con la
Russia degli Zar già nel XVII secolo.
Elementi ‘criminali’ venivano spediti in Siberia o in Asia centrale a
risiedere in campi di lavoro od in semplici villaggi allo scopo di popolare regioni
della Russia considerate troppo inospitali perché pionieri, per quanto audaci,
potessero di propria iniziativa avventurarvisi.
Più precisamente, per quanto riguarda le repubbliche baltiche, primo caso
in analisi in questa ricerca, un episodio di deportazione di massa si ebbe già nel
1708
1
quando Pietro I costrinse tutti i cittadini di Tartu e Narva
2
in Russia. Fu
Pietro I quindi ad inaugurare la stagione delle deportazioni politiche e la
campagna di popolamento forzato della Siberia della quale fecero le spese
soprattutto i popoli di confine tra i quali appunto i baltici. Tra il 1823 ed il 1877, il
totale degli esiliati in Siberia si calcola intorno alle 773.000 unità
3
.
Non si può quindi dire che sia del tutto innovativa rispetto alla tradizione
del regime precedente l’introduzione da parte di Lenin della sanzione della
deportazione. Il regime sovietico introdusse tuttavia, come vedremo, un elemento
completamente nuovo che con Stalin si manifestò compiutamente in tutta la sua
1
Dopo la trasformazione del Principato russo-moscovita in Impero ed appena un anno prima della
vittoria di Poltava contro gli svedesi.
2
Città ribelli estoni.
3
Dato riportato da Izidors Visulis in ‘The Molotov-Ribbentrop Pact of 1939 - the baltic case’,
Riga, Akamadiska Dzive, 1990.
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drammaticità: la deportazione divenne una vera e propria strategia di potere
applicata su scala totale.
Denazionalizzazione, russificazione e repressione, che appunto vedevano
nella deportazione di massa la propria comune realizzazione, divennero
semplicemente strumenti di amministrazione e gestione delle minoranze
all’interno dell’Unione sovietica. Di questa strategia cinica ma che nel breve
periodo parve essere efficace, posto poi che le ripercussioni negative si
manifestarono successivamente tutte, ed anzi ancora oggi appaiono nella loro
evidenza ed attualità, fecero le spese soprattutto i popoli di confine o considerati
meno affidabili. Fu appunto Lenin, nel ‘17, ad istituire i campi
eufemisticamente chiamati di ‘riabilitazione’
4
e, già subito dopo il Patto
Ribbentrop-Molotov, Lettonia, Estonia e Lituania come vedremo, iniziarono a
subire le prime deportazioni. Da allora la storia delle tre Repubbliche sarebbe
stata accomunata dalle stesse identiche sventure.
Il caso Lettone verrà qui di seguito preso in esame quale caso emblematico
ed in rappresentanza di quanto avvenuto anche in Estonia e Lituania per le quali
ad ogni modo, gli opportuni distinguo verranno specificati.
4
E.E.Williams ‘Gulag to independence’, Decatur Michigan, Johnson Graphics, 1993.
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2. La prima indipendenza lettone
Va anzitutto sottolineato come queste repubbliche possedessero, da tempi
remoti, loro precise identità culturali e nazionali e come fossero state capaci di
conservarle anche sotto l’impero zarista. Durante gli anni dell’indipendenza (anni
venti e trenta) seppero maturare anche delle proprie identità politiche e produssero
proprie tradizioni costituzionali.
E’ esattamente questo l’elemento che distingue la deportazione dei baltici
da quelle subite da altre popolazioni delle quali pure parleremo. Quelle che
Germania Nazista e Russia Sovietica si spartirono a tavolino il 23 agosto del 1939
ed il 17 settembre dello stesso anno, che quest’ultima di fatto invase nel 1940 e
che rimasero in ballottaggio tra le due superpotenze fino al ‘44, non erano affatto
provincie assimilabili da questo o l’altro impero, prive di identità e pronte ad
essere colonizzate, al contrario: erano nazioni vere e proprie che per secoli
avevano saputo conservare le loro coscienze nazionali a dispetto di tutte le
circostanze storiche sfavorevoli.
La Lettonia per esempio, da sempre in ballottaggio tra Impero Prussiano e
Russo, dominata di fatto dal primo e sotto il governo formale del secondo, nella
Prima Guerra Mondiale vide l’occasione tanto attesa per conquistare
l’indipendenza. Nel 1917, mentre i tedeschi dominavano a Riga e ricostruivano un
ducato di Curandia da aggiungere alla corona di Guglielmo, si formò un blocco di
partiti per l’indipendenza lettone risoluto a combattere contro ogni progetto
annessionista russo e tedesco. Contemporaneamente nel territorio della Livonia e
della Latgalia non occupato, si costituiva il Consiglio Nazionale Lettone, prima
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affermazione solenne e decisa dell’indipendenza nazionale. Sopravvenuto
l’armistizio con la Germania
5
, Balfour, ministro degli esteri della Gran Bretagna,
nel medesimo giorno, dichiarò di riconoscere il Consiglio Nazionale Lettone
quale unica autorità politica del paese. Il 18 novembre i partiti politici della
Lettonia proclamavano a Riga la Repubblica con una carta che già fissava i primi
ordinamenti costituzionali. Questo proclama, lo statuto provvisorio del 1920 e la
costituzione vera e propria del ‘22, venne tradotto in italiano nel 1924 per l’opera
di Amedeo Giannini pubblicata dall’istituto dell’Europa orientale di Roma
intitolata appunto ‘La costituzione lettone’. Una copia di questo libro è
conservata ancora dalla ‘Ablietu Ministrijas Biblioteka di Riga’ (МИД).
E’ necessario accennare a queste carte per due motivi: il primo è
dimostrare appunto che queste repubbliche oppresse nel ‘40 nel modo pretestuoso
che vedremo, non solo, come detto, avevano lingua, identità e culture proprie, ma
anche un ventennio circa di evoluta tradizione costituzionale liberale proprio nel
periodo in cui in tutta Europa imperversavano i peggiori assolutismi.
L’altro motivo di interesse per queste carte consiste nel fatto che alla
riconquista dell’indipendenza
6
, la Lettonia si trovò priva di una nuova
costituzione e, ancora oggi, attende che una nuova assemblea costituente si
riunisca. Nell’attesa, che una nuova carta costituzionale venga varata, la
costituzione di fatto vigente è tornata ad essere quella appunto del lontano 1922.
5
11 novembre 1918.
6
Processo iniziato nel 1989, che condusse il 4 maggio del 1990 alla restaurazione formale
dell’indipendenza e che non si concluse che il 19 agosto del 1991 quando il giorno successivo
all’inizio del tentativo di colpo di Stato a Mosca , il governo di Gorbaciov riconobbe
l’indipendenza del paese baltico proprio contro le attese dei golpisti che invece pretendevano lo
stato di emergenza in tutta la regione.
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Il percorso costituzionale della Repubblica inizia con il proclama
7
del
1918 il quale mentre stabiliva un principio definitivo - la Lettonia repubblica
indipendente e democratica - affidava all’Assemblea costituente il compito di
dettare la costituzione. Nel frattempo però il Consiglio nazionale lettone adottava
una piattaforma politica
2
che servì come base dell’ordinamento statale fino al 27
7
18 novembre 1918 - PROCLAMA DI RIGA - (dalla traduzione di Giannini)
Cittadini della Latvia!
Il Consiglio nazionale, che si considera come l`unico detentore del potere dello Stato latvio,
dichiara che: 1) La Latvia - nella sua unita` etnografica delle frontiere (Curandia, Livonia e
Latgalia) - e` una repubblica indipendente e democratica.
La costituzione e le relazioni con gli Stati stranieri saranno stabilite e regolate prossimamente
dall’Assemblea costituente, eletta sulla base del suffragio universale, diretto, eguale, segreto e
proporzionale per i due sessi.
2) Il Consiglio nazionale della Latvia ha fondato il Governo provvisorio della Latvia che e`
investito del potere sovrano in Latvia. Il Consiglio nazionale della Latvia invita i cittadini della
Latvia a mantenere la pace e l’ordine ed a mantenere la pace e l’ordine e a sostenere con tutte le
forze il Governo provvisorio della Latvia nella sua opera difficile e piena di responsabilità..
Riga, 18 novembre 1918.
Il Primo ministro del Governo provvisorio della Latvia
ULMANIS.
Il Vice presidente del Consiglio nazionale della Latvia
SEMGALS.
2
La piattaforma politica prevedeva i sette punti seguenti:
I. ASSEMBLEA COSTITUENTE.
1.L`Assemblea costituente deve essere convocata al più presto.
2. I membri dell’Assemblea sono eletti dai due sessi sulla base del suffragio
universale, diretto, eguale, segreto e proporzionale.
II. COSTITUZIONE E RELAZIONI DELLO STATO CON GLI ALTRI STATI.
1. Repubblica basata su principi democratici.
2. Una Latvia unita ed indipendente nella Società delle nazioni.
III. POTERE SUPREMO ED ORDINAMENTO POLITICO ED ECONOMICO DELLO STATO.
1. Il potere supremo appartiene al Consiglio nazionale fino al momento della convocazione
dell’Assemblea costituente che nomina anche il Governo provvisorio.
2. Al Consiglio nazionale della Latvia prendono parte i delegati: a) dei partiti politici; b) delle
minoranze nazionali*(a quanto pare si intendono comprese anche la minoranza tedesca e russa,
particolare non da sottovalutare e che dimostra il livello di queste leggi che al punto IV
raggiungono il loro massimo in qualità e liberalità) c) dei distretti della Latvia, specialmente la
Curandia e la Livonia, nei quali non esiste per il momento alcun partito politico.
3. La formazione del Governo provvisorio deve tener conto dei principi di coalizione.
4. Fino all’epoca della convocazione dell’Assemblea costituente il potere esecutivo e` detenuto
dal Governo provvisorio.
5. Fino all’epoca della convocazione dell’Assemblea costituente il Governo provvisorio non ha il
diritto di cambiare lo statuto speciale in vigore.
IV. DIRITTI DELLE ALTRE NAZIONALITA`.
1. Le minoranze nazionali inviano loro rappresentanti all’Assemblea costituente ed alle
istituzioni legislative secondo i principi del voto proporzionale.
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maggio 1920, quando cioè, come vedremo, venne adottato dall’Assemblea
costituente uno Statuto provvisorio. Mentre il Consiglio nazionale attendeva ad
avviare l’organizzazione dello stato, avvennero fatti che ne paralizzarono tutta
l’azione nella difesa dello Stato. La devastazione compiuta dalle truppe tedesche
in ritirata, l’offensiva e l’invasione russa, le avventure del generale von der Goltz,
non ebbero termine che nell’ottobre del 1919 e soltanto nel febbraio del 1920 le
truppe lettoni poterono liberare la Latgalia. Tenendo fede agli impegni assunti,
appena liberato il territorio nazionale, il Governo provvisorio, mentre avviava le
trattative con la Russia, la Germania, l’Estonia e la Lituania, per definire il
territorio nazionale e consolidare la pace, si affrettò a convocare l’Assemblea
costituente.
Il 17 e 18 aprile del 1920 tutti i cittadini della Lettonia aventi 21 anni di
età, ed i militari aventi 18 anni di età, elessero i 150 rappresentanti all’Assemblea
costituente. L’Assemblea risultò composta da 57 socialisti, 41 rappresentanti del
centro, 17 delle minoranze e 35 degli altri partiti. L’Assemblea fu convocata per il
2. Le minoranze nazionali che fanno parte del Consiglio nazionale prendono parte al Governo
provvisorio sulla base del capitolo III,
3. I diritti culturali e nazionali dei gruppi nazionali devono essere garantiti dalle leggi
fondamentali.
V. DIRITTI DEI CITTADINI.
1. La libertà di stampa, di parola, delle assemblee, deve essere garantita dalle disposizioni del
Governo provvisorio.
2. Amnistia in tutti i casi eccetto nelle cause penali.
3. Possibilità ai cittadini lettoni di tornare nella loro patria.
VI. DIFESA DELLO STATO.
1. La milizia della nazione (truppe di sicurezza) deve essere fondata sul principio
dell’arruolamento, senza eccettuarne i volontari. La milizia (truppe di sicurezza nazionale) è
sotto la diretta sorveglianza del Governo provvisorio anche organizza la sicurezza nazionale.
2. Le forze tedesche devono essere evacuate nel termine stabilito.
VII. AUTOGOVERNO.
1. L’elezione delle istituzioni autarchiche deve essere effettuata secondo i principi del capitolo I
Fino all’epoca della convocazione dell’Assemblea costituente, la data di queste elezioni deve
essere fissata dal Governo provvisorio il quale organizza anche le istituzioni locali provvisorie
autarchiche.
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1° maggio, elesse suo presidente Cakste, ex presidente del Consiglio nazionale, e
si mise subito all’opera. Il 27 maggio fu votata all’unanimità una dichiarazione
che proclamava la Lettonia repubblica indipendente basata sui principi di un paese
democratico ed il cui potere sovrano apparteneva al popolo.
L’Assemblea, oltre alla Costituzione, doveva attendere alla riforma
agraria, problema che si presentava di eccezionale gravità tanto per gli aspetti
economici quanto per quelli politici. Si decise pertanto di adottare uno Statuto
provvisorio
3
per poter attendere con la necessaria ponderazione all’elaborazione
di quello definitivo.
Rapidamente la Lettonia provvide al suo assestamento internazionale.
Il 15 luglio 1920 venne firmata a Berlino una convenzione provvisoria per la
quale le fu possibile riprendere le relazioni con la Germania. L’11 agosto fu
firmato a Riga il trattato di pace con la Russia che le assicurava, tra l’altro, il
possesso fino ad allora contestatole, della Latgalia. Con L’Estonia e la Lituania
3
STATUTO PROVVISORIO DELLO STATO LETTONE
1.Il nome della Nazione lettone l’Assemblea costituente e` stata eletta nel 1920 e investita del
potere sovrano dello Stato lettone.
2. L’Assemblea costituente deve elaborare e stabilire le leggi fondamentali e le leggi di riforma
agraria dello Stato. 3. L’Assemblea costituente stabilisce anche le altre leggi riconosciute
necessarie durante la sua esistenza e vota il bilancio ed i crediti dello Stato. 4.L`Assemblea
costituente decide della guerra e della pace e ratifica i trattati internazionali conclusi con altri
Stati. 5. Il presidente dell’Assemblea costituente rappresenta lo Stato dal punto di vista
internazionale, accredita gli ambasciatori della Lettonia e riceve gli ambasciatori degli altri Stati.
Secondo le decisioni dell’Assemblea costituente dichiara la guerra e firma i trattati
internazionali. 6. In nome dello Stato il potere esecutivo appartiene al Consiglio dei ministri al
quale sono sottoposte tutte le istruzioni civili e militari. 7. Il Consiglio dei ministri e` formato da
una persona che ne e` incaricata dal Presidente dell’Assemblea costituente. 8. Il Consiglio dei
ministri e` responsabile della sua attività davanti l’Assemblea costituente e si dimette nel caso in
cui perda la fiducia dell’Assemblea costituente. 9. L’inviolabilità delle persone, dei domicili, la
libertà di stampa, della parola, della coscienza, delle assemblee, delle riunioni politiche, esistono
in Lettonia e saranno regolate ed assicurate da leggi corrispondenti. 10. I membri
dell’Assemblea costituente possono essere tradotti dinanzi alla Corte di giustizia se la decisione
e` stata adottata dalla maggioranza dei due terzi dei membri dell’Assemblea costituente. 11. I
membri del Consiglio dei ministri possono essere tradotti per loro gestione ufficiale dinanzi alla
Corte di giustizia per fornire spiegazioni, se la decisione e` stata presa dalla maggioranza dei
membri dell’Assemblea costituente.