6
Dal momento che tale magistrato è il “dominus” della fase
investigativa, egli assume la particolare veste di “parte” davanti al
giudice, in posizione dialettica con l’indagato, per quanto, come si
evince anche dall’art. 358 c.p.p., debba tenere una condotta imparziale
e compiere anche <<accertamenti su fatti e circostanze a favore della
persona sottoposta alle indagini>>. Del resto, il p.m. non è una parte
privata: egli agisce sempre nell’interesse generale dello Stato, e
pertanto ha una funzione pubblica.
Gli strumenti a disposizione ai fini delle indagini sono numerosissimi e
di natura diversa: misure cautelari, mezzi di ricerca della prova,
interrogatorio e assunzione di informazioni, individuazione di persone,
rilievi, operazioni, accertamenti tecnici e poteri coercitivi.
Fulcro e finalità delle indagini, comunque, resta la verifica del
fondamento della notitia criminis in vista dell’esercizio dell’azione
penale. Tale accertamento si svolge attraverso la ricerca e la
individuazione delle fonti di prova, le quali poi, in caso di rinvio a
giudizio, saranno acquisite al processo, cioè assunte previa
ammissione, e valutate come prove dal giudice.
Mentre nel Codice del 1930 ricerca, individuazione, ammissione e
valutazione delle prove erano riunite e riservate alle determinazioni di
giudice e p.m., il Codice del 1988 ha separato tali fasi del
procedimento probatorio, da un lato escludendo il giudice dalla ricerca
e dalla individuazione delle prove, dall’altro lato riservando alla sua
esclusiva competenza l’ammissione e valutazione di esse. Tale
innovazione costituisce una delle caratteristiche fondamentali del
sistema processuale scelto nel 1988.
7
L’attuale impianto, quindi, postula che la prova si formi in
dibattimento, non prima, e che si formi nel rispetto del principio di
oralità: ciò significa che il convincimento del giudice (in linea di
massima) si forma sulla base di << ciò che percepisce direttamente
dalla viva voce dei soggetti della prova: testimoni, periti, consulenti,
interpreti, parti >>.
1
Nel sistema accusatorio adottato dal codice vigente vi è un altro
principio attinente alla formazione della prova, ed è quello del
contraddittorio. Esso prevede che le parti contrapposte abbiano diritto
alla contemporanea partecipazione all’attività processuale, ed in
particolare all’attiva partecipazione alla formazione della prova. Si
tratta di un principio oggi espressamente e con forza protetto
dall’art.111 Cost. come modificato nel 1999. Infatti, la l. cost. n. 2 del
23 novembre 1999, ha introdotto 5 nuovi commi alla formulazione
originaria, due dei quali dedicati al contraddittorio. Il comma 2 recita:
<<Ogni processo si svolge nel contraddittorio delle parti, in
condizione di parità, davanti a giudice terzo e imparziale […]>>. Il
comma 4, ancor più importante, ribadisce e specifica: <<Il processo
penale è regolato dal principio del contraddittorio nella formazione
della prova>>.
Vista la posizione di parte, anche se pubblica, del p.m., e considerato il
principio del contraddittorio, gli atti delle indagini preliminari non sono
utilizzabili in dibattimento.
Le investigazioni, infatti, sono funzionali al reperimento e
all’acquisizione di semplici fonti di prova, che diverranno prova vera e
1
Così M. PISANI, A .MOLARI, V. PERCHINUNNO, P. CORSO, Manuale di
procedura penale, Monduzzi, Bologna, 2000, pg. 460.
8
propria solo in dibattimento. In effetti, anche l’art. 55 c.p.p. afferma
che compito essenziale della polizia giudiziaria (e quindi anche del
p.m. che la dirige), è l’assicurazione delle <<fonti di prova>>.
Il Legislatore del 1988, tuttavia, è stato attento nell’osservare che nella
pratica si sarebbero potute presentare situazioni eccezionali in cui
attendere l’apertura del dibattimento avrebbe comportato la perdita
della fonte di prova, compromettendo l’esito di indagini e processo.
Sono state così previste, sia in fase di redazione del nuovo codice, sia
anche in momenti successivi, diverse norme che consentono
l’assunzione anticipata della prova.
I casi di maggiore interesse sono quelli previsti dagli artt. 354, 360,
392, 467 e 512 c.p.p., e dagli artt. 116-117 disp. att. c.p.p..
2
2
Vi è anche l’art. 391decies, frutto della legge n. 397 del 7 dicembre 2000 sulle
investigazioni difensive, che concerne gli atti irripetibili compiuti dal difensore o
da consulenti tecnici da lui incaricati. La legge ha abrogato l’art. 38 disp. att.(che
disciplinava in modo generico il diritto alla prova del difensore), e ha cercato di
assicurare, nell’ottica di quel giusto processo garantito dall’art. 111 Cost.,
un’effettiva parità tra accusa e difesa nelle indagini preliminari, fase in cui era più
evidente il divario tra i rispettivi poteri in ordine alla formazione della prova. A tal
fine, sono stati conferiti al difensore poteri investigativi diretti alla ricerca delle
fonti di prova, consentendo anche all’indagato, nel caso di atti non ripetibili, una
formazione anticipata della prova. Si tratta di una norma che necessiterebbe di una
specifica trattazione, perché si inserisce nel quadro più ampio delle indagini
difensive recentemente introdotte nel sistema processuale penale.
Infine, l’art. 240bis coord. c.p.p. è dedicato alla sospensione dei termini processuali
nel periodo feriale. Al quarto comma, la disposizione prevede che: <<Nel corso
delle indagini preliminari, quando occorre procedere con la massima urgenza nel
9
L’art. 354 attiene all’attività della polizia giudiziaria e prevede che
questa, se vi è pericolo che le cose, le tracce e i luoghi pertinenti al
reato si alterino, si disperdano o, comunque, si modifichino, compia i
necessari accertamenti e rilievi sullo stato dei luoghi e delle cose, non
solo quando il pubblico ministero non possa intervenire in modo
tempestivo, ma anche quando non abbia ancora assunto la direzione
delle indagini. Tale potere è conferito alla polizia giudiziaria (che può
avvalersi di persone idonee qualora necessitino specifiche competenze
tecniche) dalla particolare condizione delle cose, dei luoghi e delle
tracce di reato, suscettibili di dispersione, alterazione e modificazione,
assumendo l’attività di indagine un carattere di urgenza, come
evidenziato anche dalla rubrica della norma.
Gli artt. 360 e 392 lett. f), come si vedrà, si trovano in stretta relazione,
e consentono l’esperimento di atti che, a causa della modificabilità del
loro oggetto non possono essere rinviati al dibattimento.
Nel primo caso si tratta di accertamenti compiuti su disposizione del
p.m. da consulenti tecnici da lui nominati e, pertanto, sono atti di parte.
Tuttavia, considerata la destinazione ed il valore di tali atti, il
legislatore ha previsto precise garanzie per l’indagato, ed ha concesso a
quest’ultimo una sorta di “diritto di veto” all’accertamento tecnico
periodo feriale al compimento di atti rispetto ai quali opera la sospensione dei
termini […], il giudice per le indagini preliminari, su richiesta del pubblico
ministero o della persona sottoposta alle indagini o del suo difensore, pronuncia
ordinanza nella quale sono specificamente enunciate le ragioni dell’ urgenza e la
natura degli atti da compiere. Allo stesso modo il pubblico ministero provvede con
decreto motivato quando deve procedere al compimento degli atti previsti dall’art.
360 del codice di procedura penale>>.
10
irripetibile, con conseguente “deviazione” alla procedura dell’incidente
probatorio di cui all’ art. 392 lett. f).
3
Con la procedura incidentale, la formazione anticipata della prova
contiene maggiori garanzie di imparzialità. E’ vero che l’iniziativa è
sempre di parte, potendo la richiesta di incidente partire o dal p.m. o
dalla persona sottoposta alle indagini. Tuttavia la decisione sulla
effettiva necessità di procedervi spetta al g.i.p., il quale opera da filtro
alle attività investigative rinviabili, intimidatorie o inquinanti di quella
sub iudice.
4
3
Salvo casi in cui il p.m. ravvisi un’estrema urgenza di procedere all’accertamento
(v. art. 360, comma 4 c.p.p.) e ne reputi dannoso il rinvio. A questo proposito, si è
giustamente evidenziata (R.E. KOSTORIS, I consulenti tecnici nel processo
penale, Giuffrè, Milano, 1993, pgg.154-155; in termini più sfumati P. DI
GERONIMO, L’incidente probatorio, CEDAM, Padova, 2000, pgg. 64-65) una
differenza tra il comma 1 e il comma 4 dell’art. 360, rilevando che nel primo caso
sia corretto parlare di “non rinviabilità”, mentre nel secondo si tratterebbe di un
grado di impellenza maggiore riconducibile all’“urgenza”. Infatti, il momento da
considerare a riferimento nella valutazione della non differibilità sarebbe, nel
primo caso il dibattimento, e nel secondo quello più ravvicinato dell’incidente
probatorio. Quindi, si dice, soltanto un elevato grado di indifferibilità potrebbe
ammettere il compimento dell’accertamento da parte del consulente tecnico del
p.m. nonostante la riserva dell’indagato di promuovere incidente probatorio, e ciò
in quanto la modificazione dell’oggetto è talmente incalzante da non permettere di
attendere neanche il compimento delle formalità necessarie alla procedura di cui
all’ art. 392 lett. f).
4
M. PISANI, A .MOLARI, V. PERCHINUNNO, P. CORSO, op. cit., pg. 352.
11
L’ art. 467, invece, richiama l’art. 392 e dispone l’assunzione di prove
non rinviabili qualora, fra la data in cui è stato fissato il dibattimento e
la data del dibattimento stesso, e quindi nella fase degli atti preliminari
al dibattimento, si presentino le medesime esigenze che
consentirebbero un incidente probatorio. In questo caso, però, si
applica la procedura prevista per il dibattimento.
Vi è poi l’art. 512 che, in effetti, più che ipotesi di assunzione
anticipata della prova, consiste in un “ripescaggio” di atti ritenuti in
fase di indagini preliminari ripetibili in dibattimento e compiuti nelle
forme ordinarie, e che avrebbero costituito così mere fonti di prova. La
norma prevede che, con la procedura della lettura in dibattimento,
l’attività investigativa assuma valore di prova. Tale meccanismo è,
tuttavia, consentito solo ad una precisa condizione: l’irripetibilità
doveva essere non prevedibile al momento del compimento dell’atto e,
pertanto, frutto di circostanze e fatti sopravvenuti ed imprevedibili.
L’art. 515 prevede che l’allegazione dei verbali degli atti divenuti
irripetibili al fascicolo dibattimentale segua la loro lettura disposta ex
art. 512.
Gli artt. 116 e 117 disp. att. c.p.p., rimandano alla disciplina dell’ art.
360 c.p.p., e riguardano rispettivamente l’ autopsia giudiziaria e gli
accertamenti che non sono ripetibili in quanto determinanti, con lo
stesso compimento, la modificazione del loro oggetto.
12
Le disposizioni chiave che concretizzano l’effettiva assunzione
anticipata della prova sono gli artt. 431, 501 e 511 c.p.p..
Il primo descrive il contenuto del fascicolo per il dibattimento ed
elenca gli atti ad esso allegabili: tra questi spiccano i verbali degli atti
non ripetibili compiuti dalla polizia giudiziaria, dal p.m. e dal difensore
(lett. b-c), e i verbali degli atti assunti nell’ incidente probatorio (lett.e).
L’ art. 511 recita: <<1. Il giudice, anche d’ufficio, dispone che sia data
lettura, integrale o parziale, degli atti contenuti nel fascicolo del
dibattimento. 2.[…] 3. La lettura della relazione peritale è disposta
solo dopo l’esame del perito>>. Ciò significa che gli atti contenuti nel
fascicolo del dibattimento, sebbene conosciuti dal giudice, non sono
solo per questo utilizzabili ai fini della decisione finchè non vengono
acquisiti mediante lettura, ossia attraverso un atto ufficiale di
conoscenza. D’altra parte la lettura va preceduta dall’esame orale dei
periti e dall’eventuale contro-esame in contraddittorio con i consulenti
tecnici. A tal proposito, l’art. 501 dispone: <<1. Per l’esame dei periti
e dei consulenti tecnici si osservano le disposizioni sull’esame dei
testimoni in quanto applicabili. 2. Il perito e il consulente tecnico
hanno in ogni caso facoltà di consultare documenti, note scritte e
pubblicazioni, che possono essere acquisite anche di ufficio>>. Si
sottolinea in questo modo la preferenza per l’escussione diretta e orale
della prova in dibattimento.
Il principio sotteso a tutte queste previsioni normative eccezionali è
quello della non dispersione della prova. In tal modo, le disposizioni
indicate costituiscono presidi ai risultati delle indagini. Il Legislatore,
insomma, ha voluto salvaguardare l’utile compimento di atti di
indagine che, se differiti, perderebbero ogni efficacia, ritenendo
13
irragionevole impedire l’utilizzazione di materiale probatorio
lecitamente e correttamente acquisito.
5
Finalità del presente lavoro è quella di individuare ed illustrare gli atti
di rilevanza medico-legale che siano interessati da tale complesso di
norme, alla luce dei principi del diritto processuale penale e sulla base
di osservazioni di natura scientifica e medica.
1.2. Gli atti non ripetibili nella giurisprudenza e nella
dottrina
Il Legislatore del 1988 ha espressamente rinunciato a definire i concetti
di irripetibilità e di atto irripetibile, dando una triplice spiegazione alla
scelta effettuata. E’ stato affermato, infatti, che era opportuno evitare
<<l’elencazione di atti tipici del pubblico ministero>> nel timore di
una riedizione dell’ istruzione sommaria, e riconoscere al giudice del
dibattimento <<la valutazione circa l’effettiva non ripetibilità degli
atti in concreto>>, e che << la distinzione tra atti ripetibili e atti non
ripetibili sembra legata anche al divenire della esperienza teorica e
pratica>>.
6
5
Già nella Relazione al progetto preliminare (pg. 98), si sottolineava la
fondamentale esigenza in un sistema accusatorio, di evitare <<il rischio di
dispersione delle prove non rinviabili al dibattimento>>.
6
Relazione al progetto preliminare al c.p.p., in G.U. n. 93 del 24 ottobre 1988,
pgg. 90 e ss.
14
Le motivazioni addotte sono state da più parti criticate,
7
e la scelta del
Legislatore di non tipizzare gli atti irripetibili e di non definire il
concetto di non ripetibilità ha provocato l’elaborazione delle soluzioni
più diverse in dottrina ed una casistica esasperata in giurisprudenza.
Ad ogni modo, la dottrina prevalente ha distinto gli atti irripetibili in
due categorie, a seconda del momento in cui la non ripetibilità si
evidenzia.
8
Le due tipologie, oltre che appartenere a due distinti momenti
processuali, si trovano in rapporto di reciproca esclusione, dal
momento che, secondo tale impostazione, o l’atto è sin dall’inizio
eseguibile una sola volta per cause prevedibili e pertanto va acquisito al
processo allegandone il verbale al fascicolo dibattimentale, oppure,
inizialmente reiterabile quando è stato eseguito, non può più essere
rinnovato per cause imprevedibili e sopravvenute che, dunque, ne
giustificano un successivo ripescaggio.
7
V. in particolare C. CESARI, L’irripetibilità sopravvenuta degli atti di indagine,
Giuffrè, Milano, 1999, pgg. 5-6; G. FRIGO, Commento all’art. 431 c.p.p., AA.
VV., Commento al nuovo codice di procedura penale, coord. da M. CHIAVARIO,
UTET, Torino, vol. IV, 1990, pg. 723; M. ROSSI, La nozione giuridica
dell’irripetibilità, in Archivio della nuova procedura penale, 1993, pgg. 5-12.
8
A questo proposito vengono utilizzate anche diverse denominazioni, come
irripetibilità intrinseca contrapposta a quella estrinseca; o, ancora, irripetibilità
congenita contrapposta a quella successiva. Tuttavia, come è stato correttamente
osservato (G. ICHINO, Gli atti irripetibili e la loro utilizzabilità dibattimentale, in
La conoscenza del fatto nel processo penale, a cura di G. UBERTIS, Giuffrè,
Padova, 1992, pg. 109 ss.), le diverse terminologie si riferiscono nella sostanza al
medesimo concetto, cioè che l’irripetibilità può caratterizzare l’ atto sin dalla sua
nascita o soltanto successivamente per il sopravvenire di particolari condizioni.
15
La prima ipotesi fa capo all’art. 431 c.p.p.. Seguono la medesima
disciplina degli atti descritti gli accertamenti di cui all’ art. 117 disp.
att. c.p.p., i quali divengono irripetibili con il loro compimento in
quanto determinanti la modificazione del loro oggetto.
La seconda tipologia di atti irripetibili, invece, è regolata dall’ art. 512
c.p.p..
Dal momento che qui ci si occupa della fase delle indagini preliminari,
e dato che le valutazioni dibattimentali relative a circostanze
sopravvenute ed imprevedibili riguardano atti che in fase di
investigazione erano stati ritenuti ripetibili, l’analisi cadrà
esclusivamente sulla irripetibilità rilevante ai fini dell’ art. 431.
Come anticipato, l’art. 431 c.p.p. contiene un’elencazione di atti i cui
verbali devono essere inseriti nel fascicolo dibattimentale. Nella
disposizione spicca l’indicazione dei verbali degli atti irripetibili
compiuti dal p.m. e dalla polizia giudiziaria (lett. c)).
La Cassazione si è espressa più volte sul tema e, nelle pronunce più
risalenti, ha genericamente qualificato irripetibili gli atti descrittivi di
situazioni oggettive passibili di modificazione.
9
In seguito la Corte ha affrontato il problema in modo più approfondito,
ed ha sostenuto che <<sono irripetibili gli atti che contengono la
descrizione di cose, di tracce o di luoghi suscettibili di modifica nel
tempo, a cagione di eventi naturali o per comportamenti umani>>,
10
che <<gli atti irripetibili descrivono una situazione accertata in un
9
V. Cass. n. 12564/1991; n. 10949/1992; n. 424/1993.
10
V. Cass. n. 7663/1994.
16
determinato momento storico, in quanto la irripetibilità non attiene
alla verbalizzazione, ma al suo contenuto>>, che <<ai fini della
qualificazione di un atto come irripetibile, occorre aver riguardo alla
natura ed alle caratteristiche peculiari dell’atto stesso e non alla sua
documentazione, che ne costituisce un momento logicamente e
cronologicamente distinto>>, e che gli atti irripetibili sono quelli
mediante i quali <<si prende diretta cognizione di fatti, situazioni o
comportamenti umani dotati di qualsivoglia rilevanza penale e
suscettibili, per loro natura, di subire modificazioni o, addirittura, di
scomparire in tempi più o meno brevi, sì da risultare suscettibili di
essere, in seguito, soltanto riferiti e descritti>>.
11
Dalla giurisprudenza, quindi si ricavano due punti fermi, confortati
anche da buona parte della dottrina.
Prima di tutto, l’irripetibilità non va ricondotta alla impossibilità per
l’autore dell’atto di riferirne il contenuto davanti al giudice, dal
momento che tutto ciò che il verbalizzante ha fatto, constatato o
accertato può teoricamente costituire oggetto di testimonianza
attraverso l’esposizione orale.
12
In secondo luogo, perché vi sia irripetibilità occorre che l’atto abbia ad
oggetto cose, fatti o situazioni soggette a modificazione in tempi brevi,
tali che non siano più riproponibili nello stesso contesto, con le stesse
11
Cass., sez. I, n. 7263 del 24 luglio 1993, Delle Fave; Cass., S.U., 11 marzo 1999,
Barbagallo.
12
In questo senso anche G. D‘ANDRIA, Un tentativo di definizione degli atti non
ripetibili, in Cassazione penale, 1992, pg. 1349 ss.
17
caratteristiche e modalità.
13
L’irripetibilità, dunque, attiene
all’informazione ottenuta grazie al compimento tempestivo dell’atto
nella prospettiva del principio di non dispersione della prova. Del resto,
se l’oggetto dell’accertamento si modifica, si modifica anche
l’informazione probatoria da esso ricavabile, evolvendosi verso una
minore attendibilità. Nel definire il concetto di irripetibilità, pertanto,
non è sufficiente fermarsi all’ affermazione che un accertamento non è
rinnovabile in quanto il suo oggetto si modifica. L’art. 431, utilizza la
categoria dell’irripetibilità occupandosi di atti probatori: ciò proprio in
quanto ai fini dell’ inserimento nel fascicolo dibattimentale rileva
l’informazione probatoria, irripetibile, ottenuta al di fuori della sede
naturale in nome del principio di non dispersione della prova.
14
1.2.1. Gli accertamenti tecnici non ripetibili
Per quanto riguarda gli atti non ripetibili compiuti dal p.m., non può
che risultare automatico il riferimento all’art. 360 sugli accertamenti
tecnici non ripetibili, se non altro per l’assonanza con la sua rubrica.
Del resto, anche la Cassazione ha precisato che nella lett. c) dell’art.
13
S. SAU, L’incidente probatorio, CEDAM, Padova, 2001, pg. 122; G.
D‘ANDRIA, cit.; D. POTETTI, Svolta restrittiva della Cassazione in tema di atto
irripetibile, in Cassazione penale, 1996, I, pg. 1467 ss.; F.M. IACOVIELLO,
Contro l’attuale teoria degli atti irripetibili, Cassazione penale, 1996, II, pgg. 3001
ss..
14
F. M. IACOVIELLO, cit., pgg. 3008-3009.
18
431 vanno compresi anche gli atti irripetibili svolti dal consulente
tecnico del p.m..
15
E’ necessario, allora, provvedere alla definizione di accertamento
tecnico e analizzare la natura degli atti di cui all’ art. 360 c.p.p.
A) La nozione di <<accertamento tecnico>>
La nozione di <<accertamento tecnico>>, usata dal codice in
riferimento all’ attività del consulente tecnico del p.m., è stata oggetto
di numerose discussioni ed elaborazioni, occasionate dalla necessità di
evidenziare talvolta differenze, talaltra somiglianze con altri istituti, e
finalizzate ad individuare i casi di applicazione di una disciplina
processuale invece che di un’ altra.
Ciò che in dottrina e in giurisprudenza si analizza con più frequenza è
la distinzione tra l’accertamento tecnico e il rilievo.
Vigente il Codice Rocco, gli accertamenti tecnici erano considerati
quelle attività in cui si rifletteva un apporto critico-valutativo, e i rilievi
tecnici quelle aventi lo scopo di acquisire in via immediata e con
elaborazione critica elementare il materiale probatorio da sottoporre poi
15
La Corte (10 gennaio 1994), ha così precisato: <<per verbali di atti non
ripetibili compiuti dal p.m. o dalla p.g. devono intendersi non soltanto quelli
riguardanti incombenti direttamente svolti da detti soggetti, ma anche quelli
compiuti dai medesimi on direttamente, ma tramite soggetti che, ritualmente, li
hanno coadiuvati nell’ espletamento degli accertamenti non ripetibili, quale, nella
specie, il consulente del p.m. con la sua relazione corredata dal verbale di
conferimento dell’ incarico>>.
19
a valutazione più completa tramite indagini tecniche di natura
peritale.
16
Oggi, parte della dottrina ritiene che la classificazione operata sotto il
vecchio codice non sia più valida.
Infatti, vi è chi assume che <<l’attività di carattere tecnico in fase di
indagine si configura come accertativa, volta cioè alla rilevazione dei
dati, apparendo priva di qualsiasi sostanziale valenza la differenza tra
accertamenti e rilievi tecnici>>.
17
L’impostazione si fonda sulla natura
investigativa e strumentale al dibattimento delle indagini preliminari, e
giunge alla conclusione che, dal momento che le indagini preliminari
hanno la finalità di individuare ciò che in fase dibattimentale sarà
acquisito e valutato come prova, tutti gli atti di indagine di natura
tecnica hanno come scopo la rilevazione dei dati, ed escludono
qualsiasi attività valutativa. Tuttavia, è stato correttamente osservato
che in tal modo si vanno a confondere la valutazione di dati ai fini della
formazione della prova con quella ai fini di indagine. La prima va
naturalmente esclusa, ma la seconda è connaturale alle investigazioni,
dal momento che, qualora al p.m. fosse inibita l’elaborazione critica dei
16
Cfr., per esempio, Cass. sez. II, 10 gennaio 1980.
17
P.P. DELL’ANNO, Accertamento e valutazione nelle attività di consulenza
disposte dal pubblico ministero, in La giustizia penale, 1991, III, c. 241.