Il terzo capitolo si occupa invece di esaminare i patti parasociali, ed
in particolare i sindacati di voto, sulla base dell’orientamento della
giurisprudenza, ripercorrendo il cammino compiuto dai giudici ita-
liani dagli anni trenta fino ai giorni nostri, attraverso lo studio delle
sentenze prodotte sull’argomento.
Il quarto, e ultimo, capitolo si occupa di esaminare l’intervento del
legislatore in materia, a partire dal codice civile del 1942, che non
disciplina i patti parasociali, ma lascia la loro valutazione al giudice
senza considerarli illeciti a priori, passando poi per le leggi speciali,
che a cavallo degli anni ’80 e ’90, hanno affrontato il fenomeno, fi-
no ad arrivare al Testo Unico della Finanza, che prevede, per le so-
cietà quotate, la prima vera disciplina dei patti parasociali.
Infine sarà analizzata la recente riforma del diritto societario, che ha
introdotto nel codice civile due nuovi articoli, disciplinando la fatti-
specie in esame.
Lo scopo ultimo del lavoro è pertanto quello di dare un quadro
completo della fattispecie dei patti parasociali, analizzando le teorie
della dottrina, gli interventi della giurisprudenza e del legislatore al
fine di meglio comprendere l’evoluzione che l’istituto dei patti pa-
rasociali ha avuto e potrà avere nei prossimi anni.
2
1 - Caratteri generali.
Con il termine di patti parasociali si intendono gli accordi e le pat-
tuizioni stipulate dai soci di una società tra di loro, o con la stessa
società, o anche con i terzi
1
, attraverso i quali i soci dispongono,
mediante un contratto separato da quello societario, dei diritti che
derivano loro dall’atto costitutivo e dallo statuto, e regolano il loro
comportamento nei confronti degli altri soci, della società e anche
dei terzi.
2
I motivi che spingono i soci a stipulare simili convenzioni sono i
più vari: si va dal garantire il controllo della società, alla formazio-
ne di un nucleo stabile di azionisti, al finanziamento della società,
ad una diversa divisione degli utili e delle perdite in capo ai singoli
soci, quando questa non è compatibile con la forma di società adot-
tata, ad adeguare il modello legale di organizzazione societaria pre-
visto dal codice civile alle particolari esigenze che possono sorgere
nei soci stipulanti.
La definizione di contratto parasociale è estremamente ampia e
comprende fattispecie tra di loro molto eterogenee
3
; pertanto è ne-
cessario specificare i “caratteri individuanti”
4
di questi accordi, che
non risultino però troppo generici e di conseguenza scarsamente si-
gnificativi.
Secondo l’impostazione classica, che risale a G. Oppo, i patti para-
sociali possono essere raggruppati in base al diverso grado di inci-
1
Questa definizione è stata proposta per la prima volta da G. OPPO in “Contratti parasociali”,
Milano, Vallardi, 1942, pag. 1.
2
Vedi OPPO, op. cit. pag. 33.
3
In pratica poi vengono utilizzate anche delle varianti rispetto a tipologie di patti ormai tipizza-
ti dalla dottrina.
4
L’espressione è ancora dell’OPPO, op. cit.
3
denza sullo svolgimento del rapporto sociale e sulla stessa società, e
quindi sui soci e i terzi interessati allo svolgimento del rapporto
medesimo.
A questo proposito abbiamo accordi
5
che:
A) “Possono restringere i loro effetti e la loro azione ai soli soci
stipulanti ed avere eventualmente per la società (e gli altri soci)
una ripercussione di mero fatto né favorevole né sfavorevole”.
A questa categoria appartengono ad esempio quegli accordi
come il patto di concentrazione delle azioni, attraverso il quale
più persone si impegnano a costituire una società e a trasferire
le azioni così ottenute ad uno dei contraenti subito dopo la co-
stituzione; oppure ancora gli accordi con i quali un socio garan-
tisce ad un altro un dividendo minimo, o il patto con cui un so-
cio si obbliga ad acquistare le azioni di un altro socio nel caso
in cui gli affari vadano male.
Si tratta quindi di accordi conclusi tra soci che non hanno alcun
effetto sulla società.
B) “Possono essere diretti a procurare alla società vantaggi par-
ticolari a carico dei soci”.
Rientrano in questa categoria gli accordi con i quali i soci si
impegnano a concedere credito alla società, in modo tale che la
stessa possa far fronte alle necessità, anche temporanee, senza
ricorrere ad un vero e proprio aumento di capitale.
C) “Possono incidere indirettamente sulla società, o in quanto sia-
no diretti ad influire sulla sua vita e sulla determinazione della
sua azione, o in quanto addirittura invadano giuridicamente la
5
Vedi OPPO, op. cit. pag. 6-11.
4
sfera di diritti della società e la competenza dei suoi organi so-
stituendo a questi ultimi i singoli soci o la loro somma operanti
in veste extrasociale”.
In questa categoria rientrano i sindacati di voto, in base ai quali
i soci si impegnano ad esprimere il voto assembleare in modo
determinato.
Questa classificazione, che si basa, come detto, sul diverso grado di
incidenza sullo svolgimento del rapporto sociale e sulla società, è
stata riesaminata
6
, sulla base della considerazione che i contratti pa-
rasociali sono diretti unicamente a perseguire interessi individuali
dei soci, e non sono quindi in grado di modificare l’ordinamento
societario attuato dalla legge o dall’atto costitutivo, e di incidere sul
rapporto sociale e sulla società stessa.
Pertanto è stata proposta una diversa classificazione che distingue
due categorie di patti.
La prima comprende i patti che prevedono atti di disposizione dei
diritti che derivano ai soci dall’atto costitutivo, con i quali il socio si
impegna ad esercitare i suoi diritti in modo determinato (patti para-
sociali collaterali
7
).
La seconda comprende i patti che prevedono invece l’obbligo per i
soci stipulanti di effettuare prestazioni a favore della società, obbli-
ghi che non sono riconducibili al contratto di società (patti paraso-
ciali complementari
8
).
6
Ad opera di SANTONI in Patti Parasociali, Napoli, Jovene, 1985, pag. 142-146.
7
La tipologia più importante di patti che rientrano in questa categoria è quella dei sindacati di
voto, ovvero degli accordi con i quali i soci si impegnano a votare in assemblea in modo prede-
terminato.
8
Rientrano in questa categoria tutti i patti attraverso i quali i soci assicurano vantaggi patrimo-
niali alla società.
5
Recentemente è stata proposta
9
anche un’altra classificazione che si
basa sull’elemento causale dei contratti parasociali.
I contratti parasociali dovrebbero essere distinti in contratti che non
modificano l’organizzazione sociale, strutturati sul modello del con-
tratto di scambio ed autonomi dal contratto di società, e contratti
che modificano l’organizzazione sociale, strutturati sul modello del
contratto associativo.
Quest’ultima categoria comprende i sindacati di voto, mentre l’altra
raggruppa tutti gli altri contratti parasociali.
Il problema che in concreto deve essere risolto è quello di specifica-
re i criteri che permettano di distinguere i contratti parasociali dal
contratto di società, e permettano di stabilire se questi devono esse-
re interpretati in base alle norme del diritto societario o alla disci-
plina generale dei contratti, vista anche la diversa efficacia che vie-
ne loro riconosciuta: efficacia obbligatoria per i patti parasociali che
producono i loro effetti limitatamente ai soli contraenti, ed efficacia
reale del contratto di società che è efficace ed opponibile erga om-
nes.
I criteri che sono stati elaborati dalla dottrina
10
sono essenzialmente
due: la distinzione dal contratto sociale e il collegamento negoziale
che si instaura con il contratto sociale stesso.
9
Ad opera di FARENGA, in I contratti parasociali, A. Giuffrè, Milano, 1987, pag. 212.
10
Proposti anch’essi, per la prima volta da OPPO, op. cit.
6
1.1 - Distinzione dal contratto di società.
Operare una distinzione tra contratto sociale e parasociale è estre-
mamente difficile, vista la comunanza di elementi tra i due, anche
nell’ipotesi in cui il contenuto del patto possa essere inserito indif-
ferentemente in un accordo parasociale, esterno quindi al contratto
di società, o nel contratto di società stesso.
In dottrina sono state proposti diversi criteri per distinguere le due
fattispecie.
Il criterio più semplice è quello formale, secondo il quale appartiene
al contratto di società quanto viene recepito nell’atto costitutivo e
nello statuto con le modalità e le forme previste dalla legge, mentre
tutto ciò che ne è escluso rientra nell’ambito del parasociale.
L’applicazione di questo criterio non presenta difficoltà nelle socie-
tà di capitali, potendo desumersi la parasocialità dell’atto dal man-
cato rispetto delle formalità previste dagli articoli 2328, 2475 e
2518 c.c.
Maggiormente problematica è la sua applicazione ai patti conclusi
tra i soci di una società di persone.
11
In questo caso infatti non ci sono norme che prevedono l’osservan-
za di un procedimento formale per l’inserimento di una clausola
nello statuto o nell’atto costitutivo, e quindi non esiste un chiaro
termine di paragone per stabilire cosa deve essere incluso nel con-
tratto sociale e cosa invece, debba esserne escluso.
11
Vedi GRASSANI, I contratti parasociali, cit., pag. 468.
7
In ogni caso il criterio non è di alcun aiuto se il patto è stipulato dai
soci di una società semplice per la quale la legge (articolo 2251c.c.)
non prevede alcuna forma particolare.
Visti i problemi applicativi del criterio formale, parte della dottrina
ha elaborato la teoria in base alla quale
12
la distinzione tra sociale e
parasociale deriva dalla “direzione del vincolo” che nasce dal patto,
ovvero dall’ambito di efficacia dell’obbligazione parasociale.
Mentre il contratto di società disciplina i rapporti fra i soci (uti so-
cii) e la società, nel patto parasociale i soci acquistano diritti ed ob-
blighi uti singuli e la società resta quindi estranea al patto.
Se l’efficacia di un determinato patto è limitata ai rapporti tra i sin-
goli soci, ci troviamo in presenza di un contratto parasociale, anche
se questo viene materialmente incluso nel contratto sociale, mentre
se l’obbligazione produce effetti nei rapporti tra soci e società a-
vremo un rapporto derivante dal contratto di società e quindi non
parasociale.
Anche questo criterio, tuttavia, è stato criticato in quanto non può
essere applicato per distinguere il sociale dal parasociale per quella
particolare categoria di contratti parasociali che producono effetti
nei confronti della società.
Altra posizione della dottrina,
13
che si colloca ad un livello interme-
dio tra le due appena esposte, è quella secondo cui il carattere socia-
le o parasociale di un patto dipende da due elementi distinti: uno
formale che deriva dall’inserimento della pattuizione nell’atto costi-
tutivo o nello statuto; uno sostanziale costituito dalla compatibilità
della pattuizione con il tipo legale previsto per la società: se questa
12
Vedi OPPO, op. cit., pag. 41.
13
Proposta da FARENGA, op. cit., pag. 184.
8
compatibilità non sussiste il patto deve essere qualificato come pa-
rasociale, anche se formalmente inserito nel contratto di società.
14
Secondo un altro approccio, assume rilevanza
15
il profilo organizza-
tivo dei patti sociali, di cui sarebbero privi quelli parasociali proprio
perché irrilevanti sul piano organizzativo della società.
Infine, per altri autori,
16
il criterio distintivo tra sociale e parasociale
è da ricercare nella volontà delle parti di attribuirgli o meno rile-
vanza sociale.
Questa valutazione dell’interesse delle parti è da ricondurre agli ar-
ticoli 1362 e ss. c.c., che contengono le norme generali in materia di
interpretazione del contratto.
Secondo questa teoria il semplice inserimento del patto parasociale
nel contratto sociale vero e proprio rappresenta solo un indizio, an-
che se influente, della scelta operata dalle parti.
Una volta stabilita l’autonomia del contratto parasociale dal contrat-
to di società, è necessario stabilire che genere di rapporto si instaura
tra i due contratti.
14
L’autore propone, ad esempio, il caso di una clausola di mero gradimento che, anche se per
ipotesi venisse iscritta nello statuto di una società per azioni, sarebbe sempre un contratto para-
sociale in quanto non supererebbe il giudizio di compatibilità con il tipo legale stabilito per le
s.p.a. Vedi FARENGA, op. cit., pag. 184.
15
Proposta da SANTONI, op. cit., pag. 142 e ss.
16
Vedi RESCIO, I sindacati di voto, cit., pag. 640.
9
1.2 - Collegamento negoziale.
Sebbene autonomi dal contratto di società i patti parasociali presen-
tano con questo un collegamento negoziale caratterizzato da un vin-
colo di accessorietà.
17
Il collegamento è di tipo unilaterale e comporta l’applicazione della
regola “accessorium sequitur principale”, in base alla quale il con-
tratto parasociale esiste solo se esiste il contratto di società e ne se-
gue la sorte.
Se, ad esempio, il contratto parasociale è stato stipulato con riferi-
mento ad una società da costituire, produrrà i suoi effetti solo dopo
la costituzione di questa, ed inoltre le vicende del contratto di socie-
tà (contratto principale), relative alla sua validità ed efficacia si e-
stenderanno anche al contratto parasociale (contratto accessorio).
18
Tuttavia è stato anche sostenuto che tra le due fattispecie si può in-
dividuare anche un collegamento di tipo bilaterale,
19
con la conse-
guenza che la sorte del contratto parasociale si può ripercuotere su
quello sociale, se le parti hanno così stabilito o se si dimostra che
non avrebbero stipulato il contratto di società senza quello paraso-
ciale.
17
Vedi OPPO, op. cit. Di opinione contraria FARENGA, op. cit., pag. 255 il quale ritiene che al-
cuni di questi patti non sono autonomi dal contratto sociale ma ne rappresentano solo clausole
integrative; quindi l’autonomia, e di conseguenza il collegamento negoziale, non sarebbe un
elemento individuante della categoria dei patti parasociali in quanto non sarebbe comune a tut-
te le possibili fattispecie di patto.
18
Anche se poi esistono ipotesi di patti che sopravvivono all’estinzione della società come ad
esempio il patto attraverso il quale i soci regolano la sorte dei debiti sopravvenuti alla cancella-
zione della società.
19
Vedi OPPO, op. cit. pag. 77 e 82.
10
Questa tesi è stata tuttavia criticata
20
sulla base della considerazione
che il contratto parasociale produce i suoi effetti solo tra i soci sti-
pulanti, e non sulla società.
L’effetto sulla società è solamente eventuale ed è comunque un ef-
fetto di mero fatto, nel senso che l’adempimento del contratto para-
sociale può incidere di fatto sul contratto sociale, ma le sue vicende
giuridiche (nullità e annullabilità) non si ripercuotono sul contratto
sociale stesso.
Questo vuole dire che in nessun caso l’invalidità del contratto para-
sociale può condurre all’invalidità di quello sociale e pertanto non è
corretto parlare di collegamento negoziale vero e proprio.
Secondo quest’orientamento, il collegamento tra i due contratti è
solamente unilaterale, con il contratto sociale come contratto prin-
cipale e il contratto parasociale come contratto accessorio.
1.3 - Forma.
La forma del patto parasociale è assolutamente libera, ed infatti, per
ragioni di riservatezza e di segretezza, molti patti vengono stipulati
oralmente.
La forma scritta, e quindi anche la forma della scrittura privata au-
tenticata o dell’atto pubblico, è richiesta solo se l’accordo si sostan-
zia in un negozio che la richieda ad substantiam, o per adempiere
agli obblighi di comunicazione e pubblicità eventualmente previsti
dalla legge.
Se viene utilizzata la forma della scrittura privata autenticata o
dell’atto pubblico, il notaio deve comunque applicare la legge nota-
20
Vedi FARENGA, op. cit., pag. 244.
11
rile che lo obbliga a non ricevere atti contra legem o contrari
all’ordine pubblico o al buon costume.
1.4 - Causa.
Nessun dubbio in dottrina sulla qualificazione dei patti parasociali
come contratti, anche se atipici, e pertanto sottoposti al giudizio di
meritevolezza previsto dall’articolo 1322 c.c.
Secondo questo articolo le parti possono concludere contratti che
non appartengono alle categorie tipizzate nel codice civile, purché
siano diretti a realizzare interessi leciti e meritevoli di tutela per
l’ordinamento.
In ogni caso, secondo parte della dottrina, alcune tipologie di patti
potrebbero essere ricondotti nella categoria dei contratti tipici, come
ad esempio nel caso del patto di concentrazione delle azioni.
Attraverso questo patto il socio fondatore di una società si impegna
a cedere, una volta costituita la società, tutte le azioni ad un altro
socio.
In questo caso il patto parasociale è stato configurato, da alcuni au-
tori, come un contratto di vendita di cosa futura, con tutte le conse-
guenze che ne derivano per quanto riguarda la disciplina applicabi-
le.
21
I patti sono dotati di un autonomo elemento causale, tipico, a se-
conda dei casi, del contratto di scambio o di quello associativo.
Alla causa associativa sono riconducibili i sindacati di voto nei qua-
li gli impegni assunti dalle parti sono predisposti al fine di realizza-
21
Vedi GRASSANI, I contratti parasociali in I contratti del commercio, dell’industria e del mer-
cato finanziario, Trattato diretto da F. GALGANO, Torino, UTET, 1995, pag. 474.
12
re uno scopo comune, ovvero la gestione ed il controllo della socie-
tà.
22
I sindacati di blocco
23
non rientrano tra i contratti associativi ma tra
quelli di scambio in quanto privi degli elementi propri della causa
associativa, mancando un’attività destinata al raggiungimento di
uno scopo comune.
Stabilire se un determinato contratto parasociale presenti una causa
associativa o di scambio è necessario al fine di stabilire la disciplina
applicabile al caso concreto.
L’adempimento e la risoluzione del patto parasociale sono regolati
dalle norme sui contratti in generale.
Per gli articoli 1372 e 1373 del codice civile il contratto può essere
sciolto solo per mutuo consenso o per recesso unilaterale, se le parti
lo hanno previsto; lo scioglimento e le modifiche, salvo patto con-
trario, possono avvenire solo all’unanimità, non trovando in questo
caso applicazione il principio maggioritario previsto per le società
di capitali.
Ai contratti che presentano una causa associativa con comunione di
scopo possono essere applicati inoltre gli articoli 1420, 1446, 1459
e 1466 del codice civile, che regolano rispettivamente le ipotesi di
nullità, annullabilità, risoluzione e impossibilità sopravvenuta nei
contratti plurilaterali.
22
Anche se la dottrina non è unanime su questo punto. Si veda GRASSANI, op. cit. pag. 473 per
ulteriori riferimenti.
23
Ovvero i patti con i quali i partecipanti limitano la libera trasferibilità delle partecipazioni
nella società.
13