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Per molto tempo, il “primo violino” della comunicazione d’impresa
è stata la pubblicità; tuttavia, le particolari condizioni attuali dell’ambiente
comunicativo e del contesto di mercato ne hanno parzialmente “offuscato la
scena”, ridimensionandone il ruolo e il peso relativo in rapporto ad altri
strumenti, che risultano più adeguati a soddisfare le nuove esigenze
emergenti.
Tra questi, si ritiene che l’evento, nelle sue varie manifestazioni,
possa essere uno strumento particolarmente utile e valido in relazione alle
necessità di un’impresa che voglia comunicare in modo efficace la propria
filosofia, la propria immagine e i propri prodotti.
In considerazione del fatto che l’utilità di ricorrere ad azioni di event
marketing -ovvero iniziative in cui un’impresa organizza o partecipa ad un
evento per raggiungere diversi obiettivi, tra i quali quello di comunicarsi ai
propri pubblici di riferimento risulta quello preponderante- appare dettata in
modo significativo dalle condizioni del contesto in cui l’impresa si trova a
svolgere oggi le proprie attività, comunicative e non, è parso opportuno
strutturare il seguente lavoro in due parti:
- la prima parte sarà dedicata a delineare proprio gli scenari di
riferimento, ad osservare le trasformazioni avvenute nell’ambiente socio-
economico e le implicazioni che comportano sull’agire di impresa.
Si prenderà in considerazione, dapprima, l’evoluzione del fenomeno del
consumo, sottolineando come, nel tempo, abbia perso la caratteristica di
attività sostanzialmente passiva e manipolabile attribuitagli agli inizi (da un
lato con qualche miope speranza da parte di chi ne avrebbe tratto maggior
vantaggio, dall’altro con apocalittiche preoccupazioni da parte di chi
temeva il prospettarsi di una società totalmente eterodiretta dalla mano
invisibile del mercato) per acquisire sempre più i caratteri di una pratica
sociale attiva, autonoma e critica.
Si vedrà, poi, come questa evoluzione nell’universo del consumo, avendo
determinato un maggior equilibrio contrattuale tra domanda e offerta, abbia
costretto le imprese ad orientare diversamente le proprie strategie e priorità
d’intervento, ponendo realmente al centro delle proprie attività il cliente e
le sue esigenze, e a cambiare il modo di porsi di fronte al nuovo
“consumatore-interlocutore”, cercando di instaurare con esso nuove
modalità di comunicazione e rapporto, che vadano nella direzione di una
maggiore personalizzazione e relazione, di una maggior sostanzialità,
trasparenza e chiarezza, in aggiunta agli elementi più spettacolari, emotivi
8
ed evocativi che inizialmente hanno caratterizzato in modo quasi esclusivo
la comunicazione d’impresa.
- La seconda parte, sarà dedicata, invece, in modo più specifico,
all’evento, in quanto strumento comunicativo che, come si è anticipato in
precedenza, rappresenta una valida opportunità proprio per soddisfare
questa nuova esigenza di relazione tra produzione e consumo, difficilmente
realizzabile, invece, tramite l’uso, soprattutto se esclusivo, dei mezzi di
comunicazione di massa e del tradizionale strumento pubblicitario.
Si evidenzieranno, pertanto, le caratteristiche peculiari che rendono
l’evento un’iniziativa di comunicazione efficace quanto alla dimensione
relazionale, ma si esamineranno anche le ragioni della sua adeguatezza a
fronte dei diversi e molteplici aspetti che, come emergerà nel corso della
trattazione, rendono la comunicazione d’impresa un’attività tanto di
estremo valore quanto di elevata complessità e problematicità.
Nella seconda parte si presenterà anche un case history, il caso Mochi Craft
di Ferrettigroup, la cui analisi ha consentito di osservare più concretamente
lo sviluppo di una strategia comunicativa, come si vedrà, particolarmente
delicata, in cui l’evento ha assunto un ruolo di primaria importanza e ha
permesso di conseguire i risultati desiderati in relazione agli obiettivi che
l’azienda aveva prefissato.
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PARTE PRIMA
SCENARI DI RIFERIMENTO
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PREMESSA
La postmodernità
La situazione sociale odierna viene definita dai sociologi in vari
modi: “post-industriale” (Touraine, Bell), “complessa” (Luhmann, Gallino,
Rusconi), “dell’informazione” (Nora, Minc), “della simulazione”
(Baudrillard), “post-moderna” (Lyotard)
1
.
Fra queste definizioni, “complessa” appare la più appropriata, poiché coglie
la caratteristica senz’altro più peculiare dell’epoca nuova di cui si stanno
delineando ormai più che i contorni: complessità e turbolenza infatti ne sono
i fattori costitutivi, le dimensioni di fondo. I termini “postmodernità” o
“società postindustriale” invece, pur essendo i maggiormente utilizzati, sono
invece i più infelici, in quanto suggeriscono il concetto di una fase
conclusiva o avanzata della modernità, o comunque una qualche continuità
con essa, quando invece la nuova epoca prende piuttosto nettamente le
distanze dai grandi miti del periodo che la precede, contrapponendo la
complessità, che si articola nella crescente interconnessione e
interdipendenza dei fenomeni della società contemporanea, all’ordine
razionale e lineare con cui si caratterizzava la modernità.
Due metafore risultano particolarmente esplicative per descrivere
questa contrapposizione: la prima è quella di Popper (cit. in Fabris G., 2003,
pag. 28), per il quale “stiamo passando da un mondo degli orologi –
deterministico, ordinato, prevedibile- a un mondo delle nuvole –irregolare,
mutevole, cangiante, caotico, imprevedibile”.
Similmente, per spiegare l’opposizione semplicità/complessità, Tonietti (cit.
in Fabris G., 2003, pag. 23) utilizza l’immagine del pendolo quale simbolo
del sistema semplice e in quanto tale caratterizzato da uno sviluppo e un
andamento lineare, regolare, prevedibile e razionale, contrapposta
all’immagine dell’atmosfera quale simbolo esplicativo invece del sistema
complesso, che ci dà l’illusione di poter prevedere che tempo farà ma non è
mai così semplificabile da darci la certezza, l’esattezza, la precisione e
l’infallibilità delle previsioni.
1
Cfr. Codeluppi V., Consumo e comunicazione, Franco Angeli, Milano, 1992
11
“La parola complessità” –comunque, come afferma Morin- “non ha alle
spalle una nobile eredità filosofica, scientifica o epistemologica. Tale
termine subisce al contrario una pesante tara semantica, dal momento che al
suo interno contiene confusione, incertezza, disordine…La complessità è
una parola problema, non una parola soluzione” (Morin E., 1993; cit. in
Fabris G., 2003, pag. 25).
Il mondo premoderno ha cercato di ignorare la complessità o ha
cercato in un certo senso di risolverla facendo ricorso a miti e leggende che
ne davano una spiegazione sovrannaturale e semplice; il mondo moderno ha
tentato invece di ridurla, sovrapponendovi un complesso sistema di
classificazioni o di regole che danno almeno l’illusione che tutto sia
comprensibile, razionale e governabile.
Ma il progresso scientifico e tecnologico ha rivelato da una parte come la
scienza sistematica non possa spiegare se non una piccola frazione della
realtà e d’altra parte, sul piano sociale, ha aumentato proprio la complessità,
dando vita alla cosiddetta “società dell’informazione”.
In essa i rapporti e gli scambi simbolici si moltiplicano, sia in termini
quantitativi sia in termini qualitativi, di modalità, e l’individuo, inserito in
una sempre più vasta e meno gerarchizzata rete di relazioni, ha sempre più
risorse per la formazione della propria individualità.
Il “sé”, infatti, è un progetto simbolico realizzato attivamente e
creativamente dall’individuo, utilizzando i materiali simbolici a sua
disposizione per costruire un racconto coerente della sua identità
2
. La
società dell’informazione e i mass media aumentano la quantità di materiale
simbolico che l’individuo può utilizzare, determinando il passaggio da una
conoscenza di tipo locale a una conoscenza di tipo allargato, assumendo la
funzione di moltiplicatori di mobilità e svincolando l’individuo dalle
relazioni di potere stabilite nelle relazioni faccia a faccia. Il processo di
definizione del sé diventa quindi più riflessivo e più aperto, caratterizzato da
maggiori opportunità e da una più spiccata criticità.
Non si vogliono trattare in modo specifico e approfondito in questa
sede le implicazioni macro o micro sociali delle trasformazioni tecnologiche
e mediatiche, ma si vuole solo sottolineare come proprio il progresso, il
grande mito della modernità, lungi dal produrre la preconizzata e forse
auspicata società omologa ed eterodiretta, relativamente semplice da
2
Cfr. Thompson, Mezzi di comunicazione e modernità, Il Mulino, Bologna, 1998
12
decifrare (tendenzialmente infatti, una volta conosciuto l’ “individuo-tipo”
si conoscono tutti), ha generato invece continue stratificazioni e
classificazioni, moltiplicando all’infinito le differenze, anziché
attenuandole, dando luogo alla iperframmentazione che caratterizza la
società odierna e ad un processo di differenziazione interna senza
precedenti.
Oggi, pertanto, bisogna imparare a convivere con questa temuta
complessità, imparare a gestirla, farne oggetto di studio e ricerca invece di
continuare a guardare quella che si crede la stessa realtà di un tempo con i
parametri e le convinzioni ormai consolidate.
Il mondo che ci circonda è mutato così rapidamente ed incisivamente che il
modo tradizionale di decrittarlo e di rapportarsi ad esso è divenuto
improvvisamente vecchio e inadeguato; non bisogna più cercare di ridurre la
complessità o di risolverla o di usare il termine per designare una difficoltà
di comprensione o di realizzazione, per giustificare un’insufficienza di
spiegazioni, ma iniziare ad adottare un “nuovo paio di occhiali”, a mettere a
punto un nuovo paradigma, più consono alla nuova realtà, un nuovo
modello interpretativo che supplisca alle tante incomprensioni generate dal
vecchio e inadeguato modo di guardare una realtà che è cambiata.
Restringendo il frame dell’analisi dalla società in generale
all’interazione tra il mondo della produzione e il mondo del consumo, le
considerazioni sopra riportate risultano quanto mai appropriate, poiché le
dinamiche del cambiamento sociale descritte si riflettono su entrambi i
sistemi, essendo due facce di un medesimo sistema integrato e non due
entità separate.
E’ parso opportuno perciò fare questa premessa, breve per il tema in
questione, che desse un quadro generale del contesto in cui le imprese
devono compiere le proprie mosse strategiche e comunicative, considerato
l’obiettivo di questa prima parte: tracciare i contorni dello scenario di
riferimento in cui gli universi “consumo” e “produzione” si inseriscono.
Anche il consumo infatti è un fenomeno sempre più complesso, da attività
semplice e facilmente padroneggiabile, si manifesta oggi come
un’esperienza complicata che richiede al consumatore, circondato in
maniera crescente da messaggi e stimoli di consumo, una competenza e una
maturità di scelta sempre più elevate e implica un compito più impegnativo
per le imprese che devono tener conto di un nuovo protagonista, sempre più
informato ed esigente e sempre meno prevedibile.
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I responsabili delle imprese sono perciò chiamati a prendere atto di questi
cambiamenti e delle loro implicazioni nel mondo del consumo e a dotarsi
degli strumenti adeguati a comprenderlo e a comunicare con esso, se
vogliono rivolgersi in modo adatto ed efficace ai propri interlocutori, non
solo per un senso di eticità e correttezza nei loro confronti, ma anche per
loro stessa convenienza, essendo questi interlocutori i primi legittimatori
dell'esistenza delle imprese stesse, determinandone attraverso le loro
risposte positive o negative la sopravvivenza.
Si vedrà nel capitolo che segue, dopo un breve escursus storico
sull’evoluzione del consumo, come la maggior parte delle categorie
utilizzate per descrivere il consumatore e gran parte degli assiomi su cui si è
fondato per lungo tempo il pensiero manageriale vadano ora in crisi proprio
di fronte alle continue trasformazioni avvenute nel mondo del consumo,
mentre nel secondo capitolo di questa prima parte si tratterà dei
cambiamenti attuati, attuabili o da attuare da parte delle imprese perché
l’interazione tra i due sistemi –produzione e consumo- possa avvenire nel
miglior modo possibile, a vantaggio di entrambi, data la loro stretta
interrelazione.
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CAPITOLO 1
IL CONSUMO: SVILUPPI STORICI E APPROCCI TEORICI
1.1 Introduzione - Una necessaria interdisciplinarietà
Il sistema del consumo sta profondamente cambiando di ruolo e di
funzione e proprio per questo motivo gli strumenti concettuali
tradizionalmente delegati alla sua interpretazione stanno diventando
rapidamente obsoleti.
Le attività di consumo, essendo delle azioni la cui natura è
contemporaneamente sia individuale che collettiva, appartengono alla
categoria delle azioni sociali complesse.
La realtà odierna del consumo si presenta, in linea con le dimensioni del
cambiamento più generale della società, sotto il segno della frammentarietà
e della divisione tra le diverse funzioni che svolge e che nel corso del tempo
ha acquisito: funzioni d’uso, di scambio, di distinzione, funzioni affettive,
psicologiche, comunicative e semiotiche.
Questa situazione rende piuttosto difficoltoso riuscire a mettere a
punto un sistema teorico unitario ed efficiente intorno al consumo, come lo
sono stati per esempio Il Capitale di Marx o Il sistema degli oggetti di
Baudrillard, nella grande stagione dello status durante il grande boom
economico degli anni ’60.
Tali difficoltà non devono però esentare da un compito estremamente
necessario e di primaria importanza, perché il distacco tra i comportamenti
concreti dei consumatori e la loro conoscenza reale non continui ad
allargarsi, rendendo le strategie adottate dalle imprese sempre più distanti
dai bisogni reali dei soggetti.
Si verifica oggi, in effetti, una curiosa contraddizione nei mercati: le
informazioni relative ai consumi e ai consumatori si moltiplicano, eppure
queste producono sempre minor conoscenza; il loro esponenziale
incremento paradossalmente produce crescenti tassi di disinformazione.
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A proposito di questo Giampaolo Fabris ricorda un’interessante
affermazione di Fuentes: “La crisi più seria che la civiltà moderna è
destinata ad affrontare riguarda il modo di trasformare le informazioni in
conoscenza strutturata” (cit. in Fabris, 2003, pag. 333).
E’ necessario fare un po’ di luce sulla nuova natura del consumo perché non
si verifichi la situazione preconizzata da Kotler: “Le aziende continuano a
proporre ciò che il pubblico richiede sempre di meno, mentre i consumatori
non smettono di cercare ciò che non è disponibile” (Kotler P., 1987; cit. in
Codeluppi V., 1992, pag. 11).
Sarebbe utile, soprattutto, che le analisi del consumo non
continuassero ad essere, come per molto tempo sono state, scisse nelle
ottiche limitate delle diverse discipline di volta in volta adottate.
Il processo di consumo è un fenomeno multidimensionale ed in quanto tale
si colloca come oggetto di studio in un’area multidisciplinare, coinvolgendo
ricerche ed apparati teorici di diverse discipline; per citarne alcune: il
marketing, la sociologia, la psicologia, l’antropologia e la semiotica.
Tradizionalmente il marketing si è avvalso dei contributi di varie discipline,
integrandoli man mano nel proprio bagaglio concettuale e metodologico; in
realtà, tuttavia, più che di un lavoro organico e comune, volto alla
comprensione del consumo e del mercato, si è spesso trattato di
approfondimenti settoriali a cui si è attinto in maniera asistematica, senza
creare ancora un corpus unitario e coerente di conoscenze.
E’ necessario perciò portare avanti questo “work in progress” di modo che i
vari apporti si integrino tra loro in una prospettiva di interdisciplinarietà
(non di multidisciplinarietà), per offrire un’interpretazione quanto più
esauriente e completa di un fenomeno, come il consumo odierno, di
carattere sociale complesso.
Vedremo di seguito i contributi dei principali approcci teorici al
mondo del consumo, evidenziando la miopia di alcuni e sottolineando
l’importanza oggi assunta dalla semiotica nella comprensione delle scelte di
mercato, vista la crescente rilevanza della componente immateriale dei
prodotti e la concezione del consumo come linguaggio.
Prima, però, è opportuno riportare alcuni cenni storici relativi
all’evoluzione del fenomeno del consumo stesso, poiché proprio le
trasformazioni della sua natura lo hanno reso via via sfuggente agli apparati
teorici messi a punto per comprenderlo, determinando a tutt’oggi
l’obsolescenza e l’inadeguatezza di alcuni assiomi e categorie utilizzati per
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descriverlo e cercare di prevederlo, comportando la necessità di allargare il
punto di vista e di adottare un nuovo paradigma.
Il tentativo di fornire un quadro generale dei principali momenti di
sviluppo del fenomeno del consumo e delle trasformazioni culturali e
teoriche connesse ai cambiamenti avvenuti ha comportato un lavoro di
sintesi che apparirà molto denso, data l’ampiezza del fenomeno sotto
analisi, sia dal punto di vista temporale, sia dal punto di vista degli approcci
teorici.