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Dopo la prima e la seconda guerra mondiale le potenze vincitrici
concordarono regole del gioco sia formali, fondate sul diritto
internazionale, che sostanziali basate sulla forza politico-militare dei
vari Stati.
Vennero fondate apposite istituzioni come la Società delle Nazioni
prima e le Nazioni Unite poi, atte a regolare i rapporti tra gli Stati sulla
base del diritto internazionale.
La nascita di queste istituzioni è considerato un traguardo importante
verso il processo di democratizzazione della comunità internazionale.
Le regole sostanziali della comunità stessa si sono, nella pratica,
risolte in una gerarchia degli Stati, guidata da superpotenze, che
hanno provocato, affrontato o risolto i problemi internazionali di volta
in volta che si presentavano.
Dimensioni completamente diverse hanno assunto le relazioni
internazionali nel periodo della guerra fredda.
Gli Stati capaci di difendere la loro comunità da potenziali aggressioni
esterne si è sostanzialmente ridotto, tanto che a poterlo fare sono stati
solo quelli che possedevano arsenali nucleari.
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La consapevolezza dell’incapacità dello Stato nazionale di proteggere e
di liberare dalla paura si è diffusa sempre di più tra i cittadini.
Questa paura ha accresciuto la forza dello Stato portando a rafforzare
il suo potere a danno delle relazioni internazionali.
Infatti il dogma della sovranità non è mai stato trattato dalle norme
delle istituzioni internazionali con la conseguenza che i rapporti fra gli
Stati sono stati regolati sulla base del criterio della forza politico
militare della parti.
Oggi si stanno di nuovo definendo le regole formali e sostanziali della
comunità internazionale, questa volta in seguito a trasformazioni
politiche quasi interamente pacifiche.
I problemi che si dovranno risolvere sono principalmente due: uno è il
processo di democratizzazione della comunità internazionale che
permetterà di regolare i conflitti sulle regole del diritto; l’altro è la
progressiva estensione di sistemi politici democratici al fine di
migliorare la qualità dei rapporti politici.
In questo lavoro ci proponiamo di percorrere le linee filosofiche per il
raggiungimento della pace dai primi progetti, fino ad arrivare ai filosofi
contemporanei.
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Nel 1° capitolo ci occuperemo dei primi progetti di pace di Crucè,
Sully, Abate Saint Pierre e a seguire della pace perpetua di Kant e
della sua idea di diritto cosmopolitico nata intorno alla fine del ‘700.
Si tratta di un progetto di riforma delle relazioni internazionali che è
ancora oggi attuale.
L’ idea base è quella di costruire un doppio livello di democrazia
internazionale con un organismo che rappresenti i cittadini e uno che
rappresenti gli Stati.
L’idea kantiana viene ripresa nell’età contemporanea da Hans Kelsen
con alcune tesi teorico- giuridiche innovative quali il primato del diritto
internazionale e il carattere parziale degli ordinamenti giuridici
nazionali.
Nel 2° capitolo analizzeremo più da vicino i filosofi moderni sostenitori
del globalismo giuridico quali Habermas, Rawls, Bobbio.
La loro idea è quella di creare una giurisdizione obbligatoria con una
polizia internazionale che garantisca la pace e quindi un’autorità sopra
gli Stati che decida di intervenire per ristabilire l’ordine dove scoppiano
i conflitti.
7
E’ l’ONU questa autorità sovranazionale?
Abbiamo visto che nella realtà l’ONU si trova in condizione di
sottomissione all’arbitrio degli Stati.
Nel 3° capitolo affronteremo un'analisi delle relazioni internazionali,
del conflitto moderno e in particolare una critica al globalismo
giuridico seguendo il pensiero di Danilo Zolo.
L’approccio di Zolo al problema della pace è di tipo realistico: essa deve
essere raggiunta unitariamente dagli Stati e qualora i comportamenti
siano difformi alle regole sottoscritte, questi debbono essere sanzionati
senza fare ricorso all’uso della forza militare.
Nel 4° capitolo discuteremo della protezione dei diritti umani, della loro
nascita fino all'universalizzazione del diritto a tutte le persone.
Passeremo poi ai casi concreti di guerra come sanzione giuridica, ad
esempio la guerra nella ex-Jugoslavia. Per punire i crimini e le atrocità
commessi durante il conflitto è stato istituito un Tribunale Penale
Internazionale ad hoc che, secondo l’analisi di Danilo Zolo, ha
calpestato i diritti umani nel nome del globalismo giuridico poiché
incrimina solo poche persone a fronte di grandi crimini contro
l’umanità.
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Assistiamo oggi ad un vero collasso dell’ordinamento giuridico
internazionale. Non è presunzione affermare il fallimento di quel
pacifismo istituzionale o giuridico che da Kant a Kelsen fino ad
Habermas ha indicato nel diritto e nelle istituzioni internazionali gli
strumenti principali, se non addirittura esclusivi per la realizzazione
della pace e per la tutela dei diritti fondamentali.
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Capitolo 1
I PROGETTI PER LA PACE PERPETUA
1.1 I primi disegni della pace perpetua
La ricerca di una stabilità internazionale al fine di ottenere un
ordinamento pacifico è stata un’esigenza che trova origine già dalla
nascita degli Stati nazionali.
Lo Stato nazionale dell’epoca moderna è una tipica creatura
“hobbesiana”,
1
esso ha come origine e come destinazione la difesa
della comunità dall’eventuale aggressione esterna.
1
Daniele Archibugi e Franco Voltaggio, I filosofi per la pace, Editori Riuniti Roma 1999, p.XVI
10
Ma la ricerca della sicurezza per una nazione corrisponde, purtroppo,
a un’aumento di insicurezza per le altre nazioni.
La necessità di ricorrere sempre a nuovi strumenti bellici per
difendersi dalle aggressioni esterne ha avuto l’effetto di moltiplicare
gli attacchi.
La filosofia della pace nasce quando quella della guerra ha dimostrato
tutta la sua impotenza per l’aumento qualitativo e quantitativo dei
conflitti.
2
Uno dei progetti più importanti del programma dell’Illuminismo era
quello di raggiungere la pace, così filosofi, pensatori, uomini più o
meno famosi scrissero progetti di pace, senza scoraggiarsi di fronte
al potere sovrano né di fronte all’insensatezza delle guerre alle quali
assistevano impotenti come testimoni e come vittime. Così come si
erano create delle istituzioni interne agli stati per regolare i conflitti
tra gli individui e farli uscire da un ideale stato di natura, non si
poteva porre fine alle guerre creando un’istituzione internazionale
finalizzata a risolvere le guerre con l’arbitrato?
2
Norberto Bobbio, Teoria generale della politica, Einaudi Torino 1999, p.483
11
Diversi furono i progetti di pace perpetua e i loro autori vennero
definiti dai contemporanei utopisti e visionari.
Eppure, anche se a tinte sfocate, la fisionomia delle istituzioni
internazionali del XX secolo come la Società delle Nazioni e il
Parlamento europeo si scorgeva già nelle proposte di questi visionari.
Importante, sotto questo aspetto, è l’opera del francese Emèrie Crucè,
pubblicata nel 1623 col titolo: Le nouveau Cynèe. In quest’opera
dedicata ai monarchi e ai principi sovrani, il Crucè suggeriva, per
abolire la guerra, di “designare una città dove tutti i sovrani avessero
perpetuamente i loro ambasciatori, affinchè le controversie che
potessero sorgere fossero risolte dal giudizio di tutta l’assemblea”
3
.
Come sede di questa corte permanente egli proponeva Venezia per la
sua neutralità e per la sua centralità. Tutti i sovrani e i paesi del
mondo avrebbero dovuto esservi rappresentati: il Papa, l’imperatore
dei Turchi, la Persia, la Cina, ecc. Per l’attuazione di questo disegno,
l’iniziativa avrebbe potuto essere presa dal Papa per i principi
cristiani, e dal re di Francia per i non cristiani.
3
Giorgio Del Vecchio, Il diritto internazionale e il problema della pace, Editrice Studium Roma 1956,
p.39
12
Molto famoso, anche se privo di effetti pratici, è il disegno che il duca
di Sully, già ministro del re Enrico IV, attribuì a questo sovrano dopo
la morte di lui.
L’ opera del Sully, pubblicata nel 1638 con il titolo: Mèmoires des
sages et royales Oeconomies d’Estat, domestiques, politiques et
militaires de Henry le Grand, esprime probabilmente le idee del Sully
più di quelle di Enrico IV. Il disegno differisce da quello del Crucè
specialmente perché mirava a costituire una confederazione di soli
popoli cristiani, e nemmeno di tutti. Questi vari Stati avrebbero
dovuti essere sottoposti a un consiglio generale di sessanta deputati,
designati da ciascuno di essi in proporzione della loro importanza. Si
sarebbe dovuto cercare di rendere la potenza dei vari Stati pressapoco
eguale, tanto che il disegno ammetteva persino una eventuale guerra
di Enrico IV contro la casa di Asburgo, giudicata di potenza eccessiva.
Con altra palese contraddizione il Sully assegnava alla proposta
unione pacifica lo scopo finale di una guerra comune contro i Turchi,
per espellerli dall’Europa.
Un progetto più pacifista fu sostenuto dall’abate Saint-Pierre che,
riferendosi al preteso disegno di Enrico IV, volle in un certo modo
perfezionarlo. Nella sua opera Mèmoires pour rendre la paix
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perpètuelle à l’Europe, pubblicata nel 1712 il Saint Pierre formulò un
progetto di trattato fra i sovrani cristiani, con il quale essi si
sarebbero obbligati, per sé e per i loro successori, a rinunciare a
risolvere le loro contese per la via delle armi, ricorrendo invece alla
mediazione degli altri alleati e, ove questa non avesse avuto successo,
a un giudizio arbitrale. Per indurre i sovrani ad assumere tale
impegno, il Saint-Pierre faceva assegnamento sul presunto interesse
personale degli stessi sovrani, che avrebbero assicurato così i loro
troni: il trattato sarebbe stato infatti una garanzia reciproca contro le
rivoluzioni e le guerre civili.