Con queste parole del Segretario Generale delle Nazioni Unite Kofi
Annan si apre il lavoro pioneristico “Global Public Goods”
1
, pubblicato per
l’UNDP (United Nations Development Program) a cura di Inge Kaul,
Isabelle Grunberg e Marc A. Stern. E sono dunque proprio i beni pubblici
globali l’oggetto principale di questo lavoro: la loro definizione tecnica, le
problematiche ad essa relative, l’offerta e soprattutto la domanda
internazionale che rimane purtroppo perlopiù ancora insoddisfatta e, in
particolare, la problematica di un regime internazionale di proprietà
intellettuale troppo rigido relativamente alle questioni di salute pubblica.
La teoria economica si è ampiamente occupata dei beni pubblici. Già
Adam Smith
2
aveva previsto la presenza di alcuni beni, nella fattispecie
Smith parlava della difesa interna ed esterna, della giustizia e di alcuni
opere pubbliche, per i quali non poteva funzionare la mano invisibile del
mercato. Una definizione analitica più rigorosa verrà fornita da Samuelson
nel 1954
3
. Ma un’attenzione altrettanto generosa non è ancora stata data ai
cosiddetti beni pubblici internazionali, ovvero quei beni pubblici prodotti
nazionalmente che però hanno effetti, spill-over nella terminologia
economica classica, internazionali, ecco perché il libro sopracitato,
pubblicato appositamente per l’UNDP, può essere considerato a ragione un
lavoro pioneristico.
In un’economia mondiale sempre più globalizzata da inarrestabili
forze tecnologiche che abbattono i costi di trasporto e i costi di
comunicazione, in uno scenario dove i tradizionali attori di politica
macroeconomica si trovano a dover lavorare con variabili che sfuggono
sempre di più al loro diretto controllo, in un contesto dove le
interdipendenze tra i paesi si fanno ogni giorno più profonde e la
concorrenza internazionale ogni giorno più agguerrita, si sente sempre più
il bisogno di una coordinazione delle politiche nazionali in un ambito
sovranazionale per poter affrontare efficacemente le nuove sfide poste dalla
modernità. Temi come i focolai di guerra sparsi per tutto il mondo, le
1
I. KAUL - I. GRUNBERG - M.A. STERN, Global Public Goods; International Cooperation in the 21
st
Century, New York, Oxford University Press, 1999.
2
A. SMITH, Inquiry into the nature and causes of the wealth of nations 1776
epidemie come la malaria, la tubercolosi e l’AIDS, le crisi finanziarie che
ciclicamente investono l’economia mondiale, il depauperamento
generalizzato delle risorse naturali del pianeta (deforestazione,
desertificazione, aumento del livello delle acque marine, inquinamento
dell’atmosfera, del terreno e delle falde acquifere), gli effetti negativi di
una polarizzazione sociale tra ricchi e poveri, sia tra Nord e Sud del mondo
che all’interno dei paesi occidentali stessi, sempre più profonda e
apparentemente incolmabile, con i conseguenti problemi sociali, purtroppo,
sono ormai pane quotidiano per giornali e telegiornali di tutto il mondo.
Alcuni di questi problemi accompagnano da sempre l’umanità, quello che è
drammaticamente cambiato, semmai, è la portata degli eventi, la loro
magnitudine e la possibilità di un “contagio” veloce e diffuso attraverso i
paesi.
L’economia nazionale dei paesi ha sempre oscillato tra sfera pubblica
e sfera privata. La questione, infatti, di quante risorse debbano essere
destinate all’uso pubblico e quante al settore privato è un tema di così
grande importanza da essere il perno intorno al quale ruota tutto il dibattito
tra economisti e politici sulle politiche macroeconomiche da intraprendere.
Tradizionalmente, nei paesi sviluppati, è per lo più lo stato nazionale
che si accolla il dovere di garantire determinati diritti, ritenuti inalienabili,
a tutti i suoi cittadini, tutelando per esempio la salute pubblica, la qualità
ambientale, la sicurezza sociale, l’istruzione generalizzata, la sicurezza
interna, e questo, utilizzando la terminologia economica, tramite
l’internalizzazione delle esternalità negative causate dai singoli. Un
esempio simile, ma su scala regionale, può essere visto nel processo di
creazione dell’Unione Europea che, in chiave economica, può essere visto
come un tentativo di gestire ad un livello sovranazionale i beni pubblici
regionali riguardanti l’area europea e i paesi che ne fanno parte.
A livello internazionale non è possibile, però, riscontrare una simile
efficacia nella gestione dei beni pubblici internazionali. Nonostante i paesi
della comunità internazionale si siano dotati, dopo il secondo conflitto
mondiale, di un complesso apparato sovranazionale quale è
3
P.A.SAMUELSON, “The Pure Theory of Public Expenditure,” Review of Economics and Statistics,
November 1954, 36, pp. 386-9
l’Organizzazione delle Nazioni Unite, il suo ruolo nella gestione dei
problemi globali appare tutt’oggi troppo debole, se paragonato soprattutto
al potere delle istituzioni di Bretton Woods, Fondo Monetario
Internazionale, Banca Mondiale e Organizzazione Mondiale del
Commercio, che al contrario dell’ONU non godono della medesima
legittimità democratica ma che invece possiedono una forza coercitiva oggi
ampiamente sotto discussione.
È, quindi, ampiamente documentata l’importanza di un’adeguata
fornitura di beni pubblici per garantire uno sviluppo economico capace di
migliorare le condizioni di vita di un paese. Il peso delle attività dello
Stato come quota sulla ricchezza prodotta nei paesi sviluppati ne è un
indicatore importante.
Risulta ragionevole, allora, pensare che allo stesso modo un intervento
pubblico sia fortemente richiesto per affrontare i problemi globali
brevemente accennati prima. Di qui l’importanza di parlare di beni pubblici
globali.
Nel dettaglio, il primo capitolo tratta dei beni pubblici nazionali, i
fallimenti del mercato, i campi di intervento pubblico e le impostazioni
teoriche. Il secondo capitolo introduce il concetto di bene pubblico
internazionale, ne definisce una tassonomia, descrive i casi più importanti
ed elenca i quattro casi di tecnologia dell’offerta congiunta. Il terzo
capitolo affronta la questione del finanziamento dei beni pubblici globali,
quali sono le principali aree di costo, i principi teorici e gli approcci
pratici. Il quarto capitolo analizza brevemente il ruolo della gestione
macroeconomica nazionale in un contesto globalizzato e quali sono le
prospettive per l’emergere di un Global Governance. Infine, il quinto
capitolo tratta di un caso particolare, ovvero la compatibilità dell’attuale
regime internazionale di proprietà intellettuale con i problemi di salute
pubblica che affliggono molte parti del pianeta. Dopo una breve
introduzione di economia sanitaria e dopo aver illustrato il concetto di
proprietà intellettuale si cerca di esaminare quale è la situazione reale nel
mercato farmaceutico mondiale in relazione alla protezione brevettuale, il
peso della ricerca pubblica, i veri costi di sviluppo di un nuovo farmaco e
alcune prospettive storiche. Si analizzerà poi l’accordo internazionale
TRIPs, i problemi principali, gli sviluppi più recenti e, infine, nelle
conclusioni si avanzeranno alcune proposte concrete.
Ho scelto la trattazione di questo tema perché trovo particolarmente
interessante la questione dei beni pubblici ed ho sempre avuto
l’impressione che il loro ruolo nello sviluppo socio-economico dell’uomo
sia sottovalutato dal pensiero economico dominante.
Inoltre, trovo che la questione della proprietà intellettuale sia e sarà di
importanza capitale per il prossimo secolo. Per questo motivo, unitamente
al mio interesse per le questioni economiche legate alla salute pubblica, ho
deciso di affrontare la tematica dei brevetti relativi ai medicinali salvavita
e di approfondire le opportunità per un cambiamento della situazione
attuale.
Capitolo 1
I beni pubblici nazionali
“He who receives an idea from me,
receives instruction himself without
lessening mine; as he who lights his
taper at mine, receives light without
darkening me.
Thomas Jefferson
1.1 Brevi cenni sull’economia del benessere
L’economia del benessere si occupa delle condizioni che in un
mercato, presupposti determinati assunti di base come la perfetta
informazione dei singoli operatori economici e la perfetta concorrenza,
portano a un’allocazione pareto-ottimale delle risorse, ovvero al
raggiungimento di una situazione nella quale non è possibile migliorare il
benessere di qualcuno senza al tempo stesso peggiorare la condizione di
qualcun altro.
I due fondamentali criteri secondo cui nell’economia del benessere
vengono valutate le situazioni economiche alternative sono l’efficienza
nell’allocazione delle risorse e l’equità nella distribuzione iniziale delle
stesse tra gli individui componenti la collettività
1
. Questi due criteri sono
in realtà la base dei due teoremi dell’economia del benessere, che
illustrano come, data una determinata distribuzione delle risorse,
considerata esogena, si arrivi a una allocazione delle risorse efficiente e
pareto-ottimale. I due criteri vengono spesso posti in contraddizione
secondo la dicotomia equità/efficienza, ovvero secondo il principio per cui
esisterebbe un trade-off nelle economie reali tra i risultati ottenibili in
termini di equità e quelli ottenibili in termini di efficienza, dicotomia che
non permetterebbe di mirare a entrambi gli obiettivi contemporaneamente.
Riassumendo, si può concludere che è proprio su questa linea di
demarcazione che si svolge il dibattito politico/economico tra destre e
sinistre di tutti i paesi.
In particolare si avranno le seguenti condizioni di efficienza:
9 Condizione di efficienza nella produzione: xTMSTk,l =
yTMSTk,l;
ovvero il tasso marginale di sostituzione tecnica tra capitale e lavoro,
presi due beni qualunque x e y, deve essere uguale.
9 Condizione di efficienza nello scambio: aTMSx,y = bTMSx,y;
ovvero il tasso marginale di sostituzione tra due beni x e y deve essere
lo stesso per due individui a e b.
9 Il sistema dei prezzi al consumo dei due beni che garantisce
l’efficienza è quello per cui: Px/Py = TMSx,y;
9 Condizione di ottimalità del prodotto: TMTx,y =
aTMSx,y = bTMSx,y
L’economia del benessere si è dimostrata un valido strumento di
analisi, in quanto ha permesso di individuare in quali circostanze
l’economia di mercato è in grado di raggiungere risultati socialmente
desiderabili ed in quali “fallisce”, rendendo necessario l’intervento
pubblico. L’economia del benessere fornisce perciò le giustificazioni
dell’intervento dello Stato nell’economia e permette di valutare i risultati
delle azioni dei diversi strumenti con cui quell’intervento può realizzarsi.
2
1
C. COSCIANI, Scienza delle finanze, Torino, Utet, 1953, p. 45.
2
Ibidem
1.2 Intervento dello Stato
Lasciato al semplice gioco delle sue forze, il mercato non riesce a
garantire però risultati soddisfacenti sotto diversi profili. Storicamente,
dunque, lo Stato è sempre intervenuto nelle economie nazionali, in modo
più o meno incisivo a seconda del periodo storico, dell’ideologia e della
cultura dominante, per correggere le imperfezioni del mercato.
Gli strumenti con i quali lo Stato corregge il mercato e interviene
nella sua gestione sono essenzialmente tre:
9 Produzione pubblica diretta di beni e servizi.
9 Sussidi positivi o negativi (tassazione).
9 Regolamentazione dell’attività economica.
A sua volta, le ragioni per le quali il mercato non raggiunge risultati
soddisfacenti possono essere catalogate come segue (secondo la seguente
catalogazione verranno poi dopo trattati più approfonditamente):
9 Concorrenza imperfetta
9 Informazione imperfetta
9 Fallimento del mercato: la stessa categoria può comprendere
numerose ragioni per il fallimento, in particolare:
¾ Presenza di beni pubblici (locali, nazionali, misti)
¾ Beni meritori
¾ Esternalità nella produzione e nel consumo
¾ Rendimenti crescenti
¾ Rapporto principale-agente
¾ Leads and lags
9 Instabilità macroeconomica
9 Equità
1.3 Produzione pubblica
Qui di seguito verranno trattati tre casi particolari di produzione
pubblica: i sistemi sanitari, le assicurazioni sociali e la spesa in ricerca e
sviluppo.
1.3.1 I sistemi sanitari
Tra i beni pubblici di maggior importanza per la vita dei singoli
cittadini vi è sicuramente la salute. La salute di un singolo non è certo
rivale con quella di un altro, anzi si rafforzano a vicenda, e allo stesso
tempo il bene salute non è escludibile.
Tutti i maggiori paesi industriali hanno sviluppato nel corso degli
ultimi cinquant’anni sistemi sanitari che garantiscono alla grande
maggioranza della popolazione assistenza e copertura sanitaria. Possiamo
distinguere tre tipi diversi di offerta di servizi sanitari
3
:
9 S.S.N., Servizio Sanitario Nazionale (Gran Bretagna, Italia):
erogazione gratuita o semi gratuita di un’estesa gamma di servizi
sanitari. Il governo centrale e quelli locali sono responsabili per il
finanziamento e il coordinamento delle strutture.
9 Sistema di assicurazione sociale (Germania, Francia): lo Stato
finanzia buona parte della spesa rimborsando i costi sostenuti dai
cittadini e fornisce direttamente certi servizi. Il sistema è basato di
solito su una serie di fondi di assistenza sanitaria finanziati dallo
Stato ed è esteso a tutti i lavoratori e i familiari. Una parte della
popolazione tuttavia non gode di copertura sanitaria. I servizi sono
forniti da strutture sia pubbliche che private e i prezzi sono regolati
da accordi col governo
9 Sistema di assicurazione privata (Stati Uniti): il finanziamento è a
carico di compagnie private di assicurazione. L’organizzazione
3
C. COSCIANI, Scienza delle finanze…cit., p. 1
dell’industria sanitaria è comunque molto simile a quella del
sistema di assicurazione sociale
4
.
1.3.2 Le assicurazioni sociali
Il capitalismo moderno è un complesso sistema misto in cui pubblico
e privato interagiscono. Il meccanismo di mercato da solo, come già
sottolineato, non può svolgere tutte le funzioni economiche di cui una
moderna società ha bisogno. La politica pubblica è necessaria per guidare,
correggere e supplire in alcuni aspetti. Il problema delle esternalità porta
al fallimento del mercato in determinate situazioni. A questo quadro è
necessario aggiungere il fatto che le ricche società moderne esprimono una
domanda di valori sociali molto importanti che il mercato lasciato a se
stesso non è perlopiù in grado di soddisfare.
Di questa domanda si fanno carico quei programmi pubblici volti ad
affrontare problemi sociali, a tutelare gli anziani, i disoccupati e i poveri,
e inoltre a garantire una spesa sanitaria in grado di coprire le esigenze di
tutta la popolazione.
Questo interventismo sociale ha garantito negli anni ’60 e ’70 livelli
di crescita notevoli fino a che negli anni ’80 il ruolo interventista dello
Stato è stato rimesso in discussione
5
.
Il sistema di protezione sociale costituisce la componente di gran
lunga più importante della spesa della Pubblica Amministrazione.
La Pubblica Amministrazione si divide in Italia in: Amministrazione
Centrale (unità istituzionali le cui attività si estendono su tutto il
territorio); Amministrazione Locale (Enti territoriali, Aziende Sanitarie
Locali, ospedali pubblici, università); Enti di Previdenza (erogano
prestazioni in denaro e in natura finanziandosi con i contributi sociali,
appartengono a questa categoria l’INPS e l’INAIL).
Lo Stato, dunque, regolamenta l’attività delle imprese nel tentativo di
proteggere i lavoratori, i consumatori e l’ambiente e di assicurare un
ordinato funzionamento del mercato. Per la tutela fisica e psichica dei
4
C. COSCIANI, Scienza delle finanze…cit., p. 1, p. 339
lavoratori si tratta di soddisfare certi standard minimi, la cui previsione è
affidata al Ministero del Lavoro.
I rischi contro cui l’assicurazione sociale protegge i cittadini sono la
vecchiaia, l’invalidità, la morte (tutela dei superstiti), la malattia, la
disoccupazione e gli infortuni sul lavoro; questa, anche se non è una
semplice assicurazione, è anche a sua volta uno strumento di
redistribuzione del reddito a favore di gruppi sociali ritenuti bisognosi.
La seconda categoria di assicurazioni riguarda la copertura di rischi
commerciali. Nel caso italiano l’esempio più importante è quello del fondo
di garanzia istituito presso l’INPS nel 1982 per pagare il cosiddetto
trattamento di fine rapporto in caso di insolvenza del datore di lavoro. Un
altro caso è il fondo garanzia vittime della strada presso l’INA.
Una delle attività più importanti del settore pubblico, la
redistribuzione del reddito, cioè il trasferimento di risorse da un gruppo
sociale all’altro, può essere diviso in due grandi categorie: i programmi di
assistenza pubblica per i cittadini abbastanza poveri e le assicurazioni
sociali che offrono prestazioni a pensionati, invalidi, disoccupati e malati.
La differenza sta nel fatto che nel secondo c’è un qualche legame con i
contributi pagati dai beneficiari mentre nel primo no.
L’ISTAT a tal proposito parla di protezione sociale suddivisa in spesa
sanitaria, spessa assistenziale (denaro o erogazione servizi) e spesa
previdenziale (assicurazioni sociali).
5
J.E. STIGLITZ, Economia del settore pubblico, Milano, Hoepli 1989.
1.3.3 Spese in Ricerca e Sviluppo
Un altro strumento importante di politica economica è la voce della
spesa pubblica in Ricerca e Sviluppo che in realtà si configura come un
investimento sulla produttività futura, sia del capitale umano che di quello
fisico, e che quindi nel lungo termine influenza il tasso di crescita
dell’intera economia.
In Italia, purtroppo, come bene noto, si spende in ricerca troppo poco.
Se paragonato con altri paesi europei, gli effetti di questo
sottoinvestimento sono un apparato produttivo che spesso non riesce a
stare al passo con quello dei paesi concorrenti.
La Ricerca e Sviluppo, come bene pubblico, possiede certamente la
prima caratteristica qualificativa: la non rivalità del consumo.
Un’invenzione non può essere “consumata” dall’uso di un soggetto in più,
la quantità di conoscenza rimane sempre la stessa, spesso però possiede
anche la seconda caratteristica, ovvero la non escludibilità; ma se la
conoscenza fosse distribuita gratuitamente a nessuno converrebbe
produrla. Quindi, o lo Stato sovvenziona direttamente la spesa in Ricerca e
Sviluppo, rendendo poi pubblici i risultati (spesso e volentieri si tratta del
caso della ricerca di base, contrapposta alla ricerca applicata che è
caratteristica delle imprese private), oppure deve garantire che chi produce
conoscenza venga tutelato e compensato. Lo strumento utilizzato a tal
proposito sono i brevetti che sono diritti di proprietà sulle conoscenze che
consentono per un periodo limitato di tempo l’uso esclusivo delle
conoscenze a chi le ha inventate, compreso il diritto di autorizzare altri ad
usarle su licenza.
Spesso, però, al brevetto, che può essere aggirato con prodotti simili
che formalmente non ne violano la protezione, le imprese preferiscono il
segreto commerciale, con il quale impediscono che la conoscenza, se pur
tutelata, venga resa pubblica
6
.
6
La Coca Cola, per esempio, non è tutelata da brevetto ma la sua formula è custodita in una
cassetta di sicurezza di una banca svizzera.
La durata del brevetto introduce un trade-off tra l’incentivo alle
imprese a produrre conoscenza e l’utilizzo efficiente della conoscenza
stessa. Il sistema alternativo e parallelo dei sussidi statali alla ricerca
richiede di adottare un qualche criterio di selezione tra i vari ricercatori,
cosa che a volte può essere difficile e costosa, il sistema dei brevetti
invece fa pagare l’innovazione a chi ne trae beneficio, ovvero i
consumatori del bene brevettato, attraverso il prezzo più alto imposto dal
monopolio legale.
Negli Stati Uniti il governo federale ha cercato di incoraggiare le
attività di Ricerca e Sviluppo mediante un credito d’imposta del 20% ma
spesso può risultare difficoltoso distinguere cosa è e cosa non è R&D, le
imprese possono sfruttare il loro vantaggio informativo facendo passare
per R&D quelle che invece sono spese ordinarie.
In Italia i sussidi alle imprese vengono erogati da due fondi: il primo
è il fondo per la ricerca applicata, istituito nel 1968 e gestito dall’IMI
(Istituto Mobiliare Italiano) e finanziato da stanziamenti del bilancio del
Ministero del Tesoro; il secondo è il fondo per l’innovazione tecnologica
istituito nel 1982 e compreso nel bilancio del Ministero dell’Industria
7
.
1.4 Sussidi positivi e negativi
I sussidi positivi e negativi rappresentano gli strumenti tramite i quali
lo Stato interviene attivamente nella gestione dell’economia. Qui di
seguito si darà una breve trattazione degli strumenti di politica economica
a disposizione degli Stati, nonché una breve digressione sulla
rappresentazione grafica della gestione macroeconomica, riassunta nel
celebre modello IS-LM.
7
G. BROSIO, Economia e finanza…cit., p. 23
1.4.1 Gli strumenti di politica economica
Dall’analisi precedente emerge chiaramente come nel caso di
presenza di beni pubblici sia necessario l’intervento dello Stato
nell’offerta dei medesimi. Il fallimento del mercato rende necessario un
ruolo attivo di intervento dell’autorità pubblica nell’economia, soprattutto
per quanto riguarda l’offerta dei beni pubblici. D’altra parte, è di
fondamentale importanza considerare anche la geografia dei benefici dei
beni pubblici per poter definire correttamente il livello giurisdizionale più
adeguato all’offerta dei beni pubblici locali, ovvero quei beni pubblici i
cui benefici sono ristretti a una comunità inferiore a quella nazionale
8
.
A tal proposito può essere utile citare brevemente un distinzione nella
visione dell’intervento pubblico. La presenza dello Stato è vista
nell’ambito delle scelte pubbliche secondo due modelli fondamentali: il
primo comprende le teorie del ruolo del governo che si concentrano quasi
esclusivamente sulle attività concernenti l’efficienza allocativa
9
nella
fornitura di beni pubblici, il secondo su quella redistributiva
10
. La
costruzione di un ponte è sì un’allocazione di un bene pubblico utile a tutti
ma sotto un altro punto di vista è anche una redistribuzione del reddito
verso le attività commerciali e, più in generale, verso gli abitanti della
zona. La presenza del ponte, migliorando la viabilità della zona, permette,
infatti, un aumento del valore dei terreni, nonché maggiori entrate per le
attività circostanti.
Nel secondo caso, quindi, l’offerta di beni pubblici sarebbe un
semplice sottoprodotto dell’attività principale di natura redistributiva.
Sotto un certo punto di vista, le due visioni possono essere viste come
l’una normativa e l’altra positiva, ossia una descriverebbe quello che
dovrebbe essere, mentre l’altra quello che è in realtà.
8
Cfr. p 13
9
Vd. K. WICKSELL, “A New Principle of Just Taxation”, Finanztheoritische
Untersuchungen, Jena, 1896, reprinted in Musgrave and Peacock (1967, pp. 72-118)
10
P.H. ARANSON e P.C. ORDESHOOK, “Regulation, Redistribution, and Public Choice”,
Public Choice, 1981, 37 (1), pp. 69-100
Gli strumenti di intervento che lo Stato ha a disposizione per superare
i già citati fallimenti dei mercati
11
e portare i livelli produttivi o di
consumo alla dimensione efficiente sono le imposte, i sussidi, la
regolamentazione delle attività, l’attribuzione del diritto di proprietà sul
bene ad una delle parti.
Il governo, dunque, riceve denaro tramite le imposte, le tariffe e la
contrazione di debiti con il pubblico. Le imposte possono essere dirette (è
il caso delle imposte sulle persone fisiche, sulle persone giuridiche o sulle
attività produttive) oppure possono essere imposte indirette, quando vanno
cioè a colpire lo scambio di beni in un qualche punto del sistema
economico.
I principi seguiti nella tassazione sono principalmente due, il benefit
principle e l’ability-to-pay principle. Il benefit principle cerca di collegare
la somma ricevuta tramite imposte al beneficio direttamente goduto dal
contribuente, secondo un principio simile a quello che regge il mercato dei
beni privati, esclude quindi ogni considerazione di tipo redistributivo. Il
secondo principio, di solito il più largamente utilizzato, è l’ability-to-pay
principle, in base al quale quello che conta non è il beneficio percepito ma
la capacità contributiva del contribuente. Questo principio, per esempio, è
tipico delle tassazioni di tipo progressivo dove la proporzione di imposte
pagate non è uguale per tutti ma bensì dipende dallo scaglione raggiunto
dalla base imponibile, sistema questo che è stato in tutti i paesi moderni
uno strumento importantissimo per attuare politiche di redistributive. In
determinati casi la tassazione può anche essere regressiva, ossia pesare di
più su chi ha un base imponibile più bassa; è il caso, per esempio, di tasse
sul consumo che colpiscono i beni che hanno un peso maggiore nel paniere
di beni delle classi più disagiate.
Riassumendo, la tassazione può essere progressiva, proporzionale
oppure regressiva a seconda che l’elasticità marginale dell’utilità del
reddito rispetto al reddito sia maggiore, uguale o inferiore a uno
12
.
Cambiamenti del livello di tassazione influenzano la domanda
aggregata e quindi il livello di occupazione. L’effetto sulla domanda
11
Cfr. p.2
12
R.A. MUSGRAVE e P.B. MUSGRAVE, Public Finance…cit., p. 12