5
banca degli sportivi che ne fanno richiesta) e Ubs; mentre in Italia abbiamo il caso
della Industria degli investimenti di Mantova che ha al proprio interno un istituto
di private banking dal nome: “Banca dello sport”. Questo istituto punta oltre che
alla gestione degli investimenti anche alla creazione di siti internet di calciatori
con conseguente sfruttamento dell’immagine e del merchandising.
Altri possibili introiti per le società di calcio derivano dalle opportunità di
ricavi date dalle nuove tecnologie e dalla “new economy”, tra le principali il
WAP, l'UMTS, lo sviluppo del commercio elettronico e della pubblicità sul sito
web. E ancora è lo sviluppo di canali televisivi tematici, di strutture ricreative
legate allo stadio o al marchio.
Una prospettiva molto redditizia a livello potenziale è quella che porta una
società di calcio a fornire servizi senza riferimento allo sport. I nuovi progetti di
gestione diretta degli stadi da parte delle società calcistiche, la quotazione in borsa
e più in generale un allargamento del core business potrà aiutare le società ha
sostenere l’enorme crescita dei costi, dovuti soprattutto al monte ingaggi.
Il peso del costo del lavoro è una variabile importantissima nella valutazione
della sostenibilità delle società di calcio, ed in Italia questa variabile non solo non
è diminuita, non è neanche diminuita proporzionalmente all'aumento dei ricavi, è
infatti esplosa.
Ormai l’incidenza del costo del personale tesserato sui ricavi è in media del
70% per quanto riguarda le squadre di serie A. E fino ad oggi l’unica strategia
trovata dalle società per far fronte a questa grave situazione è il ricorso
sistematico alle plusvalenze da cessione
3
, che il più delle volte sono solo fittizie.
Nel 2001 l’ammontare di tutte le plusvalenze è stato di 780 milioni di euro
4
.
Quello che però è importante sottolineare è che le plusvalenze da cessione
dei giocatori non possono far venir meno l’esigenza di un conto economico
equilibrato. Infatti, a fronte del realizzo di plusvalenze esiste la necessità di
3
La plusvalenza da cessione è data dalla differenza tra il prezzo di cessione ed il valore contabile
attribuito al diritto dell’utilizzo delle prestazioni del calciatore al netto degli ammortamenti già
eseguiti
4
Cfr. Paola Bottelli, www.ilsole24ore.com
6
reinvestire in nuovi giocatori, salvo che ci si voglia avviare verso uno
smantellamento della squadra.
Le potenzialità dell’Industria-calcio sono davvero enormi, soprattutto se
riuscirà ad entrare veramente nel mondo dell’entertainment.
Purtroppo le scelte compiute fino ad ora, sia dagli organi competenti che
dagli addetti ai lavori non hanno portato buoni frutti. C’è attualmente una
situazione non certo rosea che deve essere risanata.
Persino la FIFA, che è il vertice della piramide del calcio, non si trova certo
in buone acque. La società di revisione Kpmg ha previsto che nel 2002 la FIFA
accumulerà un deficit di circa 270 milioni di euro.
Questa crisi è dovuta, secondo il parere di molti, al collasso del binomio
calcio - diritti TV. C’è stato un grosso errore di valutazione sia delle società di
calcio sia delle TV digitali che hanno sballato tutti i conti.
Nei più importanti paesi europei le pay-tv sono in grossa crisi. Persino in
Inghilterra dove il football sembrava in gran salute le cose non vanno bene: nella
scorsa stagione solo 15 squadre su 80 hanno chiuso con il bilancio in attivo.
In Italia va anche peggio. Un dato per far capire intanto come è la
situazione: negli ultimi tre anni le perdite delle squadre di serie A sono cresciute
del 325% raggiungendo nel 2001 668 milioni di euro.
5
Se l’industria calcio vuole veramente entrare nel mondo dell’entertainment
deve innanzitutto prendere coscienza del rispetto delle regole, economiche e non,
e poi programmare le scelte future tenendo ben presente l’impatto sociale che
questo sport comporta.
5
Se si aggiungiamo anche la serie B le perdite arrivano a 1.039 milioni di euro. Cfr. Paola Bottelli,
www.ilsole24ore.com
7
1.2 Dalle associazioni sportive alle società per azioni.
Dobbiamo adesso capire l’evoluzione che la legge ha subito per stare al
passo con le continue evoluzioni economiche del gioco.
Le società calcistiche, come tutte le società sportive, furono costituite
originariamente per consentire la pratica atletico-agonistica dei propri membri.
Essendo quindi enti associativi con scopi ricreativi si potevano far rientrare
nell’ambito delle associazioni mutualistiche che si contrappongono alle
associazioni edonistiche, poiché perseguono il vantaggio degli stessi associati e
non di terzi estranei al rapporto associativo.
Le caratteristiche fondamentali delle associazioni sportive sono:
a) struttura aperta con possibilità di mutamento dei componenti;
b) organizzazione fissata dallo statuto sociale con poteri di rappresentanza
in determinate persone;
c) patrimonio proprio distinto da quello degli associati.
Rispetto al regime normale dell’associazione non riconosciuta, le
associazione di calcio possono presentare caratteri e aspetti singolari.
Così, mentre per regola generale le associazioni non riconosciute sono
indipendenti da qualsiasi requisito di forma, per l’associazione sportiva, e quella
calcistica in particolare, almeno per quanto riguarda la possibilità di esistere ed
agire nell’ordinamento sportivo, si richiede un minimo di forma scritta e,
precisamente, quanto allo statuto sociale, che è documento da allegare alla
domanda di affiliazione.
6
Sia per la semplicità dell’iter di costituzione sia perché le spese e gli oneri
che erano contenuti l’associazione non riconosciuta è rimasta per molto tempo
l’unica forma societaria adottata. Ancora oggi costituisce la tipologia di
organizzazione assunta dalla maggioranza delle società sportive dilettantistiche.
6
Cfr. G. Falsanisi, E. F. Giangreco, Le società di calcio del 2000, Rubbettino, 2002 pp. 10-11
8
Fattori storici, sociologici, culturali e politici portarono al cambiamento
dello scenario dove si trovavano ad agire le società calcistiche. Di conseguenza il
ricorso a questo tipo di forma sociale è andato via via riducendosi.
Dal punto di vista strettamente economico il cambiamento del contesto
comportò che: 1) l’associazione sportiva fosse impossibilitata a far fronte alle
spese crescenti con il solo contributo volontario degli associati, e pertanto dovette
rivolgersi al mercato assumendo pian piano i connotati di tipo imprenditoriale; 2)
con l’evoluzione dell’associazione sportiva da fenomeno volontaristico in
organizzazione di impresa iniziò a mutare anche la propria struttura.
7
Scompare quindi la figura del praticante-associato e subentra quella
dell’atleta professionista, non più membro della compagine associativa, composta
ormai esclusivamente da soggetti finanziatori, ma atleta che presta la propria
opera contro il pagamento di un compenso.
Iniziando a intrattenere rapporti tipicamente economici con gli atleti, ma
anche con terzi (pubblicità e sponsorizzazioni), risulta evidente come la natura
giuridica di associazione fosse praticamente incompatibile con gli aspetti di natura
economico-patrimoniale che le società di calcio hanno man mano privilegiato.
Il passaggio da gruppo di appassionati ad impresa in grado di manovrare
consistenti capitali comportò non pochi problemi, riconducibili essenzialmente
alla presenza di rilevanti posizioni debitorie, che andavano progressivamente
aggravandosi.
Spinto dall’esigenza di imporre il rispetto di criteri operativi uniformi mirati
al perseguimento di una sana ed ordinata gestione economica, nonché delle
disposizioni all’epoca vigenti in materia societaria e tributaria il Consiglio
Federale della Federazione Italiana Giuoco Calcio
8
emanò nel 1966 due
provvedimenti:
7
Cfr. G. Falsanisi, E. F. Giangreco, Op. Cit., p.10
8
La Federazione Italiana Gioco Calcio (F.I.G.C.) è l’associazione delle società, delle associazioni
e degli altri organismi ad essa affiliati che perseguono il fine di praticare il gioco del calcio in
Italia. La Figc è l’unica associazione abilitata ad organizzare il gioco del calcio nel territorio
nazionale ed e’ un organo del C.O.N.I. (Comitato Olimpico Nazionale Italiano, di seguito Coni).
Quest’ultimo, istituito con la legge n.426 del 16 febbraio 1942, ha il compito di organizzare e
potenziare lo sport indirizzandolo verso il perfezionamento atletico con particolare riguardo al
9
Il 16 settembre 1966 il Consiglio Direttivo Federale stabilì di sciogliere
i Consigli direttivi delle associazioni calcistiche professionistiche e di nominare
un Commissario Straordinario per ciascuna di esse con i pieni poteri gestionali,
allo scopo di procedere alla liquidazione delle stesse ed alla loro costituzione in
società per azioni.
Il 16 dicembre 1966 il Consiglio Federale licenziava uno Statuto tipo
obbligatorio per tutte le società professionistiche dei campionati maggiori. Le
principali norme furono: - impossibilità di ripartire gli utili fra i soci in caso di
scioglimento; - obbligo di devolvere le somme residue ad un fondo di assistenza
del C.O.N.I., dopo la definizione dei rapporti con i terzi e la restituzione ai soci
del capitale versato; - in caso di scioglimento del rapporto limitato al singolo
socio, obbligo di restituzione del solo valore nominale delle azioni possedute.
L’assunzione della forma giuridica della S.p.A.
9
, era stata posta dalle
autorità governative, nel quadro di una politica di risanamento del bilancio delle
miglioramento fisico e morale. Il Coni è un ente pubblico, dotato di personalità giuridica,
responsabile dell’organizzazione e dello sviluppo di tutte le attività sportive in Italia: in particolare
preserva e sviluppa lo sport nazionale, coordina e regola tutte le attività sportive ed infine
supervisiona e sviluppa tutte le organizzazioni sportive. E’ finanziato prevalentemente dai proventi
derivanti dai concorsi a pronostico relativi al gioco del calcio (Totocalcio e Totogol), nonché da
fondi pubblici, donazioni private, sottoscrizioni dei membri delle federazioni sportive e attraverso i
ricavi generati dagli eventi sportivi. La disciplina sportiva del gioco del calcio in Italia è regolata
dalla F.I.G.C., che costituisce l’associazione delle società, delle associazioni e degli altri organismi
ad essa affiliati che perseguono il fine di praticare il gioco del calcio in Italia. La Figc, nello
svolgimento delle proprie funzioni di carattere pubblicistico, emana e modifica le N.O.I.F.(Norme
Organizzative Interne della Federazione, di seguito Noif), che regolano l’organizzazione interna
della stessa, delle società sportive affiliate e che contengono, tra l’altro, le norme in tema di
ordinamento dei campionati e delle gare, tesseramento, disciplina dei calciatori, controlli sulla
gestione economico-finanziaria delle società professionistiche e delle Leghe, rapporti con le Leghe
e tra società e calciatori. Le funzioni della Federazione hanno un doppio indirizzo; poiché sono di
natura tecnica e di controllo gestionale. Quest'ultima tipologia è descritta nel Titolo II dello Statuto
Federale, agli articoli 12 e13. Per quanto concerne le funzioni tecniche la Figc: detta le regole del
gioco del calcio in aderenza alle norme della F.I.F.A.; disciplina il tesseramento dei calciatori,
tecnici, arbitri, dirigenti, e collaboratori incaricati della gestione sportiva; definisce l’ordinamento
dei campionati; assicura gli strumenti finanziari ed organizzativi necessari all’espletamento della
giustizia sportiva e della funzione arbitrale; è responsabile della squadra nazionale della quale fissa
gli incontri e gestisce i diritti televisivi e i contratti con gli sponsor. In base alle funzioni di
controllo la Figc disciplina, su delega del Coni, il riconoscimento e l’affiliazione delle singole
società ed associazioni sportive; stabilisce i criteri ed esercita il controllo della gestione
amministrativa delle società calcistiche professionistiche, avvalendosi, a questo scopo, della
Commissione di Vigilanza Società di Calcio (la CO.VI.SO.C., di seguito Covisoc).
9
L’art. 1 della Statuto tipo prevedeva la costituzione di una “Società per azioni denominata
S.p.A.”
10
società di calcio, come condizione per l’erogazione del mutuo sportivo, nonché
per la concessione di agevolazioni tributarie.
Infatti l’allora Ministero del Turismo e dello Spettacolo, con nota del 22
novembre 1966, condizionava l’erogazione di un mutuo ad interesse agevolato
diretto al risanamento delle società calcistiche, all’assunzione, da parte dei
sodalizi sportivi, della forma societaria
10
.
Le due sentenze furono emesse nel pieno rispetto dell’art. 10 della legge
istitutiva del C.o.n.i. (L. 426/42), che stabilisce che:”Le Società e le Sezioni
sportive debbono essere riconosciute dal Comitato Olimpico Nazionale Italiano e
dipendono disciplinarmente e tecnicamente dalle Federazioni sportive
competenti, le quali possono anche esercitare su di esse un controllo di natura
finanziaria”, e dell’art. 25 del Regolamento C.o.n.i che affermava che le società e
le associazioni sportive non devono avere scopo di lucro.
La costituzione dei sodalizi sportivi in società di capitali ha segnato una
vera svolta nel modo in cui sia gli operatori economici che gli ambienti giuridici
intrattenevano i loro rapporti con il mondo del calcio.
Il consolidarsi nel tempo di questi rapporti e la sempre maggiore frequenza
degli stessi ha permesso di portare alla luce una serie di problemi e di carenze
nella normativa in vigore alle quali si è cercato di porre rimedio con l’emanazione
della L. 23 marzo 1981, n.91.
Con l’introduzione di questa legge il legislatore entra nel vivo di una
materia troppo a lungo trascurata ed ha enunciato una serie di principi di ampia
portata, tra i quali prevale quello di stretta derivazione costituzionale, secondo cui
l’attività sportiva è libera seppur con gli ovvi limiti posti dalle norme sull’ordine e
sicurezza pubblica.
Uno dei capisaldi della legge è quello di stabilire i requisiti in base ai quali
discriminare l’attività sportiva in dilettantismo e professionismo, quest’ultimo
inteso come attività svolta dal singolo allo scopo di trarne un guadagno e di
regolamentare quindi i rapporti tra sportivi professionisti e società sportive, con
10
Tuttavia già prima del 1966 dei clubs si erano trasformati in S.p.A.: Il Torino Calcio nel 1959, il
Modena Football Club nel 1962, il Napoli Calcio nel 1964.
11
una particolare attenzione all’aspetto tributario. La legge n. 91/1981 si può cosi
sintetizzare
11
:
1. Sport professionistico: si definisce la figura dello sportivo
professionista e se ne regolano i rapporti con le società
2. Società sportive e federazioni sportive nazionali: si stabiliscono i
requisiti essenziali per la costituzione, il controllo della gestione e la liquidazione
delle società oltre a fissare le caratteristiche e le competenze delle Federazioni
3. Disposizioni di carattere tributario: la legge esamina la rilevanza ai fini
dell’imposizione e dell’imposta sul valore aggiunto dei contratti tra sodalizio ed
atleta e fissa modalità di applicazione “straordinarie” per l’operazione di
trasformazione delle associazioni in società di capitali.
4. Disposizioni transitorie e finali: assume particolare rilievo l’abolizione
del “vincolo sportivo”, ovvero dell’istituto che attribuiva ad una società sportiva il
diritto di utilizzazione esclusiva delle prestazioni di un giocatore.
Con questa legge trova definitiva soluzione anche il problema circa la
presenza di finalità lucrative in capo ai singoli azionisti di società di calcio . Infatti
il 2° comma della legge in esame stabiliva che :”l’atto costitutivo deve prevedere
che gli utili siano interamente reinvestiti nella società per il perseguimento
esclusivo dell’attività sportiva”.
Il legislatore aveva pertanto voluto delineare una società di capitali
svolgente sì attività diretta alla produzione di guadagni, ma con il limite di
impedirne la successiva distribuzione fra i soci; in sostanza aveva voluto vietare ai
club non le attività lucrative “oggettive” ma soltanto quelle “soggettive”, ossia
riguardanti i singoli azionisti. Il singolo socio non traeva dalla sua partecipazione
alcun beneficio di carattere economico, e quando questo vi fosse stato, non si
trattava di un interesse diretto, ma mediato e riflesso.
L’eventuale vantaggio economico del socio non derivava direttamente dalla
gestione dell’impresa comune, ma dal prestigio e dalla notorietà che conseguivano
alla partecipazione sociale e si trattava di benefici che non erano commisurati al
11
Cfr. M. Brunelli, G.Basile, G. Cazzulo, Op. Cit., 1997, pp.10-11
12
successo economico dell’iniziativa ma ai risultati dell’attività sportiva
12
.
Il fatto nuovo portato dalla legge fu anche quello dell’abolizione del
“vincolo sportivo”, le società, in altri termini avevano un’ampia capacità
discrezionale ed una indiscutibile posizione di forza nella gestione del contratto
del giocatore.
Questo monopolio sulle prestazioni degli atleti si manteneva anche dopo la
scadenza del contratto, imponendo quindi limitazioni alla libertà contrattuale e di
recesso del giocatore. In pratica il giocatore era costretto ad accettare la
destinazione decisa dal club.
La legge n.91/81 pone rimedio a questo istituto in palese contrasto con
alcuni diritti costituzionali, stabilendo nell’art. 16 che le limitazioni alla libertà
contrattuale dell’atleta professionista dovevano gradualmente essere eliminate
entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della legge.
Oltre al riconoscere al giocatore una propria autonomia e una propria
professionalità viene anche introdotto un nuovo tipo di contratto di lavoro
subordinato: quello del lavoratore sportivo, in base alla quale il calciatore
professionista è assimilato al lavoratore dipendente, con delle eccezioni
richiamate dall’art. 3 della suddetta legge. Ossia la prestazione dell’atleta diventa
di lavoro autonomo quando
13
:
- l’attività viene svolta nell’ambito di una singola manifestazione
sportiva o di più manifestazioni fra loro collegate in un breve periodo di tempo;
- la prestazione, pur avendo carattere continuativo, non deve superare
otto ore settimanali oppure cinque giorni ogni mese, oppure trenta giorni in un
anno.
Con l’abolizione del vincolo il legislatore ritenne necessaria l’adozione di
una forma di indennizzo
14
per tutelare il patrimonio dei club che si ritrovarono
improvvisamente con un potere contrattuale diminuito.
Questo onere patrimoniale, definito premio di addestramento e di
formazione tecnica, doveva essere ripartito sul periodo di durata del rapporto tra
12
Cfr. G. Falsanisi, E. F. Giangreco, Op. Cit., p. 22
13
Cfr. G. Basile, M. Brunelli, G. Cazzullo, Op. Cit, p. 19
14
Art. 6 commi 1,2,3 legge n. 91 del 1981
13
società ed atleta e rappresentava il costo dell’investimento della società nel
formare il proprio tesserato.
Nel caso di primo contratto l’indennità era dovuta alla società o
all’associazione sportiva presso la quale l’atleta aveva svolto la sua ultima attività
dilettantistica.
L’importo dell’indennità non poteva superare quello determinato in base a
parametri e coefficienti stabiliti in accordo tra la F.i.g.c. e le associazioni dei
calciatori.
Il quadro delineato dalla L. 91/81 con la sua anomalia della mancanza di
finalità lucrative soggettive e con l’abolizione del “vincolo sportivo” mutò
profondamente all’indomani della ormai famosa “Sentenza Bosman” del 15
dicembre 1995.
Il giocatore Jean Marc Bosman nell’agosto del 1990 citò per danni alla
Corte di Liegi il suo club (F.C. Liegi) e la Federazione calcistica belga (Urbsfa),
colpevoli, a suo giudizio, di aver impedito il suo trasferimento al club transalpino
del Durkenque.
In scadenza di contratto la società belga propose al giocatore il rinnovo ma
con una riduzione dello stipendio a un milione di lire lorde al mese. Bosman, che
non poteva essere soddisfatto dallo proposta ricevuta trovò allora un accordo con
il Durkenque ma le due squadre non riuscirono a conseguire una convergenza
economica sull’indennità da corrispondere per il passaggio dell’atleta, che si trovò
così costretto all’inattività per un’intera stagione visto il mancato accordo tra le
due società.
La Corte d’Appello di Liegi, con ordinanza 1° ottobre 1993
15
, chiedeva alla
Corte di Giustizia dell’Unione Europea di pronunciarsi in via pregiudiziale, ai
sensi dell’art. 177 del Trattato .C.E.E., sulla compatibilità con il medesimo
Trattato (sotto il profilo tanto della normativa antitrust quanto di quella sulla
libera circolazione dei lavoratori) dei regolamenti calcistici nazionali ed
internazionale in materia di indennità di trasferimento.
15
L’ordinanza della Corte è pubblicata in Riv. Dir. Sport., 1994, p.517
14
In particolare, la Corte di Appello invitava la Corte di Giustizia a stabilire se
gli articoli 48, 85 e 86 del Trattato di Roma del 25 marzo 1957 andavano
interpretati nel senso che vietavano:
- che una società calcistica possa pretendere e percepire il pagamento
di una somma di denaro allorché un giocatore già tesserato per la stessa società,
dopo la scadenza del contratto con essa stipulato, viene ingaggiato da una nuova
società calcistica
- che le associazioni o federazioni sportive, nazionali ed internazionali,
possano includere nei rispettivi regolamenti norme che limitano la partecipazione
di giocatori stranieri, cittadini dei paesi aderenti alla Comunità, alle competizioni
che organizzano.
La Corte di Giustizia, nella sentenza richiamata, ha stabilito che:
1. L’art. 48 del Trattato C.E.E. osta all’applicazione delle norme emanate
da federazioni sportive in forza delle quali un calciatore professionista, cittadino
di uno stato membro, alla scadenza del contratto che lo vincola ad una società può
essere ingaggiato da società di altro Stato membro solo se questa ha versato alla
società di provenienza un’indennità di trasferimento, formazione e promozione;
2. L’art. 48 del Trattato C.E.E. osta all’applicazione di norme emanate da
federazioni sportive in forza delle quali, nelle partite che esse organizzano, le
società calcistiche possono schierare solo un numero limitato di calciatori
professionisti cittadini di altri Stati membri;
3. L’effetto diretto dell’art. 48 del Trattato C.E.E. non può essere fatto
valere con riguardo a situazioni giuridiche già definite (nella fattispecie, a
sostegno di rivendicazioni relative a indennità di trasferimento, formazione e
promozione che, alla data di pubblicazione della sentenza, siano state già pagate o
siano ancora dovute in adempimento di un’obbligazione sorta prima della stessa
data, abbiano intentato azioni giudiziarie o esperito rimedi equivalenti ai sensi del
diritto nazionale vigente in materia)
In sostanza con questa sentenza, emessa dalla Corte di Giustizia delle
Comunità Europea nel dicembre del 1995 e recepita in Italia con il d. lgs. 20
settembre 1996 n.485, viene dichiarata illegittima l’indennità per i trasferimenti di
15
un giocatore giunto a fine contratto da uno stato membro dell’Unione Europea e
dello Spazio Economico Europeo ad un altro; viene inoltre giudicato illegale
stabilire qualsiasi limitazione riguardante il numero di stranieri comunitari da
schierare in campo nelle competizioni Europee
16
. Nel caso specifico c’è da
ricordare che il giocatore Bosman ha ricevuto nel 1998 un risarcimento di 16
milioni di franchi (770 milioni di lire).
17
Gli effetti della sentenza, oltre che in
campo sportivo, hanno comportato profonde innovazioni anche in quello
legislativo. L’abolizione della indennità di preparazione ha creato non pochi
problemi alle società che avevano proceduto alla iscrizione in bilancio degli
importi corrispondenti ai premi che pensavano di incassare. Venendo meno tale
premio le società hanno visto appesantirsi notevolmente i propri bilanci. Si è
dovuto quindi intervenire, in termini di legge, con un apposito provvedimento che
consentisse di mitigare gli effetti sopra descritti.
18
Così dopo un lungo iter il D.L. 485 del 20 settembre 1996, il c.d. Decreto
Spalmaperdite, è stato convertito, attraverso modifiche, con la legge 586 del 18
novembre 1996. Si è provveduto in tal modo ad introdurre tre nuovi commi
all’art. 16 della L.91/81:
1. Le società sportive previste dalla presente legge possono iscrivere
nel proprio bilancio tra le componenti attive, in apposito conto, un importo
massimo pari al valore dell’indennità di preparazione e promozione maturate alla
data del 30 giugno 1996, in base ad una apposita certificazione rilasciata dalla
Federazione sportiva competente conforme alla normativa in vigore;
2. Le società che si avvalgono della facoltà di cui al comma
precedente debbono procedere ad ogni effetto all’ammortamento del valore
iscritto entro tre anni a decorrere dalla data del 15 maggio 1996, fermo restando
l’obbligo del controllo da parte di ciascuna Federazione Sportiva, ai sensi dell’art.
12;
16
Per quanto riguarda gli extra-comunitari le regole, in Italia, sono cambiate più volte. Nel corso
del campionato 2000-2001 è stato abolita anche la norma che prevedeva l’utilizzo in campo di al
massimo tre extracomunitari, mentre nel mese di luglio del 2002 la FIGC ha fatto un passo
indietro proibendo dal 1 settembre dello stesso anno di acquistare extra-comunitari
17
. Il Sole-24 Ore, 23 dicembre 1998
18
Cfr. G. Falsanisi, E. F. Giangreco, Op. Cit., p.25
16
3. Le società appartenenti a Federazioni Sportive che abbiano
introdotto nei rispettivi ordinamenti il settore professionistico in epoca successiva
alla data di entrata in vigore della presente legge, oltre che avvalersi della facoltà
prevista dal 2° comma, possono altresì provvedere ad un ammortamento delle
immobilizzazioni, iscritte in sede di trasformazione o di prima applicazione del
vincolo di cui al primo comma, entro un periodo non superiore a tre anni, a
decorrere dalla data del 15 maggio 1996.
La legge 586/96 introduce un’altra importante novità: fa ufficialmente
confluire le società sportive nell’alveo delle società di capitali consentendogli, in
ottemperanza al disposto dell’art. 2247 del c.c., di perseguire finalità lucrative
soggettive. Ricordiamo che l’art. 10, 2° comma, della L. 91/81 aveva delineato
una figura alquanto anomala nel panorama del diritto, prevedendo che l’atto
costitutivo deve prevedere che gli utili siano interamente reinvestiti nella società
per il perseguimento esclusivo dell’attività sportiva.
Questo comma è stato modificato dalla legge del 1996
19
con la disposizione
seguente: “L’atto costitutivo deve prevedere che una quota parte degli utili, non
inferiore al 10%, sia destinata a scuole giovanili di addestramento e formazione
tecnico-sportiva”.
Lo scopo di lucro sancisce il passaggio del mondo del calcio
professionistico ad un sistema “business oriented”. Tanto più che la legge
n.586/96 amplia l’oggetto sociale delle società affermando che: l’atto costitutivo
deve prevedere che la società possa svolgere attività sportive ed attività ad esse
connesse o strumentali
20
. Di fatto viene dato il via libera alla differenziazione
delle diverse fonti di guadagno.
Le conseguenze dell’introduzione dello scopo di lucro possono essere
suddivise in:
21
- conseguenze dirette: implicano la necessità di remunerare il capitale
investito sottendendo l’individuazione di politiche d’impresa volte a fronteggiare i
19
Anche se la stesura iniziale prevedeva la soppressione totale del 2° comma dell’art. 10
20
Cfr. G. Falsanisi, E. F. Giangreco, Op. Cit, p. 29
21
Cfr. M. Baghero, S. Per fumo, F. Ravano, Op. Cit., p.100
17
costi, a mantenere l’equilibrio finanziario, a garantire la solidità patrimoniale della
società nel medio-lungo periodo.
- conseguenze indirette: impongono al club sportivo di aziendalizzarsi
anche attraverso un rinnovamento manageriale in grado sia di valorizzare le
diverse funzioni d’impresa, sia di sfruttare tutte le aree strategiche d’affari della
società. In un simile processo di cambiamento il ruolo del management quale
portatore di valori aziendali e sportivi diviene di fondamentale importanza
fungendo da garante della redditività. Possiamo ora riassumere l’evoluzione
legislativa dagli anni ’60 ad oggi con la seguente tabella
22
:
Tab.1 L’evoluzione legislativa dagli anni ’60 ad oggi:
1960-1981
1981-1996
1996-2003
Norme di
riferimento
Statuto delle
federazioni
sportive
23 marzo 1981, numero 81
18 novembre 1996, numero
586
Forma del club Associazione S.p.A. o S.r.l. atipica S.p.A. o S.r.l.
Scopo del club Sportivo e ludico
Non lucrativo: gli utili vanno
reinvestiti per il proseguimento
dell’attività
Divisione degli utili:il 10% va
destinato ad una formazione
tecnico-sportiva
Dimensione
economica
del settore
Limitata
Progressivamente
maggiore
Estesa ed integrata con altri
settori di mercato
Orientamento del
club al mercato
Social Oriented No profit Oriented Business Oriented
Interessi
economici da
tutelare
Poco rilevanti
Progressivamente
maggiori
Indispensabile un controllo
pubblico ed un’adeguata
tutela dei terzi
Organizzazione
del club
Inesistente:
mecenatismo
puro
Elementare:gestione orientata al
risultato sportivo
Complessa:struttura a matrice,
necessità di integrare e
conciliare lo sport col
business
22
Fonte: A.A.V.V., “Per Sport e per business: è tutto parte del gioco”, 1999.
18
1.3 Le ragioni di un investimento
E’ a questo punto comprensibile chiedersi perché mai imprenditori di
successo e grandi gruppi aziendali investano ingenti somme di denaro nel mondo
del calcio.
E’ utile tentare di analizzare quali possono essere le ragioni che spingono un
soggetto ad investire capitali che, difficilmente, potranno avere una remunerazioni
in termini economici,visto che i bilanci delle società calcistiche sono lontanissimi
dall’essere in attivo.
Sotto il profilo puramente economico, tenendo conto delle finalità lucrative
di un investitore, sembra incomprensibile la scelta di dirottare denaro in attività
economiche non in grado di produrre reddito.
Questo aspetto assume più rilevanza se si considera il fatto che i club italiani
sono società con fine di lucro soltanto dal 1996 e prima di questa data, oltre ad
essere praticamente incapaci di generare profitto, erano impossibilitate a farlo
sotto il profilo legislativo.
Il calcio, d’altro canto, nel nostro paese ha un’importanza sociale senza
uguali:
analizziamo la situazione nel nostro paese: oltre 36 milioni di italiani, cioè
più del 60% della popolazione, si dichiarano tifosi di calcio
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. Più della metà di
questi assiste, anche solo raramente, a eventi calcistici dal vivo, i programmi con
il più alto numero
di telespettatori sono, ogni anno, partite di calcio della Nazionale o finali di
Coppe europee, eventi in grado di superare in termini di audience anche le serate
“Sanremesi”.
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Fonte: Cirm Eurotop