CAPITOLO I
8
A tale definizione manca, peraltro, un elemento fondamentale, ossia il
raccordo fra il concetto di potere di mercato e le fattispecie che lo realizzano;
non si giunge, cioè, ad una precisa enunciazione delle operazioni che possono
configurare un acquisto di una quota di mercato da qualificarsi come una con-
centrazione d’imprese.
Questo è il fattore che spiega le difficoltà che vi sono state, e che ancor
oggi si avvertono, nel definire il fenomeno delle concentrazioni da un punto
di vista giuridico. Parte della dottrina ha in ogni modo definito tali operazioni
come
“le fattispecie che vedono un soggetto, un’impresa, un gruppo societa-
rio, acquisire il controllo di altre imprese o gruppi, facendone così venir me-
no l’autonomia economica e l’indipendenza della direzione imprenditoria-
le”
2
.
Tuttavia c’è dell’altro: una concentrazione non si realizza, come si in-
tuisce supra, solo in seguito a fusioni o acquisizioni che fanno diminuire il
numero di imprese sul mercato. A ben vedere, si può realizzare una concen-
trazione anche attraverso la costituzione di un’impresa comune o tramite una
scissione
3
, che di fatto aumentano il numero di imprese presenti sul mercato,
ovvero con la cessione di un ramo aziendale, ed in questo caso il numero di
imprese operanti non subisce variazioni.
2
E. Moavero Milanesi , Antitrust e concentrazioni fra imprese nel diritto comunitario, in Rivista del-
le società – Monografie, n. 16, Milano, Giuffrè, 1992, pag. 34.
3
Le scissioni possono dar luogo a concentrazioni allorquando un socio non di maggioranza della so-
cietà iniziale acquisisce il controllo di diritto su una delle società risultanti dalla scissione.
CAPITOLO I
9
Qualora, tuttavia, si voglia identificare una fattispecie concentrativa, è
bene spostare l’attenzione verso l’aspetto qualitativo piuttosto che su quello
quantitativo; poco importa, infatti, quante imprese restino sul mercato, ciò che
rileva è il controllo, ossia il governo esercitato da un qualsiasi soggetto eco-
nomico-giuridico, nei confronti della direzione imprenditoriale e finanziaria
di un’altra impresa o gruppo di imprese.
1.1. Le fattispecie che realizzano una concentrazione
Sul modo con cui tale controllo può essere acquisito, si è giunti ad
un’eterogenea e vasta esemplificazione. In primo luogo, come accennato, vi è
l’istituto della fusione, da realizzarsi attraverso incorporazione ovvero costi-
tuzione di una nuova impresa (eventualmente una società holding); nel primo
caso si parla di fusione per incorporazione, che di fatto vede l’incorporante
mantenere la propria identità, nel secondo caso avviene, invece, una fusione in
senso proprio, ed allora le due società cesseranno di essere due soggetti eco-
nomici distinti dando vita ad un’entità di nuova costituzione. Vi è un altro
modo in cui una fusione può essere realizzata: si tratta della c.d. fusione eco-
nomica. Con questo termine si vogliono descrivere gli accordi fra due o più
imprese che, pur mantenendo inalterate le strutture giuridiche delle stesse,
permettono di realizzare una gestione economica comune a carattere perma-
nente. A questo proposito la Commissione ha osservato che:
“Si può avere concentrazione (…) anche quando, senza che avvenga
una fusione sotto il profilo giuridico, le attività di due imprese precedente-
mente indipendenti vengono combinate in modo tale da dar luogo ad
un’unica entità economica. Ciò può verificarsi, in particolare, quando due o
più imprese, pur mantenendo la loro autonomia in quanto persone giuridiche,
instaurano contrattualmente una gestione economica comune. Se si ha
CAPITOLO I
10
un’unione di fatto delle imprese in una vera e propria unità economica comu-
ne, l’operazione è considerata una concentrazione. Una condizione impre-
scindibile per il riconoscimento della sussistenza di un’unità economica co-
mune è rappresentata dall’esistenza di una gestione economica unitaria per-
manente. Altri fattori rilevanti possono comprendere la compensazione inter-
na di profitti e perdite tra le diverse imprese del gruppo e l’assunzione di ob-
bligazioni solidali nei confronti di terzi. L’unione di fatto può essere rafforza-
ta da partecipazioni incrociate fra le imprese che costituiscono l’unità eco-
nomica.”
4
Anche le scissioni per incorporazione sono assimilabili alle fusioni, in
quanto di fatto realizzano una parziale unificazione di due imprese, a patto pe-
rò che il controllo della società incorporante non passi al soggetto che già de-
teneva il controllo dell’impresa scissa.
Altri sistemi utilizzati per acquisire il controllo di un’impresa si posso-
no ravvisare nei conferimenti di incarichi di gestione, che sostanzialmente as-
segnano alcune figure chiave, come ad esempio il menagement, a capo di due
o più imprese giuridicamente indipendenti, ovvero negli acquisti di una parte-
cipazione finanziaria. Per ciò che riguarda quest’ultima fattispecie, è bene o-
perare alcune distinzioni. Anzitutto, vi è una netta differenza fra il controllo
inteso in senso civilistico ed il termine controllo utilizzato nella terminologia
antitrust; sotto il primo aspetto, il controllo si intende acquisito qualora un
soggetto possa esercitare un governo nei confronti dell’assemblea di una so-
cietà; nel secondo caso, il diritto antitrust riconosce l’esistenza di un controllo
allorquando un soggetto sia semplicemente in grado di determinare, in modo
stabile e duraturo, la direzione economico-finanziaria di un’impresa. Sotto
quest’ultimo aspetto, si distingue ancora il controllo esclusivo, qualora un
soggetto acquisti la maggioranza del capitale sociale e dei diritti di voto di
4
Comunicazione della Commissione sulla nozione di concentrazione a norma del Regolamento
(CEE) 4064/89, in GUCE, C66 del 02.03.1998, § 7.
CAPITOLO I
11
una società
5
, dal controllo congiunto, acquistato in comune da due o più im-
prese che ne esercitano i diritti in modo congiunto, ciascuna avente diritto di
veto sulle decisioni prese.
6
Come accennato supra, si ha acquisto di controllo anche nel caso di
acquisizione di un ramo aziendale di un’impresa, ovvero attraverso diritti di
godimento sul patrimonio di una società o parte di essa, o ancora in caso di
acquisto di marchi e brevetti, purché tali fattori possano garantire
un’influenza sulle diverse attività dell’impresa; in questo caso si è soliti parla-
re di controllo oggettivo.
La costituzione d’impresa comune
7
(c.d. joint venture concentrativa) è
l’ultima importante fattispecie capace di realizzare una concentrazione. Essa
occorre quando due società, giuridicamente distinte, procedono alla costitu-
zione di una nuova società, della quale ne esercitano il controllo congiunto,
ma che esercita tutte le funzioni di un’entità economica autonoma (c.d. impre-
sa full-function). Quest’ultimo punto è essenziale perché si realizzi tale fatti-
specie. Di questo avviso la Commissione, la quale ha rilevato che:
5
In questo senso è irrilevante se la partecipazione acquisita sia appena del 50% o della totalità del
capitale sociale, anzi, è possibile che il controllo si esercitato attraverso una partecipazione di mino-
ranza qualificata, che permetta all’azionista di esercitare un controllo di fatto sulla società, per via
della dispersione degli altri piccoli azionisti ovvero per l’attribuzione di diritti specifici alla minoran-
za stessa, ecc.
6
Non è detto che le partecipazioni debbano essere identiche, può anche essere che il controllo con-
giunto derivi da patti parasociali o da clausole societarie che conferiscano lo stesso peso al diritto di
voto delle imprese controllanti. Inoltre, il diritto di veto non deve riguardare necessariamente tutte le
decisioni prese dalla società; è sufficiente che questo si realizzi nelle decisioni che determinano
l’indirizzo strategico di essa.
7
Sulla nozione di impresa comune e sulla posizione della Commissione a questo riguardo cfr. V. M.
Leone, Recenti misure della Commissione in materia di controllo sulle concentrazioni, in Contratto e
Impresa – Europa, 1996, pag. 337; F. Sciandone, Il Regolamento comunitario sulle concentrazioni:
le recenti modifiche e le comunicazioni interpretative della Commissione, in Contratto e Impresa –
Europa, 1998, pag. 629; F. Stella, Il Regolamento (CE) N. 1310/97 del Consiglio che modifica il Re-
golamento (CEE) N. 4064/89 relativo al controllo delle concentrazioni tra imprese: un primo com-
mento, in Diritto del commercio internazionale, 1998, pag. 543.
CAPITOLO I
12
“Ciò significa essenzialmente che l’impresa comune deve operare sul
mercato esercitando le funzioni normalmente svolte dalle altre imprese attive
sul medesimo mercato. A tal fine l’impresa comune deve disporre di una dire-
zione che si occupi della gestione quotidiana degli affari e di risorse suffi-
cienti, in termini tra l’altro, di mezzi finanziari, di personale e di attività (ma-
teriali ed immateriali) al fine di esercitare durevolmente la sua attività eco-
nomica nell’ambito della sua autonomia operativa quale indicata negli ac-
cordi costitutivi (…). Inoltre l’impresa comune deve essere costituita con
l’intenzione di mantenerla durevolmente in attività (…); si considera che
l’impresa comune non sia destinata ad operare durevolmente quando viene
costituita per una durata determinata assai breve. Questa fattispecie si confi-
gura, per esempio, quando l’impresa comune è costituita per portare a termi-
ne un progetto specifico, quale la costruzione di una centrale elettrica, ma
non è destinata a partecipare all’esercizio della centrale elettrica una volta
terminata la costruzione.”
8
Non si realizza, quindi, un’impresa comune qualora essa svolga solo
alcune funzioni specifiche relative alle imprese fondatrici, quali lo svolgimen-
to di attività di R&S, di produzione, di vendita o di distribuzione, ovvero qua-
lora non eserciti la propria attività in modo stabile nel tempo. Accanto a tale
condizione (c.d. condizione positiva), ve n’è un’altra essenziale (c.d. condi-
zione negativa). Questa riguarda la natura dei rapporti fra l’impresa comune e
le imprese fondatrici; perché sia riconosciuta come tale, infatti, l’impresa co-
mune non deve avere ad oggetto o per effetto il coordinamento del compor-
tamento concorrenziale tra le imprese fondatrici o tra queste e l’impresa co-
mune. Nel caso queste condizioni non vengano realizzate, non si potrà parlare
8
Comunicazione della Commissione relativa alla nozione di imprese comuni che esercitano stabil-
mente tutte le funzioni di un’entità economica autonoma, in GUCE C66/1998.
CAPITOLO I
13
di impresa comune, bensì di mera intesa, e come tale ricadente, eventualmen-
te, nell’ambito di applicazione dell’art. 85 del Trattato (CEE)
9
In quest’ultimo caso si avverte la delicata questione consistente nel di-
stinguere gli accordi che configurano una vera e propria operazione di con-
centrazione, da quelli attinenti alla categoria delle intese, sia dal punto di vista
degli effetti anticompetitivi che per quanto riguarda gli atti giuridici necessari
per porli in essere. Su questo punto è interessante notare quanto dichiarato
dalla Commissione in un Memorandum del 1965
10
:
“Mentre un’intesa può essere definita come un accordo tra imprese
che conservano la loro autonomia, in vista di un determinato comportamento
sul mercato, si parla di concentrazione quando più imprese rinunciano
all’indipendenza economica e vengono raggruppate in maniera durevole sot-
to un’unica direzione economica. Laddove l’intesa ha per effetto di imporre
un comportamento, la concentrazione implica una modificazione della strut-
tura interna delle imprese.”
Secondo la Commissione, dunque, la differenza fra concentrazioni e
intese è da ricercarsi nelle modalità con cui esse si esplicano. In sostanza si
percepisce una concentrazione come un’operazione di preminente impatto
strutturale, destinato ad assumere connotati stabili e profondi nel tempo
nell’ambito della struttura aziendale delle imprese parti; per ciò che attiene le
intese, invece, esse comportano un mero accordo, peraltro di natura tempora-
nea, fra imprese che restano autonome nella loro struttura.
9
Va rilevato, peraltro, che il Regolamento 1310/97 ha sottoposto sotto il controllo delle concentra-
zioni anche le c.d. joint venture cooperative, ossia le imprese comuni che svolgono tutte le funzioni
di un’entità economica indipendente ma che abbiano ad oggetto o per effetto il coordinamento del
comportamento concorrenziale di imprese che restano indipendenti. Tali fattispecie sono scrutinate
sotto un duplice test: il test della dominance di cui l’art. 2.1. del Regolamento, che riguarda le rela-
zioni fra l’impresa comune e ciascuna delle case madri, e il test dell’intesa di cui all’art. 2.4 del Rego-
lamento, che investe per contro le relazioni tra imprese madri della joint venture.
10
Il problema delle concentrazioni nel Mercato comune, Collana Studi, serie Concorrenza, n.3,
Bruxelles, 1965, parte III, par. A, pag. 1200.
CAPITOLO I
14
Per quanto riguarda gli effetti anticompetitivi che le due fattispecie
possono spiegare sul mercato di riferimento, è unanimemente sostenuto che le
intese portano quasi sempre ad una diminuzione del benessere sociale; le con-
centrazioni, al contrario, portano ad una riduzione della concorrenza solo qua-
lora comportino la creazione o il rafforzamento di una posizione dominante,
in tutti gli altri casi esse garantiscono benefici al mercato e, più in generale, al
benessere collettivo
11
.
11
Sull’argomento vedi F. Denozza, Antitrust, leggi antimonopolistiche e tutela dei consumatori nella
CEE e negli USA, Il Mulino, Bologna, 1988, pag. 67.
CAPITOLO I
15
1.2. La nozione adottata dal legislatore comunitario
Sulla scorta delle esperienze legislative già adottate dalle Autorità dei
principali Paesi sviluppati, anche il legislatore europeo si è astenuto dal forni-
re una definizione analitica di concentrazione. Il Regolamento n. 4064/89
12
sulle concentrazioni si limita, infatti, ad enucleare una serie di fattispecie che
realizzano un’operazione concentrativa e come tali rientranti nell’ambito ap-
plicativo della disciplina.
Ai sensi dell’articolo 3 del Regolamento, si ha un’operazione concen-
trativa in tre casi. Il primo sussiste quando si pone in essere una fusione tra
imprese indipendenti; il secondo quando una o più persone che controllano
una o più imprese acquisiscono “…direttamente o indirettamente, sia tramite
acquisto di partecipazioni nel capitale o di elementi nel patrimonio, sia trami-
te contratto o qualsiasi altro mezzo il controllo dell’insieme o di parti di una
o più altre imprese”; infine sono considerate operazioni di concentrazioni an-
che le costituzioni di imprese comuni, qualora esercitino stabilmente tutte le
funzioni di un’entità economica autonoma (in caso contrario si configurereb-
be una mera intesa).
La Commissione non ha mancato, in seguito, di precisare e di sviluppa-
re i concetti contenuti nell’articolo 3 del Regolamento, anche con l’ausilio di
un’esauriente Comunicazione ad hoc
13
; ciò che appare, tuttavia, subito rile-
vante è l’accento che anche in questo caso è posto sul concetto di controllo.
Ed al concetto di controllo è dedicato un paragrafo dell’articolo 3, precisa-
mente il III, al quale è affidato il compito di elencare i
12
Regolamento (CEE) n. 4064/89 del Consiglio del 21 dicembre 1989 relativo al controllo delle ope-
razioni di concentrazione tra imprese, in GUCE n. L. 395 del 30.12.1989; versione rettificata in
GUCE n. L. 257 del 21.09.1990
13
“Comunicazione della Commissione sul concetto di concentrazione a norma del Regolamento
(CEE) n. 4064/89”, cit.; si tratta di una Comunicazione volta ad “…illustrare il modo in cui la Com-
missione interpreta il concetto di concentrazione ai sensi dell’articolo 3 del Regolamento
4064/89…”.
CAPITOLO I
16
“…diritti, contratti o altri mezzi…” che lo pongono in essere, qualora
però questi permettano “…di esercitare un’influenza determinante
sull’attività di un’impresa…”
14
.
Basilare risulta, senza dubbio, il termine determinante, inteso come
qualifica essenziale che un’influenza deve possedere per potersi configurare
un reale controllo, e di conseguenza un’operazione concentrativa. Come rile-
vato da alcuni
15
, ciò permette di tracciare una demarcazione tra un’influenza
determinante, ricadente nell’ambito del Regolamento, ed una mera influenza,
che, a certe condizioni, permette invece l’applicazione della disciplina relativa
alle intese.
Nel 5° paragrafo dell’articolo 3 sono contenute, infine, alcune eccezio-
ni alla generale nozione di concentrazione; si tratta di alcune situazioni in cui
delle operazioni prettamente finanziarie, benché configurino un’acquisizione
di controllo, in realtà non implicano un danneggiamento delle relazioni com-
petitive delle imprese protagoniste. I casi elencati riguardano essenzialmente
l’acquisto del controllo di un’impresa in seguito ad un mandato autoritativo
che dipenda dalle leggi in materia di procedure fallimentari, e l’acquisto di
partecipazioni nel capitale di un’impresa da parte di istituti di credito, di assi-
curazione ovvero di società finanziarie, qualora non esercitino i relativi diritti
di voto (tali diritti possono tuttavia esercitarsi, nel caso degli istituti di credito,
ai fini della vendita della partecipazione entro un anno, mentre per le società
finanziarie allo scopo di “…salvaguardare il pieno valore di tali inve-
stimenti…”).
14
“Trattasi in particolare di:
a) Diritti di proprietà o di godimento sulla totalità o su parti del patrimonio di un’impresa;
b) diritti o contratti che conferiscono un’influenza determinante sulla composizione, sulle
deliberazioni o sulle decisioni degli organi di un’impresa.” (Regolamento n. 4064/89, cit.,
art.3, § 3)
15
Cfr. Milanesi, op. citata, pag. 382
CAPITOLO I
17
Queste eccezioni accolgono e confermano la tesi per cui, perché si ab-
bia una genuina concentrazione, occorre una “…modifica duratura della strut-
tura delle imprese partecipanti…”, così come anticipato dai considerando del
Regolamento.
È da rilevare che la nozione di concentrazione recepita dalla disciplina
comunitaria deve interpretarsi nella sua più ampia portata; seguendo la tradi-
zionale ripartizione, che generalmente è recepita dalla dottrina, sono pertanto,
da includersi tanto le concentrazioni orizzontali (che saranno l’oggetto di que-
sta trattazione), quanto quelle verticali e conglomerali. Le prime sono quelle
poste in essere tra imprese che operano al medesimo livello del processo pro-
duttivo e distributivo di beni e servizi. Le seconde sono realizzate tra aziende
attive a diversi livelli di detto processo. Le terze, infine, ricorrono qualora più
imprese né legate né eterogenee rispetto alla loro attività vengono poste sotto
un unico controllo; il solo elemento in comune sarà pertanto il mercato geo-
grafico di appartenenza.
CAPITOLO I
18
2. La prassi della Commissione e la giurisprudenza prima del
Regolamento
Il complesso iter che ha portato all’adozione del Regolamento 4064/89
corrisponde ad un altrettanto travagliata evoluzione del pensiero politico,
economico e giuridico che ha ispirato il dibattito all’interno ed all’esterno
delle istituzioni comunitarie fin dalla loro costituzione
16
. I motivi di una così
lunga attesa per l’applicazione di una normativa di controllo sulle
concentrazioni sono, infatti, da ricercare nelle esigenze e negli obiettivi che
via via hanno caratterizzato l’Europa degli ultimi quarant’anni.
Nel 1957, anno della stipulazione del Trattato di Roma istitutivo della
Comunità Economica Europea, la realtà dei mercati comunitari era ben diver-
sa da quella odierna; il quasi inesistente grado di concentrazione fra le impre-
se europee era, anzi, visto come un problema da risolvere, per fronteggiare la
concorrenza delle grosse corporations americane e giapponesi. A ciò si ag-
giunga che lo spirito del Trattato voleva essere quello di creare una reale in-
tegrazione all’interno del neonato mercato comune. Queste motivazioni, oltre
al fatto che nessuno degli Stati membri contemplava al suo interno una disci-
plina sul controllo delle concentrazioni, spiegano le ragioni che hanno spinto i
redattori del Trattato a considerare superfluo qualsiasi riferimento al pro-
blema delle concentrazioni, dedicando, al contrario, ampio spazio al fenome-
no delle intese e all’abuso di posizione dominante
17
. Tuttavia, dagli anni ses-
santa il grado di concentrazione dei mercati europei ha iniziato ad aumentare
rapidamente.
16
Per una più ampia trattazione, vedi Toffoletto, Le concentrazioni nel diritto comunitario antitrust,
in Giurisprudenza commerciale, n. 3, 1990, pag. 449.
17
Rispettivamente all’art. 85 per le intese e all’art. 86 per l’abuso di posizione dominante, rinumerati
in 81 e 82.
CAPITOLO I
19
Come è logico immaginarsi, trent’anni di vuoto normativo in tal senso
hanno concesso spazio ad un ampio dibattito sulla possibilità di applicare ora
l’articolo 85, ora l’articolo 86, al fenomeno delle concentrazioni, dibattito in
cui, il 1° dicembre 1965, si è inserita la stessa Commissione Europea ema-
nando un Memorandum
18
sul problema, in cui venivano illustrate le linee gui-
da e un’interessante prima definizione di ciò che essa considerava
un’operazione di concentrazione. In tale documento la Commissione afferma-
va infatti che:
“…le più importanti forme di concentrazione di imprese sono: la par-
tecipazione di società in altre società, l’acquisto totale o parziale dell’attivo
di altre imprese e la fusione di due o più società giuridicamente indipendenti
in una società nuova. In genere, il processo di concentrazione si presenta sot-
to forma di acquisto di proprietà o, per esempio in caso di fusione, sotto for-
ma di modificazione dei rapporti di proprietà delle imprese”
19
.
Si tratta, peraltro, di un documento nel quale la Commissione manife-
stava un notevole favor nei confronti delle operazioni di concentrazione, af-
fermando di conseguenza la sostanziale inapplicabilità dell’articolo 85 a tali
operazioni, poiché, essa più volte precisava, si tratta di fattispecie che godono
di una diversa (e ben più positiva) considerazione rispetto alle intese, poiché
se da un lato le prime sono quasi sempre contrarie all’interesse generale, le
seconde
“…sono invece vietate solo eccezionalmente quando, nei singoli casi,
esse superano i limiti tollerabili della potenza economica…”
20
.
18
Il problema delle concentrazioni nel Mercato comune, cit.
19
Ibidem
20
Ibidem
CAPITOLO I
20
Un ulteriore aspetto di inadeguatezza dell’art. 85 considerato dal Me-
morandum riguardava la sua incapacità di colpire tutte quelle operazioni nelle
quali, in certi casi, mancasse il presupposto essenziale della norma, ossia
l’accordo di due o più imprese; è questo il caso delle scalate in borsa, dei
take-overs ostili e anche degli scambi di pacchetti azionari fra persone fisiche
non imprenditori. Il problema delle joint ventures non veniva risolto, giacché
la Commissione si riservava la facoltà di verificare caso per caso se la perma-
nenza delle imprese madri comportasse o no una situazione tale da determina-
re l’applicazione dell’articolo 85. L’articolo 86 veniva invece ritenuto, in li-
nea di massima, suscettibile di applicazione alle fattispecie concentrative po-
ste in essere da imprese in posizione dominante, idonee ad eliminare comple-
tamente la concorrenza.