2
dalla dottrina, dai rappresentanti degli Stati membri, attuali e futuri, dalle
istituzioni dell’Unione, dagli enti locali e dalle parti sociali.
La Convenzione Europea, un forum ad hoc istituito dalla
Dichiarazione di Laeken e composto dai principali partecipanti al
dibattito sul futuro dell’Unione europea, si è posta l’ambizioso obiettivo
di delineare una disciplina generale della ripartizione delle competenze
che rappresenti una sintesi di compromesso delle molteplici e spesso
contrastanti istanze, che superi le problematiche del sistema vigente, e
che si presenti chiara, comprensibile e trasparente alla lettura da parte del
cittadino europeo.
Il risultato di oltre un anno di intenso lavoro della Convenzione è
sfociato nella redazione del progetto di Trattato costituzionale –
consegnato il 18 luglio 2003 alla Presidenza italiana del Consiglio
europeo – che dedica un intero Titolo alla materia delle competenze. Alla
descrizione e valutazione dei risultati raggiunti, in relazione alle finalità
perseguite, è dedicata l’ultima parte del presente lavoro.
3
PARTE I
L’Europa da Roma a Nizza
4
CAPITOLO PRIMO
Sintesi dell’evoluzione del sistema
di ripartizione delle competenze
1. Il sistema delle competenze comunitarie sino al
Trattato di Maastricht.
Al pari delle organizzazioni internazionali, le Comunità europee
godono soltanto di una competenza di attribuzione, non essendo
organismi a finalità universali
2
. Come le organizzazioni internazionali, le
Comunità devono agire nei limiti di quanto previsto dai rispettivi statuti
3
.
Il principio delle competenze di attribuzione è espressione del
carattere speciale delle organizzazioni internazionali che, a differenza
degli Stati, sono soggetti derivati che ricevono la loro competenza
proprio dalla volontà degli Stati medesimi che le hanno istituite
4
.
Le Comunità europee vanno però al di là del modello tradizionale
di organizzazione internazionale
5
, assumendo caratteri di
2
Cfr. ANTONIO TIZZANO, Competenze della Comunità, in COMMISSIONE DELLE
COMUNITA EUROPEE, a cura di, Trent’anni di diritto comunitario, Lussemburgo,
Ufficio delle pubblicazioni ufficiali delle Comunità europee, 1983, p. 45.
3
Cfr. ANTONIO TIZZANO, L’evoluzione delle competenze comunitarie, in
CLAUDIO ZANGHI, a cura di, Messina – Europa 40 anni dopo, Torino, Giappichielli,
1995, p. 152.
4
Cfr. PHILIPPE LEGER, a cura di, Commentaire article par article des traités UE et
CE, Bâle, Genève, Munich, Helbing & Lichtenhahn, 1999, p. 172.
5
Cfr. GIUSEPPE TESAURO, Diritto Comunitario, Padova, Cedam, 2001, 2a ed., pp.
74 ss.
5
“sopranazionalità”
6
: la natura giuridica delle Comunità è caratterizzata
da una riduzione progressiva, nelle materie di competenza comunitaria e
nei settori strettamente collegati, delle sovranità statali che ha portato, ai
fini della realizzazione di una più piena integrazione, ad un crescente
passaggio di competenze dagli organismi nazionali a quelli
sopranazionali. Le Comunità europee presentano elementi che, come
rileva la dottrina
7
, non si riscontrano in alcun’altra organizzazione
internazionale, quali, ad esempio, la prevalenza del diritto comunitario
sul diritto interno degli Stati membri
8
, gli ampi poteri decisionali
attribuiti agli organi comunitari, la loro sostituzione agli Stati membri
nella disciplina di molti rapporti puramente interni a questi ultimi e
l’esistenza di una Corte di Giustizia che ha il compito di controllare la
conformità dei comportamenti degli organi comunitari e degli Stati
membri ai Trattati istitutivi
9
. Il diritto comunitario si presenta, pertanto,
come tertium genus che si colloca tra diritto interno degli Stati membri e
diritto internazionale
10
.
I Trattati istitutivi delle tre Comunità europee (CEE, CEEA e
CECA) non contengono una specifica indicazione di carattere generale
relativa alla ripartizione delle competenze tra Comunità e Stati membri,
così come invece accade generalmente, per operare un paragone, negli
Stati federali, quali l’Austria, la Germania, gli Stati Uniti, la Svizzera e il
Canada.
La tecnica utilizzata nella redazione del Trattato risulta più
complessa, in quanto le competenze comunitarie sono definite in base
6
Cfr. LUCIA SERENA ROSSI, a cura di, Carta dei diritti fondamentali e Costituzione
dell’Unione europea, Milano, Giuffré, 2002, pp. 252.
7
BENEDETTO CONFORTI, Diritto internazionale, Napoli, Editoriale Scientifica,
1997, 5a ed., p. 160.
8
IBIDEM. L’autore sottolinea che la prevalenza del diritto comunitario sul diritto
interno degli Stati membri costituisce un principio proprio del vincolo federale. Cfr.
LUCIA SERENA ROSSI, a cura di, Carta dei diritti fondamentali, op. cit., pp. 258, la
quale rileva come l’ordinamento comunitario costituisce il risultato della fusione di
principi di diritto internazionale, costituzionale e amministrativo, di Common Law e
Civil Law, nonché di principi elaborati dalla Corte di Giustizia.
9
Per un approfondimento delle peculiarità dell’ordinamento comunitario cfr.
GIUSEPPE TESAURO, Diritto comunitario, op. cit., pp. 73 ss., nonché LUCIA
SERENA ROSSI, a cura di, Carta dei diritti fondamentali, op. cit., pp. 251 ss.
10
Cfr. GIAN PIERO ORSELLO, Ordinamento comunitario e Unione europea, Milano,
Giuffré, 2001, 5a ed., p. 573.
6
alle materie che assumono rilievo, alle azioni che le Comunità possono
svolgere riguardo a tali materie, nonché ai poteri attribuiti a tale fine.
I Trattati individuano gli obiettivi delle Comunità in una o più
norme generali o anche in disposizioni relative a specifici settori. In
modo più dettagliato indicano, poi, i compiti cui le Comunità devono
assolvere e le azioni da compiere per il raggiungimento di tali obiettivi.
La competenza comunitaria deve, però, essere individuata, in concreto,
avuto riguardo alla natura e alla portata dei poteri previsti caso per caso.
Specificamente, il Trattato di Roma del 1958 che istituisce la
Comunità economica europea (CEE) enuncia all’art. 2, in termini
generali, i fini dell’organizzazione, assegnando alla Comunità “il compito
di promuovere, mediante l’instaurazione di un mercato comune e il
graduale ravvicinamento delle politiche economiche degli Stati membri,
uno sviluppo armonioso delle attività economiche nell’insieme della
Comunità, una espansione continua ed equilibrata, una stabilità
accresciuta, un miglioramento sempre più rapido del tenore di vita e più
strette relazioni fra gli Stati che ad essa partecipano”.
All’indicazione di tali fini non consegue l’attribuzione automatica
alla Comunità di tutti i poteri necessari ai fini della loro realizzazione.
Infatti, il Trattato CEE, al successivo art. 3, sottolinea, con un testo non
modificato dal Trattato CE, come, “ai fini enunciati dall’art. 2, l’azione
della Comunità” debba svolgersi “alle condizioni e secondo il ritmo
previsto” dallo stesso Trattato
11
. L’art. 3 del Trattato CEE fornisce
immediatamente dopo un elenco delle attività da esercitare e degli
strumenti da utilizzare per la realizzazione degli obiettivi indicati. Tali
attività e strumenti non sono assegnati interamente ed automaticamente
all’“azione della Comunità” o delle sue istituzioni, in quanto si rimettono
appunto alle “condizioni” e al “ritmo” previsti nel Trattato. Possono
dunque rilevare anche le azioni degli Stati membri o di organismi non
riconducibili alla struttura istituzionale comunitaria in senso stretto
12
.
11
Analogamente dispone anche l’art. 2 del Trattato CEEA.
12
Cfr. ANTONIO TIZZANO, L’evoluzione delle competenze comunitarie, op. cit., p.
154.
7
Come ha sottolineato la dottrina
13
, le disposizioni in esame costituiscono
piuttosto una sintesi dell’intero Trattato senza fondare competenze in via
generale.
Il principio delle competenze di attribuzione
14
vale anche rispetto
alla Comunità economica europea ed è desumibile, in via generale, anche
se non espressamente enunciato, dal sopra citato art. 3 del Trattato CEE:
in base a tale principio la Comunità non è titolare di una competenza
generale, ma soltanto di quelle competenze che le sono espressamente
conferite dagli Stati attraverso i Trattati
15
. La Comunità può dunque agire
solo sulla base di una norma del Trattato che la abilita a farlo
16
.
Da quanto sopra rilevato risulta, a contrario, che in assenza di
attribuzione di competenze a profitto della Comunità, gli Stati membri
conservano le loro competenze legislative e decisionali
17
.
13
Cfr. GIORGIO GAJA, Introduzione al diritto comunitario, Roma – Bari, Laterza,
2003, nuova edizione riveduta ed aggiornata, p. 87.
14
Cfr. ARMIN VON BOGDANDY e JÜRGEN BAST, I poteri dell’Unione: una
questione di competenza. L’ordine verticale delle competenze e proposte per la sua
riforma, in Rivista italiana di Diritto pubblico comunitario, 2002, n. 2 – 3, p. 309, dove
si rileva come a volte sia utilizzato il termine “poteri enumerati” che risulta però
fuorviante in quanto implica una forma di catalogo di competenze, assente nei Trattati.
15
Cfr. per un'esposizione delle competenze materiali della CEE, ANTONIO TIZZANO,
Quelques remarques générales sur l’élargissement des compétences communautaires,
in JÜRGEN SCHWARZE e HENRY G. SCHERMERS, a cura di, Structure and
Dimensions of European Community Policy, Baden – Baden, Nomos
Verlagsgesellschaft, 1988, pp.37 ss.
16
Soltanto indirettamente rileva l’art. 4, paragrafo 1, secondo comma del Trattato CEE,
in base al quale “ciascuna istituzione agisce nei limiti delle attribuzioni che le sono
conferite dal presente Trattato”. Tale norma si riferisce, infatti, ai soli rapporti
interorganici, ossia ai rapporti tra le istituzioni comunitarie, e sottolinea la necessità del
rispetto delle sfere di competenze interne a tali rapporti.
17
Effettuando un paragone con la disciplina di uno Stato federale, il principio delle
competenze di attribuzione vigente nel sistema comunitario risulta simile a quello
delineato dalla Costituzione federale svizzera: il suo art. 3 costituisce la pietra angolare
del sistema di ripartizione delle competenze tra la Confederazione e i Cantoni,
disponendo che i Cantoni sono sovrani, fin dove la loro sovranità non è limitata dalla
Costituzione federale. La Confederazione ha quindi solo le competenze che le sono
attribuite dalla Costituzione federale.
8
2. L’interpretazione estensiva del diritto
comunitario: il principio dei poteri impliciti,
la teoria degli effetti diretti ed il primato del
diritto comunitario.
2.1. Il principio dei poteri impliciti.
Il sistema delle competenze comunitarie che emerge dalle singole
norme dei Trattati istitutivi ha conosciuto uno sviluppo progressivo e
consistente verso l’ampliamento delle competenze stesse. Ciò
innanzitutto attraverso l’elaborazione di principi e tecniche di
interpretazione di carattere giurisprudenziale.
In primo luogo, viene in considerazione il principio dei poteri
impliciti.
18
La dottrina
19
sottolinea la derivazione di tale principio
dall’elaborazione giurisprudenziale della Corte Suprema degli Stati Uniti:
esso assolve alla funzione di legittimare, ma anche di delimitare, la
tendenza degli Stati federali e delle organizzazioni internazionali ad
allargare le loro competenze sul piano pratico
20
.
La Corte di Giustizia delle Comunità europee ha fatto riferimento
alla dottrina dei poteri impliciti per poter affermare che, anche in
mancanza di una norma specifica, può individuarsi una facoltà di
intervento della Comunità funzionale alla realizzazione degli scopi
indicati dagli artt. 2 e 3 del Trattato di Roma, ovvero alla realizzazione
del mercato comune, indipendentemente dal ricorso all’ ex art. 235 (ora
art. 308) del Trattato
21
.
18
Cfr. ANNA MOSCARINI, Competenza e sussidiarietà nel sistema delle fonti,
Padova, Cedam, 2003, p. 50 che rileva la equiparazione del principio dei poteri impliciti
alla teoria dell’effetto utile.
19
Cfr. ANTONIO TIZZANO, Quelques remarques générales sur l’élargissement des
compétences communautaires, op. cit., p. 43.
20
Cfr. ANTONIO TIZZANO, Competenze della Comunità, op. cit., p. 49.
21
Cfr. PAOLO MENGOZZI, Istituzioni di diritto comunitario e dell’Unione europea,
Padova, Cedam, 2003, p. 74.
9
Il principio dei poteri impliciti riconduce quindi l’azione della
Comunità alla primaria funzione del perseguimento degli obiettivi del
Trattato: tale funzione deve essere garantita nel modo più pieno e
soddisfacente, se necessario mediante l’attribuzione alla Comunità di
competenze implicite, quali ad esempio il potere di determinare la base
imponibile per l’applicazione di un dazio, ritenuto implicito nel potere,
espressamente attribuito, di fissare o modificare i dazi della tariffa
doganale comune, come ha affermato la Corte di Giustizia nella causa
Massey – Ferguson
22
.
Della teoria dei poteri impliciti la Corte di Giustizia delle
Comunità europee ha fatto concreta applicazione anche in un’altra
sentenza, relativa alla legittimità dell’istituzione dei vari comitati di
gestione e di regolamentazione: nella causa Einfuhr und Vorratsstelle für
Getreide und Futtermittel / Köster
23
l' istituzione, da parte del Consiglio,
di un comitato di gestione dell’Organizzazione Comune del mercato dei
cereali è stata ritenuta legittima da parte della Corte di Giustizia, anche se
non si è fatto ricorso all’ex art. 235 (ora art. 308) del Trattato e alla
particolare procedura ivi prevista
24
. Come ha evidenziato la dottrina
25
, le
due sentenze della Corte presentano un elemento in comune: una
competenza che risulta attribuita alla Comunità deve poter essere
esercitata attraverso quei poteri d’azione strumentali per l’esercizio della
competenza stessa e ciò anche senza far ricorso alla procedura prevista
dall’ex art. 235 (ora art. 308) del Trattato.
22
Cfr. sentenza della Corte di Giustizia del 12 luglio 1973, Massey Ferguson, Causa
8/73, in Raccolta, p. 898. Tutte le sentenze della Corte di Giustizia sono consultabili in
rete all’indirizzo: <http://europa.eu.int/eur-lex>.
23
Cfr. sentenza della Corte di Giustizia del 17 dicembre 1970, Einfuhr und Vorratsstelle
für Getreide und Futtermittel / Köster, Causa 25/70, in Raccolta, p. 1161 e in PAOLO
MENGOZZI, Casi e materiali di diritto comunitario, Padova, Cedam, 2003, p. 315.
24
L’ex art. 235 (ora art. 308) del Trattato, di cui si parlerà ampiamente nel paragrafo 3
di questo capitolo, recita testualmente: “Quando un’azione della Comunità risulti
necessaria per raggiungere, nel funzionamento del mercato comune, uno degli scopi
della Comunità, senza che il presente Trattato abbia previsto i poteri d’azione a tal
uopo richiesti, il Consiglio, deliberando all’unanimità su proposta della Commissione e
dopo aver consultato il Parlamento europeo, prende le disposizioni del caso”.
25
Cfr. PAOLO MENGOZZI, Istituzioni di diritto comunitario e dell’Unione europea,
op. cit., p. 100.
10
Anche nella sentenza Fédechar
26
, concernente il Trattato CECA,
la Corte si è conformata all’indirizzo del principio dei poteri impliciti
sostenendo che: “senza fare un’interpretazione estensiva, è consentito
applicare una norma interpretativa generalmente ammessa tanto in
diritto internazionale quanto nel diritto interno e secondo la quale le
disposizioni di un trattato internazionale o di una legge comprendono
implicitamente anche le norme senza le quali le predette disposizioni non
avrebbero senso o non potrebbero venir applicate in modo ragionevole
ed utile”.
Ma è soprattutto in materia di competenza della CEE a stipulare
accordi internazionali che, fino alle pronunce della Corte di Giustizia, vi
è stata unanimità nel ritenere che il Trattato non ne autorizzasse
l’esercizio al di fuori dei casi espressamente previsti dal Trattato.
Nella famosa sentenza AETS
27
, la Corte di Giustizia si è
pronunciata in senso opposto all’impostazione originaria. Molto
sinteticamente, in quanto l’argomento sarà ripreso nel capitolo dedicato
alle relazioni esterne
28
, l’opinione della Corte si è fondata sull’idea del
parallelismo tra competenze comunitarie interne e competenze esterne: in
tutte le materie in cui la Comunità ha, in base al Trattato istitutivo, la
competenza ad emanare atti di legislazione comunitaria, ha
implicitamente anche la competenza a concludere accordi con Stati terzi.
Il principio del parallelismo tra competenze interne e competenze esterne
della Comunità commisura la portata delle competenze esterne
all’estensione delle competenze interne
29
.
A questo punto, occorre fare un accenno anche al principio
dell’effetto utile che, come rileva la dottrina
30
, costituisce spesso la
“chiave di lettura” delle norme comunitarie. Il principio esprime la
necessità che ogni norma comunitaria sia interpretata, e quindi applicata,
26
Cfr. sentenza della Corte di Giustizia del 29 novembre 1959, Féderation
charbonnière de Belgique / Alta Autorità, Causa 8/55, in Raccolta, p. 299.
27
Cfr. sentenza della Corte di Giustizia del 31 marzo 1971, Commissione / Consiglio,
Causa 22/70, in Raccolta, p. 263 e in PAOLO MENGOZZI, Casi e materiali, op. cit., p.
675.
28
Cfr. infra, Parte I, Capitolo II, paragrafo 3 ss.
29
Cfr. JOSEPH H. WEILER, The Constitution of Europe: Do the New Clothes have an
Emperor? And other essays, Cambridge, Cambridge University Press, 1999, pp. 22 ss.
30
Cfr. GIUSEPPE TESAURO, Diritto comunitario, op. cit., p. 105.
11
in modo da conseguire l’obiettivo al quale è preordinata
31
. Nella causa
Adidas AG.
32
, la Corte di Giustizia ha ribadito il menzionato principio
disponendo che “(…) allorché una disposizione di diritto comunitario è
suscettibile di svariate interpretazioni delle quali una sola idonea a
salvaguardare l'effetto utile della norma, è a questa che occorre dare
priorità”.
31
Cfr. sentenza della Corte di Giustizia del 13 febbraio 1969, Walt Wilhelm /
Bundeskartellamt, Causa 14/68, in Raccolta, p. 1, punto 6 e in PAOLO MENGOZZI,
Casi e materiali, op. cit., p. 522. Cfr. anche sentenza della Corte di Giustizia del 26
febbraio 1986, M. H. Marshall / Southampton and South West Hampshire Area Health
Autority, Causa 152/84, in Raccolta, p. 477, punto 41 ss. e in PAOLO MENGOZZI,
Casi e materiali, op. cit., p. 332. Cfr. inoltre sentenza della Corte di Giustizia del 22
settembre 1988, Land della Sarre ed altri / Ministre de l'Industrie, ed altri, Causa
187/87, in Raccolta, p. 5013, punto 19.
32
Cfr. sentenza del 14 ottobre 1999, Adidas AG., Causa 223/98, in Raccolta, p. 7081,
punto 24.