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2. IL MERCATO USA DEL VINO
a. Il comparto dell'export del vino italiano
La produzione di vino in Italia oscilla, secondo le annate, attorno ai 54 milioni di ettolitri/anno. Per
il 2001, essa dovrebbe aggirarsi, secondo i primi dati di consuntivo elaborati dall'Istituto per il
Commercio Estero (ICE), intorno ai 51,5 milioni di ettolitri facendo registrare un calo del 5,0%
circa rispetto alla produzione 2000. Il fatturato di settore può essere stimato in 6.820 milioni di
euro. Le esportazioni 2001 del settore enologico, complessivamente inteso, e cioè dei comparti dei
mosti, dei vini (compresi gli spumanti, i vini liquorosi e i vini aromatizzati) e dell'aceto, hanno
sfiorato (stime su dati Istat) quota 2.800 milioni di euro. È il livello più alto fra tutti i comparti
alimentari e segna un aumento del +7,0% circa sull'anno precedente. I vini e mosti, in particolare,
hanno raggiunto un export 2001 di 2.700 milioni di euro, con un aumento analogo (+7,0% circa).
In quantità, l'export 2001 ha registrato, con un livello vicino ai 16 milioni di ettolitri, un calo
speculare dell' 8,0% circa.
I principali mercati di destinazione dell'export enologico nazionale, nel 2001, sono stati ancora una
volta, in ordine d'importanza: USA, Germania, Regno Unito, Francia. Le dinamiche specifiche
hanno visto aumenti di vini italiani negli USA (+7,5%), nel Regno Unito (+3,0%) e in Svizzera
(+4,0%), mentre in Francia e in Germania si registrano riduzioni rispettivamente del -26,0% e del -
10,0%. A determinare la flessione generale delle quantità di vino esportate è stata la voce dei vini
da tavola, le cui vendite all'estero segnano un decremento specifico del -18%. I vini DOC e DOCG
hanno registrato una crescita di quasi il 4,0%. In generale, va sottolineato, dal confronto
complessivo tra incremento dei valori esportati e decremento delle quantità, l'aumento del valore
unitario del vino esportato: segno indiscutibile di valorizzazione crescente del prodotto sui mercati
esteri. Per la prima volta (altro dato molto indicativo) le esportazioni di prodotto in bottiglia hanno
superato quelle dello sfuso: 52,5% del primo contro il 47,5% dei secondi. La Francia, nostra
tradizionale cliente di vino sfuso, ha accusato per esempio nei primi nove mesi del 2001, una
flessione del 20 per cento. Questo spiega e conferma il sorpasso del totale imbottigliato su quello in
grandi recipienti e, di conseguenza giustifica, la crescita dei valori a scapito delle quantità.
La tabella seguente confronta il rapporto fra import ed export dei principali settori agro-alimentari e
testimonia il dominio assoluto del settore enologico.
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La Bilancia Alimentare (Valori in milioni di euro)
Prodotti Importazioni Esportazioni Saldo
. 2001 Var. % 2001 Var. % 2001
Riso 33,7 2,64 293,7 -8,60 260,1
Molitoria 92,3 14,57 204,3 13,96 112,0
Pastaria 14,2 50,22 1.188,5 9,35 1.174,3
Dolciaria e prodotti da forno 772,1 4,12 1.469,5 13,65 697,4
Saccarifera 373,9 23,51 176,7 -8,33 -197,2
Carni preparate 165,9 18,00 665,9 15,20 499,9
Ittica 1.150,0 13,89 161,3 11,25 -988,6
Trasformazione degli ortaggi 596,0 8,70 1.106,2 15,42 510,2
Trasformazione della frutta 378,9 1,44 722,2 0,49 343,3
Lattiero-caseario 2.017,7 7,33 1.065,5 12,43 -952,2
Oli e grassi 1.441,2 10,89 1.020,5 -3,46 -430,0
Mangimistica 1.068,1 19,82 201,8 -3,32 -866,3
Enologica 190,7 -9,81 2.821,4 6,92 2.616,9
Birra 354,1 8,08 42,4 18,94 -311,7
Acquaviti e liquori 280,6 6,49 417,0 -1,22 136,3
Alcool etilico 44,7 68,27 22,6 -4,75 -22,0
Acque minerali e gassose 110,4 10,42 288,2 30,95 177,8
Caffe' 74,2 -2,27 318,1 10,50 243,9
Alimentari 2.343,8 5,24 874,4 11,49 -1.469,4
Totale industria alimentare 11.502,4 9,10 13.037,0 7,95 1.534,5
(Fonte: Alimentare servizi ICE)
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b. Il mercato USA
I mercati esteri hanno dunque acquistato sempre più importanza per i produttori vinicoli italiani
negli ultimi anni e, se in Europa i principali mercati per il vino italiano restano la Germania e il
Regno Unito (a cui seguono ben distanti gli altri paesi), il mercato extra-europeo di gran lunga più
importante è quello americano. Secondo i dati ufficiali dell'Italian Wine & Food Institute, l'Italia vi
ha infatti esportato 1.596.850 ettolitri nel solo 2001, per un valore di 558 milioni di dollari circa,
confermandosi davanti alla Francia (900.310 ettolitri per 552 milioni di dollari) e agli altri
principali paesi produttori di vino (Australia, Cile, Germania, Argentina) come il principale
esportatore di vino negli Stati Uniti. Attualmente il 37% del vino che arriva negli USA proviene
dall'Italia, con una tendenza di crescita andata di pari passo con l'aumento di interesse del
consumatore americano verso il vino, e con un'attenzione sempre maggiore a quello di qualità. Il
vino negli USA ha avuto un incremento pressoché costante dagli anni '70 ad oggi, grazie ad una
politica di promozione che ha stimolato una sempre maggiore attenzione dei consumatori verso il
vino come alternativa alla birra (sempre comunque in testa alla classifica dei consumi, dal punto di
vista quantitativo) e ad altre bevande alcoliche. Questa tendenza é stata favorita da molte
circostanze, prima fra le quali la presenza di un numero di produttori di vino sempre maggiore sul
territorio USA: la produzione vinicola si é portata ormai oltre i 25.000.000 di ettolitri l'anno grazie
alle numerose aziende operanti principalmente negli stati di California e Oregon (e poi di
Washington e di New York e altre ancora, ma assai meno interessate dal fenomeno). Quest'industria
ha quindi promosso tutto il comparto vino, dove però si devono includere anche altre produzioni
enologiche piuttosto dissociate dal mercato del vino di qualità. E' infatti presente una produzione di
qualità insufficiente o mediocre, venduta prevalentemente sotto il nome del proprio vitigno (senza
alcun riferimento a zone o annate di provenienza) e in confezioni a volte bizzarre o poco inerenti la
tradizione enologica classica ma dai prezzi assai bassi. Per non parlare poi dei vini aromatizzati
("wine coolers") e di quelli ottenuti da ibridi produttori diretti (sgradevolmente caratterizzati dal
cosiddetto odore "foxy") che, comunque, trovano una loro discreta fetta di mercato.
Del vino é stato promosso ampiamente il lato edonistico del prodotto (gli scrittori di argomenti
culinari ed enologici sono considerati dei guru) e quello salutare (gli studi sulle proprietà benefiche
del vino sono state spesso commissionate dall'industria vitivinicola e i giornali hanno fatto eco ai
risultati positivi conseguiti) .
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Inoltre molto é stato fatto per fare diventare il vino (ma solo quello di qualità) uno status economico
e al tempo stesso "gastronomico - culturale": il prezzo elevato della bottiglia é poi la logica
conseguenza di questa equazione, con delle conseguenze sul mercato e le sue dinamiche. Infatti,
l'alto prezzo della bottiglia spesso colloca a priori un dato vino nella categoria dell'alta qualità, dal
punto di vista del consumatore medio (conseguentemente una bottiglia con un prezzo inferiore
verrà percepita, sullo scaffale, come di qualità inferiore).
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c. L'immagine del vino italiano negli USA e la sua promozione
Il vino italiano si colloca per la maggiore nella categoria della medio - alta qualità, spesso legato
indissolubilmente al mondo della ristorazione italiana (e non) di alto livello.
Fino agli anni '80, il vino italiano faticava ad uscire dal ruolo di bevanda conviviale. Il Chianti era
(con il Soave Bolla) il vino più consumato e veniva spessissimo proposto sotto la vecchia forma di
fiasco, a corredo di una gastronomia, come detto, piuttosto economica e poco raffinata. Una cucina
“casereccia” che lasciava lo scettro della ristorazione ai ristoranti francesi, i quali proponevano i
loro grandi vini, già indirizzati verso la scelta della qualità che gli italiani avrebbero intrapreso solo
in tempi più recenti. Oggi però, come detto, sia la ristorazione che l'enologia italiana hanno sfruttato
appieno la richiesta di qualità espressa dal mercato mondiale (non solo americano), proponendo
livelli qualitativi altissimi e lavorando sempre di più sul piano della costruzione dell'immagine.
Conferma di ciò è che gli investimenti per la promozione vinicola all'estero (USA in particolare) nel
2001 hanno sfiorato gli 11 milioni di euro, tra dotazione pubblica (5,4 milioni di competenza ICE) e
privati. Un valore che - fonti ICE - quest'anno è destinato a crescere ulteriormente, grazie al
contributo dei privati. Queste forme di pubblicità variano dalla promozione dei vini sulle riviste del
settore alla partecipazione del produttore a manifestazioni e degustazioni create a vantaggio di
pubblico e commercianti coinvolti a vari livelli nella filiera.
Gli importatori sono generalmente coloro che si occupano maggiormente di pubblicizzare i vini e le
serate a tema dedicate a specifiche cantine o denominazioni (i cui costi, però, come vedremo,
gravano anche sul produttore). . Nel mese di Ottobre del 2002 si è anche svolta nel pieno centro di
New York, presso un imponente centro convegni, la prima edizione del Vinexpo America, dove
accanto alla maggioranza di produttori francesi (con relativi importatori) la presenza italiana era
piuttosto importante. Anche l'ICE, come detto, si interessa alla promozione su vari livelli del
comparto vino, tramite una sua sezione ad esso appositamente dedita . Oltre ad attività di pubblicità
diretta verso il consumatore, con programmi quali ad esempio promozioni presso alberghi di lusso e
punti di ristorazione di alta qualità (una importante ha coinvolto proprio il consorzio del Chianti
Classico e quello del Parmigiano Reggiano) l'ICE si è attivata con un work-shop. “Naturalmente
Italiano” il nome del progetto della durata prevista di un anno e a cui possono partecipare le aziende
produttrici di vino e prodotti di alta qualità gastronomica, che si guadagnano così un discreto lancio
pubblicitario presso stampa (pubblicizzata e non) e promozioni presso i punti vendita.