2
produzione media annuale si aggirava sui 40-45 milioni di ettolitri con un
consumo interno di 85-90 litri pro capite. Il vigneto occupava allora circa un
milione di ettari in coltura specializzata e 2.5 milioni di ettari in coltura
promiscua ed il vino si vendeva a 4-6 mila lire/hl (90-150 mila lire del 1998). A
quegli anni seguì una fase altamente positiva per la vitivinicoltura italiana che si
arrestò poi verso la metà degli anni 70 per iniziare a seguire un trend negativo
riassumibile con eccedenze produttive, calo dei consumi interni, riduzione dei
prezzi e ridimensionamento delle superfici vitate. Attualmente il vigneto
italiano ricopre circa 800.000 ettari della superficie agricola con una riduzione
di 440.000 ettari dal 1970 al 1999, i consumi interni si sono attestati nel 1996
sui 45 litri pro capite, il vino si vende a prezzi molto variabili in funzione del
colore e della qualità a prezzi comunque non allettanti, la PLV viticola si
attesta nel 1998 sui 7.095 miliardi di lire pari all’8.7% della PLV totale
dell’agricoltura italiana e la produzione media annuale si aggira sui 58 milioni di
ettolitri.
Tuttavia attualmente grazie al notevole successo delle esportazioni vinicole
italiane e all’arresto del calo dei consumi interni, maggiormente rivolti verso i
vini di qualità, per il settore potrebbero ipotizzarsi scenari abbastanza positivi,
soprattutto per quei territori che hanno saputo legare la produzione del vino
alle tradizioni locali ed al nuovo enoturismo puntando sulla genuinità e
qualità dei prodotti agricoli tra i quali il vino funziona come prodotto “di
trascinamento. Un esempio concreto è rappresentato dal recente successo del
settore agrituristico del territorio senese e toscano in generale, sicuramente
promosso in parte dalle bottiglie di Chianti o Brunello di Montalcino sparse in
tutte le enoteche e supermercati del mondo che hanno suggerito al consumatore,
grazie alla qualità, un interesse particolare per certi territori e la voglia di visitarli
e consumare il vino lì dove viene prodotto.
Ovviamente per il rilancio del settore non è necessario solamente l’elevata
qualità del prodotto vino ma sono necessari anche sforzi del legislatore, delle
amministrazioni pubbliche e delle istituzioni, volti a tutelare il prodotto dalla
concorrenza – a volte sleale – dei Paesi terzi e a contribuire al suo sviluppo
grazie all’erogazione di finanziamenti pubblici mirati alla ristrutturazione e
3
riconversione dei vigneti obsoleti ed all’ammodernamento degli impianti di
trasformazione sia privati che collettivi.
PIANO DI LAVORO
Quanto all’evoluzione strutturale del comparto vitivinicolo nazionale ed
alla situazione attuale è necessario considerare tutti i competitori che oggi si
affrontano sul mercato del vino ovvero quelli tradizionali del continente europeo
e i cosiddetti produttori del Nuovo Mondo quali Australia, Stati Uniti
d’America, Cile, Argentina e Sudafrica: come emerge chiaramente dai dati
proposti tali paesi hanno nel 1998 raggiunto la quota di possesso del 50% delle
superfici vitate mondiali.
Una volta individuato il ruolo dei vari Paesi nella vitivinicoltura mondiale e
studiate le rispettive quote di mercato, risulta doveroso esaminare il contesto
legislativo europeo ed italiano ovvero le regole del gioco con cui i
viticoltori si trovano a dover fare i conti; il risultato è una legislazione
europea ancora molto vincolistica che lega le mani ai viticoltori nel senso che
impedisce loro di impiantare liberamente nuove superfici di vigneto, a differenza
di ciò che accade nel resto del mondo. Per quanto concerne la legislazione
vitivinicola italiana, strettamente collegata a quella europea, si esaminano le
principali norme di legge ed il risultato che hanno avuto sul vigneto italiano;
quello più clamoroso risulta essere la drastica riduzione delle superfici vitate
che per la maggior parte sono state estirpate con il cd “premio
comunitario”. Risultato indubbiamente positivo della legislazione europea,
applicata in Italia, è quello di aver promosso e tutelato la produzione “ di
qualità” ovvero l’abbinamento tra il territorio (una zona, una regione) ed un
prodotto (il vino) che ha dato origine alla specificazione VQPRD (vino di
qualità prodotto in regioni determinate) tradotta poi nella legislazione italiana
con il termine Doc (denominazione di origine controllata) e Docg
(denominazione di origine controllata e garantita).
L’ultima analisi è rivolta proprio ad un approfondimento sulla situazione
che sta' vivendo il comparto vitivinicolo in una cosiddetta “regione determinata”
quale è la provincia di Grosseto; il risultato è la fotografia di un settore vivace in
4
fase di espansione, con prospettive reddituali per i viticoltori locali abbastanza
favorevoli, che necessita però di un’attenzione particolare da parte delle
Istituzioni locali volta a investire nelle zonazioni ed a favorire lo sviluppo di
nuovi vigneti per mezzo dei finanziamenti comunitari, a volte resi poco efficaci
dalla eccessiva burocrazia.
5
CAPITOLO I
IL VINO NEL MONDO
1.1 - ANALISI DELLA SUPERFICIE VITICOLA GLOBALE.
Durante il recente dibattito sulla riforma dell’OCM vino è riemerso il
contrasto tra la tesi di mantenere il divieto di nuovi impianti di vigneti e quella
di liberalizzare la viticoltura per renderla più competitiva nel mercato mondiale.
Si ripropone, in realtà il dibattito che ci fu trent’anni fa in vista della creazione
del M.E.C. nel settore vitivinicolo, con la differenza che in quel periodo si
trattava di un mercato “europeo” e di un prodotto il cui consumo era in
espansione, mentre ora si tratta di un mercato mondiale e di un prodotto il cui
consumo è in costante decremento dagli anni ’80 soprattutto nei Paesi
tradizionalmente consumatori. In quel periodo, 1970, prevalse la tesi liberista
italiana ma il conseguente aumento della produzione ed il crollo dei consumi
portarono a grandi eccedenze che dalla campagna ‘75/’76 costrinsero la
C.E.E. a ricredersi sulla libertà d’impianto dei vigneti. La nuova situazione
di fine millennio, con un mercato globalizzato, senza sostegno dei prezzi e
con un consumo del vino ancora in difficoltà sembra non concedere
possibilità di ripensamento sulla liberalizzazione degli impianti come
infatti è risultato dalla nuova O.C.M. VINO. La recente approvazione
dell’O.C.M. vino ha infatti stabilito per i prossimi 10 anni crescita zero per il
vigneto europeo; sono infatti solo qualche migliaio gli ettari autorizzati fino al
2001.
Un fatto sicuramente preoccupante se si considera che nel 1998 è avvenuto
lo storico sorpasso dei paesi vitivinicoli extracomunitari rispetto all’Unione
Europea
1
. Nel 1998, infatti, la superficie viticola dell’UE si è stabilizzata su circa
3.150.000 HA (0.6% rispetto al ’97), ma in generale è tutta l’Europa che perde
ogni anno ettari su ettari di vigneto a differenza, invece, del vigneto
extracomunitario che prosegue il suo andamento che lo ha portato nel ‘98 a
1
Dati dell’Office Internationale de la vigne et du vine (1998).
6
raggiungere i 4.303.000 HA (+0.5% rispetto al ’97). Il vigneto sta’
quindi crescendo notevolmente soprattutto negli Stati Uniti e nell’emisfero
meridionale del pianeta ovvero Oceania, Asia, Sudafrica, Cile ed Argentina anche
se nel mondo la superficie vitata si è ridotta da 10 a 7.7 milioni di HA mentre la
produzione ed il consumo sono scesi rispettivamente da 300 a 250 e da 260 a 220
milioni di HL. Sembra evidente perciò che la superficie vitata esistente oggi in
Italia, nell’UE, e nel mondo continui da decenni ad essere sovrabbondante,
nonostante la sua progressiva riduzione
2
.
Evoluzione della superficie mondiale di vigneto(migliaia di HA).
Continente Nazione 1986 1996 ∆% 96/86 %Quota
383 333 -13%AFRICA
Sudafrica 105 106 +0.1%
4.3%
856 784 -8%
Usa 319 311 -2.5%
Argentina 259 211 -18.5%
AMERICA
Cile 115 116 +0.9%
10.1%
1400 1327 -5.2%
Turchia 630 567 -10%
Iran 250 252 +0.8%
ASIA
Cina 129 165 +28%
17.1%
OCEANIA Australia e Nuova Zelanda 64 89 +39% 1.2%
6024 5209 -13.5%
Ue 4286 3613 -15.7%
Peco 589 536 -9%
Ex-JUGOSLAVIA 227 193 -15%
EUROPA
EX-URSS 903 845 -6%
67.3%
MONDO 8715 7742 -11.2% 100
Fonte: O.I.V. (1998).
1.1.1 - Viticolture a confronto.
Tre tipi di viticoltura sono presenti oggi nei cinque continenti; la viticoltura
dirigistica dell’UE, quella pianificata dei paesi dell’EST europeo (ormai superata)
e la viticoltura liberale dei Paesi del Nuovo Mondo. Le viticolture pianificate e
dirigistiche sono in forte riduzione per ragioni economiche e sociali; sono di
difficile adattamento ai mercati, costose e molto variabili in termini di qualità
infatti adottano un numero elevato di denominazioni di origine (300in Italia, 400
2
Terra e vita n° 16 (1999) pag.12 .
7
in Francia, 2000 in Germania)
3
difficili da ricordare per i consumatori. La
viticoltura del Nuovo Mondo è esattamente il contrario: libertà assoluta di
piantagione, sistemi di allevamento meccanizzabili, imprese viticole di grandi
dimensioni.
Nell’UE la superficie vitata media varia da 1 ha dell’Italia ai 5 della Francia,
ai 10 della Spagna; nel Nuovo Mondo un’azienda viticola conta almeno un
vigneto di 50 ha ma esistono anche proprietà che vantano 4000 ha di vigneti. Per
ciò che concerne le cultivar la viticoltura del Nuovo Mondo utilizza poche varietà
internazionali quali Merlot, Syrah, Cabernet Sauvignon, Pinot Nero e
Chardonnay. In etichetta compaiono i nomi di questi vitigni i cui vini sono di
volume superiore a quello delle denominazioni di origine; la norma del Nuovo
Mondo è il vino monovitigno. Il “terroir” non ha credito e la Denominazione di
Origine non è utilizzata ma imitata, sminuita, registrata soprattutto come marca
privata; i controlli sono alquanto limitati, le produzioni ad ha sono senza limiti,
c’è piena libertà di scelta delle superfici, delle varietà e libertà nelle pratiche
enologiche.
La produzione è omogenea, di buona qualità ma non eccellente, venduta a
prezzo basso, ma la variabilità sensoriale è molto limitata a causa dei “terroir”
senza vocazione (spesso aiutati dall’irrigazione), dell’alta produzione per ceppo,
dell’uso di pochi vitigni in purezza; si producono in seguito a ciò grandi quantità
di vino anonimo , ripetitivo, industriale, a buon mercato e facile da far conoscere e
commercializzare. Viceversa la viticoltura mediterranea con la sua storia e
tradizione, viticola ed enologica, è ancora la migliore per qualità, eterogeneità dei
vini e dei vitigni, ma la programmazione e la legislazione sono risultate e risultano
troppo lente e poco adattabili ad un mercato globalizzato quale è quello attuale.
Solo il dirigismo delle denominazioni d’origine può essere giustificato, essendo
una forma di autogestione proposta e condivisa dai viticoltori che possono in
qualunque momento cambiare le regole che si sono dati. Gli altri regolamenti
hanno necessità di essere eliminati o ridotti per far si che il mercato del vino da
tavola europeo possa competere ad armi pari con i concorrenti extra-europei; per
il momento comunque la viticoltura mediterranea deve fare ulteriori sforzi di
miglioramento e rinnovamento tecnico e commerciale, e puntare sulle
3
L’Informatore agrario n°44 (1999).
8
Denominazione di Origine dato che sui mercati internazionali i “ vini di qualità”
dell’UE sono in costante crescita, come consumi e come prezzi. In una bottiglia di
vino di qualità sono racchiusi molteplici valori che spingono il consumatore a
cercarla nuovamente: la tipicità, la riconoscibilità (profumo, sapore) il paesaggio
di produzione. Ed è proprio il paesaggio o terroir di produzione uno dei tre fattori
componenti la filosofia del DOC che insieme alle varietà ampelografiche ed al
fattore umano sono il segreto di un buon vino di qualità
4
. C’è da dire però che
mentre questi ultimi due sono facilmente riproducibili in qualunque luogo, al
contrario il terroir è unico ed è quello che più incide sulle caratteristiche distintive
di un vino.
Oggetto della protezione, specialmente sul piano internazionale, è perciò il
nome geografico mentre non potrebbe esserlo il vitigno che, dovunque si coltivi, è
sempre chiamato allo stesso modo, pur esprimendo vini molto variegati.
In Australia, in cui si registrano 89.000 ha di vigneto nel ’96, i nuovi
impianti procedono a ritmi serrati nella misura di 5-6000 ha l’anno e si riscontra
una forte riconversione ampelografica verso i vitigni a bacca rossa; i vitigni più
richiesti sono il Syrah, Cabernet-Sauvignon, Pinot nero e Merlot.
Anche in Cile il 70% dei nuovi impianti viene effettuato con Cabernet-
Sauvignon, Merlot, Syrah, Cabernet Franc e Pinot Nero; qui nel ’96 la superficie
investita a vite era di 120.000 ha circa, di cui solo 70.000 di uva da vino, ma gli
incrementi annuali sono elevati e vengono piantati circa 8000 ha di vigneto
l’anno con prospettive di ulteriore sviluppo legate alle caratteristiche climatico-
territorali ottime per la coltivazione della vite.
5
Negli Usa ed in particolare in California tra il ’92 e ’96 i vigneti sono stati
costituiti con il 60% circa di vitigni rossi e con una netta prevalenza di Merlot e
Cabernet-Sauvignon: la superficie era nel 1996 di 311.000 ha.
Seguendo quindi la tendenza dei consumi alimentari, che privilegiano vini
rossi anziché bianchi, in questi ultimi anni si sta verificando un vero e proprio
boom del Merlot che viene piantato un po’ ovunque in modo massiccio soprattutto
4
Terra e vita n° 17, pag. 20.
5
Il Cile è l’unico Paese viticolo privo di filossera e delle virosi più temibili (L’informatore agrario,
n°20 1999).
9
sull’onda della moda e sulla scia di un gusto internazionale ovvero richiesta di
vini morbidi, dolci, vellutati e ricchi allo stesso tempo.
6
Il continente africano conta al suo attivo circa 330.000 ha di vigneti di cui
una parte consistente, 106000 ha, in Sudafrica. L’Asia occupa invece il secondo
posto nella classifica dei continenti con maggiore estensione di superficie vitata;
nel 1996 gli ettari in produzione erano 1.327.000 ripartiti tra Turchia (567.000),
Iran (252.000), Cina (165.000), ed è proprio qui che il vigneto è in crescita
costante dai primi anni novanta
7
.
6
“L’Informatore agrario”, supplemento al n°41 del 1999.
7
Commissione Europea, “Settore vitivinicolo: situazione attuale e prospettive” (1998).
10
1.2 - IL SETTORE VITIVINICOLA NELL’UNIONE EUROPEA.
1.2.1 - L’importanza della produzione vitivinicola nell’Unione Europea.
I vigneti con varietà di uve da vinificazione ricoprono attualmente circa 3.2
milioni di ha ossia il 2.6% della superficie agricola utilizzata (SAU) nell’UE. I
prodotti della vigna costituiscono una parte non indifferente della
produzione finale agricola (PFA) dell’Unione ovvero un valore superiore a
quello ricoperto dal grano (5.4%)
8
.
Dimostrazione di questo dato è il fatto che, ad esempio, in Francia e
Italia la quota percentuale del vino sulla PFA equivale a quella dei cereali;
ciascuna di queste produzioni rappresenta circa il 14% della PFA in Francia e più
del 9% in Italia. La ripartizione dei vigneti e della produzione, in volume ed
in valore, tra i principali stati membri produttori è rappresentata nei grafici
seguenti.
Ripartizione del vigneto tra gli Stati membri (superficie media dal ’93 al ’97).
Fonte: Eurostat.
Italia, Francia e Spagna sono i più grandi produttori, non solo in ambito UE,
ma a livello mondiale.; questi tre Stati rappresentano l’85% della
produzione e del vigneto dell’Unione. Se si considera la produzione
vinificata, l’Italia e la Francia si contendono il primo posto:
approssimativamente, ciascuno fornisce il 35% della produzione
Germania
3%
Francia
27%
Spagna
34%
Benelux
4%
Ita lia
25%
Portogallo
7%
11
comunitaria e detiene il 26% del vigneto europeo. Più precisamente, la produzione
media dell’Italia (circa 59 milioni di hl) è leggermente superiore a quella francese
(56 milioni di hl), anche se il vigneto francese è più esteso. La Spagna, nella quale
il vigneto è il più vasto del mondo, si posiziona al terzo posto in termini di volume
di vino prodotto.
Importanza della produzione vinicola negli Stati produttori.
Fonte:Eurostat.
In termini di valore della produzione si evidenzia però il dato della Francia
la quale si distingue dagli altri partner europei assicurandosi per sé circa la metà
del valore del vino prodotto nell’UE; ciò è dovuto ai prezzi più alti dei vini
francesi dovuti alla loro elevata qualità. Altro caso analogo è quello della Spagna,
che pur producendo 28 milioni di hl di vino si trova nella graduatoria della
produzione in valore dietro alla Germania che produce a sua volta solo 10 milioni
di hl: anche qui il divario risulta dallo scarto nei prezzi. Se in Spagna il vino ha un
valore di 30 ECU/HL e il vigneto 675 ECU/HA, in Francia il vino vale 105
ECU/HL ed il vigneto 10.400 ECU/HA.
9
8
Commissione Europea, DG 6, “Settore vitivinicolo: situazione attuale e prospettive.” Pag.13
9
Commissione Europea, DG VI, 1998.
0
10000
20000
30000
40000
50000
60000
70000
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C
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Valore
Volume
12
1.2.2 - Superficie e produzione comunitaria.
Con una produzione che è oscillata, nei cinque anni passati, tra 152 e 165
milioni di hl, l‘UE è sicuramente il primo produttore mondiale di vino. Tenuto
conto della vita di un vigneto e del carattere fortemente specialistico delle regioni
viticole, la superficie utilizzata a vigna costituisce un fattore strutturale che si
evolve in funzione delle decisioni degli operatori: estirpazioni e reimpianti.
Queste azioni hanno un’incidenza sui livelli di produzione i quali dipendono
però anche dal fattore climatico tanto ché la produzione vinicola presenta
oscillazioni annuali molto marcate.
Tralasciando comunque l’alea climatica, considerando la media della
produzione comunitaria sui due scorsi decenni, si evidenzia una tendenza
significativa al ribasso; da un livello di 210 milioni di hl nella prima metà degli
anni 80, la produzione media è caduta, nel 1997, a 155 milioni di hl ovvero un
tasso medio di riduzione annuale dell’1.2% considerando il periodo tra il ’77 e il
’96.
Questo tasso di diminuzione è dello stesso ordine di grandezza della
riduzione della superficie coltivata a vigna durante lo stesso periodo considerato.
Dalla tabella seguente è possibile dunque individuare a livello comunitario una
correlazione tra riduzione di superfici ed andamento della produzione anche se
questa ultima in alcune campagne è stata evidentemente influenzata in positivo
(campagna ‘79/’80) od in negativo (campagna ‘95/’96) dal fattore climatico.
È altrettanto interessante notare l’inversione di tendenza della superficie
vitata a partire dalla campagna ‘75/’76 dovuta all’introduzione nell’UE delle
prime sovvenzioni all’estirpazione rese necessarie dalle notevoli eccedenze
accumulatesi e dalla riduzione dei consumi di vino iniziata proprio in quel
periodo.
13
Andamento della produzione e superficie vinicola nell’UE.
Campagna Produzione /000 hl Superficie /000 ha
65/66 188.003 4.352
70/71 198.597 4.276
74/75 218.167 4.451
75/76 194.433 4.523
76/77 192.462 4.506
79/80 247.720 4.421
85/86 186.853 4.087
90/91 184.563 3.801
95/96 151.832 3.405
96/97 165.160 3.394
97/98 155.743 3.391
Fonte: Commissione Europea, DG VI.
1.2.3 - Un vigneto che si rinnova lentamente.
Anche sé un vigneto può restare in produzione per un periodo piuttosto
lungo, dal punto di vista economico, la durata di produzione è limitata dalla
redditività. Al di là di un certo numero di anni, la produttività di un vigneto è
inferiore alla soglia minima di redditività; si stima che questo limite temporale
debba situarsi intorno ai 25 anni nelle regioni settentrionali e sui 30 per le regioni
meridionali dell’Unione. Per assicurare il mantenimento del potenziale produttivo
di un vigneto è necessario che questo venga rinnovato, ed un indicatore del trend
di questo rinnovamento è rappresentato dal rapporto tra la superficie dei nuovi
impianti (e reimpianti) e la superficie totale in un anno determinato. Il tasso di
rinnovamento ottimale per l’Ue è stimato intorno al 3-3.5% annuo. La tabella
10
fornisce i valori relativi ai nuovi impianti ed il tasso di rinnovamento in alcuni
Stati membri: si può notare che tale tasso è, in questi ultimi anni, inferiore a
quello ottimale in tutti gli Stati considerati. Andamento contrari si registra per il
tasso di rinnovamento dei vigneti destinati ai vini di qualità che è superiore a
10
Commissione Europea, DG VI (1998).
14
quello degli altri vigneti; l’Italia e Portogallo attestano il loro tasso, nel ’96, vicino
al tasso ottimale del 3% frutto degli sforzi di riconversione varietale intrapreso in
questi Paesi.
Tasso di rinnovamento del vigneto dell’UE.(in ettari).
FRANCIA ITALIA GERMANIA
LUSSEMBURGO
GRECIA SPAGNA PORTOGALLOANNO
Tasso
Sup.Re-
impianti
Tasso Sup.Re-
impianti
Tasso Sup.Re-
impianti
Tasso Sup.Re-
impianti
Tasso Sup.Re-
impianti
Tasso Sup.Re-
impianti
Tasso Sup. Re-
impianti
‘75 2% 25.779 1.58% 18.719 4.7% 4.699 3.3% 42
- - - - - -
‘80 1.7% 19.825 1.1% 12.614 5.6% 5.323 5.8% 77
- - - - - -
‘85 1.7% 17.253 1.1% 11.047 4.4% 4.467 4.5% 59 1.1% 1.008 0.4% 5.813 - -
‘90 2.7% 25.739 1.9% 17.810 2.8% 2.832 3% 39 1% 821 0.96% 12.966 5% 12.686
‘95 1.6% 15.312 1.1% 9.681 - - - - - - - - 0.9% 2.457
Fonte: EUROSTAT.
1.2.4 - Le caratteristiche strutturali della viticoltura nella UE.
I dati sulla struttura delle aziende agricole europee distinguono le aziende
secondo il tipo di vino prodotto: “vini di qualità” e “altri vini” (essenzialmente
vini da tavola) rappresentano così la classificazione stabilita nel quadro
dell’organizzazione comune nel settore del vino. Questa distinzione impone però
di fare due osservazioni: da una parte il riconoscimento ed il controllo dei vini di
“qualità” è di competenza di ciascuno stato membro, e non raramente essi hanno
seguito approcci differenti che non riflettono le qualità intrinseche del vino.
D’altra parte sarebbe erroneo dedurre da questa classificazione che solo i
“vini da tavola” sono soggetti a problemi di smaltimento; è vero, in effetti, che
questi ultimi sono maggiormente svantaggiati dal ribasso generalizzato dei
consumi. Tuttavia gli sviluppi recenti del mercato portano ad affievolire questa
regola: certi vini classificati da tavola hanno conosciuto una ripresa molto
interessante ed in generale si tratta di vini ben identificati con appellativi vari,
dipendenti dallo Stato considerato (vins de pays, indicazione geografica tipica,
landwine). Alternativamente alcuni problemi di sbocco si pongono invece per
certi vini di qualità: un problema che scaturisce dal ruolo attribuito all’appellativo
“vino di qualità, vino D.O.C.” o altro termine usato dalle legislazioni nazionali. Se
15
s’intende attribuire la qualifica di DOC ad un vino che veramente presenta
requisiti di qualità ed unicità allora il successo del prodotto sarà innegabile; se
invece s’intende attribuire la qualifica di DOC ad un vino qualunque e anonimo
per incoraggiarne la produzione ed il mercato, allora il fallimento del progetto
sarà sicuro. Insomma è giusto attribuire un riconoscimento ad un vino già
affermato, per proteggerlo, ma non attribuire una menzione di qualità ad un vino
solo per promuoverlo ed incentivarne il mercato di riferimento.
Ripartizione della superficie vitata in categorie qualitative (migliaia di ha).
Stato membro Superficie per i
vini di qualità
Superficie per gli
altri vini
% ha per vini di
qualità sul totale
Germania 98.160 - -
Grecia 12.940 40.940 24%
Spagna 576.760 334.460 64%
Francia 530.640 355.300 60%
Italia 248.620 556.200 31%
Lussemburgo 1.280 - -
Portogallo 87.910 146.980 37%
Austria 38.612 16.548 70%
Regno Unito - 860 -
Totale UE 1.611.920 1.434.740 53%
Fonte: Eurostat.
Sulla base dell’“Inchiesta sulla struttura delle aziende agricole, 1995”
condotta da Eurostat si può caratterizzare l’organizzazione della viticoltura
europea secondo l’orientamento tecnico-economico (OTE)
11
delle aziende, la loro
dimensione economica (UDE)
12
e l’ampiezza dei loro vigneti.
11
OTE di un’azienda agricola è determinato dall’incidenza relativa di ciascuna attività sul
Margine Lordo Standard totale dell’azienda. Si considerano specializzate in viticoltura le aziende
in cui il vigneti occupa i 2/3 dell’attività svolta.
12
UDE: è una misura della dimensione economica dell’azienda agricola, legata al “margine di
profitto lordo standard.
1 UDE= 1200 ECU. L’MLS di un prodotto vegetale è il valore della produzione di un ettaro meno
i costi variabili necessari per ottenere questa produzione.