5
Secondo la definizione contenuta nei manuali privatistici
2
:
“Le norme di diritto privato si distinguono in derogabili
(o dispositive) e inderogabili (o cogenti o imperative):
si dicono inderogabili o cogenti quelle norme la cui
applicazione è imposta dall’ ordinamento prescindendo
dalla volontà dei singoli ; derogabili o dispositive le
norme la cui applicazione può essere evitata mediante
un accordo degli interessati.”
Lo jus cogens ( cui il manuale si riferisce con gli equivalenti termini di norme
inderogabili, o cogenti o imperative
3
) costituirebbe una parte così essenziale per il
legislatore di uno Stato al punto da non permettere alle parti private di derogarvi in
favore di una disciplina diversa , frutto dell’ incontro delle volontà. Trattasi di un nucleo
di norme che il legislatore riterrebbe fondante ed imprescindibile per la società che
disciplina.
2
Torrente-Schlesinger , Manuale di Diritto Privato, Milano, 1994, pagg. 18 – 19.
3
E parimenti nel Diritto Internazionale si parla di norms from which States cannot derogate inter se
(Verdross, Forbidden Treaties in International Law, in Suy - a cura di - , The Concept of Jus Cogens in
International Law ,Lagonissi Conference Papers and Proceedings, VOL II, Geneve, 1967, pag.28),di
general rules of international law which do not admit any modification ( Bartos & Andrassy ,
Medunarodno Pravo,in Suy - a cura di - ,A.A. V.V. The Concept of Jus Cogens in International Law,
Conference on International Law, Lagonissi, Greece, Papers and Proceedings, VOL II, Geneve, 1967, cit.,
pag.46).
6
1. 2. Jus Cogens ed ordine pubblico
La spiegazione di una tale scelta da parte del legislatore riposa in un altro concetto,
quello di ordine pubblico
4
.
Tale concetto è legato ad una scelta di politica giuridica fatta preventivamente dal
legislatore nel momento in cui si tratta di definire le caratteristiche dello Stato.
Ogni periodo storico è stato caratterizzato da diversi tipi di Stato a seconda degli
interessi che il legislatore (ieri il monarca assoluto, oggi il Parlamento di una
democrazia rappresentativa) ha ritenuto, in quel momento, degni di particolare
attenzione e protezione rispetto alla volontà dei singoli individui che ne compongano la
Comunità.
Proteggendo alcuni interessi rispetto ad altri , il legislatore connota in maniera tipica le
caratteristiche del proprio Stato.
4
Concetto al quale diversi giuristi internazionali si riferiscono col termine di public policy: Jenk, The
Prospects of International Adjudication, 1964; Quadri, Diritto Internazionale Pubblico, 1963; Dabin;
tutti in Suy (a cura di ), Lagonissi Conference, cit. pag. 38, pag. 41 e pag. 44.
7
Nell’ambito del diritto internazionale privato a proposito dell’applicazione della legge
di uno Stato straniero
5
, i manuali privatistici definiscono così l’ordine pubblico
6
:
è il complesso delle disposizioni che non possono
essere derogate dai privati
e quindi a maggior ragione dagli effetti di una legge non appartenente al sistema
giuridico del nostro Paese.
Il legislatore, oltre che sancire l’impossibilità per i privati di derogare a tali norme, ne
rafforza il contenuto prevedendo l’illiceità della causa di un negozio giuridico quando
questa sia contraria a norme imperative e all’ordine pubblico
7
(ed in particolare si
distingue entro il concetto di illiceità, quello di illegalità proprio per contrarietà a tali
due elementi, e quello di immoralità per contrarietà al buon costume, ossia ai principi
morali comunemente accolti); l’illiceità della causa produce la nullità del negozio
giuridico: per il sistema giuridico un negozio concluso in maniera contraria ai principi
5
Art. 16, L. 218/95:”1.La legge straniera non è applicata se i suoi effetti sono contrari all’ordine
pubblico”.
6
Torrente-Schlesinger, Manuale, cit., pag. 49.
7
Art.. 1343 del Codice Civile.
8
ritenuti irrinunciabili è considerato nullo ab initio, ossia dal momento della sua
conclusione.
Lo stesso succede per la condizione contraria a norme imperative ed all’ordine
pubblico
8
; nullità che, anche se non espressamente comminata da una norma (c. d. :
nullità virtuale ), colpisce il negozio giuridico in sé, nel caso in cui sia contrario a
norme imperative, nonostante la sua causa e la sua condizione siano perfettamente
lecite
9
.
8
Con la differenza che mentre nei negozi inter vivos si considera nullo l’ intero negozio, nei negozi
mortis causa è data per non apposta, avendo il legislatore optato, in questo caso, per il favor testamenti
pur senza rinunciare all’ordine pubblico.
9
Art. 1418 , comma 1° del Codice Civile.
9
1. 3. Particolarità del sistema di diritto internazionale e problemi
dell’applicabilità di concetti di diritto privato al diritto
internazionale
Necessita ora vedere se e come i concetti di ‘norma imperativa ’ ed ‘ordine pubblico ’,
nati nell’alveo della disciplina privatistica, possano inserirsi nel contesto del diritto
internazionale, considerate le particolarità di tale branca del diritto.
Innanzitutto una considerazione a cui non ci si può sottrarre e quella che nel diritto
internazionale non esiste la figura del legislatore, intesa come autorità superiore che
legifera in questa o quella materia; la Comunità Internazionale (cioè l’ insieme degli
Stati che la compongono in un dato momento storico) non ha sopra di se un’ autorità
che ‘dice legge ’
10
, che fissa le regole in base alle quali gli Stati devono svolgere la
propria attività nell’arena internazionale.
Ogni Stato è sovrano e pari agli altri Stati e può regolare i propri rapporti con questi per
mezzo di trattati (che non sono altro che il frutto delle volontà degli Stati che
10
Rozakis , The Concept of Jus Cogens in the Law of Treaties, Amsterdam-NYC-Oxford, 1976, pag. 6,
la definisce come un hierarchical horizontal legal system.
10
s’incontrano per regolare, a seconda degli specifici interessi in gioco, i propri rapporti)
o di consuetudini ( ossia di comportamenti ripetuti nel tempo – diuturnitas o prassi –
accompagnati dal convincimento che questi comportamenti abbiano la forza della legge
presso gli Stati – opinio iuris ac necessitatis ).La differenza tra trattati e consuetudine
risiede invece nel fatto che mentre i trattati producono norme di tipo particolare (ossia
vigenti esclusivamente tra gli Stati che hanno firmato e successivamente ratificato gli
accordi presi), le consuetudini producono norme di tipo generale , ossia vigenti per l’
intera Comunità degli Stati.
E’ proprio da una norma di tipo consuetudinario, pacta sunt servanda (norma che
vincola gli Stati a tener fede agli accordi conclusi con altri Stati) che si fa derivare la
capacità dei trattati di essere fonte di diritto internazionale, anche se particolare.
Un ordinamento internazionale privo di un nucleo di norme comuni e condivise dagli
Stati, ma caratterizzato solo da trattati regolanti i rapporti tra gli Stati, non potrebbe
definirsi tale ma sarebbe solo un insieme di ordinamenti particolari tra gruppi di Stati.
11
Questi due istituti giuridici internazionalistici (trattato e consuetudine) richiamano gli
analoghi istituti privatistici del negozio giuridico e dell’uso
11
.
Di fronte a queste particolarità del sistema giuridico internazionale, prima fra tutte la
mancanza di un legislatore, i giuristi internazionali si sono affrontati nel tentativo di
comprendere come nozioni di carattere privatistico, come quelle di ordine pubblico e jus
cogens, potessero essere applicate a tale sistema senza vederne mutati significato e
funzione.
11
Torrente-Schlesinger, Manuale, cit., pag. 25 recita testualmente:
”Due sono,pertanto gli elementi che tradizionalmente concorrono a formare l’uso o consuetudine:
1)l’ elemento materiale ed oggettivo costituito dalla generale,costante ed uniforme ripetizione del
comportamento;
2)l’elemento spirituale o psicologico rappresentato dall’opinio iuris et necessitatis:esso consiste
nel convincimento di uniformarsi ad un obbligo giuridico.’
12
1. 3. 1. I lavori della Commissione di Diritto Internazionale ( ILC ) in sede
di redazione della Convenzione sul Diritto dei Trattati e quelli della
Conferenza di Lagonissi del 1966
Principale terreno di scontro furono le sedute della Commissione di Diritto
Internazionale ( che per comodità chiameremo di qui in avanti ILC
12
) in occasione dei
lavori preparatori della Convenzione sul Diritto dei Trattati
13
, allorché si passò alla
discussione dei progetti degli artt. 53 e 64, che nella Convenzione disciplinano la causa
di nullità per contrasto con una norma imperativa ( jus cogens ).
L’ ILC cominciò la preparazione della Convenzione sul Diritto dei Trattati nel 1949.
Il primo relatore speciale ( Brierly ) non si occupò dello jus cogens nelle sue relazioni.Il
secondo relatore speciale ( Lauterpacht ) propose nella sua prima relazione (1953) un
articolo che prevedeva la nullità di un trattato per illiceità dell’oggetto; Lauterpacht
affermava che, nel riscontrare se un trattato fosse o meno nullo, non bisogna
12
Dal nome inglese: International Law Commission
13
Convenzione di Vienna sul Diritto dei Trattati ( 23 Maggio 1969 ), entrata in vigore il 17 Gennaio
1980. E’ un tipico esempio di accordo codificatorio, ossia volto a codificare determinate norme
consuetudinarie.
13
semplicemente badare al fatto che rispetti una norma internazionale consuetudinaria,
che gli Stati possono modificare nelle loro relazioni reciproche, ma bisogna porre
attenzione a che rispetti quegli overriding principles of international law considerati
come principi costitutivi dell’ ordine pubblico internazionale da rinvenirsi in principi di
moralità internazionale
14
.
Successivamente il terzo relatore speciale ( Fitzmaurice ), nella sua terza relazione
(1958), affermò che una causa di invalidità di un trattato si aveva quando il trattato si
allontani o contrasti con norme di diritto internazionale assolute ed imperative aventi la
natura dello jus cogens. Fitzmaurice, anziché nulli, considerava i trattati contrari allo jus
cogens inapplicabili. Fitzmaurice e Lauterpacht combinarono approcci di diritto
positivo con approcci di diritto naturale.
Nessun riferimento al diritto naturale fece a contrario il quarto relatore speciale
(Waldock), il cui ruolo fu di primaria importanza per l’ opera della ILC. Infatti i suoi
progetti di articoli ( 1963) furono la base del progetto finale dell’ art. 50 redatto
14
Hannikainen, Peremptory Norms(Jus Cogens)in International Law, Jyvaskyla, 1988, pagg. 157 - 158
14
successivamente dalla ILC stessa e che sarebbe diventato l’ odierno art. 53 della
Convenzione.
Waldock, affermando la nullità del trattato che violasse una norma generale di diritto
internazionale avente il carattere dello jus cogens, dava una definizione di jus cogens
15
:
‘jus cogens’ means a peremptory norm of general
international law from which no derogation is permitted
except upon a ground specifically sanctioned by general
international law, and which may be modified only by a
subsequent norm of general international law.
Waldock, per spiegare l’ esistenza dello jus cogens, si rifaceva al concetto di ordine
pubblico
16
:
imperfect though the international legal order may be,
the view that in the last analysis there is no international
public order – no rule from which the States cannot at
their own free will contract out – has become increasingly
difficult to sustain. The law of the Charter concerning the
use of force and the development – however tentative – of
international criminal law presupposes the existence of an
international public order containing rules having the
character of jus cogens.
15
Hannikainen, Peremptory Norms, cit., pag. 160.
15
Da queste affermazioni presero inizio i dibattiti intorno allo jus cogens in seno alla ILC
nel 1963 e nel 1966.
Nella discussione del 1963, diciassette membri della ILC su venticinque espressero le
loro opinioni sull’art. 37
17
del progetto di Convenzione e nessuno di loro era contro
l’esistenza dello jus cogens nel diritto internazionale contemporaneo e nessuno si
opponeva all’includere nella Convenzione la previsione normativa sullo jus cogens.
Molti membri che si riferivano allo jus cogens ne parlavano come una questione di
diritto positivo; tuttavia, laddove il de Luna metteva semplicemente in risalto che
l’obbligatorietà delle norme imperative avesse una base diversa rispetto a quella della
volontà degli Stati, altri membri (Rosenne, Pal e Yasseen) parlavano esplicitamente in
termini di diritto naturale
18
. Yasseen, in particolare, metteva in risalto il fatto che nel
diritto internazionale una norma, non essendoci un organo che ne stabilisse la posizione
16
Hannikainen, Peremptory Norms, cit., pagg. 159 – 160.
17
Esso recitava: “Treaty conflicting with a peremptory norm of international law (jus cogens) – A treaty is
void if it conflicts with a peremptory norm of general international law from which no derogation is
permitted and which can be modified only by a subsequent norm of general international law having the
same character” riportato da Hannikainen, Peremptory Norms, cit., pag.159-160.
18
Hannikainen, Peremptory Norms, cit., pagg. 160 – 161.
16
nella gerarchia delle norme, dovesse, non solo essere accettata da un ampio numero di
Stati per essere imperativa, ma dovesse anche essere ritenuta necessaria alla vita
internazionale ed essere profondamente radicata nella coscienza internazionale
19
.
Nonostante questi punti di accordo tra gli studiosi, non c’ era chi mancava di far notare
quelli di disaccordo; in questa ottica Bartos, presidente del comitato di stesura, faceva
notare che il comitato era stato costretto a non presentare una definizione più specifica
di jus cogens: almeno due terzi dei membri del comitato si erano opposti ad ogni
formula che era stata proposta. Tuttavia, faceva notare Tunkin, i membri del Comitato si
erano trovati d’accordo sul fatto che le norme imperative fossero norme alle quali gli
Stati non potessero derogare; che queste norme esistessero nel diritto internazionale e
che esprimessero l’ interesse della Comunità nel suo insieme. Ed infatti il commento
del Comitato non mancava di riferirsi all’art. 37 come norma che trattasse di universal
international law
20
.
19
Hannikainen, Peremptory Norms, cit.,pag. 163.
20
Hannikainen, Permptory Norms, 1988, pag. 161.
17
Nonostante il successivo commento del 1966 della ILC affermasse che l’emergere di
norme aventi il carattere dello jus cogens fosse comparativamente recente, implicando
quindi che si trattasse di un processo corrente di rapido sviluppo del diritto
internazionale, molti membri espressero opinione contraria a riguardo: El Erian affermò
che il concetto di jus cogens si fosse originato riguardo a crimini universali quali la
pirateria ed il commercio degli schiavi, i cui rispettivi divieti erano stati ritenuti a lungo
norme imperative; anche Yasseen enfatizzò il carattere imperativo del divieto di
pirateria e del commercio degli schiavi. Castrén, mettendo in evidenza il fatto che il
principio della libertà delle acque internazionali esistesse da oltre cento anni, escludeva
che fosse esatto affermare che lo jus cogens fosse recentemente emerso. Ago pensava
che il concetto di jus cogens non fosse interamente nuovo e che anzi fosse conosciuto
nel diritto internazionale prima della Grande Guerra: alcune norme di diritto del mare,
che vengono ritenute imperative in tempi moderni, erano considerate imperative nel 19°
secolo ed anche prima. Rosenne credeva che lo jus cogens esistesse da lungo tempo nel
18
diritto internazionale, anche se in forma larvata
21
.
Tunkin, rientrando nella corrente d’opinione maggioritaria entro la ILC, affermò che lo
jus cogens fosse una innovazione recente provocata da cambiamenti storici e dal fatto
che certi aspetti delle relazioni individuali tra Stati fossero diventati di interesse per tutti
gli Stati. Secondo Pal, la Lega delle Nazioni doveva considerarsi come il primo
tentativo di sostituire l’uso cieco della forza nelle relazioni internazionali, con il
meccanismo di una qualche specie di ‘constitutional government’
22
.
21
Hannikainen, Peremptory Norms, cit., pag. 162.
22
Hannikainen, Peremptory Norms, cit., pag. 162.