II
La mia scelta è dovuta a ragioni di carattere non solo personale, ma anche
oggettive: la difficoltà nel reperire materiale sia in russo, che in traduzione,
hanno costretto l’interessata a limitare la sua ricerca ai soli testi reperibili e
consultabili. Gli archivi delle biblioteche moscovite sono inaccessibili al lettore
perché è tuttora in corso la catalogazione, gli archivi delle biblioteche italiane
non presentano nei loro cataloghi una sufficiente produzione dell’opera di Bulat
Okudžava. La ricerca di testi e articoli su internet è stata relativamente
“fruttuosa”: navigando su www.google.it, o su www.yandex.ru ho trovato
informazioni sulla vita, sulla sua opera poetica e prosastica, testi originali delle
liriche accompagnate da accordi musicali, interi testi in lingua russa delle opere
in prosa.
Il presente testo è suddiviso in quattro capitoli; il primo vuole delineare le
tappe fondamentali della vita e dell’opera letteraria e poetica del bardo; nel
secondo capitolo ho analizzato, sulla base del materiale trovato e raccolto ( in
Italia e a Mosca), solo alcune opere in prosa dell’autore: è mia intenzione trattare
i tre romanzi storici dell’autore Bednyj Avrosimov (Il povero Avrosimov),
Pochoždenija Šipova, ili starinnyj vodevil’. Istinnoe kroisšestvie (L’agente di
Tula) e Svidanie s Bonapartom (Appuntamento con Bonaparte) ed il romanzo
autobiografico Bud’ zdorov, školjar (In prima linea). Dei primi due romanzi
storici ho indicato quelle che ritengo essere le implicite, nascoste allusioni non
solo ad una precisa epoca nella storia sovietica, ma anche a specifiche attività
politiche di quel periodo. Nel terzo romanzo storico ho invece impostato l’analisi
sulla direzione del rapporto tra l’uomo e gli avvenimenti storici, ma ancor prima
il rapporto dell’essere umano con le tre entità drammatiche evidenziate nel corso
della narrazione.
Il terzo capitolo è dedicato al romanzo autobiografico di Okudžava, del quale
voglio definire quella che considero essere la salda posizione etica dell’autore nei
confronti di un evento storico, che ha occupato all’interno della sua poetica un
posto di rilievo: l’esperienza della seconda guerra mondiale, vista e vissuta da un
ragazzo, appena diciottenne, partito volontario per servire la patria come allora
comandava il partito o, per meglio dire, lo Stato sovietico.
III
Il quarto capitolo è riservato alla poesia, e a tale proposito ho scelto di
delineare il quadro storico-letterario del fenomeno della “canzone d’autore” in
Unione Sovietica a partire dalla morte di Stalin per poi arrivare a delineare la
situazione del poeta. In seguito ho preso in esame alcuni temi delle poesie-
canzoni del bardo moscovita, per poi successivamente scendere nel dettaglio.
All’interno dei temi trattati ho deciso di inserire estratti di canzoni o liriche
intere, sia nella versione originale che delle traduzioni pubblicate. Bisogna però
tener presente che le poesie-canzoni di qualsiasi bardo devono essere sentite dalla
sua esecuzione, registrata o naturale che sia, poiché a volerle leggere come poesie
il lettore-ascoltatore non riceve nessuna emozione, nessun impulso, nessuna
eccitazione, nessun batticuore, nessun sussulto. La semplicità delle parole unita
alla semplicità della melodia e alla limpidezza della voce hanno senz’altro
contribuito alla facile ed immediata memorizzazione delle sue canzoni: basta
tendere l’orecchio e prestare attenzione per pochi minuti all’esecuzione di un
bardo, che strofe delle sue canzoni vengano intonate, al termine del canto, dal
fruitore della sua musica.
1
Capitolo primo
La vita e l’opera
Bulat Šalvovič Okudžava è nato a Mosca, in un appartamento al quarto piano
del civico 43 dell’Arbat, il 9 maggio 1924 in una famiglia di esponenti del
partito. Il poeta stesso ricorda la sua origine georgiana, testimoniata non solo dal
suo nome, (Bulat è nome di provenienza georgiana), ma anche dalle parole: “Di
origine sono georgiano, ma come dicono i miei amici georgiani, « georgiano di
nascita moscovita»”
1
.
1
“По происхождению я — грузин, но, как говорят мои грузинcкие друзья, «грузин
московского разлива»”, in Okudžava, 2002, pag. 11
2
Il padre, Šalva Okudžava, di nazionalità georgiana, era un giovane membro
dell’unione della gioventù comunista e nel 1922 fu mandato a Mosca per
terminare i suoi studi. Nel luglio 1924 venne trasferito a Tiflis, dove ricoprì
diversi incarichi di partito fino al 1933, tra cui quello di commissario della scuola
militare di comandante georgiana. Nel 1933 venne nominato dal Comitato
Centrale del Partito comunista pansovietico segretario del comitato di partito
dello stabilimento degli Urali per la produzione di carrozze ferroviarie a Nižnij
Tagil
2
. Nel 1934 Šalva si trasferì assieme alla famiglia a Nižnij Tagil, città della
catena degli Urali. Nel 1935 fu eletto primo segretario del comitato cittadino del
partito di Nižnij Tagil ed assunse un’importante funzione all’interno, mentre la
madre, Ašchen Stepanovna Nablandjan, di nazionalità armena, lavorò come
segretaria del comitato rionale. Nel 1930, quando il partito trovò alla madre un
lavoro a Tiflis, ella raggiunse il marito, ma dopo la sua nomina a Nižnij Tagil,
tornò a Mosca, poi fino all’arresto del marito visse a Nižnij Tagil. Insieme ad
altri nove membri della famiglia, Šalva, nel febbraio 1937, venne arrestato e il 14
dicembre 1938 venne fucilato sotto l’accusa di essere una spia al servizio dei
tedeschi e dei giapponesi. Assieme ad altri dirigenti politici delle sezioni del
partito, formatisi nel corso degli anni Trenta, Šalva fu inghiottito dalle purghe del
1937-1938, cadendo vittima della repressione sistematica della classe dirigente
attuata da Stalin.
2
“ B 1933 г. ЦК ВКП назначил его секретарем парткома Уралвагонзавода в Hижнем
Tагиле”, in Sažin V., 2001, pag. 56
3
Bulat al momento dell’arresto del padre aveva appena 13 anni. Insieme alla
madre tornò a Mosca, nelle due piccole stanze dell’appartamento sull’Arbat e,
poco tempo dopo, venne anche lei arrestata. La madre trascorse diciotto anni
internata, passando da un lager all’altro. Nel 1947 la madre venne liberata dai
lager, le fu trovato un lavoro di contabile in una cittadina della campagna
armena, ma dopo circa due anni dal suo rilascio venne nuovamente arrestata e
successivamente deportata. Soltanto nel 1956, data del suo ritorno dai lager,
Bulat ebbe modo di rincontrare la madre amata.
Dopo l’arresto della madre, Bulat fu educato e cresciuto assieme al fratello
Viktor, più giovane di lui di dieci anni, dalla nonna a Mosca. Visse sull’Arbat e
continuò gli studi. Durante gli anni scolastici, fin dall’età di 14 anni, lavorò come
comparsa, operaio di scena nel teatro e come fabbro. Nel 1940 a causa del suo
“carattere ribelle e disubbidiente”
3
e delle precarie condizioni economiche venne
mandato da una zia materna a Tbilisi (la città fino al 1936 si chiamava Tiflis).
All’inizio della seconda guerra mondiale, denominata dai russi Velikaja
Otečestvennaja Vojna, (Grande Guerra Patriottica) fu impiegato come tornitore
in un’ industria bellica. Bulat Okudžava ebbe a dire:
“ Sono stato considerato un pacifista. In realtà non è così. Se qualcuno
minacciasse la mia casa, impugnerei subito un bastone; se il nemico attaccasse il
mio paese, comincerei a sparare, ma tutto ciò senza alcun entusiasmo né gioia.”
Fu perché spinto dall’amore inesauribile per la sua terra che questo figlio di
“nemici del popolo” partì volontario per il fronte, all’età di diciotto anni, nel
1942, dopo aver terminato la nona classe (Giacone, 1986). Della sua esperienza
di soldato volontario al fronte ricorda quanto segue: ”Ero, adesso lo ricordo, un
soldato ridicolo e goffo, senz’altro. Ma mi sforzavo onestamente di fare quello
che mi veniva affidato. Non divenni un eroe. Rimasi vivo. Fui ferito.”
4
Fu
3
“Совсем отбился от рук ”, in Okudžava, 2001, B, pag. 59
4
soldato di riserva nella divisione dei mortai, dopo due mesi di addestramento fu
impegnato sul fronte nord-caucasico, successivamente fu radiotelegrafista nel
reparto dell’artiglieria pesante. Fu ferito nei pressi di Mozdok. Nel 1945 venne
congedato e tornò nuovamente a Tbilisi.
Dopo la guerra, Okudžava terminò gli studi da autodidatta e, nell’autunno del
1945, si iscrisse alla Facoltà di Filologia dell’Università di Tbilisi, dove studiò
dal 1945 al 1950. Al primo anno di studi, al 1946, risale la sua prima canzone,
Gori, ogon’, gori, (Brucia, fuoco, brucia). Così Okudžava la ricorda:
“ Composi la prima canzone del tutto per caso nel 1946. Allora ero studente
iscritto al primo anno di università. Ero molto fiero del mio nuovo stato, e dato
che scrivevo versi, decisi assolutamente di scrivere una canzone studentesca.”
5
Dal 1950, dopo la laurea in lettere, fino al 1955, Okudžava insegnò nel villaggio
di Šamordino e nel centro Vysokiniči della regione di Kaluga, successivamente
insegnò lingua e letteratura russa come maestro di scuola elementare nella
regione di Kaluga. Sempre qui lavorò come corrispondente e collaboratore
letterario per le riviste “Znamja” e “Molodoj Lenineс”.
Nel 1956 tutta la famiglia fu riabilitata. La riabilitazione designava, secondo il
critico Vittorio Strada
6
, il diritto di riammissione nella comunità, fisicamente o
nel ricordo collettivo, degli «espulsi», cioè di coloro che durante l’età staliniana
erano stati scacciati dalla società e uccisi o reclusi nei lager.
4
“Был очень, сейчас я вспоминаю, смешной и нелепый солдат, конечно. Но — старался
делать то, что мне поручалось. Героем не стал. Остался жив. Был ранен .”, in Okudžava,
2002, pag. 11
5
“ Первая песня появилась у меня совершенно случайно в 46-м году. Toгда я был
студентом 1-го курса университета. Я очень гордился своим новым званием и, так как я
писал стихи, решил написать обязательно студенческую песню.”, in Okudžava, 2002, pag.
31
6
Strada V., 1991, pag. 461
5
Nello stesso anno Okudžava aderì al PCUS, Partito Comunista dell’Unione
Sovietica, del quale rimase membro fino al 1990. Nel 1956, dopo la
pubblicazione della sua prima raccolta di versi Lirika (Lirica), Okudžava si
trasferì a Mosca. Nella capitale sovietica partecipò ai lavori del gruppo letterario
“Magistral’”, lavorò come redattore presso la casa editrice “Molodaja Gvardija”,
successivamente come direttore della rubrica di poesia della rivista
“Literaturnaja Gazeta” fino al 1962. Nel 1957 così lo ricordava il poeta Evgenij
Evtušenko nella sua Autobiografia:
“Il poeta Bulat Okudžava correggeva noiosi manoscritti in una casa editrice. Ma
la sera, davanti ad un quartino di vodka, egli cantava, accompagnandosi con la
chitarra, le sue irripetibili poesie-canzoni a due o tre amici, senza sospettare che
dopo pochi anni esse sarebbero state riprodotte all’infinito sui nastri dei
registratori.”
7
Giunto a Mosca, Okudžava cominciò presto a cantare agli amici i propri versi,
accompagnandosi con la chitarra. Secondo Evtušenko, la popolarità raggiunse
Okudžava quando “prese in mano la chitarra e iniziò a cantare i suoi versi sotto
una propria non complessa, tuttavia molto melodica e ricordabile musica”
8
. Le
registrazioni delle sue poesie si diffusero rapidamente in Unione Sovietica, dando
origine al fenomeno culturale degli anni post-staliniani definito ora “canzoni non
ufficiali”, ora come “poesia alla chitarra”, o ancora come “magnitizdat”, cioè
letteratura su nastro magnetico. Oltre ad Okudžava, fecero parte del movimento
dei “bardi e menestrelli” Vladimir Vysotski, Aleksandr Galič, Novella Matveena,
Jurij Kukin, Aleksandr Gorodnickij, per citarne soltanto alcuni.
7
“ Поэт Булат Окуджава редактировал в издательстве скучные рукописи. По вечерам за
стопкой водки он пел под гитару двум–трем своим друзьям свои неповторимые песенные
стихи, не подозревая что через несколько лет их будут переписывать на множество
магнитофонных пленок.”, in Tarasova N., 1968, pag. 7
8
“ …. oн взял в pyки гитару и начал петь под собственную несложную, однако очень
мелодичную, запоминающуюся музыку свои стихи “, Evtušenko E., ”O Bulate Okudžave.
(Strofy veka) “, in http://www.litera.ru/stixiya/articles/61.html
6
Dal 1945 le poesie di Okudžava erano state pubblicate sulla rivista del
distretto militare del Caucaso “Boec RKKA (Raboče-Krest’janskaja Krasnaja
Armija)”, (Soldato dell’Armata Rossa degli operai e dei contadini) sotto lo
pseudonimo di A. Dolženov. Nel corso del 1946 pubblicò altri suoi versi su
questa rivista. Tra il 1953 ed il 1956 i versi di Okudžava apparvero regolarmente
sulle pagine delle riviste di Kaluga.
L’esordio poetico di maggiore risonanza presso il pubblico avvenne nel 1956 con
la pubblicazione del volume Lirika e di sue poesie sulle principali riviste
letterarie, come “Novyj Mir”, “Znamja”, “Molodaja Gvardija” ecc. Il 1956 è
l’anno del XX˚ Congresso del Partito Comunista, in cui Chruščёv parlò della
violazione, nel passato, delle norme che dovevano regolare la vita interna del
partito, e criticò la sopravvalutazione del ruolo dell’individuo nella storia – il
culto della personalità -, sottolineando l’esplicita ammissione delle
responsabilità personali di Stalin nelle repressioni di massa nella fine degli anni
Trenta, quando era stata sterminata non solo la vecchia guardia bolscevica, ma
anche la generazione di dirigenti e funzionari saliti al potere negli anni della
collettivizzazione e dell’industrializzazione del paese. Nel 1956 l’intera società
sovietica “si sgela”, è percorsa da profondi fremiti, da una sete avida di
rinnovamento. In questa febbre delle coscienze la letteratura, ma in particolare la
poesia, assume un ruolo di primo piano: si fanno riudire i poeti più illustri da
tempo ormai silenziosi, come Pasternak e l’Achmatova, riappaiono poeti da
tempo al bando come Zabolotskij e Martynov; nuove voci giovani si fanno avanti
impazienti col desiderio di farsi interpreti delle generazioni nuove. E’ in questa
atmosfera che avviene l’esordio di Okudžava, anche se il poeta non poteva dirsi
anagraficamente giovane, poiché aveva ormai passato la trentina. Egli aveva però
alle spalle esperienze dolorose e pesanti, come la morte per fucilazione del
padre, sospettato di essere una spia al sevizio dei tedeschi e dei giapponesi, e il
triste destino della madre, rinchiusa per diciott’anni nei lager sovietici.