2
Il secondo approfondisce i problemi e le questioni relative al contratto
collettivo di lavoro, unico strumento utile per regolare tutte le materie relative al
rapporto d’impiego per le categorie di lavoratori pubblici soggetti alla
privatizzazione. In particolare ho trattato il procedimento di formazione,
l’efficacia e l’interpretazione dei contratti collettivi.
Sono oggetto di trattazione nel terzo e nel quarto capitolo l’origine del
rapporto e l’organizzazione dei dipendenti pubblici: gli accessi al pubblico
impiego mediante procedura selettiva e quelli extraconcorsuali e l’attuale
ordinamento professionale.
Nel quinto sono esplicati analiticamente i diritti patrimoniali e non
patrimoniali degli impiegati pubblici. Nel sesto mi soffermo sull’esposizione degli
obblighi e delle responsabilità dei pubblici dipendenti e sul procedimento
disciplinare in tutti i suoi diversi momenti (dalla contestazione degli addebiti sino
all’irrogazione della sanzione). Al termine non manca un paragrafo relativo ai
rapporti fra il procedimento disciplinare e gli altri giudizi, soprattutto quello
penale.
I due capitoli successivi parlano dei motivi di modificazione e di estinzione
del rapporto. Interessante è l’esame degli istituti della flessibilità che negli ultimi
tempi si stanno diffondendo sempre più.
Il nono presenta il riparto delle competenze fra giudice ordinario ed
amministrativo nel pubblico impiego privatizzato e gli strumenti deflattivi del
contenzioso quali il tentativo obbligatorio di conciliazione e l’arbitrato.
3
La tesi di laurea termina con l’esposizione del modello di dirigenza
presentato dal d. lgs. 165/2001 novellato dalla legge Frattini n. 145/2002.
L’inizio riferisce della distinzione fra politica ed amministrazione sia in generale
sia nella normativa specifica; successivamente vengono esposti tutti i caratteri
del modello della dirigenza amministrativa statale tra cui quella scolastica e
quella del Servizio sanitario nazionale che presentano specificità giuridiche.
LA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA NEL PUBBLICO IMPIEGO PRIVATIZZATO
4
CAPITOLO PRIMO
Il rapporto di pubblico impiego
SOMMARIO: 1. Caratteri ed elementi essenziali. – 2. Il passato: tra modelli pubblicistici
e privatistici. – 3. Il ritorno nell’alveo privatistico. – 4. Limiti della privatizzazione del
1993. – 4.1. L’art. 97 Cost. primo comma. – 4.2. La presenza di ostacoli di varia natura.
– 5. La stipulazione dei primi contratti collettivi. – 6. Il vaglio della Corte Costituzionale. –
7. La seconda privatizzazione. – 8. La normativa più recente.
1. Caratteri ed elementi essenziali
Il rapporto di lavoro nelle pubbliche amministrazioni è un rapporto di lavoro
subordinato per il quale un soggetto (sia il funzionario, titolare dell’organo
chiamato ad esercitare verso l’esterno poteri pubblici, sia l’impiegato, sia
l’operaio) s’impegna professionalmente e continuativamente a prestare la
propria attività alle dipendenze e per le finalità di un’amministrazione pubblica in
cambio di una retribuzione predeterminata
1
.
Da questa definizione si evincono alcuni caratteri del rapporto di pubblico
impiego messi in luce dalla sentenza delle sezioni unite della Corte di
Cassazione n. 618 del 17/2/1975:
a) natura pubblica dell’ente datore di lavoro: è escluso che si possa instaurare
un rapporto di impiego pubblico con semplici concessionari o appaltatori
della P.A.;
1
VIRGA , Diritto amministrativo,1999, p. 109.
LA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA NEL PUBBLICO IMPIEGO PRIVATIZZATO
5
b) correlazione coi fini istituzionali dell’ente – datore di lavoro: i compiti affidati
al lavoratore devono essere inerenti ai fini istituzionali dell’amministrazione
pubblica ove svolge la propria attività. Non si devono quindi riferire ad
esigenze eccezionali. Secondo un successivo orientamento
giurisprudenziale (Cass., 5-12-1980 n. 6333) è sufficiente che l’attività si
svolga nell’ambito di una struttura pubblica, pur prescindendo
dall’espletamento di mansioni correlate coi compiti istituzionali dell’ente;
c) continuità della prestazione lavorativa: il lavoratore presta la propria attività
non per il compimento di un’opera singola (locatio operis), ma per una
prestazione continuativa. Fa eccezione la possibilità di assumere personale
con rapporto di lavoro a tempo determinato per esigenze di carattere
eccezionale e straordinario o per la realizzazione di determinati progetti. Nel
periodo di servizio tali lavoratori godono dello stesso trattamento giuridico ed
economico previsto per quelli a tempo indeterminato. Alla scadenza del
termine il rapporto di lavoro si risolve di diritto (non trova applicazione nel
pubblico impiego la legge n. 230 del 1962 che prevede la conversione del
rapporto di lavoro a tempo indeterminato se il lavoratore sia stato trattenuto
in servizio dopo la scadenza del termine);
d) predeterminazione della retribuzione o comunque predeterminabilità in base
a criteri oggettivi di calcolo: essa deve essere corrisposta in ragione d’anno
e in rate mensili posticipate;
LA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA NEL PUBBLICO IMPIEGO PRIVATIZZATO
6
e) professionalità: la prestazione resa dal lavoratore deve essere preminente
rispetto a qualsiasi sua altra attività lavorativa che, quindi, può essere resa
solo compatibilmente con le esigenze di servizio.
Secondo la giurisprudenza per la costituzione di un rapporto di pubblico
impiego non è più decisiva la qualificazione giuridica del rapporto indicata
nell’atto di assunzione (atto formale di nomina e contratto individuale di lavoro
dopo la privatizzazione), ma deve risultare in modo non equivoco la volontà
della P.A. di inserire il lavoratore in modo effettivo e stabile nella propria
struttura. organizzativa (Cass., Sez. Un., 21-6-1995, n, 7014).
Non rientrano nella struttura del rapporto di pubblico impiego:
a) il rapporto di servizio onorario che s’instaura con soggetti chiamati a
svolgere funzioni pubbliche di particolare rappresentatività (es. ministri,
sindaci, componenti di commissione di concorso), di durata limitata e con un
compenso comprendente il ristoro per l’espletamento dei compiti e il
rimborso delle spese sostenute;
b) il rapporto d’incarico professionale che s’istituisce attraverso un contratto in
forza del quale un soggetto espleta determinati compiti o un’opera (locatio
operis) senza subordinazione gerarchica ed obblighi di orari (es. medici
convenzionati);
c) il rapporto obbligatorio che s’istituisce in forza di legge che impone
coattivamente ad un soggetto di svolgere determinate funzioni pubbliche.
Tipico esempio ne è il rapporto fra il militare di leva e lo Stato ex art. 52 della
Costituzione. Il rapporto ha natura temporanea ed è previsto un indennizzo.
LA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA NEL PUBBLICO IMPIEGO PRIVATIZZATO
7
2. Il passato: tra modelli pubblicistici e privatistici
Negli anni appena successivi all’Unita’ d’Italia, il rapporto d’impiego con le
pubbliche amministrazioni era strutturato come una prestazione di energie
lavorative (locatio operarum) regolata da norme del diritto privato, anche se
determinati aspetti, come la disciplina delle carriere, delle aspettative, delle
assunzioni, erano del tutto assenti nella legislazione del tempo relativa al
rapporto di lavoro privatistico.
Successivamente, il rapporto di impiego assunse una matrice decisamente
pubblicistica soprattutto in base a tre aspetti:
a) l’impiegato viene considerato come preposto ad un ufficio e titolare di
pubbliche potestà piuttosto che mero prestatore di attività lavorative;
b) maggiore rapidità dell’evoluzione della relative discipline rispetto a quella del
lavoro privato;
c) l’introduzione di norme e principi profondamente diversi da quelli applicabili
al lavoro privato. Nel 1923 (riforma Stefani) entrò in vigore una disciplina
organica del pubblico impiego fondata su una concezione gerarchica e nel
1924 (regi decreti n. 1054 e 1058) si affermò la giurisdizione esclusiva delle
controversie di lavoro pubblico al Consiglio di Stato e alle Giunte Provinciali
Amministrative (Giudici Amministrativi). Con queste riforme il pubblico
impiego divenne un ordinamento speciale con al centro un rapporto non
contrattuale basato sulla supremazia dell’amministrazione.
LA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA NEL PUBBLICO IMPIEGO PRIVATIZZATO
8
L’avvento della Costituzione repubblicana conservò i caratteri speciali del
pubblico impiego che vennero fatti risalire all’art. 97 (riserva di legge in materia
di organizzazione degli uffici pubblici).
Soltanto con il Testo Unico degli impiegati civili dello Stato (T.U. 10 gennaio
1957 n. 3) si cercò di attenuare l’impostazione fortemente gerarchica del
rapporto di pubblico impiego. Gli impiegati non furono più inquadrati in gruppi e
gradi, ma in quattro carriere articolate in qualifiche (alla prima si accedeva per
concorso, a quelle successive si perveniva mediante promozione).
Tutto il rapporto era assoggettato al regime pubblicistico e regolato
mediante provvedimenti amministrativi (leggi e regolamenti) che
predeterminavano l’agire dei poteri amministrativi cui era soggetto l’impiegato
(numero dei posti di lavoro, qualifiche, procedimenti ed effetti del reclutamento,
dell’avanzamento, della valutazione periodica del personale, modificazione e
cessazione del rapporto soltanto per cause tassativamente previste, così da
individuare una sorta di stabilità del rapporto) e definivano i suoi diritti, doveri e
responsabilità.
In ragione di tutto ciò la cognizione delle questioni relative al pubblico
impiego (sia in materia di diritti soggettivi, che di interessi legittimi), fatta
naturalmente eccezione per le responsabilità civili e penali, apparteneva in via
esclusiva al giudice amministrativo (TAR e Consiglio di Stato). Il progressivo
ridursi dei margini di discrezionalità inerenti ai singoli provvedimenti (es. sempre
maggiore preferenza per l’avanzamento di carriera, dei requisiti di anzianità
rispetto a quelli di merito) ha portato ad un’amministrazione del pubblico
LA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA NEL PUBBLICO IMPIEGO PRIVATIZZATO
9
impiego largamente vincolata e non idonea ad assicurare un effettivo
rendimento del personale. Tutto ciò poneva la pubblica amministrazione in
posizione di supremazia e di autorità e i pubblici impiegati in una condizione
differenziata rispetto agli altri cittadini e lavoratori: alle garanzie individuali
tipiche della connotazione pubblicistica del rapporto d’impiego si erano da
tempo aggiunte quelle offerte dai mezzi di tutela collettiva (associazionismo
sindacale, diritto di sciopero).
Un passaggio verso modelli di derivazione privatistica nell’impiego pubblico
è la legge 11 luglio 1980 n. 312 che ha soppresso il regime delle carriere ed ha
introdotto le qualifiche funzionali (ordinate in modo crescente in base alla qualità
della prestazione e alle responsabilità dell’impiegato). Altra novità sostanziale di
tale norma è il riconoscimento, sia pur tacito, del dovere di produttività del
pubblico dipendente: il legislatore ha perseguito il fine del recupero della
produttività e del miglioramento dei livelli di efficienza attraverso nuove
metodologie di valutazione differenziate secondo le attività svolte.
L’evoluzione sopra delineata assume sempre maggiore importanza con la
legge quadro sul pubblico impiego n. 93 del 29 marzo 1983 che introduce il
ruolo primario della contrattazione collettiva (accordi collettivi fra una
delegazione pubblica di cui facevano parte il Presidente del Consiglio e taluni
ministri come quello del tesoro, del bilancio, del lavoro e una sindacale
composta dai sindacati maggiormente rappresentativi) in talune materie non
regolate dalla legge o dagli atti regolamentari (come l’organizzazione interna
degli uffici e la disciplina del rapporto di lavoro diversa dal conferimento della
LA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA NEL PUBBLICO IMPIEGO PRIVATIZZATO
10
titolarità degli uffici e degli organi, dalla determinazione e dalla consistenza dei
ruoli organici, dalla modificazione e dall’estinzione del rapporto d’impiego, dalla
formazione professionale e dell’addestramento)
2
.
La contrattazione, però, non aveva un’efficacia autonoma e diretta: infatti gli
accordi collettivi non producevano effetti concreti in via immediata, ma solo
attraverso un provvedimento normativo emanato unilateralmente dalla pubblica
amministrazione, quale il decreto presidenziale. Soprattutto per questo motivo,
la volontà del legislatore del 1983 di avvicinare gli istituti dei rapporti di lavoro
pubblico e privato attraverso la contrattazione collettiva si rivelò un fallimento:
sia perché il Governo, che emanava unilateralmente l’atto normativo finale della
fase negoziale, assumeva il ruolo di arbitro degli assetti economico – normativi
del lavoro pubblico; sia perché la contrattazione collettiva si era trasformata in
un negoziato politico istituzionalizzato fra Governo e sindacati fortemente
consociativo che aveva spinto la spesa pubblica fuori controllo
3
.
2
AMATO – BARBERA ( a cura di), Manuale di Diritto pubblico, 1994, p. 561.
3
CARINCI – D’ANTONA , Il lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, 2000, pag.
XLVII.
LA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA NEL PUBBLICO IMPIEGO PRIVATIZZATO
11
3. Il ritorno nell’alveo privatistico
Agli inizi degli anni 90, disfunzioni di diversa natura avevano messo in crisi
il modello pubblicistico del rapporto di pubblico impiego: tale regime, fondato su
eccessive garanzie nei confronti del lavoratore pubblico, aveva fatto venire
meno l’efficienza e l’economicità tipiche dell’agire dei pubblici poteri.
Era, pertanto, necessario reintrodurre regole privatistiche per ridare
funzionalità. La pubblica amministrazione non era più vista nella sua
tradizionale funzione autoritativa, ma come ente erogatore di servizi a favore
della collettività. Non si deve pensare però che il legislatore abbia voluto
abbandonare o ridimensionare l’interesse collettivo che è motivo stesso di
esistenza della pubblica amministrazione, egli ha semplicemente inteso
perseguirlo attraverso diverse forme di organizzazione delle risorse umane, del
lavoro e del rapporto coi dipendenti
4
.
Non potendo privatizzare l’organizzazione dei pubblici uffici, anche per
vincoli costituzionali (art. 97), si è scelta la strada della privatizzazione del
rapporto di pubblico impiego: la legge n. 421 del 23 ottobre 1992 ha delegato il
Governo a emanare entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore, uno o più
decreti legislativi per la razionalizzazione ed il controllo della spesa per il settore
del pubblico impiego, nonché per il miglioramento dell’efficienza, della
produttività e della riorganizzazione di questo specifico settore.
Il Consiglio di Stato (Adunanza plenaria del 31/8/1992 – parere sulla legge
delega per la riforma del pubblico impiego), però ha messo in guardia “da una
LA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA NEL PUBBLICO IMPIEGO PRIVATIZZATO
12
privatizzazione selvaggia” precisando che “la privatizzazione, intesa come totale
unificazione della dottrina fra lavoro pubblico e privato, non appare possibile alla
luce delle disposizioni costituzionali in quanto vi saranno sempre molti aspetti
per i quali la disciplina del lavoro pubblico risulterà per sua natura differenziata
da quella del lavoro privato. Non è possibile quindi una privatizzazione astratta,
generale e globale di tutto il pubblico impiego (sia pure con l’esclusione di
determinate categorie), poiché in nessun modo si può modificare la sostanza di
rapporti giuridici i quali traggono la loro qualificazione dalla natura pubblica degli
interessi che vi sono implicati, dai connessi poteri dell’ente pubblico datore di
lavoro e dalle stesse strutture in cui sono inseriti. Non sembra dunque possibile
e conveniente adottare, sia pure parzialmente, la disciplina privatistica del
lavoro, la quale attiene solamente a rapporti di dare e avere, di dare e fare, di
dirigere con efficienza e di eseguire con esattezza, nell’ambito di un’attività
imprenditoriale guidata da regole di mercato”.
Il legislatore non sembra aver tenuto in considerazione queste critiche;
infatti, l’art. 2 del d. lgs n. 29/93 (il primo dei decreti attuativi della legge
421/1992) stabilisce che: “i rapporti di lavoro dei dipendenti delle
amministrazioni sono disciplinate dalle disposizioni del capo I, titolo II, del libro
V del codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell’impresa
5
”.
4
DI GESU’ – MARICA - MONTANARI , Il rapporto di pubblico impiego, 2000, pag. 13.
5
Compreso lo statuto dei lavoratori (legge 300/70). Le dispute dottrinali relative alla sua
applicabilità al rapporto di pubblico impiego sono superate dal carattere generale del richiamo
alla normativa regolatrice del lavoro privato.
LA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA NEL PUBBLICO IMPIEGO PRIVATIZZATO
13
Con questa disposizione il legislatore ha compiuto una vera e propria
operazione di trapianto: la disciplina del lavoro prestato in posizione di
subordinazione verso le pubbliche amministrazioni è stata trasferita dall’area del
diritto pubblico a quella del diritto privato che, da normativa puramente
marginale (applicabile, ai sensi dell’ art. 2119 del cod. civ., ai rapporti di
pubblico impiego nelle ipotesi che non fossero risultati diversamente regolati
dalla legge) è divenuta di applicazione generale
6
.
Restano regolate dal diritto pubblico, mediante leggi ed altri atti normativi
ed amministrativi, le materie relative a:
ξ organi, uffici e modalità di conferimento della titolarità dei medesimi; principi
fondamentali di organizzazione dei pubblici uffici;
ξ ruoli e dotazioni organiche e la loro consistenza complessiva;
ξ procedimenti di selezione per l’accesso al lavoro;
ξ responsabilità giuridiche attinenti all’espletamento di procedure
amministrative (art. 2 lett. c legge delega 412/1992).
Il decreto delegato 29/1993 non si limita a conformarsi alle prescrizioni della
legge delega, ma rimette all’unilaterale volontà delle amministrazioni, salvo
diverse forme di partecipazione sindacale, le tematiche dell’organizzazione del
lavoro (è un passo indietro rispetto alla legge 93/83 che lasciava alla legge la
definizione dei principi e alla contrattazione sindacale la normativa attuativa).
6
CARINCI – D’ANTONA , Il lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, 2000, pag.
178.
LA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA NEL PUBBLICO IMPIEGO PRIVATIZZATO
14
Nell’ambito di queste fonti unilaterali di diritto pubblico i dirigenti assumono
le decisioni per l’organizzazione degli uffici e le misure inerenti alla gestione del
personale con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro. Quindi, la
concreta gestione della macchina amministrativa viene svolta attraverso criteri
manageriali e potestà derivanti dal contratto di lavoro e non più nell’esercizio di
poteri pubblicistici.
I rapporti di lavoro sono regolati contrattualmente. Così recita l’art. 2
comma 3 d. lgs. 29/1993. L’autonomia privata diviene fonte del rapporto di
pubblico impiego sia sul piano collettivo (senza intermediazione di atti
regolamentari di recepimento, a differenza della legge 93/1983 e con un
generale potere di disapplicazione delle leggi, anche sopravvenute alla stipula
di un contratto collettivo, intervenute a regolare materie non soggette a riserva
di legge, salvo diversa volontà prevista dalle stesse leggi – originario art. 2
comma 2 bis d. lgs 29/93) sia su quello individuale. Prima il rapporto traeva
origine dall’atto di nomina (atto unilaterale della pubblica amministrazione che
non necessitava di un’esplicita accettazione, essendo sufficiente che il privato
eseguisse la volontà dell’amministrazione prendendo servizio); ora il rapporto
nasce con un negozio giuridico bilaterale e paritario, un contratto individuale
di lavoro, e si costituisce sulla base dell’accettazione della proposta di
assunzione inviata dalla pubblica amministrazione al soggetto selezionato
attraverso il concorso o avviato dall’ufficio di collocamento (TAR Catania, sez.
III, 7 giugno 1997, n. 1288). Anche le sue successive vicende, fino all’estinzione
LA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA NEL PUBBLICO IMPIEGO PRIVATIZZATO
15
del rapporto, non sono più scandite da provvedimenti amministrativi
dell’amministrazione, ma da atti di natura privatistica.
La legge delega ha anche previsto la creazione di una Agenzia tecnica per
la rappresentanza delle pubbliche amministrazioni nella contrattazione collettiva
(A.R.A.N.). Essa esercita, a livello nazionale, la rappresentanza legale delle
pubbliche amministrazioni agli effetti della contrattazione collettiva nazionale e
ogni attività di assistenza ai fini dell’uniforme applicazione dei contratti collettivi
(art. 50 d. lgs. 29/1993).
Il d. lgs. 29/93 introducendo la privatizzazione, ha voluto dare maggiore
efficienza alle pubbliche amministrazioni attivando circuiti di responsabilità
7
. Si
vuole che amministratori ed amministrati, ciascuno nel suo ruolo, svolgano le
proprie funzioni assumendosene integralmente la responsabilità.
In primo luogo viene valorizzata la posizione degli utenti attraverso
l’obbligatoria creazione
8
, presso ciascuna amministrazione, nell’ambito della
propria struttura, di un ufficio per le relazioni con il pubblico (art. 12 d.lgs.
29/93). Tale disposizione completa ed attua la legge 241/90 (Nuove norme in
materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti
amministrativi), mirando a definire un rapporto diretto e certo fra cittadino e
dipendente pubblico per conseguire gli obiettivi di una più efficace tutela e
valorizzazione del primo e una più incisiva responsabilizzazione del secondo
9
.
7
CARINCI – D’ANTONA , Il lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, 2000, pag.
181.
8
Il D.P.R. n. 352/92 all’art. 6 aveva già previsto in via solo facoltativa l’istituzione presso le
pubbliche amministrazioni di un ufficio relazioni con il pubblico.
9
CARINGELLA – MARINO, Il lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni dopo il d.
lgs. 29 ottobre 1998, n. 387, 1999, pag. 83.