2
maggiore inclinazione dei nordici al contatto con la natura"
2
. L'agriturismo
si è dunque affermato in Europa dove è ormai una tradizione. Negli anni
cinquanta, l'agriturismo ha fatto la sua comparsa in Italia, in Valle d'Aosta e
nel Trentino-Alto Adige, due regioni dove è molto sentito il legame con le
popolazioni che vivono al di là del confine. Relativamente al Trentino-Alto
Adige si è parlato di "agriturismo facile", con questa locuzione si è voluto
fare riferimento a tutte quelle condizioni, quali la presenza di masi chiusi e
di altre aziende agricole condotte a livello familiare, che hanno facilitato, se
non addirittura reso naturale e quasi spontanea, la diffusione del fenomeno
agrituristico in quella Regione
3
. Probabilmente a causa del diverso ambiente
culturale in cui è nato, l'agriturismo si è diffuso lentamente in Italia ed è
rimasto legato, nei primi tempi, alle regioni centrosettentrionali.
Si ritiene
4
che la nascita dell'agriturismo italiano moderno possa
essere fatta risalire al 1965 quando si è costituita la prima organizzazione
agrituristica nazionale, l'Agriturist a opera della Confederazione Generale
dell'Agricoltura Italiana (Confagricoltura). Successivamente si costituirono
nel 1973 Terranostra, a opera della Confederazione Nazionale dei
Coltivatori Diretti e nel 1976 Turismo verde, a opera dell'Alleanza dei
Contadini (divenuta poi Confederazione Italiana Coltivatori). Queste tre
associazione sono poi confluite nel consorzio Anagritur sorto con compiti
dichiarati di ricerca e progettazione, ma poi divenuto il sindacato
dell'agriturismo italiano estendendo le proprie funzioni ad altri settori di
2
G. BELLENCIN MENEGHEL, L'agriturismo in Europa e in Italia, in Agriturismo in
Italia, a cura di G. BELLENCIN MENEGHEL, Bologna, 1991, p. 19.
3
Cfr. F. ALBISINNI, Basi normative dell'agriturismo. Indicazioni statali e regionali, in
T.A.R., 1982, II, p. 262. Secondo l'autore i legislatori di Trento e di Bolzano, a motivo di queste
condizioni, non si sono dovuti porre il problema di definire l'agriturismo. Le leggi si sono limitate
a determinare le condizioni per la concessione di finanziamenti.
4
Cfr. G. BELLENCIN MENEGHEL, L'agriturismo in Europa e in Italia, op. cit., p. 31.
3
attività, quali la consulenza legislativa al Governo e alle Regioni, la
promozione dell'offerta e della domanda, il negoziato con categorie
economiche extragricole, ecc.
Negli anni settanta la forma turistica dominante era quella del
turismo di massa: era il turismo della congestione, delle spiagge e montagne
sovraffollate, delle colonne di autoveicoli sulle strade, dei grandi alberghi.
Ma nello stesso periodo si stava affermando una forma di turismo
alternativa a quella dominante, era una forma di turismo rispettosa
dell'ambiente e del silenzio. Si è iniziato a parlare di "vacanze intelligenti",
di vacanze cioè che non siano solo un momento di ozio ma che siano anche
momento di arricchimento della persona. In questa filosofia della vacanza,
incentrata, quindi, sulla vacanza personalizzata che abbia come scopo il
soddisfacimento di bisogni di natura immateriale e di arricchimento
culturale e che sia rispettosa dell'ambiente, trova la sua collocazione
l'agriturismo, momento di contatto fra agricoltura e turismo. Inoltre si
andava diffondendo la consapevolezza che l'agricoltura soprattutto nelle
zone interne e collinari produceva un servizio poco apparente, ma di
estremo interesse per la collettività, quello di assicurare la difesa e la
stabilità del suolo. In questa prospettiva l'agricoltura si caratterizza non solo
per la produzione di beni agricoli ma anche per la produzione di servizi
5
.
Con il diffondersi di una maggiore sensibilità verso i problemi ecologici,
quindi, è maturata anche in Italia l'esigenza di un "modello di sviluppo che
5
Con il nuovo art. 2135 c.c. è ormai sancito che l'imprenditore agricolo non produce solo
beni ma anche servizi. Infatti fra le attività connesse ci sono anche le attività dirette alla fornitura
"di servizi mediante l'utilizzazione di attrezzature o risorse dell'azienda normalmente impiegate
nell'attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del
patrimonio rurale e forestale”.Secondo E. CAPIZZANO, Commento al D. L.vo n. 228/2001, in
Nuovo dir. agr., 2001, p. 352, nella nuova formulazione dell'art. 2135 c.c. è reso "più tangibile il
profilo teorico del c.d. territorializzazione dell'agricoltura. Se il legame fra territorio e agricoltura è
ormai scontato, non lo era - fino a qualche tempo fa - quello dell'agricoltura non riducibile a pura
attività economica e produttiva".
4
valorizzasse le risorse ambientali anziché distruggerle, che favorisse
l'imprenditoria locale e l'integrazione dei redditi e che in un quadro
organico di pianificazione e di sviluppo del territorio, differenziasse gli
obiettivi secondo le diverse realtà territoriali"
6
.
Dall'altro lato l'interesse degli imprenditori agricoli per l'agriturismo
è legato al reddito percepito. L'attività agricola e l'attività agrituristica, però,
funzionano con un'ottica di lavoro diversa. Il cuore dell'attività agricola è il
prodotto, quello dell'attività agrituristica è il servizio al cliente. Si tratta
quindi di modificare l'impronta produttiva e gestionale della azienda, tutta
concentrata sui processi produttivi e passare ad un approccio di tipo
pluriattivo che contempla, cioè, lo svolgimento sia di attività agricole che di
servizi, in particolare quelli agrituristici. Si dovranno, infatti, svolgere
attività nuove con uno spirito nuovo. Per questo è richiesto all'imprenditore
agricolo e alla sua famiglia un cambiamento di mentalità e di cultura
gestionale che dovrà coinvolgere anche i collaboratori.
L'attività agrituristica è sorta e si è diffusa in Italia senza che venisse
emanata alcuna norma legislativa. Solo nei primi anni settanta l'agriturismo
è stato regolato da alcune leggi emanate dalle Province autonome di Trento
e di Bolzano. Successivamente le Regioni hanno provveduto a
regolamentare, nell'ambito delle proprie competenze, l'attività agrituristica.
Alcuni problemi relativi alla disciplina (ad esempio quello riguardante la
qualifica giuridica dell'agriturismo), però, potevano essere risolti solo dal
legislatore statale. Per di più alcune Regioni hanno regolamentato alcuni
aspetti della disciplina in modo diverso (ad esempio alcune Regioni
avevano stabilito che solo l'imprenditore agricolo a titolo principale poteva
svolgere l'agriturismo, altre invece avevano stabilito che poteva svolgerlo
6
Cfr. G. BELLENCIN MENEGHEL, L'agriturismo in Europa e in Italia, op. cit., p. 31.
5
anche colui che non possedeva tale qualifica, oppure Regioni diverse
prevedevano limiti quantitativi diversi per l'ospitalità). In questo modo la
disciplina è risultata non omogenea. La legge 5 dicembre 1985, n. 730,
regolamenta in maniera uniforme l'attività agrituristica, nel rispetto delle
competenze regionali. Uno degli aspetti peculiari della disciplina italiana è
quello di aver definito l'agriturismo quale attività agricola connessa. In
questo modo è riconosciuta la peculiarità dell'agriturismo rispetto alle altre
forme di turismo rurale. E' stato osservato, a questo proposito, che "l'Italia è
l'unico paese dell'Unione Europea (e del mondo) che ha una specifica
normativa che disciplina l'agriturismo inteso come ospitalità svolta
nell'azienda agricola valorizzando in modo particolare le risorse legate
all'attività agricola. Altrove questo particolare tipo di ospitalità viene
compreso nel più generale settore del turismo rurale, del quale fanno parte i
piccoli alberghi di campagna, le case private o i piccoli alberghi gestiti da
residenti nei paesi"
7
. Infatti, come si legge nell'art. 1 della legge quadro,
l'attività agrituristica è considerata uno strumento con il quale si può cercare
di risolvere alcuni dei problemi che gravano sull'agricoltura. L'agriturismo,
pertanto, per essere correttamente inteso, deve essere considerato come
parte integrante dell'impresa agricola come una qualunque altra attività
connessa. Inoltre l'agriturismo può essere utilizzato per cercare di
conservare delle tradizioni locali, non solo enogastronomiche, che
caratterizzano l'Italia. Un attento utilizzo dell'agriturismo, quindi, potrebbe
rivelarsi fondamentale per risollevare un settore che da troppo tempo è in
crisi. La legge quadro è, in sostanza, una legge per l'agricoltura:
incentivando l'agriturismo, gli imprenditori agricoli, in particolare quelli più
7
G. LO SURDO, Turismo rurale e Agriturismo: necessità di una politica coerente, in
Agrituristi n. 2, 2001, p. 18.
6
giovani, sono incentivati a rimanere nelle campagne, a restaurare edifici
rurali, spesso di pregevole fattura, e a conservare l'ambiente naturale.
L'agriturismo, inoltre, è anche un fenomeno molto complesso che coinvolge
molti settori fra i quali i più importanti sono quelli dell'agricoltura, del
turismo, della tutela dell'ambiente e della conservazione dei beni ambientali
e paesaggistici.
L'agriturismo si è enormemente sviluppato assumendo le dimensioni
di un rilevante fenomeno sotto il profilo sia economico che sociale. A
questo fenomeno i mezzi di comunicazione hanno da tempo concesso
spazio e attenzione. Numerose sono le pubblicazioni di vario genere,
comprese le guide, che si occupano dell'agriturismo. E' accresciuto anche
l'interesse delle Regioni verso questo fenomeno.
Le Regioni, talvolta, hanno emanato leggi troppo particolareggiate e
complesse che hanno contribuito ad aumentare i vincoli burocratici. Inoltre
sono state emanate norme comunitarie che hanno concesso aiuti e sussidi
agli imprenditori agricoli che esercitino anche attività turistiche nelle loro
aziende, compreso l'agriturismo, allo scopo di limitare l'esodo dalle
campagne.
Nonostante le forti sollecitazioni, la dottrina giuridica non si è
particolarmente interessata al fenomeno agrituristico. In letteratura poche
sono le pubblicazioni riguardanti tale argomento.
Le sentenze giurisprudenziali riguardanti l'agriturismo sono poche e
per di più esprimono orientamenti non uniformi. In alcune sentenze i
giudici hanno dimostrato una scarsa conoscenza dell'agriturismo giungendo
a negarne la natura di attività connessa. Molte sentenze riguardanti
l'agriturismo , poi, sono state rubricate sotto altre voci quali "maso chiuso",
"edilizia", "affitto d'azienda".
7
Anche in questa legislatura sono state presentate alcune proposte di
riforma della legge 730/85. Secondo quanto si può apprendere l'attenzione
della Commissione agricoltura della Camera dei Deputati è rivolta al
progetto di legge c-817.
Questo progetto, se dovesse essere approvato, non dovrebbe
modificare profondamente l'attuale disciplina giacché verrebbero
confermati gli elementi fondamentali della attuale legge quadro.
Verrebbero, invece, inseriti alcuni correttivi alla normativa. Anche la legge
fallimentare, a quanto si può apprendere, potrebbe essere modificata. La
nuova disciplina dovrebbe prevedere, fra l'altro, la sottoposizione
dell'imprenditore agricolo al fallimento.
Anche se la riforma della legge fallimentare dovesse essere
approvata, non sarebbe inutile affrontare i rapporti fra imprenditore
agrituristico e il fallimento. Infatti investigare su questi rapporti permette di
investigare sui limiti a cui è sottoposto l'imprenditore agricolo che vuole
svolgere attività agrituristica.
Va a questo proposito ricordato che l'agriturismo può essere definito
come "una pluralità di servizi turistici che l'imprenditore agricolo è in grado
di offrire all'ospite senza determinare la cessazione dell'attività agricola"
8
.
La ricerca dei limiti dell'attività agrituristica, quindi, è utile anche
per mettere in luce le peculiarità dell'agriturismo. Queste peculiarità sono
spiegabili proprio in rapporto della capacità dell'agriturismo di integrarsi
con le altre attività agricole dando vita a una sinergia nella gestione dei beni
dell'azienda agricola sia quale fattore di sviluppo economico di zone
agricole marginali, sia quale fattore in grado di valorizzare i valori culturali
delle zone rurali.
8
Cfr. L. FRANCARIO, L'impresa agricola di servizi, Napoli, 1988, p. 117.
8
Nel prossimo futuro la politica agricola comunitaria vuole sostenere
lo "sviluppo rurale sostenibile" cioè sostenere un modello di sviluppo e di
miglioramento della qualità di vita, del reddito, del livello occupazionale,
delle pari opportunità, della salute, del tempo libero, perché solo attraverso
questo miglioramento si può contrastare lo spopolamento delle campagne e
la povertà degli abitanti delle aree rurali. L'agriturismo, quindi, se rimarrà
legato all'agricoltura potrà svolgere, anche nel futuro, un importante e
decisivo ruolo.
9
CAPITOLO PRIMO
I PRECEDENTI GIURIDICI DELL'AGRITURISMO
La legge 5 dicembre 1985, n. 730, disciplina dell'agriturismo, non
nasce improvvisamente ma costituisce un momento di sintesi, per altro non
definitivo
1
, di diverse esperienze legislative (in primis quelle regionali) e di
riflessioni dottrinali e giurisprudenziali. Per conoscere correttamente la
legge quadro, pertanto, è necessario esaminare, pur anche brevemente,
quanto è stato precedentemente elaborato.
1. Legislazione regionale e suoi limiti
In Italia l'agriturismo non ha avuto alcuna regolamentazione
legislativa fino al 1973. In quell'anno sono state emanate le prime leggi in
materia agrituristica. La prima legge, in ordine temporale, è quella della
Provincia autonoma di Trento
2
seguita da quella della Provincia di
Bolzano
3
. A queste prime leggi si sono succedute quelle delle altre Regioni.
L'art. 117 della Costituzione, nel testo che era allora vigente,
riconosceva alle Regioni a statuto ordinario la capacità di emanare norme
legislative "nei limiti dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello
1
In questa legislatura sono state presentate alcune proposte di legge di riforma dell'attuale
legge sull'agriturismo. Una di queste (la proposta c-817) sembra quella che dovrebbe ricere le
maggiori probabilità di essere approvata. Anche nella precedente legislatura sono state presentate
alcune proposte di legge ma nessuna è stata approvata.
2
Si tratta della Legge provinciale 20 marzo 1973, n. 11 (Interventi a favore
dell'agriturismo).
3
Si tratta della Legge provinciale 10 settembre 1973, n. 39 (Provvidenze per il turismo
rurale).
10
Stato, sempreché le norme stesse non siano in contrasto con l'interesse
nazionale o con quello di altre Regioni" in determinate materie fra le quali
quelle del turismo e dell'industria alberghiera e quelle dell'agricoltura e
delle foreste. Spettano, inoltre, alle Regioni anche i poteri amministrativi
riguardanti le materie rientranti nelle loro competenze.
Per le Regioni a statuto speciale (o ad autonomia differenziata), è
riconosciuta una potestà di carattere esclusiva (o piena o primaria) in alcune
materie
4
. Queste materie sono indicate nei rispettivi Statuti previsti dall'art.
116 della Costituzione.
A queste Regioni è stata attribuito potere nella materia "agricoltura e
foreste", sebbene con formulazioni diverse, e anche nella materia "turismo".
Inoltre, alcune di queste Regioni (Sardegna, Trentino-Alto Adige e Friuli
Venezia Giulia) sono dotate della cosiddetta potestà concorrente (o della
competenza legislativa ripartita o bipartita) come per le Regioni a statuto
ordinario. Infine tutte le Regioni differenziate, ad eccezione della Sicilia,
sono investite della potestà legislativa di integrazione e attuazione delle
leggi statali in determinate materie. La Sicilia è investita di una potestà,
prevista dall'art. 17 del suo Statuto, intermedia fra quella concorrente e
quella attuativa. Anche le Regioni a statuto ordinario svolgono, oltre quella
concorrente, una potestà attuativa propria, prevista genericamente dall'art.
119 della Costituzione, e possono vedersi demandata l'attuazione di
specifiche leggi statali, in base alla disposizione dell'art. 117, secondo
comma.
Tutte le potestà legislative regionali sottostanno a una serie di limiti
comuni. Uno di questi limiti è detto limite della materia. Le Regioni
potevano emanare leggi solo in determinate materie espressamente indicate.
4
Cfr. L. PALADIN, Le fonti del diritto italiano, Bologna, 2000, p.307.
11
Le materie non indicate, ovviamente rimanevano nella competenza
statale. L'elencazione delle materie poneva il problema della identificazione
giuridica delle materie stesse.
Nella materia "agricoltura", per esempio, poteva porsi il problema se
le leggi regionali potevano regolare i contratti agrari o la concessione di
crediti alle imprese agricole.
Per cercare di risolvere il problema sono state proposte alcune
interpretazioni. L'interpretazione oggettiva identifica le materie in
riferimento alla eccezione corrente del termine, l'interpretazione teologica o
finalistica, invece, è attenta alle finalità da perseguire per cui è
tendenzialmente espansiva perché permette di considerare anche materie
collegate o connesse
5
.
La Corte Costituzionale ha interpretato il limite della materia in
modo rigoroso sostenendo che le formule in questione "si debbano
interpretare secondo il significato che hanno nel comune linguaggio
legislativo e nel vigente ordinamento giuridico"
6
. La Corte, pertanto ha
accolto l'interpretazione oggettiva.
Nell'ambito di tali materie, la Corte Costituzionale ha sottratto
particolari settori (o particolari modi di disciplina) alla potestà legislativa
regionale. Fra questi la Corte ha sottratto alla competenza regionale la
regolarizzazione dei rapporti di diritto privato, che in base al principio
5
Cfr. G. ZAGREBELSKY, Manuale di diritto costituzionale, vol. I, Torino, 1992, p. 218.
Inoltre l'autore afferma che "si escludeva altresì, anche l'esistenza di poteri impliciti, strumentali
rispetto all'intervento in una determinata materia. Secondo l'interpretazione oggettiva le Regioni
non sarebbero, insomma, abilitate a scegliere liberamente i mezzi giuridici per intervenire nelle
materie attribuite alle loro competenze: i mezzi devono essere diretti (direttamente afferenti
all'oggetto) non indiretti cioé legati ad essi solo da un vincolo di scopo".
6
Cfr sentenza 22 dicembre 1961, n. 66. Questo principio è stato successivamente ribadito
da altre sentenze, fra le quali sent. 2 luglio 1958, n. 45, 14 maggio 1966, n. 41, 20 aprile 1968, n.
29.
12
dell'unità dell'ordinamento giuridico sono riservati alla legislazione statale
7
.
Nelle materie assegnate alla potestà legislativa concorrente, le
Regioni subiscono il limite dei principi in maniera più grave di quanto non
sia per la legislazione primaria o esclusiva. Oltre i principi generali
dell'ordinamento le Regioni sono infatti assoggettate ai "principi
fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato". Ne consegue che in tali
materie la competenza legislativa è costituzionalmente bipartita poiché
spetta allo Stato l'emanazione della norma di principio, mentre alle Regioni
è generalmente riconosciuta la potestà normativa di dettaglio.
I principi fondamentali delle materie devono risultare in apposite
leggi dette leggi-cornice in cui vengono indicate dei principi ai quali le
Regioni devono attenersi. L'art. 9, comma 11, della legge 10 febbraio 1953,
n. 62 escludeva che le Regioni potessero legiferare se non fossero state
"preventivamente emanate le leggi della Repubblica contenenti,
singolarmente per ciascuna materia, i principi fondamentali cui deve
attenersi la legislazione regionale".
7
La sentenza 2 luglio 1956 n. 7 della Corte Costituzionale, in Giur. Cost., 1956, p. 596,
riguardante il giudizio di costituzionalità di una legge regionale sarda in materia di affitto di fondi
rustici, afferma che "i limiti della competenza regionale vanno ricercati più che nella natura delle
norme da emanare, nelle finalità per cui l'Ente regionale è stato creato. E poiché non è da dubitare,
che il decentramento regionale è in funzione del soddisfacimento di interessi pubblici, le finalità
che la Regione deve perseguire qualifica la competenza regionale attribuitale; la quale quindi deve
limitarsi alla disciplina della materia dell'agricoltura per quanto attiene a detti interessi. Consegue
che le leggi regionali non possono disciplinare rapporti nascenti dall'attività privata rivolta alla
terra, quale bene economico, sia nella fase organizzaztiva, che in quella produttiva; rapporti che
devono essere regolati dal codice civile. Possono, invece, occuparsi dei problemi attinenti alla
organizzazione anche tecnica e allo sviluppo agricolo e forestale dell'isola alla cui soluzione è
interessata la collettività". Da questa premessa, secondo L. PALADIN, Diritto regionale, Padova,
1997, p. 86, la Corte ha desunto l'inamissibilità di una organica legislazione regionale di diritto
privato, anche in quelle materie sul tipo dell'agricoltura che pure ricomprendono - se
normativamente ed oggettivamente intese - la regolamentazione di rapporti civilistici.
Successivamente la Corte Costituzionale ha affermato che "la disciplina dei rapporti di diritto
privato attiene all'unità dell'ordinamento statale; e, in via di principio, non può ammettersi che essa
sia intaccata dalle autonomie regionali, il cui ambito naturale è costituito dai rapporti di diritto
pubblico (sentenza 12 luglio 1965, n. 72)".
13
La carenza di leggi-cornice, nel momento in cui sono state istituite le
Regioni ordinarie, ha imposto una diversa soluzione, di tipo
compromissorio
8
. L'art. 9 è stato abrogato dall'art. 17 della legge 16 maggio
1970, n. 281, che dispone che "l'emanazione di norme legislative da parte
delle Regioni nelle materie stabilite dall'art. 117 della Costituzione si
svolge nei limiti dei principi fondamentali quali risultano da leggi che
espressamente li stabiliscono per le singole materie o quali si desumono
dalle leggi vigenti". La Corte Costituzionale ha avvalorato questo nuovo
indirizzo legislativo con la sentenza 4 marzo 1971, n. 39 in cui ha affermato
che "l'esercizio della potestà legislativa regionale rischiava di essere
procrastinata sine die ed era comunque praticamente rimesso alla mera
discrezione del legislatore statale"
9
.
A partire dagli anni settanta sono state emanate alcune leggi quadro
riguardanti alcune materie della competenza regionale concorrente. Questo
ha sollevato il problema della sorte delle leggi regionali già entrate in
vigore nelle medesime materie, ma in contrasto con le leggi-cornice. Sul
punto la dottrina si era divisa fra coloro
10
che ritenevano che le leggi
regionali pur conservando la loro efficacia, sarebbero divenute illegittime e
impugnabili solamente dinanzi alla Corte Costituzionale e fra coloro
11
che
invece sostenevano che la successiva legge statale avrebbe prodotto
l'abrogazione della precedente e incompatibile disciplina legislativa
regionale. La legge n. 62 del 1953 ha accolto quest'ultimo indirizzo
disponendo che "le leggi della Repubblica che modificano i principi
8
Cfr. L. PALADIN, Le fonti del diritto italiano, op. cit., p. 333.
9
Sentenza 4 marzo 1971 n. 39, in Giur. Cost., 1971 p. 182, con nota di L. PALADIN
"Sulle funzioni di indirizzo e coordinamento nelle materie di competenza statale".
10
G. BALLADORE PALLIERI, La nuova Costituzione italiana, Milano, 1948, p. 135.
11
M. MAZZIOTTI, Considerazioni sui rapporti fra le leggi regionali e le leggi statali
secondo la Costituzione, Milano, 1957, pp. 83-84.
14
fondamentali ... abrogano le norme regionali in contrasto con esse". La
Corte Costituzionale ha ritenuto legittima questa impostazione giuridica.
Ma l'effetto abrogativo ha effetto nelle sole ipotesi in cui le nuove norme
statali di principio si prestino a ricevere applicazione immediata senza
abbisognare delle specificazioni offerte dalle rispettive norme di dettaglio;
viceversa una legge cornice che si limita a dettare i principi non ancora
operativi non abroga le leggi regionali precedenti. Per questo motivo le
leggi statali accompagnano le norme di principio con una transitoria
normativa di attuazione. In questo modo la precedente legislazione
regionale è abrogata, alle leggi regionali rimane il compito di sostituire le
norme statali di dettaglio, così da recuperare la competenza legislativa
concorrente propria di ogni Regione.
Negli anni recenti le disposizioni statali di principio sono spesso
accompagnate da disposizioni attuative rendendo più compiuta ed efficace
la regolamentazione della materia. In questo modo alle Regioni spetta
solamente di riaffermare le proprie attribuzioni, sostituendo la disciplina
statale di dettaglio mediante leggi conformi ai nuovi principi. Nei rapporti
fra leggi-cornice e leggi locali valgono gli stessi criteri che la legge n.
382/75 ha riferito all'attuazione degli obblighi comunitari, stabilendo che
"in mancanza della legge regionale, sarà osservata la legge dello Stato in
tutte le sue disposizioni". Seguendo il nuovo orientamento legislativo,
anche nella giurisprudenza costituzionale sono comparse tendenze di tipo
funzionalistico, che hanno ridimensionando la rigidità del precedente
criterio della definizione delle materie.
Non sorprende, quindi, che siano state le Province autonome ad
intervenire per prime. Va comunque notato che solo la legge trentina
affronta realmente il problema della regolamentazione dell'agriturismo,
15
mentre quella bolzanina si limita a prevedere contributi per agevolare lo
sviluppo del turismo rurale.
La legge provinciale trentina 20 marzo 1973, n. 11, interventi a
favore dell'agriturismo, non da' alcuna definizione di attività agrituristica,
istituisce, invece, un elenco provinciale degli operatori agrituristici
stabilendo, all'art. 1, comma due, che "ad esso possono essere iscritti i
conduttori di aziende agricole a titolo principale che praticano o intendono
praticare l'agriturismo singolarmente o in associazione"; la creazione di
una apposita commissione incaricata di giudicare le domande nell'elenco; il
rilascio nel caso di accoglienza della domanda di un certificato che
riconosce il nuovo ruolo di operatore agrituristico. Tale documento fungeva
altresì da autorizzazione amministrativa allo svolgimento dell'agriturismo
"nei limiti e con le modalità previste dal certificato medesimo" (art.3) e
consentiva l'accesso ai contributi previsti (commisurati al numero di posti
letto fino a un massimo di otto)
12
per la sistemazione e l'arredamento degli
alloggi da destinare all'uso turistico e di locali da destinare all'uso turistico e
di locali da destinare alla vendita al dettaglio o per l consumo di prodotti
agricoli prevalentemente lavorati in proprio (art. 4). Pur trattandosi di una
legge impostata in funzione della particolare realtà agricola e
dell'autonomia statutaria della provincia trentina, essa rappresentò il
modello per la maggior parte delle leggi regionali fino al 1980, anno in cui
si iniziò a discutere della formulazione del progetto della legge quadro.
12
F. ALBISINNI, Basi normative dell'agriturismo. Indicazioni statali e regionali, op. cit.,
p. 262, afferma che: "le stesse norme che fissano alcuni limiti (ad es.: numero dei posti letto,
numero delle stanze) considerano solo il problema della limitazione delle inziative ammesse a
contributo, ma nulla dicono espressamente sulla liceità o meno di superare tali limiti nell'ambito
delle iniziative prive di finanziamento".