“Ricostruzione spaziale del campo di trasmissività e caratterizzazione delle principali idrostrutture
interessate da intrusione marina mediante l’impiego di metodologie geostatistiche in acquiferi
carbonatici costieri fortemente anisotropi”
anno ’80, aveva il pregio di fornire una fotografia esatta della realtà, dall’altro
innescava una serie di conflittualità tra tutte le componenti comunque interessate al
problema-acqua: anche i notevoli costi di attuazione delle opere programmate
costituivano un sostanziale freno alla messa a regime del Piano.
Per di più, l’intensificarsi delle pratiche agricole si traduceva, e si traduce tutt’oggi,
nell’uso massiccio di sostanze ad elevatissimo impatto inquinante quali fertilizzanti,
diserbanti e pesticidi, più o meno facilmente lisciviati e trasportati in falda dalle
acque meteoriche e difficilmente biodegradabili [SEA
scrl
, 2001].
Inoltre, la natura essenzialmente carsica del territorio, la conseguente assenza
sostanziale di idrografia superficiale e le caratteristiche peninsulari e
meteoclimatiche, rendono la Puglia del tutto dipendente dalle acque sotterranee.
Per queste sue peculiari e coesistenti problematicità, questa regione può essere
assunta come modello a valenza internazionale per lo studio dei processi di
contaminazione della falda [Tulipano, 1991].
Tale complesso e simultaneo scenario fa della Puglia una delle regioni più
vulnerabili ed a maggior inquinamento potenziale, tanto da rendere necessario il
ricorso ad approcci multidisciplinari integrati, capaci di investigare e gestire
simultaneamente, oltre che singolarmente, tutti i fattori di rischio nella lotta alla
contaminazione della risorsa.
Tuttavia, nonostante l’urgente e massiccio bisogno di interventi a tutela del
patrimonio idrico, la stessa comprensione scientifica delle dinamiche relative alle
diverse tipologie di inquinanti non è perfettamente adeguata a prevenire eventuali
danni provocati dalla persistenza degli stessi nei diversi distretti ambientali.
Capitolo I – Il problema del degrado qualitativo delle acque sotterranee
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“Ricostruzione spaziale del campo di trasmissività e caratterizzazione delle principali idrostrutture
interessate da intrusione marina mediante l’impiego di metodologie geostatistiche in acquiferi
carbonatici costieri fortemente anisotropi”
1.2 Flusso, trasporto e diffusione di soluti in mezzi porosi
Agli inizi degli anni ’80, quando gli Stati Uniti per primi investivano notevoli risorse
per provvedere al risanamento dei numerosi acquiferi contaminati (Superfund), si
pensava che un secolo ed oltre di studi sui mezzi porosi (Darcy, “Le fontaines
publiques de la ville de Dijon”,1956) offrisse una conoscenza sufficiente per
procedere alla modellizzazione dei processi di inquinamento e alla conseguente
messa a punto di valide ed efficaci tecniche di depurazione dei distretti acquiferi
contaminati. Si faceva uso di ben testati modelli di flusso in mezzi porosi
[Bear,1972, 1979] basati sulla legge di Darcy:
hKv
con la conseguente equazione di flusso:
ShK
t
h
S
s
w
w
)(
dove:
h: carico piezometrico
K: è il tensore di conducibilità idraulica
S
s
: è il coefficiente di immagazzinamento specifico dell’acquifero
S: è il generico contributo esterno di pozzo o sorgente
v : è la velocità di Darcy (velocità media), definita come flusso per unità di
superficie di mezzo poroso
Per modellizzare il comportamento di contaminanti in soluzione, si aggiungeva, al
modello di flusso, l’equazione di trasporto convettiva-diffusiva già usata in
fluidodinamica: per ogni componente in fase acquosa, l’equazione di bilancio di
massa si scrive in termini di concentrazione come:
Capitolo I – Il problema del degrado qualitativo delle acque sotterranee
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“Ricostruzione spaziale del campo di trasmissività e caratterizzazione delle principali idrostrutture
interessate da intrusione marina mediante l’impiego di metodologie geostatistiche in acquiferi
carbonatici costieri fortemente anisotropi”
rivCCD
t
C
w
w
)()(
)(
-
-
dove:
C: è la concentrazione del componente in fase acquosa;
- : è la frazione volumetrica di fase acquosa nel mezzo (uguale alla porosità
se il mezzo è saturo);
v: è la velocità di Darcy;
D: è il tensore di dispersione idrodinamica;
i: rappresenta il trasferimento di massa dal componente in questione, dalla
fase acquosa ad altra fase e viceversa (per unità di tempo);
r: rappresenta le reazioni chimiche (produzione o decadimento), ovvero la
massa di componente in questione che viene trasformato in altri
componenti (per unità di tempo);
Per giunta, i modelli classici di trasporto descrivevano il comportamento di soluti
non reattivi, ovvero con r uguale a zero.
Il trasferimento di massa fra le due fasi i era inoltre limitato al caso di
adsorbimento/desorbimento sulla matrice solida, con equilibrio istantaneo ed
isoterma lineare (isoterma di Freundlich):
CKS
F
dove S è la massa di contaminante in questione adsorbita/desorbita per unità di massa
della matrice solida, e K
F
è un coefficiente di proporzionalità.
Capitolo I – Il problema del degrado qualitativo delle acque sotterranee
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“Ricostruzione spaziale del campo di trasmissività e caratterizzazione delle principali idrostrutture
interessate da intrusione marina mediante l’impiego di metodologie geostatistiche in acquiferi
carbonatici costieri fortemente anisotropi”
Con queste semplificazioni, ed assumendo che la porosità n sia costante nello spazio
e nel tempo, la precedente equazione di trasporto si riduceva nella forma:
)(
1
)( vC
n
CD
t
C
R
w
w
dove R è il fattore di ritardo definito come segue:
e
n
K
R
Fb
U
1
b
U è la densità del mezzo poroso.
semplicemente ritardato dall’assorbimento, non
ci modelli di previsione, per molti casi reali di
coronati da successo, appare chiaro come
ra le principali cause di insuccesso possiamo ricordare:
¾ Alcuni fenomeni non erano stati presi in considerazione: fra questi
Il trasporto di contaminanti è quindi
sostanzialmente modificato.
In base a questi ottimisti
contaminazione si progettarono interventi che avrebbero dovuto produrre buoni
standard di qualità nell’arco di pochi anni.
Dopo un decennio di tentativi, non sempre
gli obiettivi non siano stati spesso raggiunti, e, di conseguenza, come i modelli di
previsione utilizzati nella progettazione di detti interventi fossero non adeguati ai
problemi cui erano stati applicati.
T
la cinetica dei fenomeni di adsorbimento/desorbimento e la
diffusione dei soluti entro la fase solida;
Capitolo I – Il problema del degrado qualitativo delle acque sotterranee
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interessate da intrusione marina mediante l’impiego di metodologie geostatistiche in acquiferi
carbonatici costieri fortemente anisotropi”
¾ Molti contaminanti di primario interesse (solventi, benzine, ecc.), si
rinvengono non di rado in quantità tale da eccedere i limiti di
solubilità in acqua, presentandosi in fase separata (fase oleosa);
¾ I modelli dei primi anni ottanta erano nella maggior parte dei casi
modelli deterministici, ovvero basati su equazioni differenziali
(derivanti dal principio di conservazione della massa), i cui
parametri si assumevano noti con certezza, pur nella loro variabilità
spaziale.
Tuttavia, i modelli deterministici sono stati usati per decenni per studiare e realizzare
modelli integrati di gestione delle risorse idriche. L’apparente contraddizione si
fonda sul fatto che, mentre l’equazione di flusso è relativamente insensibile alle
variazioni alla piccola scala della conducibilità idraulica, non è così per l’equazione
di trasporto di soluti, la quale è invece fortemente influenzata dalla variabilità locale,
in quanto dipendente dalla velocità di flusso ovvero dal gradiente dell’altezze
piezometriche.
Pertanto i modelli deterministici, sebbene utili nei casi in cui si vogliono studiare
problemi connessi con la quantità della risorsa, sono spesso ingannevoli quando la
finalità è lo studio della qualità dell’acqua.
Accade infatti che i modelli deterministici producano output non accettabili perché i
parametri semplificati introdotti in essi non sono in grado di sintetizzare
sufficientemente le proprietà spaziali del fenomeno fisico oggetto di
modellizzazione.
Lo studio della variabilità spaziale dei parametri idraulici dell’acquifero (ad esempio,
la ricostruzione di dettaglio del campo di trasmissività) è pertanto necessaria poiché
consente di cogliere e modellizzare anche le leggi spaziali dei parametri coinvolti
nelle equazioni di governo del fenomeno fisico.
Capitolo I – Il problema del degrado qualitativo delle acque sotterranee
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interessate da intrusione marina mediante l’impiego di metodologie geostatistiche in acquiferi
carbonatici costieri fortemente anisotropi”
1.3 Anisotropie ed eterogeneità in acquiferi carbonatici costieri
Processi geologici e agenti meteoclimatici esercitano la loro azione modellante della
superficie terrestre su scale temporali lunghissime, dando luogo ad ampie variazioni
delle caratteristiche fisiche dei materiali di cui gli acquiferi sono costituiti.
Varie sono le fenomenologie ed i processi di natura chimico-fisica cui un acquifero
carbonatico può andare incontro durante la propria evoluzione geologica. Gli effetti
di tali azioni modellanti sono schematicamente rappresentate in figura 1.1.
Fig. 1.1 – Schematizzazione delle principali fattori di anisotropia determinate da carsismo in
acquiferi carbonatici costieri
Queste variazioni naturali nelle condizioni di flusso dell’acqua nel sottosuolo si
riflettono quantitativamente nelle tipiche misure idrogeologiche. Ad esempio, le
Capitolo I – Il problema del degrado qualitativo delle acque sotterranee
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interessate da intrusione marina mediante l’impiego di metodologie geostatistiche in acquiferi
carbonatici costieri fortemente anisotropi”
misure di livello piezometrico mostrano spesso fluttuazioni erratiche in conseguenza
a brusche variazioni di conducibilità idraulica o di altri fattori ad essa correlabili.
Persino in materiali apparentemente omogenei, questo parametro può risentire di
significative variazioni a seconda dei punti testati.
L’ inadeguatezza degli approcci tradizionali nel descrivere dette variazioni richiede
l’uso di metodologie probabilistiche ovvero stocastiche, capaci di definire e cogliere,
partendo da un numero discreto e spesso limitato di campioni, la legge spaziale del
parametro studiato e di ricostruirlo nell’intera area-studio.
In idrologia sotterranea, le informazioni effettivamente disponibili riguardo le
caratteristiche dell’acquifero sono così rade e carenti che la conoscenza della
distribuzione delle proprietà idrauliche è estremamente incerta.
Data l’elevata variabilità spaziale delle proprietà fisiche, un approccio deterministico
necessiterebbe di un set molto assortito ed ampio di misure, capace magari di
arrivare a descrivere la distribuzione tridimensionale del parametro.
Tuttavia, tenendo conto che la scala di variabilità di detti parametri è dell’ordine del
metro, mentre l’estensione di un acquifero è almeno dell’ordine di qualche
chilometro, appare evidente come tale approccio risulti del tutto proibitivo
richiedendo una mole di dati impossibile da rilevare.
Inoltre, altri limiti pratici sono ad oggi legati all’elevato carico computazionale che
richiederebbe tale approccio, senza pensare ai costi di un progetto così impostato ed
all’impatto invasivo sul sito investigato di un numero elevatissimo di pozzi e prove.
Un approccio alternativo sarebbe quello di ignorare la variabilità reale ed assumere
dei parametri effettivi, omogenei e variabili solo a grande scala, capaci di catturare
l’essenza dei fenomeni fisici e condurre a risultati accettabili (upscaling).
Tuttavia, pur essendo tale metodologia di lavoro ormai quasi routine, essa possiede
importanti punti deboli. Innanzitutto, essa assume che le equazioni di flusso e
trasporto definite per mezzi omogenei si possano applicare a sistemi eterogenei,
descrivendo valori medi delle variabili a grande scala (scala dell’acquifero nel suo
complesso). In secondo luogo, quest’approccio non considera gli effetti della
Capitolo I – Il problema del degrado qualitativo delle acque sotterranee
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interessate da intrusione marina mediante l’impiego di metodologie geostatistiche in acquiferi
carbonatici costieri fortemente anisotropi”
variabilità sull’attendibilità delle previsioni del modello. In tal modo si lascia
all’utente finale la falsa impressione che tali modelli siano veramente in grado di
prevedere quanto accade ad un certo istante temporale in una certa posizione
spaziale.
Un approccio più efficace al problema della modellizzazione ambientale prevede
invece di trattare la variabilità a piccola scala come casuale, avente però certe
caratteristiche di correlazione spaziale. I modelli che ne risultano descrivono i
parametri delle equazioni coinvolte, ad es. la trasmissività, come variabili casuali, o
come spesso si sente dire, variabili aleatorie (VA). L’applicazione di tali modelli
riguarda appunto contesti ove l’incertezza e l’estrema variabilità diventano gioco-
forza i fattori condizionanti della campagna di caratterizzazione idrogeologica (Fig.
1.2).
Fig. 1.2 - Distribuzione delle rocce solubili rispetto ai siti carsici ufficialmente rilevati
Capitolo I – Il problema del degrado qualitativo delle acque sotterranee
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“Ricostruzione spaziale del campo di trasmissività e caratterizzazione delle principali idrostrutture
interessate da intrusione marina mediante l’impiego di metodologie geostatistiche in acquiferi
carbonatici costieri fortemente anisotropi”
1.4 L’eterogeneità del mezzo come problema principale: l’inevitabile incertezza,
l’elevata variabilità e le tecniche stocastiche
La maggior parte dei casi di contaminazione studiati negli ultimi decenni sfuggono
da una completa comprensione del fenomeno stesso, sia a causa della loro
complessità che dell’impossibilità pratica di acquisire la quantità di dati necessaria ad
una compiuta descrizione di ogni caso incontrato.
E’ pertanto di primaria importanza definire una procedura di studio ed intervento che
possa essere applicata con flessibilità a diverse situazioni, e faccia buon uso delle
informazioni disponibili.
Un approccio multidisciplinare è spesso necessario, richiedendo contributi da campi
di studio apparentemente contigui ma purtroppo ad oggi spesso troppo distanti.
Come già sottolineato, si può affermare che l’Idrogeologia dei contaminanti è
condizionata da valori estremi dei parametri fisici (per esempio, della trasmissività)
piuttosto che dai loro valori medi. Questa evenienza fa cambiare radicalmente
l’approccio dell’idrogeologo, che ora deve rivolgersi non più allo studio quantitativo
della risorsa quanto piuttosto all’aspetto qualitativo.
La teoria delle variabili aleatorie regionalizzate, detta anche geostatistica, deve il suo
sviluppo alla scuola francese dell’Ecole des Mines di Fontainbleu, agli inizi degli
anni settanta e ad opera di Matheron [Journel and Huijbregts,1978].
Ad onor del vero, la teoria di campi casuali, prima che nel campo delle scienze della
terra, fu introdotta dalla scuola russa [Yaglom, 1957] ed ha importanti predecessori
nel lavoro di Wiener e Kolmogorov.
Se le variabili di interesse vengono pensate come variabili aleatorie, le classiche
equazioni del continuo, per flusso e trasporto in mezzi porosi, divengono equazioni
differenziali casuali, ovvero stocastiche.
Queste equazioni sono risolte, di solito, con metodi approssimati e danno soluzioni in
termini probabilistici. In questo modo l’incertezza sui parametri caratteristici
dell’acquifero e sullo svolgersi del fenomeno fisico nel suo complesso si riflette, e
Capitolo I – Il problema del degrado qualitativo delle acque sotterranee
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carbonatici costieri fortemente anisotropi”
può essere tenuta in conto, sull’output del modello rendendo quindi gestibile
quest’ultimo.
Un’introduzione alla soluzione di equazioni differenziali stocastiche per l’idrologia
sotterranea è data da Gelhar [1993]. Tuttavia, per poter applicare queste metodologie
a concrete situazioni reali, dati e osservazioni devono essere efficacemente
incorporati nella tecnica. L’approccio geostatistico si rivela allo scopo prezioso,
anche e soprattutto in virtù dei numerosi e severi collaudi che tali metodologie hanno
dovuto sostenere, risolvendo spesso con efficacia ed eleganza problemi afferenti il
settore dell’Ingegneria del Petrolio.
Capitolo I – Il problema del degrado qualitativo delle acque sotterranee
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1.5 L’approccio geostatistico
L’approccio geostatistico è da ricondursi alla modellistica stocastica, il cui
formalismo mette a disposizione dell’utente, con garanzia e coerenza dei risultati, un
arsenale di strumenti considerevoli che, nella maggior parte dei casi, consentono di
risolvere rigorosamente ed elegantemente i problemi affrontati.
Tale approccio consiste nel modellizzare il fenomeno di studio con una Funzione
Aleatoria (FA), caratterizzata da una legge spaziale, capace di descrivere su base
statistica il comportamento della variabile oggetto di studio nello spazio e nel tempo.
L’interpretazione probabilistica dei fenomeni spaziali non corrisponde ad una
particolare concezione della realtà, ed i conseguenti modelli stocastici rappresentano
soltanto uno strumento agile e versatile ove è possibile utilizzare gli strumenti del
calcolo della probabilità senza l’obbligo di assumere schematizzazioni spesso troppo
vincolanti e non idonee a descrivere i fenomeni oggetto di studio.
Tale considerazione evidenzia i vantaggi dell’approccio probabilistico, a condizione
che si riesca a disporre di modelli. Ciò pone subito un problema metodologico:
l’inferenza statistica del modello, vale a dire la stima dei parametri utilizzati nel
modello mediante una campagna di campionatura del fenomeno.
La conoscenza del modello completo consisterebbe nel conoscere la legge spaziale
del fenomeno, o la funzione di distribuzione della variabile aleatoria considerata.
Consideriamo, ad esempio, nel dominio di definizione S della FA Z(x) un insieme di
k punti: x
1
, x
2
, ... x
k
,. Ad essi corrisponde una VA a k componenti:
^`)(),...,(),( 21 kxZxZxZ
La VA vettoriale precedente è caratterizzata dalla funzione di distribuzione k-
variabile:
^,`)(,...,)(,)()( 2211,...,2,1,...,2,1 kkkxxx zxZzxZzxZprobzzzF k
Capitolo I – Il problema del degrado qualitativo delle acque sotterranee
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L’insieme di tutte queste funzioni di distribuzione per tutti gli interi positivi k,
costituisce la legge spaziale della Z(x).
Tuttavia, stimare la legge spaziale di una variabile aleatoria è compito assai arduo, se
si dispone di poche realizzazioni della stessa all’interno del dominio di studio.
E’ovvio come si debba in questi casi ricorrere ad ipotesi capaci di semplificare od
indirizzare il modello. Tali semplificazioni devono peraltro garantire la presenza di
requisiti minimali del modello stesso, vale a dire:
¾ il modello deve poter essere stimabile nei suoi parametri,
considerando il tipo e la quantità di informazioni generalmente
disponibili per tale operazione;
¾ il modello deve, come strumento, essere in grado di effettuare le
operazioni più frequentemente richieste nello studio dei fenomeni
naturali (stime di variabili, stime di probabilità, simulazioni);
¾ a prescindere dalle operazioni che devono essere effettuate, il
modello deve poter esprimere, in forma qualitativa e quantitativa, la
variabilità spaziale del fenomeno di studio, ai fini della sua
comprensione.
Capitolo I – Il problema del degrado qualitativo delle acque sotterranee
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1.6 Ricorso a modelli geostatistici in Idrogeologia
La cronica scarsità di dati nell’ Idrogeologia dei Contaminanti rappresenta il collo di
bottiglia dell’intera procedura di studio del sito e di progettazione degli interventi.
Pertanto la piena valorizzazione dei dati disponibili è un punto fondamentale, dal cui
esito dipende il successo o fallimento della caratterizzazione di un sito e della
progettazione degli interventi di ripristino ambientale.
L'utilizzo di tecniche stocastiche, ovviamente, non rappresenta un'alternativa alla
necessità di dati accurati ed abbondanti. Rappresenta piuttosto un efficace
inquadramento per i dati stessi, in cui l'incertezza diventa variabile di progetto e non
limite alle conclusioni che se ne possono derivare.
Naturalmente, quanto più numerosi e accurati sono i dati, tanto minore risulterà
l'incertezza associata alla stima.
Come abbiamo già sottolineato è virtualmente impossibile incrementare il numero di
punti di misura per alcune proprietà (trasmissività, porosità, ecc.) al di là di un certo
limite, dato da due fattori:
¾ ragioni economiche;
¾ ragioni fisiche: il mezzo viene alterato, in qualche misura, dalla
presenza dei pozzi.
Le misure idrauliche, infatti, sono necessariamente misure invasive. Si viene quindi a
creare una sorta di principio di indeterminazione che mette in rilievo come le
modalità della misura vanno ad alterare quanto si misura.
Entrambi i fattori succitati vanno a limitare il numero di punti campionabili e, di
conseguenza, la copertura spaziale che si può avere dai dati sperimentali di campo.
Sulla spinta di tali necessità, a partire dalla seconda metà degli anni ottanta, le
metodologie di trattamento dati capaci di valorizzare al massimo ed utilizzare tutte le
fonti informative disponibili sono andate sempre più diffondendosi. L’obiettivo era
Capitolo I – Il problema del degrado qualitativo delle acque sotterranee
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“Ricostruzione spaziale del campo di trasmissività e caratterizzazione delle principali idrostrutture
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diminuire al massimo l’incertezza utilizzando tutte quelle variabili ausiliarie che
potessero in qualche modo correlarsi alla variabile principale.
Le tecniche a questo fine maggiormente utilizzate, perché gia abbondantemente
diffuse in altri settori e per questo già collaudate, sono state quelle geostatistiche.
Esse hanno incominciato ad essere applicate in settori diversi da quelli più
tradizionali dell’ingegneria mineraria e del petrolio, movendosi verso il settore delle
scienze della terra.
Le discipline maggiormente coinvolte sono state: l’idrogeologia, la scienza dei suoli,
la geofisica, la geochimica, la meteorologia e l’oceanografia. Tutte discipline che si
collocano in un contesto spaziale o spazio temporale e che sono alla base dello studio
dei fenomeni ambientali che più frequentemente si manifestano sul territorio.
Tra le ragioni della diffusione della disciplina se ne possono citare due: l’aspetto
pratico e la sua efficacia.
Il primo è dovuto al fatto che i metodi geostatistici sono stati messi a punto su
problemi specifici, la seconda è testimoniata dal successo che tali metodi hanno
avuto nei settori di origine, dove ormai vengono comunemente impiegati nella
gestione economica della produzione. Sicché, metodi che hanno sostenuto un siffatto
collaudo, sono oggi diventati indispensabili per lo studio delle tematiche ambientali.
La caratterizzazione di un fenomeno spaziale o temporale o spazio-temporale
costituisce il primo e più importante passo di uno studio geostatistico. Essa consiste
nell’evidenziare, in forma quantitativa e qualitativa, la variabilità del fenomeno in
esame, specificandone la tipologia, in relazione alla presenza di eventuali anisotropie
ed alla esistenza di diverse scale di variabilità, spaziali e temporali.
In campo temporale, ad esempio, si possono esaltare scale di variabilità stagionali dei
fenomeni di inquinamento e scale di variabilità stagionali e climatiche di fenomeni
idrogeologici e meteorologici, descritti da variabili quali piezometrie, precipitazioni,
temperature,ecc.
Capitolo I – Il problema del degrado qualitativo delle acque sotterranee
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