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efficaci per affrontarla, nel tentativo di ridurla o 
quanto meno di tenerla stabile? 
Riteniamo utile premettere, che in considerazione 
della complessità di tale fenomeno sociale il nostro 
spettro di azione non potrà essere limitato ad una 
analisi strettamente geografica-economica, ma sarà 
caratterizzato da una forte interdisciplinarietà 
coinvolgendo anche aspetti sociologici ed giuridici. 
 Senza dubbio, nel quadro di un diverso sviluppo 
economico-sociale presente nei vari Paesi del globo. 
non è possibile trattare della povertà in modo univoco; 
sorge quindi l’esigenza, sviluppata nel Primo Capitolo 
di tale lavoro, di analizzare con attenzione le varie 
definizioni di povertà esistenti, traslando di seguito la 
nostra attenzione sui vari indicatori del livello di vita, 
che in modo più o meno esaustivo ci permettono di 
dare una misura, assoluta o relativa, della 
pauperizzazione.  
Nel proseguo, i vari indicatori prescelti verranno 
posti in correlazione con la dimensione temporale e 
con il livello dei prezzi, evidenziando l’influenza sullo 
4 
stato di povertà, rispettivamente della variabile tempo 
e della variabilità dei prezzi presenti sul territorio 
nazionale. 
Successivamente a questa sezione del lavoro 
strettamente metodologica, il Secondo e Terzo 
Capitolo sono dedicati alle azioni poste in essere dallo 
Stato per fronteggiare il diffondersi di quello che 
abbiamo definito un malanno sociale. 
Nel primo dei capitoli in considerazione, dopo un 
rapido quadro di cosa si intenda per politiche 
redistributive e dell’impatto sociale del sistema 
fiscale, ci interesseremo delle politiche di sostegno 
del reddito percorrendo una linea logica che ci porterà 
ad interessarci dapprima dei sostegni indiretti e di 
seguito di quelli diretti, dalle integrazioni al minimo 
delle pensioni di vecchiaia, passando per le pensioni 
di invalidità, per giungere infine agli interventi 
cosiddetti, di minimo vitale.  
 Il Terzo Capitolo,  dopo un’analisi del modello 
italiano di disoccupazione, permetterà di porre 
l’attenzione del lettore sulle varie politiche del lavoro 
5 
poste in essere dallo Stato, inizialmente 
interessandoci delle politiche passive dirette alla 
difesa dell’occupazione e alla protezione dei 
disoccupati, per poi giungere, passando per l’analisi 
della regolazione dell’avviamento al lavoro, alle 
politiche attive per l’inserimento nel mondo del lavoro. 
Lo studio di un fenomeno di tale rilevanza sociale 
non ha per messo di esimerci dall’espandere il quadro 
di studio da quello nazionale a quello comunitario 
nella prospettiva di una prossima fattiva integrazione 
europea, dandoci modo, nel Quarto Capitolo, di porre 
l’attenzione dapprima sulle opportunità e sui rischi 
derivanti da tale integrazione, per poi interessarci 
della diversa definizione di povertà a livello 
comunitario e della sua diffusione nei vari stati 
firmatari, infine ponendo l’attenzione, se pur 
rapidamente, sulle varie misure di lotta comunitarie 
contro l’”esclusione sociale”. 
Il nostro lavoro viene concluso da una sezione 
strettamente geografica-economica, dedicata ad 
un’approfondita analisi della diffusione della povertà 
in Italia. 
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Dopo aver individuato i vari indicatori di studio, 
porremo l’attenzione sui più recenti Rapporti della 
Commissione di indagine sulla povertà presso la 
Presidenza del Consiglio, senza limitare la nostra 
analisi solo ad un quadro complessivo del fenomeno, 
ma sezionandolo attraverso  l’esame approfondito 
delle varie caratteristiche delle famiglie povere, 
baricentro del nostro lavoro. 
Cercando di rendere tale sezione la più esaustiva 
possibile, attraverso anche un notevole sforzo di 
sintesi, abbiamo ampliato la dimensione temporale del 
nostro spettro di studio, esaminando l’intera 
evoluzione della povertà in Italia dal 1980 fino a 
giungere ai giorni nostri. 
Il Quinto Capitolo, e di conseguenza il nostro 
lavoro, si conclude, evidenziando la stretta 
correlazione esistente tra la povertà economica e il 
dualismo territoriale presente nel nostro Paese; 
correlazione che risulterà in modo univoco dalla stesa 
disamina dei Rapporti della Commissione di indagine, 
principale fonte di analisi del nostro studio. 
CONSIDERAZIONI INTRODUTTIVE 
 
 
CRISI ECONOMICA: 
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CONSIDERAZIONI INTRODUTTIVE 
CRISI ECONOMICA: ORIGINI E  
RICADUTE SOCIALI 
 
La crisi economica, finanziaria e monetaria nella 
quale il nostro Paese si dibatte e che esplose con 
tutto il suo vigore nell’estate del 1992, era già in 
corso da lungo tempo. 
Per valutarne nel suo complesso la portata è 
necessario considerarla nel suo processo e nelle 
condizioni che hanno concorso ad aggravarla. 
Senza dubbio la congiuntura internazionale ha 
limitato le possibilità di espansione della nostra 
economia, in una fase in cui il declino della 
competitività delle nostre produzioni già portava ad 
una riduzione delle esportazioni ed a subire un 
processo di “ import penetration “ 
( 1 )
 
E proprio il 1992 che doveva rappresentare l’anno 
fondamentale per una effettiva e reale unificazione 
——————————————————————————————————- 
( 1 ) Commissione di indagine sulla povertà e l’emarginazione Terzo 
Rapporto sulla povertà in Italia, Presidenza del Consiglio dei Ministri 
dipartimento per l’informazione  e l’editoria, ed. Istuto Poligrafico e 
Zecca dello Stato,1993 
9 
economica e monetaria, ha notevolmente deluso le 
aspettative di tutti gli operatori economici e dei loro 
rispettivi paesi. 
Né la situazione degli anni successivi, fino ad 
oggi, giustifica dei grandi ottimismi, visto che il 
processo di unificazione stà avanzando solo 
parzialmente e con ostacoli superiori al previsto. 
Ma sarebbe notevolmente riduttivo ricercare le 
cause di una tale profonda crisi solo nei fattori 
esterni, visto il fatto che il nostro Paese ne è stato 
così totalmente coinvolto, soprattutto per la sua 
elevata fragilità interna. 
Di solito si enfatizza sul ruolo che, nella crisi, ha 
giocato il dissesto della finanza pubblica con i suoi 
ingenti disavanzi correnti e con il gigantesco debito. 
Ma attraverso un’analisi più approfondita si nota 
che sulla finanza pubblica si sono scaricate le 
inefficienze economiche, le disfunzioni dei settori 
produttivi, sia pubblico che privato, le tensioni sociali 
ed anche i divari territoriali. 
Le difficoltà dei settori produttivi esposti alla 
concorrenza internazionale sono divenute maggiori in 
10 
questi ultimi anni a causa di un declino di 
competitività sui mercati internazionali, che l’enorme e 
sicuramente eccessiva svalutazione della nostra 
moneta ha solo parzialmente tamponato. 
Ed allora divengono necessarie tutte quelle 
ristrutturazioni delle imprese industriali, che però, 
stiamo vedendo, portano sempre più facilmente ad una 
drastica riduzione del personale, nell’intento di 
tagliare il costo del lavoro, sicuramente maggiore che 
in altri paese comunitari. 
A fronte di queste azioni, che potremmo definire 
di “ destrutturazione “
( 2 )
, le reti di sicurezza sociale 
predisposte dalle istituzioni, come il ricorso ai 
prepensionamenti, alle integrazioni ordinarie e 
straordinarie ed ai contratti di solidarietà, che 
chiaramente sono solo tappe di avvicinamento alla 
mobilità e quindi ai licenziamenti collettivi, si sono 
dimostrate sicuramente inadeguate. 
Ma la cosa ancora più grave risiede nel fatto che 
tutte le varie ristrutturazioni industriali più che 
——————————————————————————————————- 
( 2 ) Commissione di indagine sulla povertà  ibidem nota n.1 
11 
giungere ad un rilancio, sul mercato internazionale, 
delle nostre imprese portano sempre più alla 
cessazione e dismissione delle loro attività. 
In tali condizioni, se si procede su tale strada, il 
risultato principale ed inevitabile sarà il calo 
dell’occupazione, che a sua volta rischia di 
depauperare le nostre potenzialità produttive e di 
ridurre drasticamente i redditi che affluiscono alle 
famiglie. 
Con riferimento alla produzione, gli effetti sociali 
della crisi colpiscono, come detto, soprattutto i 
lavoratori subordinati espulsi dai processi produttivi. 
Và notato che nel periodo 1983-1991 c’era stato 
un aumento di 1,2 milioni di occupati che passarono 
da 22,3 a 23,5 milioni. 
( 3 )
 
Le informazioni e le previsioni per gli anni che 
vanno dal 1992 ad oggi lasciano ritenere che tale 
tendenza si sia non solo bloccata ma chiaramente 
invertita, con una diminuzione di occupazione ed un 
aumento esponenziale della disoccupazione. 
——————————————————————————————————- 
( 3 ) Commissione di indagine sulla povertà ibidem nota n.1 
12 
Và inoltre sottolineato il fatto che per le famiglie 
colpite da questo declino occupazionale si stanno, 
inevitabilmente, creando gravi situazioni di difficoltà 
che solo parzialmente sono attenuati dagli 
ammortizzatori sociali operanti. 
Il tenore di vita conseguito negli ultimi anni si è 
dimostrato, per vari studiosi ed analisti, mediamente 
troppo elevato rispetto alle risorse prodotte; ma ciò 
che maggiormente interessa al nostro studio è notare 
che la sua distribuzione appare caratterizzata da una 
forte disuguaglianza. 
Paradossalmente. l’aumento del tenore di vita, 
anziché essere elemento di benessere si è dimostrato 
essere, nelle condizioni in cui si è verificato, un 
fattore di crisi. 
Da quanto detto fin qui, possiamo tranquillamente 
affermare che la crisi economica nella quale la nostra 
società civilizzata si trova, provocherà per l’Italia 
difficoltà particolarmente gravi. 
Infatti al problema di ridare efficienza e 
competitività al sistema produttivo, si affianca quello 
del debito pubblico a 2 milioni di miliardi. 
13 
Se come tutto lascia prevedere l’efficienza 
produttiva, in questa situazione di crisi, non potrà 
essere recuperata  che attraverso una riduzione dei 
costi, bisogna attendersi un ulteriore intervento nel 
costo del lavoro. 
Sicuramente, questo nuova azione, assumerà 
nuovamente la figura di un netto intervento per la 
riduzione della manodopera, anziché una diminuzione 
delle retribuzioni, questo anche a causa della 
resistenza della confederazione sindacale. 
A fronte di questo, le ultime rilevazioni statistiche 
sulla occupazione, ci mostrano come questa caduta di 
occupazione nel settore della produzione dei beni, non 
viene più riassorbita da quello dei servizi ed è quindi 
probabile attendersi un ulteriore aumento di 
disoccupazione. 
Dobbiamo, necessariamente, porgerci la domanda 
di quali potranno essere le ricadute sul piano sociale. 
Sicuramente l’aumento della disoccupazione 
provoca effetti diversi rispetto a quelli derivanti da 
una riduzione generalizzata delle retribuzioni. 
14 
Infatti, mentre la riduzione del tenore di vita  
provocata da un abbattimento delle retribuzioni 
sarebbe diffusa ed uniforme e, quindi, provocherebbe 
più contenuti effetti sulla struttura di disuguaglianza 
esistente nel nostro Paese, la disoccupazione, per 
contro, è molto selettiva: colpisce alcuni settori ed 
altri no, alcuni più intensamente di altri oppure solo 
alcune aree territoriali. 
Inoltre l’aumento della disoccupazione, in un 
momento, come questo, di intensa dinamica, anche se 
negativa , si cumula nei suoi effetti squilibratori con 
l’emergere di nuove situazioni di vantaggio o 
privilegio. 
Dall’azione di questi due fattori si produrrà, 
sicuramente, un aggravamento della disuguaglianza 
sociale 
Il tenore di vita di molte famiglie si ridurrà 
drasticamente senza prospettive  di un prossimo 
futuro miglioramento. 
Saremo, cioè, difronte a quel processo di 
Pauperizzazione che è alla base del nostro lavoro, in 
15 
simbiosi con questo quadro già molto grigio è 
necessario considerare un ulteriore elemento di 
analisi. 
Bisogna precisare, infatti, che quando parliamo di 
tenore di vita questo, a differenza del lavoro, e un 
attributo famigliare. 
Questo ci conduce a prendere in considerazione  
due ordini di problemi distinti: il sostegno 
all’occupazione delle persone ed il sostegno del 
tenore di vita delle famiglie; in altri termini è come 
affermare che non tutti i disoccupati sono uguali. 
Anche se può sembrare insensibile e duro 
affermarlo, la disoccupazione del secondo, se non del 
terzo lavoratore di una famiglia conta  meno di quello 
dell’unico percettore di reddito familiare. 
In una tale situazione socio-economica, 
necessariamente prioritaria dovrà essere una politica 
del tenore di vita, ed in tale prospettiva , sarebbero 
preferibili delle politiche economiche che 
privileggiassero delle politiche industriali tendenti al 
mantenimento delle retribuzioni o al più ad una loro 
16 
live diminuzione, al posto di azioni che, 
volontariamente o meno, portino necessariamente ad 
un aumento dei disoccupati. 
( 4 ) 
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( 4 ) Commissione di indagine sulla povertà  ibidem nota n.1