7
trattazione delle competenze distintive interne alla singola azienda e la
possibilità di gestirle in maniera integrata, affiancando al servizio di trasporto
pubblico altri servizi della mobilità cittadina. Vengono, quindi, esaminati, in
base alle competenze presenti e ai livelli di integrazione adottati, diverse
configurazioni aziendali possibili di partenza per le attuali imprese di
trasporto pubblico e le successive implementazioni dinamiche che possano
migliorare la loro posizione in vista dell’apertura del mercato. A tale scopo,
sono state formulate valutazioni metodologiche, ipotizzando, in seguito,
possibili conseguenze empiriche sulle condizioni reali delle imprese
interessate. Il capitolo 7, invece, presenta la necessità di adottare anche
possibili scelte strategiche di relazione della singola impresa verso l’esterno,
spiegando i vantaggi ricavabili dalla formazione di alleanze strategiche e reti
con altre imprese nazionali di trasporto pubblico e valutando le agevolazioni
riscontrabili da un’eventuale acquisizione dell’azienda in questione da parte
di un grande operatore straniero, più esperto di mercato libero.
L’ultima parte (capitolo 8), infine, entra nello specifico del contesto
aziendale, esaminando possibili vie di riprogettazione organizzativa interna
per le imprese di trasporto pubblico italiane, in particolare ATC s.p.a.,
azienda dei trasporti pubblici di Bologna. Partendo da ATC, ma rivolgendosi,
in verità, a tutte le realtà aziendali del settore, sono state valutate le relazioni
tra le possibili evoluzioni del settore e le strutture organizzative delle imprese
con l’applicazione di una metodologia del tipo “what…if”.
Quest’ultima parte, come d’altronde tutto il lavoro di tesi, è stata realizzata
anche grazie ai frequenti contatti avuti con ATC ed in particolare con
l’ing.Andrea Bottazzi, dirigente della Business Unit “Manutenzione mezzi”
dell’azienda.
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CAPITOLO 1
LA LIBERALIZZAZIONE DEI SERVIZI PUBBLICI
LOCALI
Numerosi e frequenti riferimenti in letteratura economica affermano che
l’introduzione di elementi competitivi nei processi di erogazione dei servizi
pubblici, gestiti in regime di monopolio naturale o legale, consente di
aumentare l’efficienza delle imprese che vi operano.
Il nuovo assetto del sistema di offerta dei servizi pubblici locali, disegnato
congiuntamente da alcune leggi di settore, prevede:
ξ laddove possibile, l’introduzione di meccanismi di concorrenza nel
mercato (nella fase di vendita del gas, per esempio),
ξ laddove, invece, le condizioni di erogazione non lo consentano,
l’introduzione di meccanismi di concorrenza per il mercato (attraverso
gare per l’affidamento della responsabilità di erogazione dei servizi,
come nella maggior parte dei casi nel settore del trasporto pubblico
locale).
Il nuovo assetto normativo fa, soprattutto nel secondo caso, riferimento ad
alcuni principi di fondo:
ξ assegnazione della gestione del servizio tramite gare ad evidenza
pubblica, bandite dall’ente locale e a cui possono partecipare società di
capitali, pubbliche e private;
ξ separazione tra proprietà delle reti ed erogazione del servizio, al fine di
facilitare l’accesso alla rete a più operatori, riducendo, altresì, le
barriere all’entrata costituite dall’entità della quota residua del valore
delle infrastrutture patrimoniali in capo agli attuali gestori;
ξ assegnazione agli enti locali, responsabili dell’affidamento del servizio,
anche della responsabilità di esercitare l’azione di regolazione, nei
settori in cui non sia presente un’Autorità di settore;
ξ predisposizione di un contratto di servizio tra l’ente locale e le imprese
affidatarie, in cui si esplicitino ex ante, in sede di predisposizione del
9
bando di gara, gli standard di erogazione del servizio e i meccanismi di
tutela degli utenti.
Due appaiono i passaggi cruciali nella messa a regime di questo assetto:
1. nel caso di introduzione di veri e propri meccanismi di concorrenza nel
mercato (almeno per alcuni segmenti del processo di erogazione), la
condizione da rispettare sembra essere la capacità di gestire il passaggio
da una situazione di monopolio ad una di pluralismo dei soggetti
offerenti, ponendo, al contempo, le basi per un effettivo superamento
delle posizioni dominanti di pochi operatori monopolisti.
2. nel caso di introduzione di meccanismi di concorrenza per il mercato
(affidamento della responsabilità di gestione ed erogazione del servizio
mediante gara), l’aspetto cruciale sembra riguardare l’adozione di
modalità di disegno coerenti e selettive del sistema della gare. Infatti,
affinché l’impresa, che ottiene l’affidamento del servizio tramite gara,
sia effettivamente in grado di praticare prezzi inferiori a quelli che si
avrebbero in regime di affidamento diretto, è necessario che la gara sia
disegnata in modo efficace e che ad essa partecipi un numero adeguato
di concorrenti (i prezzi sono tanto più vicini ai costi medi quanto
maggiore è il numero dei partecipanti alla gara).
1.1 Alcune contraddizioni riscontrabili nella riforma
Secondo la riforma del settore, il funzionamento del sistema di offerta dei
servizi pubblici sembra dipendere, in misura rilevante, dalla capacità degli
enti locali di esercitare la governance di sistema. Ad essi spetta, infatti, il
compito di governare la relazione con l’impresa di servizi pubblici locali,
attraverso lo strumento della gara, prima, e del contratto di servizio, poi. Per
quanto tale affermazione discenda logicamente dalle attuali caratteristiche
del sistema di offerta dei servizi pubblici locali, appare evidente come essa
contenga alcune contraddizioni.
10
La più importante è costituita dal triplice ruolo giocato dall’ente locale, al
contempo regolatore, committente e azionista: l’ente locale bandisce la gara e
verifica il rispetto del contratto di servizio da parte di imprese di cui è,
spesso, il principale azionista e “acquirente”.
Secondo alcuni esperti del settore, tale situazione potrebbe essere superata
attraverso la creazione e lo sviluppo di Autorità locali, magari regionali, che
sappiano svolgere l’attività di regolazione in modo indipendente dagli enti
locali, proprietari delle reti e delle aziende che gestiscono il servizio.
[Elefanti,2002]
Un altro aspetto non chiaro nella normativa per la liberalizzazione del
mercato dei servizi pubblici riguarda la durata del periodo transitorio, entro il
quale i servizi debbano essere riassegnati tramite procedura di gara.
Inevitabilmente, il periodo di transizione diverrà prolungato stante le
indicazioni formulate dalla normativa. Nel caso di molte regioni italiane, ad
esempio, c’è una spinta fortissima a mantenere la presenza pubblica nella
gestione dei servizi. Tale spinta viene da una pluralità di soggetti: da chi
pensa che le attuali imprese siano le uniche ad avere il know how necessario,
alle organizzazioni sindacali, preoccupate di salvaguardare gli attuali livelli
occupazionali nel comparto pubblico, ecc. . Esistono, insomma, una serie di
soggetti che potrebbero sostenere non la liberalizzazione dei mercati quanto
il monopolio, in attesa, magari, che la normativa cambi ulteriormente. È nota,
comunque, la complessità della ricerca di equilibrio in un processo normativo
di liberalizzazione. Il timore, però, è che questa norma finisca per favorire il
mantenimento di uno status quo, soluzione che sarebbe solo nell’interesse
delle aziende pubbliche. Nell’ottica che vengano ascoltate le richieste dei
cittadini, basate sulla qualità dei servizi, gli enti locali dovrebbero collocare
le loro aziende sul mercato, costringendole a competere, senza avere
partecipazioni dirette nel capitale.
La normativa in vigore, quindi, contiene un effettivo embrione di
liberalizzazione dei mercati, ma porta in sé una serie di problemi e
contraddizioni. Problemi che, evidentemente, mettono in difficoltà gli enti
locali e li colgono impreparati sotto diversi punti di vista: dal punto di vista
11
politico, giuridico e tecnico. Problemi che creano, inevitabilmente, disagio,
ma che rappresentano, in buona sostanza, il prezzo che si deve pagare per
l’avvio di questo processo.
Circa l’opportunità di portare avanti il processo di liberalizzazione, i cittadini
chiedono efficacia nei servizi (cioè servizi di elevato livello qualitativo), le
aziende vogliono efficienza (cioè servizi remunerativi), costituendo tali
obiettivi, istanze difficili da perseguire simultaneamente.
Un altro importante aspetto contradditorio da valutare riguarda la questione
della separazione tra chi gestirà le reti e chi gestirà il servizio: potremmo
trovarci, in futuro, in presenza di 1) società ipercapitalizzate (proprietarie
delle reti), con scarsissima responsabilità nei confronti dei cittadini e 2)
società scarsamente capitalizzate, derivanti dalla separazione delle reti dai
servizi, che dovranno erogare i servizi, senza poter intervenire sulle reti e,
quindi, senza una leva importante su cui agire per migliorare la qualità dei
servizi. [Elefanti,2002]
1.2 Condizioni da garantire per aprire i mercati dei servizi pubblici alla
concorrenza
Alla luce dei problemi e dei rischi, descritti nel paragrafo precedente, occorre
definire specifiche condizioni da garantire per far sì che la riforma possa
procedere e sia indirizzata verso il raggiungimento dei risultati di
miglioramento del servizio, per i quali è stata pensata.
Un primo accorgimento potrebbe essere quello di spingere verso una
privatizzazione delle aziende pubbliche, per “staccarle” dalla relazione con
gli enti locali, cha bandiscono la gara.
12
Poi è indispensabile un processo di concentrazione delle piccole realtà
industriali e/o un allargamento della gara a bacini di dimensioni significative.
Le sinergie e le economie di scala, infatti, si determinano solo in alcune
condizioni:
1. mediante la creazione di imprese di grandi dimensioni;
2. mediante l’istituzione di grandi ambiti della domanda.
In questo secondo caso, solo le aziende di dimensioni significative potranno
partecipare alle gare, finendo, quindi per dare vita ad un processo di
concentrazione delle stesse.
Un terzo aspetto da evidenziare è legato alla correttezza e alla trasparenza
delle gare, che dovranno essere formulate in modo da non prevedere, o da
prevedere in minima parte, elementi di discrezionalità. Per verificarsi questa
eventualità, le gare potranno essere bandite solo ed esclusivamente mediante
il ricorso al sistema del massimo ribasso, dopo aver, preventivamente,
definito e fissato gli standard qualitativi da rispettare per garantire l’efficacia
nell’erogazione dei servizi. In tal modo, si renderebbe oggettivo il giudizio
sull’efficienza, sull’efficacia nel processo di erogazione e si darebbe un reale
contributo alla creazione di un autentico processo competitivo.
È necessario, inoltre, che si risolva il conflitto di interessi derivante dal
triplice ruolo (già visto) giocato dagli enti locali nei confronti dell’azienda
pubblica: essi sono, infatti, proprietari delle aziende, acquirenti dei servizi
che erogano e regolatori delle loro azioni. È uno stato che va’ contro la
filosofia del mercato libero!
Un altro importante ragionamento è da farsi, però, sul ruolo che gli enti locali
sono chiamati a giocare: potrebbe esistere un problema di inadeguatezza
degli enti a progettare e realizzare un sistema di erogazione dei servizi. Il
rischio è che questa prova si risolva in dimostrazione di incapacità a
progettare e regolare una rete di servizi pubblici locali da parte degli enti
locali. Le aziende sono molto meglio preparate in questo grazie ad una
competenza verticale molto più approfondita in merito. Si potrebbe, perciò,
spostare la definizione ex-ante degli standard definiti nel contratto di
13
servizio, espandendola verso un ambito provinciale o regionale. Si
riuscirebbe, così, a creare le condizioni di natura tecnica necessarie per
arrivare prima all’identificazione del livello di servizio atteso e poi alla
messa in gara e al controllo dello stesso. Inoltre, non è sufficiente bandire
una gara e sottoscrivere un contratto di servizi; è necessario che poi siano
rispettati i patti e, quindi, monitorate le condizioni di erogazione
relativamente non solo alle tariffe, ma anche alla qualità e al livello di
servizio.
Un’ultima considerazione va fatta, infine, sul ruolo dei manager delle
aziende di servizio pubblico in relazione ai cambiamenti prefissi dalla
liberalizzazione dei mercati. Per chi sta al vertice dell’azienda e ama fare il
proprio mestiere di manager, la riforma apre grandi possibilità e sfide, a
seguito dei cambiamenti strutturali. Occorre solo che i dirigenti delle imprese
di servizi pubblici non siano distratti da una possibile funzione politico-
amministrativa (es. eventuale carica nella Giunta comunale) e focalizzano
l’attenzione verso la pura mansione manageriale.
1.3 Il servizio di trasporto pubblico locale
Uno tra i servizi pubblici locali, interessati dai cambiamenti introdotti dalla
riforma del settore, presentata in questo capitolo, è il trasporto collettivo.
È interessante, quindi, esaminare i risultati che si avranno in questo settore, a
seguito della liberalizzazione del mercato, dal punto di vista istituzionale, ma
anche e soprattutto da quello delle aziende erogatrici.
La gestione del servizio in questione e dei mezzi pubblici (autobus, tram,
metropolitane, ecc.) dovrà essere rivista, soprattutto dalle imprese interessate,
secondo la nuova chiave interpretativa del mercato libero.
14
In Italia, c’è grande interesse da parte sia di operatori nazionali che europei
verso il futuro di questo mercato dei trasporti pubblici locali, che
1
:
ξ vale circa 13.000 miliardi (delle vecchie Lire);
ξ interessa circa 1.200 aziende a livello nazionale;
ξ conta circa 120.000 addetti;
ξ produce 1.800 milioni di Km con 40.000 vetture circolanti;
ξ serve circa 4.500 milioni di viaggiatori all’anno;
ξ impegna investimenti per circa 1.000 miliardi (di Lire) all’anno.
E’ possibile, perciò, partendo dallo studio delle nuove regole del gioco,
analizzare possibili modelli di business per possano affermarsi tra le aziende
di trasporto pubblico italiane, ponendo particolare attenzione al mercato
europeo e alle esperienze di paesi già più avanti nel processo di riforma del
TPL.
1
I dati sono riferiti al 1999.
Fonte dei dati: “Il trasporto pubblico locale come business” di Montanari, Zara, 2000
15
CAPITOLO 2
LA LIBERALIZZAZIONE DEL MERCATO NEL SETTORE
DEL TRASPORTO PUBBLICO LOCALE (TPL)
Nella seconda metà degli anni Novanta, l’accentuarsi di criticità derivanti da
una situazione di non ottimale pianificazione dei sistemi di mobilità e di
trasporto e il gravarsi di problemi di carattere ambientale, con riflessi
economici (costi delle esternalità) e sociali, hanno richiesto un ripensamento
complessivo del sistema dei trasporti a livello nazionale per affrontare con
efficacia diversi aspetti prioritari:
ξ il congestionamento dei grandi centri urbani;
ξ il costo insostenibile del TPL per la collettività, considerando la
diminuzione del numero di utenti, con il trasferimento di questi verso
il modo di trasporto privato/individuale;
ξ l’esigenza di contenimento degli effetti sull’ambiente (inquinamento
acustico e ambientale) e sulla sicurezza (incidenti stradali);
ξ la consapevolezza che i grandi centri urbani non possono fare a meno
di un sistema infrastrutturale di trasporto;
ξ la convinzione, da parte della collettività, che la mobilità è un diritto e
che la pubblica amministrazione deve garantire un livello di servizio
efficiente ed efficace, rispondente alle esigenze di spostamento.
Inoltre, lo scenario del trasporto pubblico locale in Europa, caratterizzato da
meccanismi molto diversificati da Paese a Paese, si sta indirizzando verso un
chiaro orientamento comunitario, espresso tra l’altro nella normativa CEE
(1893/91), che spinge le nazioni appartenenti all’Unione Europea verso una
liberalizzazione senza eccessi. Il processo di cambiamento sarà lungo e
complicato, anche perché in molti Paesi europei, tra cui anche l’Italia, il
coinvolgimento pubblico (pianificazione, proprietà e gestione) nel settore dei
trasporti è sempre stato totale. Tuttavia la condizione finale a cui si vuole
arrivare sarà il progressivo superamento del vecchio modello, basato sui
monopoli pubblici, verso un altro in cui la gestione risulterà affidata ad
imprese private, in un’ottica di mercato libero. Alcuni Paesi (come la Gran
16
Bretagna, la Francia e la Svezia) hanno anticipato i tempi, avviando già da
anni interventi finalizzati a questo scopo e buoni risultati non hanno tardato a
manifestarsi. [Montanari, Zara, 2000]
D’altro canto è opinione ormai diffusa che il trasporto pubblico locale sia
uno strumento fondamentale per il miglioramento della qualità della vita
nelle città e per il risanamento ambientale, grazie ad un riequilibrio della
ripartizione modale degli spostamenti che limiti il peso delle auto private.
Tutte le ragioni sopraelencate, unite con la pressante necessità di ridurre
sensibilmente il fabbisogno finanziario del TPL a livello nazionale, ha
indotto il governo italiano, coerentemente con la normativa comunitaria e
considerando le esperienze già consolidate a livello europeo, alla definizione
della riforma del TPL.
2.1 Il quadro normativo italiano
2.1.1 Il decreto legislativo n. 422/97 (“Decreto Burlando”)
Il decreto legislativo n. 422/97 (integrato e modificato successivamente dal d.
lgs 400/99) reca norme sul “conferimento alle regioni e agli enti locali di
funzioni e compiti in materia di trasporto pubblico locale”.
La riforma introduce concetti assolutamente innovativi e di importanza
fondamentale per il settore:
1. la separazione dei ruoli di pianificazione e controllo da quelli di
gestione dei servizi di trasporto pubblico locale;
2. la trasformazione delle aziende pubbliche in società di capitali;
3. l’introduzione di procedure concorsuali ad evidenza pubblica (gare)
per l’assegnazione dei servizi [dopo un periodo transitorio, che si
concluderà il 31/12/2003, qualunque affidamento di servizio dovrà
avvenire attraverso procedure concorsuali];
4. la definizione dei rapporti contrattuali (contratti di servizio) tra enti
concedenti e gestori dei servizi, che assicurano la completa
17
corrispondenza tra oneri del servizio e risorse disponibili, al netto dei
proventi tariffari;
5. la definizione di precisi obiettivi di copertura dei costi industriali con
i ricavi da traffico.
L’obiettivo che si pone questa riforma è quello di creare un mercato regolato
in cui le amministrazioni locali mantengono un ruolo di regolazione e
trasferiscono al mercato la funzione e la responsabilità di gestione dei servizi,
con il risultato finale di incrementare efficacia ed efficienza e migliorare,
quindi, i servizi di trasporto pubblico, affidandosi alle dinamiche della
concorrenza e non più del monopolio, che da sempre ha caratterizzato il
settore.
La riforma punta, quindi, ad una compiuta separazione fra le attività di
indirizzo, programmazione e controllo e quelle di gestione del TPL.
Per realizzare questo obiettivo le regioni e gli enti locali hanno attuato la
trasformazione delle aziende speciali e dei consorzi di trasporto pubblico
locale in società di capitali entro il 31/12/2000.
Questa operazione ha comportato la necessità di dismettere quote di
partecipazione entro due anni. [Marinelli,2002]
E’ chiaro, quindi, che è cambiata la cultura del management per le aziende
italiane di trasporto pubblico locale, che da pubbliche si sono trasformate in
SpA con una partecipazione dei privati sempre più significativa; ci si orienta
verso il marketing, verso risultati economici in un’ottica di impresa, che si
pone il problema di capire quale “prodotto” sia vincente e come lo si possa
veicolare sul mercato e, soprattutto, come far tornare i conti.
In questa prospettiva i gestori di TPL sono chiamati a rafforzare
progressivamente il profilo di “imprese della conoscenza”, spostando
l’attenzione dalla produzione dei servizi alla capacità di applicare metodi e
approcci in contesti diversi ed in evoluzione, soddisfacendo le esigenze del
mercato.
18
E’ importante, inoltre, sviluppare politiche di traffico e di governo della
mobilità che coinvolgano le amministrazioni locali in progetti delle città e
per le città, favorendo investimenti e sistemi tecnologicamente avanzati,
ripensando al ruolo e alla funzione delle reti di trasporto collettivo,
rivedendone profondamente a medio termine la struttura e le performance in
relazione alle evoluzioni dell’economia e della società, e trasformando la
competizione tra pubblico e privato in cooperazione. [Montanari,Zara, 2000]
2.1.2 L’approccio contrattuale alla riforma del settore
Il principio fondamentale espresso nel mutamento in corso nel settore del
TPL è la separazione, quindi, tra il ruolo di indirizzo e controllo e la
produzione dei servizi, quale condizione per lo sviluppo degli stessi in
maniera efficace ed efficiente.
Questa chiara distinzione di ruoli implica una profonda ridefinizione della
mission delle aziende di gestione e degli enti regolatori, dovuta alla
possibilità di un diverso rapporto tra le due parti. A livello europeo,
convivono tre approcci prevalenti:
1. approccio regionale: la gestione del TPL resta prevalentemente
pubblica; gli operatori tendono ad integrarsi su scala regionale; il
sistema è regolato da autorità regionali;
2. approccio contrattuale: l’ente pubblico fissa obiettivi di servizio,
determina i vincoli di bilancio e mette a gara la gestione dei servizi, in
un regime di “concorrenza per il mercato” in cui competono operatori
pubblici, privati e pubblico-privati;
3. approccio liberistico (deregulation): l’autorità pubblica garantisce il
libero accesso degli operatori privati al mercato, definendo i requisiti
minimi di qualità e di sicurezza del servizio.
Individuare punti di debolezza del primo e del terzo approccio è abbastanza
facile, in quanto nascono da un’interpretazione non del tutto corretta dei
principali obiettivi della liberalizzazione del mercato del trasporto pubblico.
19
L’approccio regionale, infatti, definisce l’apertura del mercato come
semplice esternalizzazione, da parte delle aziende pubbliche, di quote di
servizio tramite il subaffidamento.
In maniera del tutto opposta, la deregulation, invece, introduce la
“concorrenza sulla strada”: non esiste alcuna pianificazione dei servizi da
parte di soggetti pubblici, le tariffe sono libere, gli standard di qualità si
limitano a requisiti minimi. Conseguenze del tutto negative di questo
approccio si rispecchiano, quindi, in una scarsa integrazione fra i diversi
sistemi di trasporto, nella possibile non copertura del servizio pubblico per
particolari zone non interessanti per le aziende di TPL, ecc., in definitiva in
una forte perdita di attrattività del servizio di trasporto pubblico.
L’approccio migliore per una definizione dei ruoli tra enti regolatori e
aziende di gestione, nella riforma del TPL, risulta, quindi, essere quello
contrattuale
2
, che corrisponde, tra l’altro, alla visione dell’Unione Europea.
Questo tipo d’assetto permette lo sviluppo di un contesto competitivo e, nello
stesso tempo, un rafforzamento della funzione pubblica di regolazione. La
sua applicazione può variare da formule di yard-stick competition, cioè di
concorrenza per l’assegnazione dei contributi pubblici fondata sul confronto
tra aziende indicativamente omogenee su parametri di efficacia, efficienza e
qualità, alla “concorrenza per il mercato”, cioè a gare per l’affidamento
esclusivo dei servizi per un determinato periodo di tempo e secondo un
determinato contratto di servizio, definito a priori.
L’approccio contrattuale sembra la miglior soluzione, inoltre, per
contemperare le esigenze di politica integrata della mobilità e qualità dei
servizi con l’incremento d’efficienza e produttività richiesto dal calo
fisiologico dei contributi pubblici. [Montanari, Zara, 2000]
2
All’approccio contrattuale faranno riferimento tutte le considerazioni formulate in questo lavoro
di tesi.
20
Riassumendo, il punto cardine della riforma risiede nel trasferimento di
competenze e poteri decisionali dagli organi centrali statali agli organi
periferici, rappresentati da regioni, province e comuni. Le innovazioni
fondamentali che derivano da questo processo riguardano:
ξ la pianificazione e la programmazione dei servizi;
ξ la definizione dei servizi minimi, cioè di quei servizi i cui costi sono a
carico delle regioni, utili per rispondere, in termini di qualità e quantità,
alle esigenze di mobilità dei cittadini. Sono definiti tenendo conto dei
fattori legati alla domanda di mobilità e alla necessità di superare i
problemi relativi al traffico e all’inquinamento;
ξ le modalità di affidamento del servizio;
ξ il contenuto dei contratti.
2.1.3 Le leggi regionali
La conseguenza più immediata della riforma del trasporto pubblico locale è il
conferimento alle regioni, alle province ed ai comuni di una relativa
autonomia nella predisposizione e nella organizzazione degli strumenti di
programmazione, regolazione e controllo del settore.
Le leggi regionali fissano le modalità e i criteri per l'individuazione dei
servizi minimi; gli indirizzi generali per la redazione dei Piani di bacino e dei
Programmi triennali dei servizi.
Attraverso gli specifici modelli di trasporto locale disegnati dalle leggi
regionali, le regioni individuano i servizi minimi sufficienti a soddisfare la
domanda di mobilità dei cittadini, definendo, d'intesa con gli altri enti locali,
gli standard di qualità dei servizi e le modalità di trasporto più idonee a
soddisfare la domanda degli utenti.
La ripartizione della rete di trasporto locale e l'organizzazione dei relativi
servizi viene attribuita a ciascuna provincia e da questa ai comuni attraverso
l'individuazione di specifici bacini di traffico.