2
la natura giuridica dei beni (pubblici/privati);
la necessità di armonizzare politiche differenti (ambientali, sociali, di
sviluppo rurale).
E’ quindi necessario un ventaglio di politiche e strumenti economici che
indirizzino verso un uso sostenibile della biodiversità zootecnica.
Si possono identificare due differenti strategie di conservazione: ex situ e in situ.
La prima consiste nella raccolta e conservazione di materiale genetico di
riproduzione nelle cosiddette banche dei geni. La conservazione ex situ è un supporto
alla strategia complessiva di mantenimento della biodiversità; infatti, questo metodo
di conservazione non è sufficiente a garantire la sicurezza dei processi di
conservazione e la continuazione di quelli di evoluzione.
Con strategie in situ si fa invece riferimento a interventi di conservazione di razze
animali nel loro agro-ecosistema e la principale forma di tutela consiste nel sostegno
economico degli allevatori e, in minor parte, nell’attuare programmi di allevamento
sostenibile all’interno di parchi naturali e zone protette. Attraverso questa strategia di
conservazione si tenta di superare l’allocazione alternativa tra uso e conservazione.
Su scala mondiale questo obiettivo viene perseguito attraverso la gestione di progetti
che mirano al soddisfacimento dei bisogni delle popolazioni attraverso la gestione
delle risorse naturali.
La filosofia di fondo di tali interventi, sostenuta fin dagli anni 80 dall’IUCN e
dall’UNEP attraverso il principio di conservation for development, è che le risorse
che producono un ritorno tangibile per l’uomo, contribuendo al suo processo di
sostentamento e sviluppo, hanno maggiori possibilità di essere conservate.
3
Nel caso particolare delle razze domestiche (tralasciando i wild relatives) viene
posta l’attenzione in primo luogo su una particolare tecnica di conservazione in situ,
la cosiddetta conservazione on farm, cioè la conservazione delle RGA locali in
estinzione mediante l’allevamento in fattoria.
La salvaguardia della biodiversità assume rilevanza diversa in numerosi contesti
istituzionali con differenti effetti in numerosi settori. In termini generali si possono
distinguere:
1) il contesto internazionale, con l’azione di organizzazioni quali FAO, UNEP,
UE;
2) il contesto nazionale;
3) il contesto regionale e locale;
Con riferimento al contesto nazionale i differenti settori coinvolti sono
rappresentati da:
a) le politiche ambientali e territoriali;
b) le politiche agro-forestali e agro-alimentari;
c) le politiche di sviluppo sociale ed economico.
Nell’ambito delle politiche ambientali è, in linea generale, più difficile
rintracciare strumenti specifici per questo obiettivo. Si tratta in genere di politiche
volte alla protezione ed alla conservazione delle risorse, spesso attraverso
l’imposizione di standard e mediante azioni di tipo vincolistico o di “comando e
controllo”, la maggior parte delle quali derivanti da un quadro di accordi
internazionali che spesso rimangono privi di strumenti applicativi reali. Sono tuttavia
fondamentali in quanto delineano lo spazio teorico della materia affermando principi
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importanti sulla proprietà e la gestione delle risorse genetiche, sul loro ruolo, sulle
strategie di conservazione, ecc.
Quanto all’ambito regionale e locale, il principio di conservazione e sviluppo
viene reso più applicativo sia con le politiche, nazionali e regionali, per le aree
protette, che con l’applicazione di disposizioni comunitarie.
Occorre tuttavia verificare se la conservazione delle risorse –ed in particolare di
quelle genetiche- generi una ricaduta economica tangibile a livello locale. Ad
esempio, è importante osservare se si registra un prezzo di vendita al consumo delle
produzioni zootecniche ottenute dall’allevamento di razze in estinzione rispetto ai
prodotti comunemente ricavabili con razze cosmopolite.
A questo proposito importanti effetti sinergici possono scaturire dalle normative
sulla produzione e commercializzazione dei prodotti alimentari tipici e tradizionali
varati nell’ambito delle politiche agro-forestali ed alimentari. In particolare,
attraverso l’impiego di disciplinari che impongono l’utilizzo delle razze zootecniche
locali per la produzione di prodotti zootecnici certificati (Igp, Dop, ecc.).
Sempre in ambito degli interventi che possono generare una più ampia ricaduta in
ambito locale è il caso di ricordare una particolare metodologia di conservazione in
situ, rappresentata dall’allevamento nei parchi e nelle riserve naturali.
La tutela del germoplasma animale autoctono nelle aree protette costituisce uno
dei ruoli multifunzionali che l’attività agricola può svolgere in piena compatibilità
ambientale contribuendo al mantenimento di produzioni locali e tipiche, ottenibili
con tecniche di allevamento estensive di tipo tradizionale o innovativo.
In un’area protetta, una gestione estensiva delle risorse zootecniche prevede
certamente un ampio ricorso al pascolamento nel rispetto dei principi che la FAO
5
definisce di efficienza (obiettivo economico), di accettabilìtà (obiettivo sociale) e di
sostenibilità (obiettivo di conservazione).
La maggior parte delle razze allevate o presenti occasionalmente nei parchi
italiani appartiene a tipi generici a discreta o ampia diffusione sul territorio
nazionale. Salvo pochissime eccezioni, in Italia non si rilevano, dunque, razze
“tipiche” o “esclusive” di un parco; se le razze domestiche a limitata diffusione sono
presenti in aree ristrette, raramente i confini di tali territori coincidono con quelli di
un’area protetta.
Più spesso nelle zone montane, la presenza di mandrie e greggi in un’area
protetta ha carattere stagionale; gli animali vengono infatti generalmente condotti al
pascolo estivo, oppure transitano temporaneamente all’interno delle aree protette
durante la transumanza per sfruttare le risorse foraggiere disponibili in un
determinato periodo stagionale.
La presenza di razze autoctone a rischio di estinzione in un’area protetta può
comunque costituire particolare motivo di interesse per la gestione di un parco.
Anche in questo senso, le potenzialità offerte per la salvaguardia delle risorse
genetiche animali del territorio siciliano appaiono significative anche in relazione
alla presenza di queste razze all’interno delle aree protette (Parchi e Riserve naturali)
(Tab. 5).
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Tab. 5 - Razze zootecniche siciliane a rischio di estinzione presenti in aree protette (*)
Razza Zootecnica Area protetta Status Fao – DAD Is
Equini
Sanfratellano P.R. dei Nebrodi Not at risk
Bovini
Modicana P.R. dei Nebrodi Endangered
Caprini
Argentata dell’Etna P.R. dell’Etna Endangered
Suini
Nero Siciliano P.R. dei Nebrodi,
P.R.delle Madonie
Critical
(*) Fonte: Fortina R., Reyneri A. 2001.
3.1 Il programma DAD-IS e il WWL della FAO
Il Word Watch List for Domestic Animal Diversity (WWL-DAD), giunto nel
2002 alla sua terza edizione, è un sistema di identificazione e monitoraggio delle
razze domestiche del mondo a rischio di estinzione, messo a punto nell’ambito del
progetto Global Strategy for the Management of Farm Animal Genetic Resources
della FAO.
L’obiettivo del WWL-DAD è quello di comunicare lo stato delle risorse
genetiche animali facilitando gli interventi finalizzati a fermare o diminuire il trend
negativo di erosione della diversità biologica animale.
Si tratta soprattutto di uno strumento informativo: utilizza le moderne tecnologie
per mettere a disposizione di tutti gli interessati dati e riferimenti riguardanti la quasi
totalità delle razze domestiche allevate.
Per ogni popolazione viene riportata una lunga serie di informazioni, dai nomi
locali alla distribuzione, dallo stato delle popolazioni agli utilizzi principali degli
animali, alla presenza o meno di piani di conservazione in situ ed ex situ.
7
Tutte le razze sono classificate secondo lo stato di rischio di estinzione articolato
in sette diverse categorie:
1. Extinct Breed, indica una razza per la quale non è possibile ricreare una
popolazione per l’assoluta scomparsa di seme maschile o femminile;
2. Critical Breed, indica una razza il cui numero totale di fattrici è minore di 100 o
il numero di esemplari maschi è inferiore o uguale a 5;
3. Critical – Maintained Breed, indica una razza con consistenza uguale alla
categoria precedente, ma si riferisce a delle razze sottoposte a programmi
pubblici o privati di tutela;
4. Endangered Breed, è una razza il cui numero totale di fattrici è compreso tra 100
e 1.000 o il numero di riproduttori maschi è minore o uguale a 20 e maggiore di
15;
5. Endangered – Maintained Breed, indica una razza con consistenza identica alla
categoria precedente, ma si riferisce a razze sottoposte a programmi di tutela;
6. Breed Not at Risk, indica una razza il cui numero di riproduttori maschi e
femmine è più alto rispettivamente di 20 e 1.000 unità;
7. Unknown, indica una razza di cui non è disponibile alcun dato.
La FAO ha iniziato l'analisi globale della situazione nel 1991 per sette specie di
mammiferi, avviando il lavoro per le specie di uccelli e per i cammelli nel 1993. In
seguito è stato incluso anche lo yak, il bovino delle montagne himalaiane, arrivando
così all’odierno e più completo censimento. La banca dati, disponibile su internet
(www.fao.org), contiene 3.882 schede delle 28 specie di mammiferi e uccelli
considerate. Per il 75% delle razze o popolazioni sono disponibili dati sulla
consistenza del numero di animali. Di quelli per i quali si dispone di dati il 19%
8
(559) è considerato ad alto rischio di estinzione: razze considerate minacciate o in
stato critico per le quali non sono in corso programmi di conservazione. In realtà,
poiché l'efficacia dei programmi di conservazione è assai varia, il 19% è una
sottostima e, se si includono anche le razze in qualche modo gestite, il valore indicato
potrebbe oscillare intorno al 30% (873 razze o popolazioni). Applicando la stessa
incidenza a tutte le entità incluse nel censimento si arriverebbe ad un numero di
1.165 razze in pericolo.
Rispetto alle diverse specie quelle con il maggior numero di razze a rischio sono
galline, bovini, pecore e cavalli, ma quelle con il maggior numero di razze a
immediato rischio di estinzione riguardano cavalli e oche domestiche. Il censimento
realizzato non è ancora completo e i dati sulla consistenza delle popolazioni sono
particolarmente difficili da ottenere proprio per le razze più rare presenti nei paesi in
via di sviluppo.
Sulla base dei dati disponibili si può ritenere plausibile che circa 1.200-1.500
razze e popolazioni animali possano essere ritenute a rischio. Altrettanto ragionevole
sembra la stima di un tasso di medio annuo di rischio di estinzione del 5%,
equivalente alla scomparsa di una razza animale domestica ogni due settimane.
Dal punto di vista della distribuzione geografica il continente con la maggiore
diversità è l'Europa con 1.688 razze tra mammiferi e uccelli. Analogamente è quasi
esclusivamente in Europa che si trovano le razze mantenute, ossia oggetto di
interventi di gestione e conservazione.
Al secondo posto, sia per mammiferi che per uccelli, con un totale di 996 razze e
popolazioni, si trova il continente asiatico. L'Africa occupa il terzo posto, anche se
con grande distacco, con 396 specie. Una caratteristica di questo continente è il
9
grande utilizzo di uccelli, le cui razze costituiscono più di un terzo delle razze
allevate.
E’ opportuno tuttavia precisare che proprio nei paesi in via di sviluppo si rilevano
incidenze relative più contenute in termini di rischio di estinzione a causa
dell’elevata presenza di specie animali complessivamente presenti. Ad esempio, in
tutta l'Africa sub-sahariana su 369 razze di mammiferi e uccelli solo 27 (7,3%)
sembrano essere a rischio.
Secondo la FAO due razze italiane sono già da considerare estinte, in quanto non
esistono più esemplari puri; 26 sono in situazione critical e il loro destino è legato
alla sopravvivenza di meno di 5 riproduttori e meno di 100 femmine; infine, 27 sono
le razze endangered, cioè quelle di cui esistono un centinaio di femmine allevate in
purezza e con tendenza all’aumento, ma un numero di maschi riproduttori basso e
compreso tra 5 e 20.
In Tab. 6 è riportato un prospetto riassuntivo delle razze zootecniche a rischio di
estinzione in Sicilia ed il relativo stato di rischio secondo lo schema di
classificazione della FAO.
Tab. 6 - Razze zootecniche siciliane in via di estinzione e stato di rischio secondo la classificazione
FAO DAD-IS
Razza Zootecnica Status Fao – Dad Is Conservazione In Situ Conservazione Ex Situ
Vacca Modicana Endangered Si Si, seme
frigoconservato
Vacca Cinisara Not a risk Si *
Capra Girgentana Endangered Si *
Capra Argentata dell’Etna Not at risk Si *
Pecora Barbaresca Not at risk Si Si
Suino Nero Siciliano Endangered Si *
Asino Ragusano Endangered Si Si, seme
frigoconservato
Cavallo Sanfratellano Not at risk Si *
Cavallo Puro Sangue
Orienatale
** Si *
(*) informazione non presente nel DAD-IS della Fao.
(**) razza non catalogata tra le razze mondiali del DAD-IS della Fao.
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3.2 Il regolamento CE 2078/92
Uno degli strumenti principali per la conservazione delle RGA in Italia negli anni
passati è stato rappresentato dalle misure agro-ambientali previste dal Reg. CE
2078/92, una delle misure di accompagnamento della riforma della Politica Agricola
Comunitaria del 1992. Nell’ambito di tale regolamento era infatti compresa l’azione
di salvaguardia delle razze zootecniche (misura D2). La misura era collegata ad un
analogo provvedimento per l’incentivazione della coltivazione di specie vegetali in
via di estinzione (misura D3).
L’applicazione del Regolamento in Italia ha tuttavia evidenziato forti limiti, sia a
causa della programmazione regionale, che si è rivelata inadeguata alle potenzialità
del patrimonio genetico disponibile, sia per ragioni economiche, legate al livello dei
premi di integrazione di reddito e, soprattutto, per gli elevati costi di transazione
generati dall’eccessivo carico burocratico del sistema (Signorello, Cocuzza,
Pappalardo, 2003).
Le difficoltà di tale misura in sede applicativa sono riconducibili a problemi di
natura informativa, e, in secondo luogo, alla convenienza economica di scelte
aziendali.
Relativamente alle carenze informative hanno agito due fattori: il primo riguarda le
conoscenze degli allevatori necessarie per potere applicare la misura, riconducibili
alla complessità della divulgazione agricola; il secondo attiene al livello dei premi
che, a fronte degli alti costi di transazione, non sempre è risultato sufficiente a
mantenere la redditività aziendale.
In definitiva la misura si è rivelata parzialmente efficace in quanto il tasso di
11
adesione è stato condizionato da troppe variabili: fattori economici (livello del
premio atteso), fattori strutturali (incertezza sui processi e sui prodotti, propensione
all’innovazione, gravosità burocratica) e fattori culturali (sensibilità verso la cura
dell’ambiente naturale).
Si tratta peraltro degli stessi condizionamenti rilevati anche a proposito di altre
misure previste dal medesimo regolamento comunitario, i cui effetti si sono
manifestati con maggiore intensità nelle imprese meno flessibili ove, per motivi
strutturali e di ordinamento produttivo, i costi di produzione risultano più elevati
disincentivando l’applicazione delle misure di integrazione del reddito.
Tra gli allevatori della provincia di Ragusa le richieste di accesso al
finanziamento del Reg. CE 2078/92 hanno riguardato solo 9 aziende, e dei premi
previsti per i 235 capi solo 209 di questi capi sono stati considerati idonei (Tab. 7).
Tab. 7 - Aziende ammesse ai finanziamenti del Reg. CE 2078/92 in provincia di Ragusa (*)
Localizzazione
Azienda
Razza
zootecnica
SAT SAU Superficie
Aziendale
Foraggera
Finanziamento
richiesto per
num. capi
Capi ammessi
al
finanziamento
UBA
ammesse
Ragusa Ragusana 75,56 68,00 68,00 4 3 3,00
Ragusa Ragusana 31,57 29,55 24,17 2 2 2,00
Ragusa Modicana 40,48 39,00 39,00 34 34 32,40
Modica Modicana 23,62 21,00 15,00 23 23 21,60
Ragusa Modicana 83,50 72,57 72,57 56 40 36,40
Ragusa Modicana 29,20 27,55 25,45 60 56 51,60
Ragusa Modicana 21,06 17,06 17,06 18 16 15,60
Ragusa Modicana 14,18 13,50 13,50 19 17 17,00
Modica Modicana 27,28 25,16 16,91 19 18 16,80
Totali - 346,45 313,39 291,66 235 209 196,40
(*) Fonte: Ispettorato Provinciale Agricoltura - Ragusa
Non meno rilevante sotto il profilo dell’efficacia degli interventi promossi
dalla Pubblica Amministrazione per favorire la tutela delle risorse genetiche risulta
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inoltre la difficoltà di una adeguata valorizzazione commerciale delle produzioni
ottenute attraverso l’allevamento di razze zootecniche a rischio di estinzione. Aspetto
quest’ultimo, rispetto al quale le opportunità offerte da altre misure di intervento
appaiono diversificate, ma difficilmente concretizzabili mediante iniziative isolate da
parte di singoli agricoltori. Iniziative coordinate anche su base associativa potrebbero
inoltre stimolare altri interventi da parte dell’operatore pubblico, come un incentivo a
favore dell’impiego di razze in via di estinzione per la produzione di prodotti
biologici tutelati da specifici disciplinari. Nella Tab. 8 è riportato un prospetto
riassuntivo delle principali tipologie di interventi di conservazione riferiti alle
Risorse Genetiche Animali (RGA).
Tab. 8 – Tipologie di interventi di conservazione di RGA e normativa di riferimento (*)
Aree di lavoro Obiettivi Documento
di riferimento
Spazio operativo Riferimenti
normativi
Conservazione
in situ
Mantenimento della
varietà di risorse
genetiche, forme e
processi adattativi
delle specie e degli
ecosistemi.
Piano Nazionale
sulla Biodiversità
Realizzazione di un
sistema di aree
protette; conservazione
al di fuori
delle Aree Protette;
conservazione
di specie/razze e
varietà, allevate/
coltivate; conservazione
dei
paesaggi naturali ed
agrari storici;
recupero ecosistemi
degradati; difesa
e recupero specie
minacciate.
Collegamento con la
Rete Ecologica
Legge 394/91
Direttiva 92/43
Iniziativa Comunitaria
LEADER+
Fondi Strutturali
(POR- PSR)
Conservazione
ex situ
Conservazione della
biodiversità quando
questa sia gravemente
minacciata
oppure quando il
numero degli individui
di una specie sia
fortemente ridotto.
Piano Nazionale
sulla Biodiversità
Realizzazione di un rete
integrata
di centri di
conservazione del
germoplasma;
istituzione di una banca
dati; collegamento in
situ - ex situ;
istituzione di centri per
la conservazione
e di vivai per la
produzione
di specie autoctone.
Legge 61/94
D. legislativo 4 giugno
1997, n. 143
Legge 349/86
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3.3 Il Piano di Sviluppo Rurale (Reg. UE 1257/99 azione F4B)
Tra gli obiettivi del Piano di Sviluppo Rurale della Regione Siciliana compare la
salvaguardia del patrimonio genetico delle razze animali autoctone. Lo strumento
utilizzato per il raggiungimento di queste finalità (azione F4B) continua ad essere
quello del premio monetario annuo per gli allevatori, teso a compensare la riduzione
dei ricavi conseguente alla minore produttività delle razze locali a rischio di
estinzione. L’azione è applicabile per l’allevamento della razza bovina Modicana e
Cinisara, delle caprine Girgentana e Argentata dell’Etna, dell’ovina Barbaresca,
dell’asino Ragusano e del Suino Nero dei Nebrodi, nonché delle razze equine
Sanfratellano e Puro Sangue Orientale Siciliano. L’adesione a questo programma
comporta determinati obblighi per gli allevatori:
allevare per 5 anni i capi appartenenti alle razze oggetto di aiuto, con
riproduzione in purezza;
procedere all’iscrizione dei capi allevati al libro genealogico o al registro
anagrafico di razza;
adottare tecniche di allevamento che garantiscano idonee condizioni igienico-
sanitarie;
provvedere regolarmente alla compilazione del registro di stalla;
mantenere costante, durante il periodo di impegno, il numero di capi allevati;
divieto di vendere o macellare i capi ammessi all’aiuto annuale.
Sono previste anche altre azioni facoltative: l’azione F1B, riguardante
l‘introduzione o il mantenimento di sistemi di allevamento biologico e l’azione F2,
riguardante la cura del paesaggio e l’azione anti-erosiva.
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Il premio dell’azione F4B è fissato in 200 euro annuali/UBA allevata e il carico
massimo di bestiame ammesso è di 2,5 UBA/ha. L’aiuto non può dunque eccedere i
400 euro/ha, comunque cumulabili con i premi aggiuntivi delle azioni F1B ed F2.
Modesto, fino ad oggi appare l’interesse mostrato per l’azione F4B del Piano di
Sviluppo Rurale da parte degli allevatori ragusani; fino al 2002, infatti, non era stata
inoltrata ancora nessuna richiesta di finanziamento, mentre per il 2003 i dati non
sono ancora disponibili.