6
Seguirà un rapido esame del Servizio sanitario nazionale, così come si è venuto a
configurare dal 1978, momento della sua istituzione, ad oggi. Tenuto conto soprattutto dei
profili che attengono all’erogazione delle prestazioni e al finanziamento del servizio, nonché
alle recenti spinte verso la concorrenza, la “privatizzazione” e la“liberalizzazione” del settore.
Si affronterà, poi, il tema della “Carta dei servizi”, verificandone l’importanza e la
rilevanza in quello più ampio dei servizi pubblici e delle loro trasformazioni recenti.
Verranno, quindi, esaminate le questioni prettamente giuridiche ad essa connesse.
Stabilire cioè se, e in quale misura, le regole contenute dalle carte dei servizi pubblici valgono
a “concretizzare” il contenuto dei diritti costituzionali e, in specie, del diritto alla salute.
Nonché affrontare il problema della natura giuridica degli atti che assolvono a questi compiti.
Al di là dei profili teorici, il tema ha una rilevanza pratica in quanto contribuisce a
determinare l’efficacia concreta dei diritti sociali e, nel caso di specie, del diritto alla salute.
7
PARTE I
I DIRITTI SOCIALI
8
Capitolo primo
Diritti sociali. Quadro storico e teorico
1.1. Premessa
Non è certo possibile, ne è necessario, visto il tema del lavoro, dare conto in modo esauriente
del dibattito, complesso e articolato, che si è sviluppato, nel corso del xx° secolo, attorno ai diritti
sociali. Pertanto, in questo capitolo, delineato brevemente il contesto storico in cui hanno origine i
diritti sociali, si ricostruiranno le linee essenziali del dibattito culturale sviluppatosi intorno ad essi.
Si procederà, quindi, tentando (alla luce delle recenti evoluzioni dell’esperienza costituzionale
contemporanea e della fase recessiva del ciclo economico, verificatasi negli ultimi anni) un
inquadramento teorico dei diritti sociali, avendo riguardo alla loro natura giuridica, al loro rapporto
con i diritti di libertà e alle eventuali differenze strutturali. Si concluderà, infine, con l’esaminare i
mutamenti qualitativi e quantitativi che l’introduzione di tali diritti, nelle carte fondamentali dei
paesi occidentali a democrazia pluralista, ha prodotto in ordine ai compiti dei pubblici poteri e
all’intervento pubblico nell’economia e nella società.
9
1.2. Nascita e affermazione dei diritti sociali.
La previsione di provvidenze pubbliche in favore dei membri più svantaggiati di una
collettività, presente già nelle civiltà più antiche
2
, ha un sviluppo notevole in tutti gli Stati
europei, a partire dal XVI secolo, con l’adozione delle c.d. poor laws, a carattere
assistenziale - repressivo
3
. Prima però di poter considerare tali liberalità non più come atti
graziosi del sovrano ma come strumenti di un sistema di sicurezza sociale, con una base
normativa in grado di istituzionalizzarne l’esistenza e stabilizzarne i compiti, bisognerà
attendere la formazione e lo sviluppo degli Stati nazionali moderni
4
.
2
Nell’antica Roma, ad esempio, si provvide, sotto Antonino Pio, all’istituzione di medici per i poveri, gli archiatri
populares. V. al riguardo LABRANCA, Legislazione ed ordinamenti sanitari italiani, Milano, 1934, pag. 2, cit. da L.,
CARLASSARE, L’articolo 32 della Costituzione ed il suo significato, in Amministrazione Sanitaria, (a cura di R.
ALESSI), Vicenza, 1967, pag. 1.
3
Si fa qui riferimento alla legislazione nata in Inghilterra, – e in seguito ripresa nella maggior parte dei paesi
dell’Europa Continentale - allo scopo di reprimere il vagabondaggio e prevenire i pericoli per l’ordine sociale, costituiti
da masse sempre più consistenti di poveri ed emarginati. Le Old Poor Laws inglesi del 1576-1601, istituivano
principalmente tre modelli organizzativi di intervento pubblico nel campo dell’assistenza: le almshouses, ospizi per i
poveri inabili al lavoro, malati cronici e anziani; le workhouses, case di lavoro per i poveri in grado di lavorare; ed
infine delle case di correzione per coloro che si rifiutavano di lavorare. Percorsi analoghi segue, inizialmente, la
legislazione francese: nel 1656 viene istituito, dapprima a Parigi, poi in tutte le principali città, l’Hôpital generale, per
molti aspetti simile alle workhouses inglesi. La Francia si differenzia, quindi, dalla Gran Bretagna, col prevedere una
forma di assistenza alternativa alla custodia in istituto e basata su trasferimenti di denaro alle famiglie. Solo nel 1795,
con lo Speenhamland system, si introdusse anche in Inghilterra un sistema di integrazione salariale, poi abbandonato nel
1834 con la reintroduzione del divieto del c.d. outdoor relief ad opera del Poor Law Amendment Act.
Sul tema v. lo scritto di A. W. DICEY, Law and public opinion in England,(trad. it.), Bologna, 1997.
4
Molteplici furono le resistenze negli Stati liberali europei all’introduzione di una compiuta legislazione sociale. Un
illustre storico tedesco riporta molto chiaramente (quelle che furono) le principali motivazioni addotte per giustificare
l’opportunità di un atteggiamento astensionista dello Stato-legislatore. Scrive G. RITTER, Der Sozialstaat. Entstehung
und Entwicklung im internationalen Vergleich, München, 1991, (Storia dello Stato sociale, trad. it. a cura di L. Gaeta e
P. Carnevale, Bari, 1996), pag. 52, “A copertura ideologica della carente partecipazione statale militò l’opinione,
ampiamente diffusa, secondo cui un’assistenza pubblica legificata avrebbe contraddetto i principi del laissez faire e
della libera concorrenza sul mercato del lavoro, avrebbe limitato la disposizione all’autotutela e lo stimolo al lavoro ed
avrebbe quindi solo aumentato il livello di povertà”.
10
Le prime disposizioni normative di rilievo, riguardanti i diritti sociali, si trovano nelle
costituzioni francesi del 1791 e del 1793
5
; i costituenti d’oltralpe, infatti, affrontarono la
questione dei diritti sociali nel quadro di una carta fondamentale che doveva
necessariamente contenere anche «un progetto, ed una promessa per il futuro, che è quella
di una società più giusta», riconoscendo pertanto – oltreché i diritti solennemente
proclamati – la possibilità stessa di estenderne a tutti l’effettivo godimento
6
.
È necessario però sottolineare che le disposizioni relative ai diritti sociali, consacrate
formalmente nei testi costituzionali della Rivoluzione francese, più che configurare diritti o
comunque pretese giuridiche individuali, concepivano solo doveri unilaterali della società
7
.
L’assistenza pubblica ai poveri diviene, poi, un’esigenza pressante, quando i
mutamenti sociali ed economici prodotti dalla rivoluzione industriale creano sempre più
ampie fasce di popolazione incapaci di badare a loro stesse
8
.
5
Nel Titolo I° della Costituzione francese del 3 settembre 1791, riguardante le disposizioni fondamentali garantite dalla
Costituzione, si fa espresso riferimento ad un sistema di Soccorsi pubblici, da istituirsi successivamente, per dare
assistenza ai minori abbandonati ed ai poveri infermi, nonché per fornire lavoro ai poveri che non avessero potuto
procurarsene. Viene inoltre prevista una Istruzione pubblica, anch’essa di là da venire, comune a tutti i cittadini e
gratuita nelle parti di insegnamento indispensabili a tutti gli uomini. La Costituzione giacobina del 24 giugno 1793,
invece, oltre a dichiarare enfaticamente debito sacro della società quell’assistenza e quell’istruzione pubblica che nella
precedente Costituzione del 1791 apparivano più come un’aspirazione da realizzare, nell’articolo 23 afferma: “La
garantie sociale consiste dans l’action de tous, pour assure à chacun la jouissance et la conservation de ses droits;
cette garantie repose sur la souveraineté nationale”. A ben vedere, è probabilmente questa la norma più interessante, in
quanto viene positivizzata quella che è la base concettuale dei diritti sociali: l’eguale possibilità per tutti i consociati di
fruire dei diritti e delle libertà riconosciute.
6
Così M. FIORAVANTI, Appunti di storia delle costituzioni moderne. I. Le libertà: presupposti culturali e modelli
storici, Torino, 1991, pagg. 97 – 98, da cui è tratta la citazione. L’Autore sostiene che “la questione dei diritti sociali sia
questione costituzionale fin dall’inizio, fin dall’89,” nel quadro del costituzionalismo della Rivoluzione francese
improntato ad “una filosofia della trasformazione sociale a fini di crescente uguaglianza nel godimento dei diritti…”,
op. cit. pag. 98. Nello stesso senso si esprime M. Mazziotti, Lo spirito del diritto sociale nelle costituzioni e nelle leggi
della Francia Rivoluzionaria, in Archivio giuridico F. Serafini, vol. CXLVII, pagg. 50 ss.
7
Sul punto cfr. A. BALDASSARRE, Diritti sociali, in Enciclopedia giuridica, Roma, 1992, pag. 1.
8
In questo senso, tra gli altri, G. RITTER, Der Sozialstaat…, cit., pagg. 48 – 65 e M. PACI, Pubblico e privato nei
moderni sistemi di Welfare, Napoli, 1989, pagg. 50 – 60. Entrambi mettono in evidenza come l’aumento demografico, il
progressivo inurbamento delle genti contadine, il cattivo esito dei raccolti, le privazioni dovute alle guerre, gli
sconvolgimenti economici e più in generale il peggioramento del tenore di vita della popolazione, gettano in crisi le
istituzioni tradizionali di protezione sociale, quali principalmente la famiglia, la beneficenza privata a base religiosa e,
per alcune categorie urbane, le forme corporative di mutuo aiuto.
11
È in Germania che, dopo gli iniziali tentativi di debellare il pauperismo mirando
soprattutto ad un miglioramento delle tradizionali istituzioni assistenziali, s’istituì il primo
nucleo di un moderno sistema di sicurezza sociale
9
, con le leggi degli anni ’80 sulla tutela
dei lavoratori contro la malattia (1883), gli infortuni (1884), l’invalidità e la vecchiaia
(1889). Veniva così prevista un’assicurazione obbligatoria, finanziata con i contributi dei
datori di lavoro, la partecipazione degli assicurati e il sostegno finanziario dello Stato
10
, che
garantiva, diversamente dalla tradizionale assistenza ai poveri, un diritto individuale
dell’assicurato alle prestazioni, non collegato a discriminazioni sociali e politiche
11
. Le
cosiddette assicurazioni sociali, non a caso, sono state definite «l’invenzione istituzionale
più importante dello Stato sociale»
12
.
«Con l’assicurazione sociale, difatti, si riconobbe [sia pure] implicitamente che
esistevano cause sociali di bisogno di cui il singolo non era responsabile, e che il
perseguimento del benessere individuale, rispettoso della dignità e della libertà del singolo,
era compito della società»
13
.
Concretamente, in Germania, diverse furono poi le motivazioni che portarono alla
stagione delle riforme sociali: innanzitutto vi fu il tentativo da parte di Bismark di
«indebolire la socialdemocrazia e i sindacati socialisti ed ottenere l'adesione della classe
9
Il termine fece la sua apparizione nel vocabolario politco nel 1935 con il Social Security Act americano. Con esso si
intende il sistema complesso di interventi dei pubblici poteri volti all’erogazione di beni e servizi ai cittadini che si
trovino in condizioni di bisogno. Al riguardo cfr. M. PERSIANI, Diritto della previdenza sociale, Padova, 1993, pag.
24.
10
La legislazione bismarkiana che introduce l’assicurazione sociale nell’impero tedesco, ha ripreso gli elementi
fondamentali delle prime forme di previdenza collettiva non religiosa, tra cui in particolare il soccorso mutualistico
delle corporazioni, il tradizionale obbligo di tutela dei datori di lavoro verso i domestici ed i commessi, di romana
memoria, recepito nel Codice generale prussiano del 1794, e l’assistenza ai poveri statale e comunale.
11
L’assistenza ai poveri, fino alla prima guerra mondiale, era legata a notevoli discriminazioni politiche e sociali e
spesso anche a rigidi controlli della sfera privata, partendosi dal presupposto che almeno il povero abile al lavoro fosse
personalmente responsabile della sua situazione. Nello stesso senso v. M. FERRERA, Il Welfare State in Italia.
Sviluppo e crisi in prospettiva comparata,Bologna, 1984, pag. 21 “L’assistenza ai poveri si basava su interventi
occasionali, residuali e discrezionali; questi erano considerati delle «elargizioni» che la società concedeva a persone
quasi sempre ritenute immeritevoli e per lo più comportavano l’emarginazione politica e civile dei beneficiari”.
12
Così G. RITTER, Der Sozialstaat…, cit., pag. 62.
13
V. G. RITTER, Der Sozialstaat…, cit., pagg. 63-64.
12
operaia allo Stato monarchico»
14
, in chiave di pacificazione dei lavoratori e di
conservazione dell’ordine politico, economico e sociale. Buon gioco ebbero poi, gli interessi
della grande industria, desiderosa di addossare sullo Stato gli oneri di prestazioni sociali
che, pur riducendo la conflittualità sociale, altrimenti avrebbero aumentato il costo del
lavoro. Infine ebbero il loro peso anche le rivendicazioni dei movimenti sindacali che
volevano risultati tangibili per migliorare le condizioni di lavoro degli operai
15
.
Sul piano ideologico fu invece Lorenz von Stein, uno dei più originali studiosi del
tempo, ad elaborare, alla metà del XIX secolo, la teoria dello Stato sociale moderno: «dalla
sua analisi, in cui per la prima volta il socialismo fu sociologicamente ricondotto alla
formazione di un proletariato depauperato dall’industrializzazione, egli però non trasse la
conseguenza di giustificare la rivoluzione o la violenta repressione del proletariato, ma fece
derivare la necessità di riforme sociali pubbliche»
16
. Secondo questo studioso, l’essenza
dello Stato richiederebbe «un uso del suo potere per il bene di tutte le classi […] Se […] la
classe abbiente gestisce l’amministrazione statale nel senso di migliorare la sorte dei
lavoratori e di favorirne la formazione e la possibilità di acquisire, seppur gradualmente, il
capitale», perseguendo in tal modo un ideale di libertà, il proletariato potrebbe acconsentire
al mantenimento dell’ordinamento politico esistente, lasciando in secondo piano il problema
della Costituzione
17
.
14
Ivi, pag. 66.
15
Sul punto cfr. A. BALDASSARRE, Diritti sociali, cit., pag. 2.
16
V. G. RITTER, Der Sozialstaat…, cit., pag. 70.
17
Cfr. L. VON STEIN, Geshichte der socialen Bewegung in Frankreich von 1789 bis auf unsere Tage, a cura di G.
Salomon, München, 1921, vol. III, pag. 204, cit. in G. RITTER, Der Sozialstaat…, cit., pag. 70.
13
Von Stein, nella sua elaborazione teorica, introduce il concetto di democrazia sociale.
Nella concezione della democrazia sociale o dello Stato sociale, l’antagonismo tra interessi
del capitale e del lavoro scompare nel momento stesso in cui da un lato il capitale, anche a
seguito del timore di una rivoluzione sociale, accetta consapevolmente la riforma sociale, e
dall’altro il proletariato non ha più bisogno di una rivoluzione, in quanto il potere statale
promuove l’acquisizione generale della proprietà ed assicura una dignitosa esistenza alle
classi lavoratrici
18
.
Secondo Von Stein, infine, lo Stato sociale non dovrebbe solo limitarsi a legittimare
ed assicurare il dominio, bensì servire consapevolmente gli interessi del popolo, regolando,
organizzando e gestendo direttamente alcune importanti realtà sociali
19
.
Egli ha così distinto la sua idea dello Stato sociale e fornitore di servizi – volto a
tutelare la libertà personale e l’autodeterminazione mediante la liberazione dalla dipendenza
materiale – dalla oppressiva concezione del benessere dell’assolutismo illuminato, ma anche
dall’idea del socialismo di Stato.
Alexis de Tocqueville – contemporaneo di Von Stein – indicò invece per suo conto
ed in modo netto i possibili pericoli per la libertà comportati da uno Stato sociale attivo,
fondato sull’aspirazione degli uomini all’eguaglianza, alla sicurezza sociale ed al benessere.
Nel suo libro De la Démocratie en Amerique egli richiamò tra l’altro l’attenzione sulla
crescente dipendenza degli uomini dai governanti, comportata dall’ampliamento dei compiti
statali in campo sociale e dalla necessità del controllo e della regolamentazione della classe
18
In questo senso v. P. COSTA, Alle origini dei diritti sociali: «Arbeitender Staat» e tradizione solidaristica, in G.
GOZZI (a cura di), Democrazia, diritti, costituzione. I fondamenti costituzionali delle democrazie contemporanee,
Bologna, 1997, pagg. 294-5.
19
Così, anche il diritto sociale alla salute viene espressamente accettato da Stein nel 1882 nella III parte della 2ª
edizione della sua Verwaltungslehre; cfr. G. RITTER, Der Sozialstaat…, cit., pag. 71.
14
industriale
20
. In questo potere tutorio (pouvoir immense et tutélaire), che da solo si prende
l’incarico di garantire il «piacere» (jouissance) dei cittadini e di vegliare sul loro destino, si
nasconderebbe il pericolo di una nuova forma di dispotismo sotto forma di «schiavitù
regolata, mite e pacifica» (servitude réglée, douce et paisible)
21
.
Il giurista tedesco Robert von Mohl, invece, ha operato un collegamento –
fondamentale per il primo liberalismo – tra il concetto di Stato di diritto e l’ottica
paternalistica del benessere del vecchio Stato di polizia, non limitando il primo alla sola
affermazione di regole generali, bensì riconscendogli anche la responsabilità sociale di
perseguire le condizioni materiali di una società costituita secondo i principi dello Stato di
diritto.
Nei trenta anni successivi all’introduzione dell’assicurazione sociale in Germania,
nella maggior parte degli Stati europei si affermarono l’assicurazione contro gli infortuni
22
e
l’assicurazione di malattia, mentre le pensioni di invalidità e di vecchiaia basate sul
20
Interessante in questo senso è il suo Discorso sul diiritto al lavoro, Roma, 1996, pp. 33.-34, nel quale sostiene che
accordare ad ogni uomo il diritto, “generale, assoluto, irresistibile al lavoro” conduce necessariamente a che lo Stato
“intraprenderà a dare a tutti i lavoratori che ad esso si presenteranno l’impiego che manca loro, e allora sarà trascinato a
poco a poco a farsi industriale; e poiché esso è l’imprenditore che si trova dappertutto, il solo che non possa rifiutare il
lavoro, e quello che solitamente impone il minor lavoro, è inesorabilmente portato a diventare il principale e, ben
presto, in qualche modo, l’unico imprenditore dell’industria… arrivati a questo punto, l’imposta non è più il mezzo per
far funzionare la macchina del governo, ma il grande strumento per alimentare l’industria. Accumulando così nelle
proprie mani tutti i capitali dei privati, lo Stato diventa alla fine il solo proprietario di tutto”. Oppure se diversamente lo
Stato assicurerà un lavoro a tutti non più da solo e con le proprie risorse, “ma vigilando perché (ognuno) ne trovi
sempre presso i privati, è fatalmente trascinato a tentare la regolamentazione dell’industria… È costretto a fare in modo
che non vi sia più disoccupazione; ciò lo porta forzatamente a distribuire i lavoratori in modo che essi non si facciano
concorrenza, a regolare i salari, talvolta a moderare la produzione, talvolta ad accelerarla, in una parola a farsi il grande
e unico organizzatore del lavoro”.
21
Cfr. A. DE TOQUEVILLE, De la Démocratie en Amérique, in Oeuvres, Papiers et Correspondance, a cura di J. P.
MAYER, Paris, 1961, vol. 1, pagg. 324 ss.
22
Fu generalmente proprio l’assicurazione contro gli infortuni la prima ad essere introdotta in tutti gli Stati europei per
l’elevato numero di incidenti sul lavoro . Essa peraltro, meno lontana dal pensiero liberale, venne giustificata col
concetto del rischio professionale, ritenendo cioè che il datore di lavoro così come si avvantaggia del lavoro altrui,
debba anche sostenerne i rischi. In questo senso v. M. PERSIANI, Diritto della previdenza sociale, Padova, 1993, pagg.
7 - 8.
15
principio assicurativo trovarono una più ampia diffusione dopo il 1910 e soprattutto nel
periodo tra le due guerre
23
.
In Europa, come alternativa all’assicurazione obbligatoria statale, più che la tutela
privata, decisamente sviluppata negli Stati Uniti, emersero le organizzazioni di autotutela: le
Friendly Societis e gli organismi assicurativi sindacali in Gran Bretagna, le Sociétés de
secours mutuel in Francia ed istituti analoghi in Svizzera e in Spagna. La Svezia sviluppò
invece un’assicurazione unitaria ed universalizzante, finanziata principalmente dal prelievo
fiscale (senza contributi dei datori di lavoro, ma con contributi degli assicurati), in cui le
prestazioni statali andavano soprattutto a vantaggio dei bisognosi.
Oltre la Svezia, anche Danimarca e Gran Bretagna, con la loro tutela statale per la
vecchiaia, che rinunciava completamente al versamento di contributi, si allontanarono prima
del 1914 dal sistema assicurativo tedesco.
Nonostante tutte le commistioni, il principio assistenziale ed il principio assicurativo
rappresentano comunque due strade alternative per delimitare la tradizionale assistenza ai
poveri e le relative conseguenze discriminatorie, sostituendola in parte. L’assistenza ai
poveri doveva essere superata nel momento in cui le prestazioni assistenziali venivano
generalizzate ed estese a casi ulteriori di emergenza sociale, al di fuori della povertà
conseguente alla vecchiaia
24
.
L’estensione della tutela assicurativa (che in quanto tale presuppone la possibilità di
versare regolarmente dei contributi e quindi la capacità di provvedere a se stessi) ad altri
gruppi sociali ed il miglioramento delle prestazioni furono il mezzo per limitare l’assistenza
23
A.C. JEMOLO, La crisi dello Stato moderno, Bari, 1954, pag.56-57, sostiene che intorno al 1910 sono in
diminuizione i conservatori che pensano con paura al socialismo. La lotta sociale, grazie soprattutto alla stagione delle
riforme sociali e all’estensione del suffragio, «ha in generale perduto molto della sua asprezza. Non è più una crepa
nella compagine dello Stato, bensì una naturale e sana lotta entro lo Stato intorno all’indirizzo da dare alla politica di
questo».
24
Cfr. in particolare infra, 1.5.
16
ai poveri o la successiva tutela sociale a gruppi marginali della popolazione attiva. Il
principio assicurativo infatti, riscuotendo contributi differenziati e garantendo prestazioni
differenziate, consente in linea di massima di aiutare gli assicurati a conservare l’abituale
tenore di vita pur in condizioni particolari.
In Germania l’assicurazione sociale contribuì indirettamente ad un miglioramento
dell’assistenza ai poveri. Il passaggio graduale – quantunque, prima del 1914, non generale
– dalla vecchia assistenza repressiva dei poveri alla moderna assistenza sociale ebbe come
risultato la maggiore diffusione dei servizi sociali
25
.
La conseguenza dell’industrializzazione capitalistica e del passaggio alla politica di
massa fu così la ricerca di nuove strade per l’integrazione dei lavoratori e per la limitazione
dei conflitti di classe che minavano l’ordine costituito.
Si invitava quindi lo Stato a non proteggere solo la proprietà e l’ordine sociale, ma
anche ad elevare materialmente e moralmente le classi inferiori con vaste riforme sociali.
Nella Repubblica di Weimar
26
, l’assistenza, inizialmente considerata soprattutto un
fenomeno transitorio dipendente dalla guerra, divenne sempre più “uno strumento
universale per la sicurezza dell’esistenza materiale” di gruppi sempre maggiori della
popolazione anche se a livelli minimi. Ma eccezionale risulta, nella Costituzione di Weimar
del 1919, l’ampliamento del tradizionale catalogo liberale dei diritti fondamentali
dell’individuo, con l’aggiunta, fra essi, dei diritti sociali, nella seconda parte della carta
dedicata ai “diritti e doveri fondamentali dei tedeschi”. In parte, ciò avvenne come risposta
25
Cfr. G. RITTER, Der Sozialstaat…, cit., pag. 95.
26
Sulla Costituzione di Weimar cfr. in particolare O. KIRCHHEIMER, Costituzione senza sovrano. Saggi di teoria
politica e costituzionale, introduzione e cura di A. Bolaffi, Bari, 1982, spec. pagg. 45-83, nonché la classica opera di C.
SCHMITT, Verfassungslehre, cit., pagg. 41-57).
17
consapevole alla “Dichiarazione dei diritti del popolo oppresso e sfruttato”, fatta al V°
Congresso dei Soviet il 10 luglio del 1918
27
.
In ogni caso l’elaborazione compiuta sulla scorta ella Costituzione di Weimar
costituisce senza dubbio «il primo approccio alla definizione giuridica dei “diritti sociali”».
Così, «se, fino a quel momento, i rari episodi di riconoscimento dei “diritti sociali” erano
stati considerati come svolgimento di principî meramente politici di giustizia sociale, a
partire da Weimar la dottrina e la giurisprudenza tedesca hanno tentato di darne una
definizione giuridicamente pertinente e, soprattutto, di valutarne la possibile convivenza con
i principî dello “Stato di diritto”, così come erano stati interpretati durante l’epoca
liberale»
28
. Tale esperienza resta comunque la prima tappa nel processo di
costituzionalizzazione dei diritti sociali nei paesi a democrazia pluralista
29
.
La crisi economica degli anni ’30 ebbe differenti effetti sui sistemi di sicurezza
sociale: mentre negli Usa e nei paesi scandinavi essa contribuì in maniera decisa al loro
sviluppo, in Germania determinò una stagnazione o addirittura un’involuzione delle
prestazioni sociali.
27
Cfr. G. RITTER, Der Sozialstaat…, cit., pag. 112. Per un’esauriente trattazione sulle connessioni tra la Costituzione
di Weimar e la Costituzione sovietica del 1918, ci sia consentito di rinviare a G. OESTREICH, Gechichte der
Menschenrechte und Grundfreiheiten im Umriß, Berlin, 1978, pagg. 112 ss. Esula dalle intenzioni e dalle possibilità
stesse di chi scrive, analizzare la portata e la natura giuridica delle disposizioni sui diritti sociali nelle Costituzioni dei
paesi a democrazia socialista. È tuttavia necessario un accenno, sia pure brevissimo, alla citata Costituzione sovietica.
Essa è stata per lungo tempo, infatti, il termine di riferimento con cui si confrontarono i costituenti dei paesi dell’Europa
Continentale nell’affrontare la questione sociale dato nella Costituzione sovietica l’impegno dello Stato a garantire in
concreto i diritti enunciati. (poi brevi notizie sulle norme sociali della costituzione e riferimento all’articolo sulla libertà
di stampa e di manifestazione del pensiero).
28
A. BALDASSARRE, Diritti sociali, in Enc. giur., Roma, pp. 3-4.
29
La Costituzione del 1919 fissò infatti una precisa serie di diritti sociali: ricordiamo tra i più importanti il diritto al
lavoro o al mantenimento (art. 163), un articolato sistema assicurativo «per la salvaguardia della salute e della capacità
lavorativa, per la tutela della maternità e per la prevenzione delle conseguenze economiche della vecchiaia,
dell’indebolimento fisico e delle circostanze negative della vita» (art. 161), l’aspirazione a che «l’ordinamento della vita
economica corrisponda ai principi della giustizia, con l’obiettivo di garantire a tutti una esistenza dignitosa» (art. 151).
Tali disposizioni, tuttavia, restarono a livello programmatico, e la loro realizzazione non poteva essere affermata
giudizialmente.