6
direttive contenute negli artt. 1 – 4 della Carta, ponendo a carico della Repubblica
un preciso “obbligo sociale”, che si specifica nel senso di realizzare un riequilibrio
dei punti di partenza rispetto al lavoro, al fine di assicurare eguali condizioni per la
piena realizzazione della persona dei lavoratori
4
. In questa prospettiva, la cura della
formazione, nonché dell’elevazione professionale dei lavoratori, si pone tra gli
strumenti diretti a promuovere le condizioni per l’attuazione del diritto al lavoro.
1.1 Genesi e contenuto della norma
La norma costituzionale non nasce nel vuoto normativo, giacché sulla materia della
formazione professionale è intervenuto il legislatore sin dal sorgere dello Stato
unitario
5
. Tuttavia essa non si limita a trasferire sul piano costituzionale principi già
affermatisi nella legislazione ordinaria precedente, ma traccia l’abbozzo di un
4
Ivi, pp.20, 52.
5
Con la legge Casati del 1861 si sancisce la gratuità della scuola elementare dell’obbligo e la separazione tra scuola
umanistica e scuola tecnica. Nel 1923 la riforma Gentile istituisce l’avviamento professionale, in sostituzione della
scuola tecnica, ed eleva l’obbligo scolastico a 14 anni. Con r.d.l. 1 giugno 1928 n.1311 si attribuiscono le
competenze relative all’intero settore della istruzione professionale al Ministero dell’Educazione nazionale,
determinando così un graduale distacco di essa dalle politiche del lavoro e facendole assumere la configurazione di
un canale parallelo alla scuola istituzionale. Notevole è poi la produzione legislativa in materia nel decennio
prebellico: in particolare, con r.d.l. 6 settembre 1935 n.1946 si interviene sul riordino dei Consorzi Provinciali per
l’istruzione tecnica e con il r.d.l. 21 giugno 1938 n.1380 sull’addestramento extrascolastico dei lavoratori si pongono
le basi del sistema che sarà sostanzialmente conservato nel dopoguerra. Nello stesso periodo vengono fondati i due
più importanti enti di formazione professionale, l’Istituto Nazionale per l’addestramento e il perfezionamento dei
lavoratori dell’industria (INAPLI) e l’Ente nazionale per l’addestramento dei lavoratori del commercio (ENALC), il
cui riconoscimento come enti di diritto pubblico attuatori di iniziative formative nell’ambito dei consorzi (attuato con
r.d.l. 16 gennaio 1939 n.290) determina un’apertura del settore della formazione professionale ad una pluralità di
soggetti che sopravvivranno fino al trasferimento delle funzioni statali in materia alle Regioni a Statuto ordinario.
Cfr. Tonelli, Istruzione tecnico- professionale di Stato dalla legge Casati ai giorni nostri, Milano, 1964. Vedi anche
Cisl, La formazione professionale nel sistema formativo integrato, vol. I, Cisl Scuola, 2001, pp.17-18.
7
disegno di lungo periodo, individuando gli obiettivi che la Repubblica deve
perseguire, pur rinunciando a qualsiasi indicazione sugli strumenti mediante i quali
l’“obbligo sociale” deve essere adempiuto
6
.
Emblematica è la collocazione topografica della norma. L’art. 35 apre il Titolo III
dedicato ai Rapporti economici e segue immediatamente le disposizioni
costituzionali relative al diritto all’istruzione, che chiudono il Titolo II dedicato ai
Rapporti etico – sociali. Durante i lavori della Costituente furono presentate diverse
proposte volte ad inserire il compito dello Stato di curare la formazione
professionale fra gli articoli relativi al diritto all’istruzione. Tuttavia, in sede
costituente si preferì la collocazione della norma nel Titolo III per sottolineare lo
stretto collegamento esistente tra l’istruzione professionale e la materia del lavoro,
senza tuttavia negare il legame con il diritto all’istruzione sub art. 34 della
Costituzione
7
. Si è pertanto rilevato, da parte di autorevole dottrina, che genesi e
collocazione topografica della norma in esame contribuiscono a rappresentare
plasticamente l’ambivalenza della formazione professionale, ovverosia
6
Di qui la qualificazione della norma come programmatica (v. infra), anche se in dottrina non sono mancate
posizioni divergenti, dirette ad attribuire alla stessa un contenuto dispositivo (v. Rudan, Il contratto di tirocinio,
Giuffrè, 1966, pp.11-12).
7
In questo senso Loy, Formazione e rapporto di lavoro, Angeli, 1988, p.29, passim. Tuttavia l’Autore sottolinea
come l’ordinamento avesse un’ampia esperienza di istruzione professionale tutta nel senso di una netta separazione
della scuola dalle iniziative di addestramento professionale.
8
“l’appartenere al mondo dell’istruzione da un lato (e) l’essere funzionalizzata allo
svolgimento dell’attività lavorativa dall’altro”
8
.
Tra le innovazioni più significative introdotte dalla norma rispetto alla normativa
precedente all’entrata in vigore della Costituzione, vi è la modifica della
terminologia adoperata dal costituente per specificare l’oggetto della “cura”
affidata alla Repubblica. E’ stato evidenziato come la sostituzione del termine
istruzione con quello formazione, da parte dell’Assemblea Costituente, non sia stata
una scelta casuale, ma meditata al fine di mettere in luce che la Repubblica assume
un impegno di promozione complessiva della persona umana, che va al di là del
mero compito di “istruire in senso tecnico”
9
. Alla luce del dato costituzionale si
deve ripudiare una concezione meramente addestrativa della formazione
professionale, dovendosi piuttosto ascrivere la medesima al mondo dei processi
educativi e formativi, di cui la scuola costituisce la più significativa espressione,
con la precisazione che l’aggettivo professionale serve a qualificare la sua
peculiarità rispetto agli altri interventi formativi
10
.
8
Napoli, Il2° comma, op. cit., p. 20, passim.
9
Cfr. Loy, Formazione e rapporto, op. cit., p. 26; Napoli, Il 2° comma, op. cit., p. 22. Entrambi gli Autori riportano a
tal riguardo le parole dell’onorevole Moro: “Si è preferita la parola formazione, all’altra istruzione, perché
quest’ultima ha carattere ristretto, mentre qui si vuol mettere in rilievo che la Repubblica assume il compito, non solo
di istruire in senso tecnico, ma anche di formare una mentalità e la tecnica per il lavoro professionale. Ciò soprattutto
per i giovani, ma anche per gli anziani” (Ass. Cost., Seduta pomeridiana di martedì 13 maggio 1947, in Costituzione
della Repubblica, II, p. 1703, passim).
10
Cfr. Napoli, Commento alla L. 21 dicembre 1978, n. 845, in NLCC, 1979, p.898 e ss.
9
Se da un lato l’ampia dizione impedisce un’interpretazione restrittiva di che cosa
debba intendersi oggi per formazione professionale, dall’altro lato la struttura della
norma e la tecnica di previsione prescelta rendono assai difficile, per l’interprete,
l’individuazione di un’unica nozione costituzionale di formazione professionale
11
.
Acquisita la qualificazione della norma come precettiva, limitatamente al profilo
teleologico
12
e programmatica
13
sotto quello attuativo, si può più correttamente
interpretare l’obbligo contratto verso i lavoratori dai Costituenti: “curare la
formazione professionale significa individuare i beneficiari degli interventi
formativi, i livelli formativi (per che cosa e per quali fini formare), i contenuti del
processo formativo (come formare), i soggetti, le strutture e i mezzi che li
gestiscano”
14
. Quest’opera di individuazione delle diverse variabili, dalle quali
dipende il tasso di realizzazione della norma, si rimette in concreto alla
11
Cfr. Garofalo, Formazione e lavoro, op. cit., p. 98, passim. Secondo l’Autore, “acquisita la qualificazione della
norma come precettiva, limitatamente al profilo teleologico e programmatica sotto quello attuativo, si possono
individuare ben quattro nozioni di formazione professionale, rispettivamente collegabili al fine perseguito, agli
strumenti utilizzabili, ai destinatari ed alle competenze in materia”.
12
Così qualifica la norma Napoli, asserendo che la concreta determinazione degli strumenti mediante i quali si
realizza la “cura” è rimessa dai Costituenti alle scelte dei soggetti destinatari della stessa (Il 2° comma, cit., p.23). In
questo senso anche Loy, Formazione e rapporto, cit, p. 22.
13
In questo senso si esprime Giannini che, tra le norme costituzionali poste a garanzia del contratto di lavoro,
individua la categoria delle norme enunciative di principi programmatici, “ le quali consistono in una determinazione
legislativa previa di un indirizzo politico e si rivolgono agli organi dello Stato ai quali spetta la futura determinazione
dell’indirizzo stesso”. In questa categoria rientrerebbe, secondo l’Autore, la norma dell’art. 35, 2° comma (Rilevanza
costituzionale del lavoro, in RGL, 1949, p.12).
14
Napoli, Il 2° comma, op. cit., p.23, passim.
10
discrezionalità del legislatore, con l’unico vincolo di funzionalizzare le proprie
scelte alla promozione
15
della formazione e dell’elevazione professionale.
Sotto il profilo soggettivo, l’enunciato costituzionale individua come soggetto
obbligato la “Repubblica” e come destinatari i “lavoratori”; si pone così il problema
della individuazione di “chi sia obbligato verso chi”
16
.
Sul versante passivo, si ritiene che la dizione Repubblica, anziché Stato, sia stata
preferita dal costituente soprattutto in riferimento all’art. 117 Cost., che ha
attribuito alle Regioni un’autonomia normativa in tema di istruzione artigiana e
professionale, nell’ambito dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi nazionali
17
.
Alla luce dell’art. 117 si comprende, quindi, la scelta costituzionale di affidare la
“cura”, non già solo allo Stato come apparato centralizzato di governo, bensì alla
Repubblica, da intendersi come stato - ordinamento in tutte le sue articolazioni
18
.
Alla realizzazione del programma costituzionale possono sicuramente concorrere
anche i privati e gli enti di diritto privato. Tuttavia l’obbligo costituzionale di darvi
attuazione è posto esclusivamente a carico dei soggetti pubblici nei quali si articola
15
Il termine è impiegato nell’art.1 della “Legge quadro sulla formazione professionale” (l. 21dicembre 1978, n. 845).
16
Garofalo, Formazione e lavoro, cit., p.103, passim.
17
Cfr. Napoli, Il 2° comma, cit., spec. 22. Secondo l’Autore, il termine Repubblica, da un lato, consente un
coinvolgimento degli enti locali, ai quali si deve storicamente il primo intervento pubblico in questa materia e
dall’altro, postula una riserva di corresponsabilità dei lavoratori organizzati, ove si tenga conto del ruolo
costituzionale attribuito al sindacato nell’art. 39 Costituzione.
18
In questo senso Merusi, Commento all’art. 9 Cost., in Branca (a cura di) Commentario alla Costituzione, 1975,
p.439.; contra Mastropasqua, Cultura e scuola nel sistema costituzionale italiano, Milano, 1980, p. 4 ss. e Labriola,
Libertà di scienza e promozione della ricerca, Padova, 1979, p.81 e ss., i quali sostengono che il termine Repubblica
vada inteso nel senso di stato-persona.
11
il termine Repubblica
19
, nei limiti ammessi dal loro ambito di competenza e nel
rispetto dell’art. 117 della Costituzione
20
.
Sul versante dei beneficiari delle iniziative formative, la norma impiega l’ampia
dizione “lavoratori”, il cui senso può essere meglio compreso guardando alla
genesi della stessa. L’enunciato costituzionale in esame nasce nel vivo della
discussione, in sede costituente, sui limiti del diritto di proprietà: l’art. 41 del
progetto iniziale della Costituzione conteneva un timido accenno all’elevazione
professionale dei lavoratori dell’agricoltura, ritenuta misura necessaria, assieme alla
trasformazione del latifondo e alla bonifica della terra, “allo scopo di conseguire il
razionale sfruttamento e di stabilire equi rapporti sociali”. L’attuale formulazione
dell’art. 35 comma 2 si deve all’accoglimento, da parte della terza
Sottocommissione, dell’emendamento Moro
21
, con il quale si rilevò l’opportunità di
introdurre un articolo autonomo in materia di formazione ed elevazione
19
Si veda l’art. 114, 1° comma, così come modificato dalla l. c. 3/2001. La norma stabilisce la parità tra Stato,
Regioni, Province, Città metropolitane e Comuni come elementi tutti egualmente costitutivi della Repubblica.
20
Richiamando Merusi, Loy sostiene che non si possano far rientrare nella nozione di Repubblica gli enti di diritto
privato e i privati per il solo fatto di esercitare attività di formazione professionale nell’ambito del piano di
programmazione regionale (Formazione e rapporto, cit., p.35).
21
Si riportano le parole con cui l’onorevole Moro illustrò l’emendamento all’art. 41 del progetto della Costituzione:
“Poche parole per illustrare quest’emendamento. Nell’articolo 41 vi è un accenno all’elevazione professionale dei
lavoratori. Si è notato che è un accenno troppo limitato. Sembra opportuno che in un Titolo, che tratta dei rapporti
economici e fa riferimento al lavoro agricolo e anche a quello industriale, vi sia riferimento all’impegno che lo Stato
naturalmente assume di preparare dal punto di vita professionale i lavoratori, tanto che il rendimento del loro lavoro
sia il massimo possibile” (in Cost. della Repub., cit., p.1703).
12
professionale e di estendere la previsione a tutti i lavoratori, “non soltanto ai
lavoratori della terra, ma anche ai lavoratori dell’industria”
22
.
Diverse opzioni interpretative sono state formulate per individuare i beneficiari
delle iniziative formative, a cui si fa riferimento con l’ampia espressione lavoratori.
Da un lato si è proposta un’interpretazione restrittiva, ritenendo che i destinatari
della norma siano “principalmente i lavoratori subordinati e particolarmente quelli
addetti alla produzione”
23
. La tesi risulta ispirata alle teorie di chi ritiene che il
gruppo più significativo delle norme di tutela contenute nel Titolo III della
Costituzione (specie gli art.35, 37, 39, 40, 46) sia riferibile esclusivamente alla
classe operaia, la quale rappresenta il “prototipo non solo storico, ma anche di
diritto costituzionale” delle categorie sociali sottoprotette e in favore della quale il
legislatore è chiamato a intervenire con una funzione di “riequilibrio sostanziale”,
in attuazione del principio di eguaglianza sostanziale, di cui all’art. 3, 2° comma
Cost
24
.
In direzione diversa si è suggerita un’interpretazione che enfatizza la portata
onnicomprensiva dei destinatari della norma, ritenendo che la dizione lavoratori
22
Ivi, p.1705.
23
Napoli, Il 2° comma, op. cit., p.22.
24
Cfr. Loy, Formazione e rapporto, cit., p.27, passim; cfr. Treu, Il 1° comma dell’art. 35 Cost, in Branca (a cura di),
Commentario alla Costituzione, Zanichelli- Il Foro Italiano, 1979, pp.2-3; per il collegamento con il 2° comma
dell’art.3, vedi anche Romagnoli, Il principio di uguaglianza sostanziale, in Branca (a cura di), Commentario alla
Costituzione, Zanichelli-Il Foro Italiano, 1975, p.193 e ss.
13
non assuma una particolare connotazione in relazione alla natura del lavoro da
svolgere.
In questa prospettiva sembra muoversi il legislatore ordinario, nel dare attuazione
al disposto costituzionale, con la legge quadro sulla formazione professionale del
1978
25
. Ivi si precisa che “le iniziative di formazione professionale sono rivolte a
tutti i cittadini che abbiano assolto l’obbligo scolastico […], e possono concernere
ciascun settore produttivo, sia che si tratti di lavoro subordinato, di lavoro
autonomo, di prestazioni professionali o di lavoro associato”
26
.
In ultimo si è ritenuto di non poter accogliere in modo esclusivo nessuna delle due
posizioni interpretative, dal momento che, se da un lato la formazione
professionale, quale strumento attuativo dell’art. 3 Cost., deve necessariamente
privilegiare la categoria dei lavoratori subordinati, dall’altro travalica tali confini,
ove la si consideri quale strumento di promozione del lavoro, volto a realizzare
condizioni generali di progresso
27
.
La dottrina ha infine respinto un’interpretazione restrittiva della dizione lavoratori.
Infatti, se si legge la norma in collegamento con il 1° comma dello stesso art. 35,
che fa riferimento ad una nozione ampia di lavoro, non si può che intendere
25
Cfr. Loy, Formazione e rapporto, cit., p.26, passim.
26
L. 21 dicembre 1978, n. 845, art.2, 2° comma.
27
Loy, Formazione e rapporto, cit., p.27, passim.
14
l’espressione al di là del senso letterale, come comprensiva non solo dei soggetti
che hanno già un’occupazione, ma anche di coloro che si preparano ad un’attività
lavorativa
28
. In questa prospettiva interpretativa, si ritiene che, tra i destinatari della
norma, si debbano includere sia gli adulti “lavoratori” che i giovani in attesa di
prima occupazione, con la precisazione che mentre per i primi gli interventi
formativi si inseriscono in un quadro di formazione permanente
29
, per i giovani “si
tratta di procurare loro l’istruzione e l’educazione che consentono il successo nella
vita lavorativa futura”
30
e quindi un tipo di formazione che si specializza per essere
indirizzata al primo inserimento.
28
Cfr. Olivelli, Il lavoro dei giovani, Giuffrè, 1981, pp.259-260. Con procedimento interpretativo inverso, ma che
perviene al medesimo risultato, Napoli (Il 2° comma, op. cit., p. 890) ritiene che la dizione lavoratori, letta alla luce
della direttiva dell’elevazione professionale, serva ad escludere la finalizzazione preminente delle iniziative
formative al primo inserimento, sì da ricomprendere tra i beneficiari delle stesse, accanto ai soggetti inoccupati,
anche i lavoratori già occupati.
29
Nei confronti dei soggetti già inseriti nella vita professionale, è compito della Repubblica promuovere un tipo di
formazione che permetta al lavoratore di progredire nello sviluppo professionale, di adeguarsi a nuove condizioni di
lavoro e di garantirsi concrete alternative occupazionali. Cfr. Olivelli, Il lavoro dei giovani, cit., p.76. Vedi anche
Garofalo, Formazione e lavoro, cit., p.101.
30
Olivelli, Il lavoro dei giovani, cit., p.76. L’Autore ritiene che la formazione degli adulti e quella dei giovani si
collochino su piani differenti, perché mentre “per molto tempo, l’intervento dello Stato a favore degli adulti si è
svolto in forme caratteristicamente assistenziali, sì da rientrare nel campo della sicurezza sociale, la formazione dei
giovani presenta tali interdipendenze con il sistema scolastico ed educativo, da porsi come materia a sé, soggetta a
varie discipline”.
15
1.2 Formazione ed elevazione professionale: un binomio inscindibile. La
peculiarità dell’art. 35, 2° comma Cost., consiste nell’affiancare la cura della
formazione professionale dei lavoratori a quella della loro elevazione
professionale
31
.
Dalla lettura di questa seconda direttiva emerge chiaramente la volontà del
costituente di “non limitare il compito della Repubblica alla formazione iniziale di
base, ma di estenderlo al promovimento del successivo sviluppo della stessa”
32
, in
funzione della crescita personale e professionale dell’uomo - lavoratore. In questa
prospettiva la norma ribadisce il principio contenuto nell’art. 3, 2° comma Cost., in
cui si fa riferimento al pieno sviluppo della persona umana quale precondizione per
l’inserimento e la effettiva partecipazione del cittadino all’organizzazione politica,
economica e sociale del Paese.
Quanto al nesso tra formazione ed elevazione professionale, la norma pone un
“binomio inscindibile”
33
: anche se formazione ed elevazione professionale possono
costituire oggetto di interventi differenziati, tuttavia non si può negare che la prima
è strumentale alla seconda e che vi è elevazione professionale nel fatto stesso della
31
Si fa riferimento, a tal riguardo, alle parole dell’onorevole Moro: “Si aggiunge l’elevazione professionale come
indicazione sintetica di un complesso di provvedimenti tendenti ad ottenere un livello più alto di vita professionale,
culturale e tecnica dei lavoratori italiani” (in Costituzione della Repubblica, cit., p.1703).
32
Minervini, La professionalità del lavoratore nell’impresa, Cedam, 1986, p.145, passim.
33
Napoli, Il 2° comma, cit., p.20.
16
formazione
34
. Accogliendo questa chiave di lettura emergono le potenzialità della
previsione normativa, che prospetta alla collettività una grande meta civile,
richiedendo, al tempo stesso, un imponente sforzo alla Repubblica nella direzione
di un’offerta formativa adeguata. Sul versante dei destinatari, la direttiva impone di
promuovere un’attività formativa che sia indirizzata, non solo ai disoccupati e agli
inoccupati, ma anche ai lavoratori già occupati. Dal punto di vista della tipologia
degli interventi, l’offerta formativa deve essere strumentale a realizzare un continuo
perfezionamento della professionalità, anche in termini di adattamento alle nuove
condizioni di lavoro, a garantire un arricchimento delle conoscenze, che consenta la
cd. riconvertibilità professionale del lavoratore e a favorire occasioni di mobilità,
non solo verticale sui luoghi di lavoro, ma anche sociale
35
.
Purtroppo, nella storia legislativa la direttiva in parola è stata scarsamente attuata. I
corsi di aggiornamento e di perfezionamento, sempre previsti nella tipologia
formativa, riflettono solo una pallida idea della direttiva in esame. In una
prospettiva statica di manutenzione delle competenze del lavoratore, il legislatore è
intervenuto con l’art. 13 dello St. dei Lav., che ha sostituito l’art. 2103 del c.c.
Nella norma la crescita professionale del prestatore di lavoro è tutelata solo in
negativo, contro le ipotesi di dequalificazione e di declassamento, mancando invece
34
Ibidem.
35
Cfr. Napoli, Il 2° comma, cit., p.50; Olivelli, Il lavoro dei giovani, cit., p.74.
17
il benché minimo riferimento all’attuazione di un programma, che sia obbligatorio
per l’imprenditore, di sviluppo professionale del lavoratore
36
. Tra le scarse
disposizioni legislative dirette ad attuare il disposto costituzionale, nella parte in cui
funzionalizza la formazione all’elevazione professionale, si individua, altresì, l’art.
10 St. dei Lav.. La norma, garantendo il diritto allo studio per i lavoratori, concorre
non solo ad eliminare le disparità culturali, ma anche a garantire, come risultato
finale dell’apprendimento, la trasformazione della condizione e posizione
professionale degli stessi
37
. Ad ogni modo, occorre attendere la legislazione più
recente per assistere ad una riscoperta della seconda direttiva in una prospettiva
nuova, che ricolleghi il perseguimento dell’elevazione professionale
all’edificazione di un sistema di formazione permanente e continua.
La generale limitatezza delle iniziative formative rivolte all’elevazione
professionale ha impedito il decollo di un’efficace risorsa per il capitale umano. Le
cause sono ravvisabili principalmente nel fenomeno della disoccupazione
strutturale, che rende prioritario un tipo di formazione indirizzata alla ricerca di un
posto di lavoro, e nello sforzo prioritario della Repubblica, non ancora esauritosi,
verso l’alfabetizzazione e l’istruzione minima degli adulti. La piena attuazione
36
Cfr.Suppiej, Art. 13. Mansioni del lavoratore, in Prosperetti (diretto da), Comm. Stat. Lav., 1975, I, p.353, passim;
cfr. anche Giugni, Mansioni e qualifica, in ED, pp.555-556.
37
Cfr. Garofalo D., Il sistema integrato della formazione professionale, Cacucci, 2001, p.352; cfr. anche Olivelli, Il
lavoro dei giovani, cit., pp.75, 76.
18
della norma costituzionale deve fare i conti anche con la realtà dell’organizzazione
del lavoro, che nega la vecchia professionalità, ma al tempo stesso è incapace di
esprimerne compiutamente una nuova
38
.
Solo negli ultimi anni si assiste ad una rinnovata attenzione, da parte del legislatore,
verso la direttiva dell’elevazione professionale che viene riletta nel suo legame
inscindibile con quella della formazione. Su questa strada si pone già l’art. 1 della
legge quadro del 1978, seguita dalla legge 196/1997 (v. in particolare l’art. 17) e
dalla legge 53/2000, artt. 5 e 6. La tendenza emergente è quella di abbandonare la
“prospettiva statica”, sottostante alla garanzia posta dall’art. 13 dello St. dei Lav.
39
,
e di guardare al perseguimento dell’elevazione professionale in una “prospettiva
dinamica”, che pone sul tappeto il bisogno dei lavoratori per un tipo di formazione
di cui si possa usufruire lungo tutto l’arco della vita attiva. In quest’ottica il diritto
all’elevazione professionale si riempie di contenuto, identificandosi con il diritto
alla formazione permanente e/o continua, diritto da far valere periodicamente e in
tutte le età, esercitabile anche da parte dei soggetti già occupati verso i datori di
lavoro e usufruibile all’interno delle strutture formative accreditate.
38
Cfr. Napoli, Il 2° comma, cit., p.51. Sulla frammentazione delle professionalità conseguente alla frammentazione
del rapporto dl lavoro, cfr. Veneziani, La formazione dei lavoratori dalla concertazione triangolare al “pacchetto
Treu”, in LG, 1998, 1, p. 8, passim.
39
Garofalo, Il sistema integrato, cit., p.340. L’Autore sottolinea come gli interventi legislativi, in tema di formazione
professionale, successivi all’entrata in vigore del disposto costituzionale in esame, si siano tradizionalmente
caratterizzati per una connotazione difensiva, individuando nella formazione professionale esclusivamente uno
“strumento necessario per evitare l’obsolescenza del patrimonio professionale del lavoratore ed le dolorose
conseguenze dei mutamenti organizzativi”.