4
Le femministe sostengono che, non la natura, ma il diritto e la cultura
hanno confinato le donne nella sfera privata della vita domestica,
rendendole, così, dipendenti dagli uomini.
Le lotte degli anni Sessanta e Settanta per l’uguaglianza di genere furono
alimentate dal bisogno di indipendenza economica e di pari opportunità.
La rivoluzione sessuale degli anni Sessanta ha spronato le donne a liberarsi
dai rigidi stereotipi che limitavano le loro vite.
Le femministe attive nel mondo del diritto hanno realizzato strategie
giuridiche al fine di tutelare le donne dall’ineguaglianza. L’obiettivo
iniziale fu quello di attribuire maggiore rilevanza alla causa dei diritti
femminili: eliminare la discriminazione di genere nel lavoro, nella famiglia
e in tutti gli altri contesti, promuovere l’autodeterminazione nelle scelte
riguardanti la procreazione, e scoraggiare gli abusi sessuali in genere.
Il primo uso ufficiale dell’espressione “teoria femminista del diritto”
avvenne nel 1978 nell’articolo di Ann Scales intitolato Towards a Feminist
Jurisprudence
2
. La teoria femminista del diritto nasce, sicuramente, come
reazione alla teoria del diritto moderno che presenta la tendenza a
2
Anne Scales, Towards a Feminist Jurisprudence, in Ind. L. J., 56, 1981, p. 375.
5
considerare il diritto “come un processo per interpretare e perpetuare una
morale pubblica universale e neutrale rispetto al genere”
3
. Le giuriste
femministe concordano tutte sul fatto che la teoria del diritto maschile non
sia adatta a riconoscere i bisogni, le paure, i valori e le ingiustizie vissute
dalle donne; eppure sono profondamente divise da differenze sui metodi e
sugli approcci da utilizzare.
Per la gran parte degli anni Settanta ed Ottanta, ad esempio, all’interno del
movimento femminista si è fortemente discusso se, dal punto di vista
giuridico, le donne dovessero essere trattate come gli uomini o potessero
usufruire di regole particolari. Una parte del movimento ha sostenuto che le
donne dovrebbero cercare l’eguaglianza formale con gli uomini,
eliminando regole basate sul genere; mentre un’altra parte ha sostenuto che,
poiché le donne sono differenti dagli uomini, si dovrebbe cercare un “un
trattamento più che uguale”
4
.
Nei primi anni Ottanta, le giuriste femministe hanno creato tre diverse
scuole di teoria femminista moderna del diritto: il femminismo liberal, il
femminismo culturale, il femminismo radicale.
3
Gary Minda, Teorie Postmoderne del diritto, pp. 215-216.
4
Susan Moller Okin, Sexual Difference, Feminism, and The Law, in Law and Social Inquiry, 16, 1991,
pp. 553-554.
6
La scuola liberal del femminismo giuridico è vicina al lavoro dei giuristi
liberali che si concentrano sui diritti legali delle donne. Queste femministe
si concentrano sull’eguaglianza formale. Alcune di loro, come ad esempio
Wendy Williams
5
, propongono di evitare, o almeno limitare, il diverso
trattamento giuridico basato sulle distinzioni di genere.
Altre, come ad esempio Martha Minow
6
, vedono nelle particolarità delle
donne e nella loro differenza con gli uomini le basi per favorire un
trattamento giuridico speciale.
Il femminismo culturale, è associato alle posizioni di rottura della
femminista Carol Gilligan
7
, psicologa specializzata nello sviluppo infantile,
che afferma che esiste un modo prettamente femminile di affrontare
questioni giuridiche e morali, modo che è stato ignorato o sottovalutato
dalla dottrina e dagli studi giuridici. Le femministe che condividono questa
prospettiva tendono a vedere la liberazione delle donne come
l’affermazione di una controcultura femminile. Le femministe culturali
tendono a sottolineare, inoltre, la differenza fondamentale tra uomini e
5
Cfr. Wendy Williams, Equality’s Riddle: Pregnancy and the Equal Treatment, in N. Y. U. Rev. L. and
Soc. Change, 13, 1985, p. 325.
6
Cfr. Martha Minow, Foreword: Justice Engendered, in Harv. L. Rev., 101, 1987, p.10.
7
Cfr. Carol Gilligan, Con Voce di Donna: etica e formazione della personalità, Milano, Feltrinelli, 1987.
7
donne: le donne allevano i figli e gli uomini no. Questa differenza le porta
ad essere più attente, più affettuose e più responsabili verso gli altri di
quanto non lo siano gli uomini.
Il femminismo radicale è spesso associato all’approccio della dominazione
di Catherine MacKinnon
8
, che afferma che l’ineguaglianza nel diritto non è
il risultato di un atteggiamento irrazionale, ma l’effetto di una sistematica
subordinazione della donna. Il genere viene considerato come una
questione di potere, di supremazia maschile e sottomissione femminile, e
l’abuso sessuale è il prodotto della subordinazione delle donne.
L’ultima espressione del femminismo giuridico si ha alla fine degli anni
Ottanta ed è rappresentata dal femminismo postmoderno. Le femministe
postmoderne sono convinte che occorra capire come il linguaggio giuridico
costruisca una fallace concezione di eguaglianza di genere. L’obiettivo del
loro lavoro è quello di dimostrare che le teorie del diritto celebrano
interessi e valori maschili a spese di quelli femminili.
Rientrano certamente nella vasta definizione di femministe postmoderne le
due autrici americane Martha C. Nussbaum e Iris Marion Young.
8
Catherine A. MacKinnon, Feminism, Marxism, Method, and State: Toward Feminist Jurisprudence, in
Sings, 8, 1983, p.137.
8
Martha Nussbaum individua, nella sua teoria filosofica e politica, i principi
fondamentali e universali che dovrebbero essere rispettati e fatti rispettare
dai governi di tutte le nazioni per superare le disuguaglianze e le ingiustizie
sociali. Il suo approccio di matrice liberista e universalista si basa sulle
“capacità”
9
degli individui e sulle norme multiculturali di giustizia che
possano garantire a tutti la possibilità di sviluppare al meglio queste
capacità, in ogni luogo e in ogni contesto sociale.
Nussbaum elabora un sistema filosofico importante, di tipo normativo, che
tenta di dare delle risposte a problemi sociali concreti.
Iris Young sostiene, invece, che una “società giusta” deve tenere conto
delle differenze specifiche dei gruppi sociali e abbandonare le teorie
falsamente egualitarie che si propongono il fine di raggiungere una società
omogenea. E’, infatti, in questo tipo di società che spesso regna
un’eguaglianza solamente formale
10
. Per l’autrice è di fondamentale
importanza il concetto di oppressione per riuscire a comprendere come e
perché alcuni gruppi siano, di fatto, esclusi dalla vita sociale. A causa di
9
Cfr. Martha Nussbaum, Diventare persone. Donne e Universalità dei diritti, tr. it. W. Mafezzoni,
Bologna, Il Mulino, 2001.
Martha Nussbaum,Giustizia Sociale e Dignità umana, tr. it. E. Greblo, Bologna, Il Mulino, 2002.
10
Cfr. Iris Marion Young, Le Politiche della Differenza, tr. it. A. Bottini, Milano, Feltrinelli, 1996.
9
questa realtà d’oppressione, si rende necessaria una politica sociale che
tuteli i gruppi svantaggiati e che dia loro la possibilità di avere una giusta
rappresentanza. Il progetto di Iris Young è proprio quello di proporre una
politica capace di restituire ai gruppi oppressi la dignità che è stata tolta
loro in nome di un’errata concezione di eguaglianza.
10
Parte prima
Martha C. Nussbaum
Introduzione
Note biografiche
Martha Nussbaum, nata nel 1947, si laurea presso la facoltà di lettere
dell’Università di New York. Ottiene il dottorato in lettere e in filosofia
presso l’Università di Harvard.
Ha insegnato in prestigiose Università, come Harvard, Brown e Oxford.
Dal 1986 al 1993, è stata consigliera del Programma di Sviluppo delle
Nazioni Unite, ad Helsinki.
E’ stata nominata presidente della Commissione per la Cooperazione
Internazionale e della Commissione sullo Stato delle Donne
dell’Associazione Filosofica Americana.
11
Nussbaum è stata membro dell’Accademia Americana delle Arti e delle
Scienze e del Consiglio Americano della Società dei Dotti. Ha il ricevuto il
premio Brandeis per la categoria “Non-Fiction” nel 1990 ed il premio PEN
Spielvolgel-Diamondstein del 1991 per la migliore collezione di saggi.
Il suo Cultiving Humanity ha vinto il riconoscimento Ness Book
dell’Associazione delle Università Americane nel 1998 ed il Grawemeyer
per l’Educazione nel 2002.
Sex and Social Justice, ha vinto il premio della Società del Nord America
per la Filosofia Sociale, nel 2000.
Ha ricevuto lauree onorarie da ventidue Università americane, canadesi, ed
europee. L’Università di New York le ha conferito nel 2000 il premio per
gli alunni che si sono distinti per importanti meriti.
Insegna, anche, presso l’Accademia di Finlandia.
La professoressa Nussbaum collabora con il dipartimento di Filosofia
presso la facoltà di Legge e di Teologia dell’Università di Chicago.
E’, inoltre, associata ai dipartimenti degli studi Classici e di Scienze
Politiche. Fa parte della Commissione per gli Studi sull’Asia del Sud ed è
membro del Consiglio per il Programma sui Diritti Umani.
12
Capitolo primo: Il pensiero socio-politico
I bisogni di cura e le relazioni di cura
“In molte parti del mondo le donne sono svantaggiate per il fatto stesso di
essere donne…” con queste parole si conclude il testo di Martha Nussbaum
Diventare persone
11
, tutto il pensiero della filosofa americana ruota attorno
a questo svantaggio e alla differenza di genere.
Filosofa della politica di formazione aristotelica, Martha Nussbaum è
coinvolta da tempo nella preparazione dei Rapporti sullo sviluppo umano
del Programma di sviluppo delle Nazioni Unite e dunque nella ricerca degli
indicatori sociali più appropriati.
La sua elaborazione filosofica poggia sul concetto aristotelico di essere
umano e su quello che si definisce “liberalismo neo-aristotelico” per cui il
fatto di essere un “animale con bisogni” è tanto importante quanto il
possesso della ragione.
11
Martha C. Nussbaum, Diventare persone. Donne e universalità dei diritti, p. 359.
13
L’America sembrava il luogo più lontano e impermeabile a considerazioni
capaci di dar vita ad un’autentica filosofia pratica, cioè ad una filosofia
utile per comportarsi nella vita, per orientarsi nella prassi; eppure, anche in
America, a partire dall’inizio degli anni settanta si è acceso un dibattito
sulla filosofia pratica e i due filosofi di riferimento sono stati Aristotele e
Kant.
Per Aristotele l’etica non si fonda sulla pura ragione, sulla ragione
scientifica, su quella tecnologica, su quella astratta, ma su un diverso tipo
di ragione, che è quella costituita dalle virtù dianoetiche, come la saggezza,
la saggezza pratica, la capacità di deliberare bene, di trovare i mezzi adatti
al fine buono. Nell’Etica Nicomachea, Aristotele individua la felicità
dell’uomo, nella piena realizzazione delle proprie potenzialità e capacità
12
.
Per Nussbaum la concezione dei diritti, delle libertà, della dignità umana
deve fare i conti con i bisogni delle persone, con le loro dipendenze e
interdipendenze nate da questi bisogni. Allo stesso tempo, sempre secondo
la lezione aristotelica ripresa dall’autrice tramite anche la mediazione dei
Manoscritti di Marx, alcune funzioni sono particolarmente essenziali
12
Cfr. Enrico Berti, Aristotele nel Novecento, Roma-Bari, Laterza, 1992.
14
perché ci sia vita umana e non solo animale e si possa conseguire, così, la
felicità di cui parla Aristotele.
Secondo il pensiero dell’ autrice, via via che cresce l’aspettativa di vita, la
relativa indipendenza di cui godono molti di noi finisce per essere una
condizione solo temporanea datochè nel pieno degli anni molti si ritrovano
a passare periodi in cui sono costretti a vivere in condizione di estrema
dipendenza da altre persone.
Nella maggior parte di questi casi il lavoro finalizzato a dispensare cure è
svolto dalle donne in misura ancora sproporzionata poiché esse risultano
essere più disponibili degli uomini ad accettare un’occupazione part-time e
la carriera che ne consegue. Generalmente il lavoro svolto per persone in
stato di dipendenza non viene retribuito né riconosciuto in quanto tale nel
mercato del lavoro, pur avendo forti conseguenze sul tempo che rimane ad
una donna impegnata anche in un’altra attività lavorativa.
In teoria una società “giusta” dovrebbe rilevare anche il problema
dell’onere che grava sulle persone che provvedono alle cure dei disagiati,
ma in realtà viene dato ancora per scontato che questo lavoro sia fatto
liberamente, “per puro amore”, costringendo di regola le donne ad
15
accollarsi questo peso risultando spesso meno produttive in campo
economico e meno impegnate nell’ambito sociale e civile di quanto
potrebbero o vorrebbero essere.
Come sottolinea nel testo Giustizia sociale e dignità umana
13
, Martha
Nussbaum ritiene che la questione dei bisogni di cura, di handicappati,
anziani, bambini, sia stata sostanzialmente ignorata nelle teorie della
giustizia e, condividendo il pensiero di Eva Kittay
14
, sostiene che queste
teorie siano state addirittura dannose perché hanno plasmato le nostre idee
pratico-politiche penetrando negli usi comuni di dire e di pensare.
Infatti il discorso politico diffusamente accettato si incentra sull’idea di
società basata su un contratto di mutuo vantaggio, idea questa, che ha
dominato il pensiero occidentale e di conseguenza l’intera teoria politica.
Tutte le teorie che si basano su questa idea, partono da un’ipotesi di base
immaginaria, all’apparenza del tutto innocua: coloro che sottoscrivono il
contratto sociale devono essere adulti competenti.
13
Martha C. Nussbaum, Giustizia sociale e dignità umana. Da individui a persone.
14
In Giustizia sociale e dignità umana, Nussbaum fa riferimento a: E. F. Kittay, Love’s Labor. Essays on
Women, Equality, and Depency ,New York, Routledge, 1999.